Capitolo 4 - Un libro aperto
<< Pensierosa? >>.
Eravamo in auto da dieci minuti e non avevo proferito alcuna parola, persa com'ero nella riflessione su quello che avevo appena sentito al cimitero.
Il padre di Giada sospettava che a spingere sua figlia da quella finestra fosse stato Giacomo.
Da non credere.
Perché non riteneva credibile che a compiere l'omicidio fosse stato il signor Ariosto? "Non c'erano sue impronte sulla scena del delitto", aveva detto a quella donna. D'altra parte, il suo volto non mi era nuovo: non mi sembrava di averla mai vista prima, ma aveva un'aria a dir poco familiare...
<< Stavo pensando a Giada >> mentii, sperando di suonare credibile.
Non volevo farlo preoccupare: dopotutto, quelle del signor De Fazio erano ancora congetture, pura teoria, no? Anche se, in realtà, aveva annunciato di voler far riesumare il corpo della figlia per farle fare l'autopsia.
Che situazione...
"Mai una gioia", veniva quasi da dire, citando i post delle ragazzine su facebook.
<< Sicura che non è successo qualcosa? >> insistette Giacomo, guardandomi negli occhi. << Per esempio quando sei andata a riempire d'acqua la caraffa? >>.
Cavolo.
Non ero mai stata brava a mentire.
<< Sono proprio un libro aperto >> dichiarai, sospirando.
<< Sì, lo sei >> confermò il ragazzo, sorridendomi. << In questo caso, però, mi ha più che altro insospettito il fatto che ci hai messo mezz'ora a riempire una caraffa da un litro >>.
<< Ecco >> sbuffai sonoramente. << Io e la discrezione non siamo mai andati d'accordo >>.
<< Allora? Cosa ti preoccupa? >>.
Aspettai qualche secondo prima di rispondere: volevo trovare le parole giuste per comunicargli un'informazione tanto importante.
<< Ho visto il padre di Giada >> iniziai.
Tipico di me: quando dovevo dare una notizia così spiacevole, partivo sempre dalla preistoria dell'evento.
<< Ah >> fece Giacomo. << Come sta? >>.
<< Bene, credo. Non ci ho parlato, in realtà >> svelai. << Era insieme a una donna, e io li ho... >>.
<< ... spiati? >> completò lui, ridendo.
<< Non direi "spiati"... diciamo che passavo di lì per caso e li ho sentiti. Non volevo interromperli, mi sembrava maleducato... >>.
<< Mentre invece spiarli è stato educato >> affermò, sarcastico. << Scherzo, dai. Che hai sentito? >>.
<< Parlavano di... di Giada. Il signor De Fazio crede che non sia stato tuo padre a spingerla da quella finestra >> rivelai, tutto d'un fiato.
Giacomo non commentò e si limitò a mettere in moto l'auto.
<< Non dici nulla? >> lo incalzai, preoccupata.
<< Sospetta di me, vero? >> dedusse, rabbuiandosi in volto.
<< Sì... insomma, del tuo alter >> confermai. << Ma stai tranquillo, sono sicura che non hai fatto nulla >>.
Mi detestavo con tutto il cuore per averglielo rivelato...
<< E tu come fai a dirlo? Melissa, potrei aver combinato chissà cosa da alter. Sei stata tu a dirmi che mia nonna e mio padre mi usavano come una marionetta, giusto? >>.
Aveva iniziato a strillare.
<< Adesso calmati, però. Non serve a nulla agitarsi... >> tentai di tranquillizzarlo, prendendolo per mano.
<< Perché potrei perdere il controllo? >> urlò, spegnendo l'auto. << Trasformarmi? Avere una... com'è che le chiamava mia nonna? Transizione? >>.
Senza preavviso, spalancò la portiera dell'auto e si mise a camminare.
<< Giacomo! >> lo chiamai, disperata. << Che hai intenzione di fare? >>.
Uscii anche io dalla vettura e gli corsi dietro, raggiungendolo.
<< Dove stai andando? >> domandai, incredula.
<< In nessun posto in particolare. Ho solo voglia di stare un po' solo con i miei pensieri, se non ti dispiace >>.
<< E io che dovrei fare? Aspettarti in auto? >>.
Non riuscivo proprio a capirlo...
<< No. Puoi prendere la macchina e tornare a casa. Io camminerò >>.
<< Sai che ci sono parecchi chilometri da qui a casa? >> gli feci notare.
Non rispose.
Si limitò a continuare a camminare, senza neppure voltarsi.
<< D'accordo >> mi arresi. << Come vuoi tu. Ci vediamo a casa >>.
Gli diedi anche io le spalle, irritata, e salii in auto.
Non capivo proprio perché Giacomo avesse reagito in quel modo, non era proprio da lui...
Ma forse in realtà ero io che non lo conoscevo.
Forse in realtà il vero lui era così, e nei mesi precedenti avevo solo conosciuto la maschera che indossava...
Misi in moto l'auto con non poca difficoltà: Giacomo aveva una vecchia Cinquecento che si ostinava a non rottamare, nonostante il cambio fosse più duro di quello di un tir. Percorsi circa un chilometro, non più, quando mi resi conto che qualcosa non andava: il motore emetteva strani rumori, e si sentiva un intenso odore di bruciato...
Ok, mi dissi. È arrivato il momento di fermarsi e accostare.
Spensi l'auto e mi diedi un'occhiata intorno, rendendomi conto di essere in mezzo al nulla più totale.
Fantastico.
Quanto ci avrebbe potuto impiegare Giacomo ad arrivare lì dal cimitero a piedi?
Estrassi il cellulare dalla tasca dei pantaloni. Chi chiamare?
Certo non lui.
Ero troppo orgogliosa per farlo.
Mi preparai a comporre il numero di mio padre, quando scorsi a distanza un'auto sportiva.
E alla guida c'era un volto fin troppo familiare.
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