Capitolo 38 - Host

"Ogni volta che mi guardi / nasco nei tuoi occhi"
Jorge Riechmann

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<< Cosa diavolo... ? >>.

Vittoria iniziò a fissarmi, basita, rivolgendo, di tanto in tanto, un'occhiata terrorizzata a Giacomo.

Il ragazzo, da parte sua, sembrava altrettanto perplesso, se possibile.

<< M-Mely, come fai a... a sapere... ? >> balbettò, confuso.

Spostai rapidamente lo sguardo su Tommaso, anche lui visibilmente scosso dalla situazione.

<< Gliel'ho detto io >> biascicò, quasi pentito da quanto fatto.

<< T- tu... ? >> si sorprese Giacomo. << Io credevo che odiassi il mio host... >>.

<< Sì, lo odio >> confermò l'altro. << Ma amo Melissa >>.

Mi risultava difficile seguire il filo logico del loro dialogo: quei due non solo si conoscevano - e molto bene -, ma addirittura avevano raggiunto un livello di amicizia tale da arrivare a svelarsi un'informazione tanto intima e decisiva?

Puntai nuovamente i miei occhi su quelli, così belli e profondi da specchiarcisi dentro, di Giacomo.

Ha ragione chi dice che gli occhi sono lo specchio dell'anima: in quell'istante mi sembrò quasi di vedere l'alter emigrare fisicamente dal suo corpo, restituendomi, a poco a poco, il ragazzo che amavo più di ogni altra cosa al mondo.

Ma come poteva una semplice e banale canzone avere un simile effetto su di lui?

<< Giacomo... >> sussurrai, avvicinandomi cautamente a lui.

La pistola gli cadde di mano, emettendo un rumore tetro e sordo al contatto col pavimento.

Volevo gettarmi letteralmente fra le sue braccia, fuori di me per la gioia di averlo di nuovo accanto.

Lo desideravo con tutta me stessa.

In quel momento esistevamo solo noi due: che importanza aveva il fatto che Vittoria avesse tentato di uccidermi?

E che di lì a poco sarebbe successo chissà cos'altro, dal momento che - ingenuamente - non avevo chiamato i soccorsi?

Quello che volevo era solo toccarlo, abbracciarlo, e unire le mie labbra alle sue, come da tempo non facevo.

<< Papà! >> sentii urlare Tommaso.

Senza che me ne accorgessi, il dottor Mancini colpì Giacomo alle spalle, facendolo crollare malamente a terra. Mi precipitai a raccogliere l'arma, a pochi metri di distanza da me, ma Vittoria fu più rapida: afferrò la pistola e mi assestò un energico colpo in fronte, costringendomi a cadere sulle ginocchia.

<< Mamma, non farle del male! >> strillò Tommaso, avventandosi sulla genitrice.

<< Stai calmo, Tommy >> tuonò lei, risoluta. << Ricordati che tutto questo è successo per colpa tua >>.

Mi sentii sollevare di peso e scaraventare e brutalmente sul divano del salotto.

<< Controlla la ragazza, Ale >> intimò al marito Vittoria. << Io penso a mio nipote >>.

<< No! >> esclamai istintivamente, disperata.

Non poteva ucciderlo, no.
Giacomo non doveva morire... non per causa mia.

Non sarei riuscita a sopravvivergli.

Tentai di mettermi in piedi, ma il padre di Tommaso mi trattenne, cingendomi con le braccia per tenermi ferma.

<< Cosa ti avevo detto? >> si alterò la moglie, sospirando. << Sei un buono a nulla... non capisco neppure perché Melissa sia ancora viva. Ti avevo ordinato di ucciderla o sbaglio? >>.

<< E' solo una ragazza... >> si giustificò l'uomo, imbarazzato. << Io... io non credo di essere in grado di farlo... >>.

Sentivo la sua presa sulle spalle allentarsi gradualmente, animata, a intervalli regolari, dal tremore che gli agitava le mani.

E' ora di muoversi, Melissa, pensai.

Adesso o mai più...

Mi svincolai con violenza e mi catapultai verso Vittoria, nel disperato e folle tentativo di avere la meglio su di lei.

Ma lei aveva una pistola.

A ricordarmelo fu un suono secco, tanto violento e assordante quanto inatteso, e la fitta lancinante che attraversò tutto il mio corpo quasi istantaneamente.

Abbassai lo sguardo sull'addome, puntandolo dritto verso l'epicentro del dolore: stavo sanguinando...

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