Capitolo 43 - Risvegli
<< E così non ha avuto il tempo di studiare per l'esame, eh? >>.
Il professor Penna mi scrutò intensamente, sedendosi dietro la sua scrivania.
<< Gliel'ho detto, hanno tentato di uccidermi! Mi hanno sparato all'addome... >> ribadii, esasperata.
<< Sí, sicuramente. Non si giustifichi, non ne vale la pena. Non credo neppure ad una parola di quello che ha detto >> dichiarò lui, alzando gli occhi al cielo.
<< Ma è la verità! >> insistetti, trattenendo stoicamente le lacrime. << Guardi, le faccio vedere i punti al fianco sinistro. Non me li hanno ancora tolti >>.
Sollevai la maglietta, piuttosto imbarazzata, e constatai mestamente che non c'era alcun tipo di lesione laddove mi aspettavo che ci fosse.
<< Le assicuro che era lì! Non so perché sia scomparsa... >> esclamai, abbattuta.
<< Non posso darle più di diciotto, signorina. E ringrazi pure >> fece l'uomo, porgendomi il compito corretto.
<< Ma... >> tentai di replicare.
Avevo come l'impressione che mi si stesse bagnando il volto. Eppure non stavo piangendo...
Cosa diavolo...?
<< Melissa! >>.
Spalancai le palpebre e mi trovai addosso Oreste, intento a leccarmi il viso.
Grazie al cielo era solo un sogno.
O meglio, un incubo.
<< Cosa...? Dove sono? >> chiesi, confusa.
Domanda retorica.
Era evidente che fossi in ospedale.
Oltre al bianco sovrumano che regnava nella stanza, a suggerirmelo fu l'odore di candeggina misto a minestra che pervadeva l'ambiente.
<< Sei in ospedale, Mely >> annunciò Elettra, avvicinandosi al letto e sedendosi accanto a me. << Sei stata operata. Ti hanno dovuto asportare la milza, pensa... eri messa proprio male, ma proprio male >>.
<< Non sei la persona più adatta a fare visite in ospedale >>.
Giacomo, fino a quel momento appoggiato alla parete, si fece avanti.
<< Dovresti tranquillizzarla, non farla preoccupare >>.
<< Giacomo >>.
Vederlo lì, davanti a me, mi fece uno stranissimo effetto: non pensavo che l'avrei più rivisto...
Mi tornò in mente, senza che lo volessi, tutto quello che era successo nei mesi precedenti: il litigio al cimitero, gli innumerevoli giorni passati senza sentirci, il fraintendimento nel cuore della notte, quando mi aveva trovata seduta sul letto con Tommaso...
E, soprattutto, il bacio con Tommaso.
Fui pervasa dai sensi di colpa.
Ed io che pensavo che sarebbe tutto magicamente tornato come prima, una volta risoltasi la situazione...
In quel momento faticavo persino a guardarlo negli occhi.
<< E Oreste? Come mai vi hanno permesso di portarlo qui in camera? >> chiesi.
L'intento era evidentemente quello di evitare di affrontare l'argomento "relazione con Giacomo".
<< Ho i miei contatti >> si vantò Elettra, sorridendomi. << Ti ricordi Stefano? >>.
<< Chi? >> feci, confusa.
<< Quello del quinto piano, Mely. Sono rientrata con lui a casa una notte... anzi, la famosa notte >> sottolineò volutamente le ultime due parole.
Annuii, ripensando a quel giorno tremendo.
<< Ebbene, fa l'infermiere qui >> proseguì lei, notando l'atmosfera elettrica.
<< Capisco >> dissi, accarezzando Oreste. << E quindi... insomma, cosa mi sono persa? >>.
<< Molte cose. Molte, molte cose >> rispose la ragazza. << Mi dispiace, ma devo andare. Tra quindici minuti ho l'esame di Pediatria. Ma ti lascio in ottima compagnia >> mi fece l'occhiolino.
Tipico di Elettra.
<< Sul comodino ti ho lasciato un piccolo regalo >> mi avvisò. << Sono sicura che ti piacerà >>.
Prese in braccio il cane ed uscì dalla camera, salutandomi.
E lasciandosi dietro un imbarazzante e rumoroso silenzio.
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