Capitolo 20 - Debussy

<< Dove stiamo andando? >>.

Erano ormai diversi minuti che viaggiavamo in moto, senza una meta apparente.

<< Devo passare da casa mia a prendere una cosa, se non ti dispiace >> mi sussurrò all'orecchio Tommaso, svoltando ad una curva.

<< Casa tua? >> chiesi, stupita.

<< No, casa di uno sconosciuto. Non ti avevo detto che mi guadagno da vivere svaligiando appartamenti? >> ironizzò.

<< Molto divertente, davvero >> sbuffai. << È che non sapevo che vivessi qui vicino >>.

<< Ora lo sai >> osservò. << Stai tranquilla, siamo quasi arrivati >>.

Qualche metro più avanti scorsi una villa (e che villa...) con piscina, grande quasi quanto la mia vecchia scuola.
Di nuovo fui pervasa da una strana ed inspiegabile sensazione, simile a un dejà vu: quella casa aveva un'aria familiare...

<< Wow >> mi lasciai sfuggire, colpita.

<< Ti piace? >> rise. << È una dimora frugale, vero? >>.

<< Molto >> confermai, sarcastica.

Mi aiutò a scendere dalla moto e mi fece strada verso l'ingresso. Appena entrata mi trovai di fronte una sontuosa scala di marmo che conduceva ai piani superiori, mentre alla mia sinistra c'era un ampio salotto, con al centro un vecchio pianoforte bianco.

<< Hai un piano! >> strillai, eccitata.

Adoravo la musica classica sin da bambina: non a caso, uno dei miei sogni era proprio quello di imparare a suonare uno strumento.

Prima o poi.

<< Sì >> annuì. << E pensa, lo suono pure >>.

<< Suoni il pianoforte? >> mi stupii.

<< Eh già. Non capisco perché la cosa ti stupisca tanto >> quasi si indignò.

<< Mi fai sentire qualcosa? >> lo supplicai, sedendomi sullo sgabello dello strumento.

<< Se me lo chiedi con quegli occhi dolci, non posso dire di no >> accettò, prendendo posto accanto a me. << Conosci Debussy? >>.

<< Certo >>.

<< Be', la sua vita è stata un po' movimentata, sentimentalmente parlando >> rivelò.

<< Insomma, era un donnaiolo >> tradussi. << Mi ricorda qualcuno, sai? >>.

<< Come sei simpatica >> mi sorrise. << È una storia affascinante, la sua. A soli diciotto anni ha intrapreso una relazione clandestina con Blanche Vasnier, la moglie di un banchiere di Parigi. Pensa che la loro storia è durata otto anni, tra alti e bassi. Nel 1899 Debussy si è innamorato di Gabrielle Dupont, la figlia di un sarto, con cui è stato legato per nove anni, fino al giorno in cui l'ha tradita con una modella, Lily, migliore amica di lei >>.

<< Wow, che bella persona >> commentai. << Perché mi stai raccontando la sua biografia? >>.

<< Perché non puoi pretendere di comprendere un'opera prescindendo dal suo autore, Mely. Fammi continuare... sposò questa Lily, ma ben presto si accorse che le cose tra loro due non potevano funzionare: detto francamente, lei era troppo stupida per lui. Comprese di avere bisogno di stimoli ben diversi dal bell'aspetto, di stimoli intellettuali. Fu così che si innamorò, finalmente, di una donna colta, Emma Bardac, stimata cantante dell'epoca. E la sposò, dopo aver ottenuto il divorzio da Lily. Tra l'altro, la stessa Lily tentò il suicidio sparandosi, ma la pallottola si incastrò curiosamente in una vertebra. Rimase in quella vertebra per tutto il resto della sua vita, pensa, come un'impronta della sua storia d'amore con Debussy >>.

<< Insomma, alla fine si è sistemato il tipo >> dissi.

<< Già >> mi sorrise. << Adesso che conosci la sua storia, potrai capire meglio la composizione >>.

Sollevò il coperchio del pianoforte e iniziò a suonare.
Era incredibilmente abile...
Già al primo "fa" mi accorsi di conoscere bene quel brano: ogni singola nota mi riportò indietro di parecchi anni, alla mia infanzia.
Mi passarono davanti agli occhi, una dopo l'altra, le immagini di una villa, la sua villa, di una casa sull'albero, di una piscina...

E di miriadi di lettere d'amore con cuoricini disegnati alla meno peggio, quando avevo solo sei anni.

Il brano era il "Chiaro di luna" di Debussy, che adoravo da bambina.

<< T-tu sei... >> balbettai, lievemente imbarazzata.

<< Sì, sono io >> confermò, continuando a suonare. << Il cugino di Federico. Ce n'è voluto di tempo perché ti ricordassi di me... eppure eri innamorata, quando avevi cinque anni. Non facevi che scrivermi lettere d'amore. Le custodisco gelosamente nella mia stanza quelle lettere, lo sai? >>.

<< Ero una bambina >> dichiarai, quasi a giustificarmi. << Ora sono cresciuta >>.

<< Infatti, ora sei una donna >> confermò, smettendo di suonare.

Si avvicinò di più a me e mi sollevò il mento.

<< Credo di amarti, Melissa >> sussurrò, baciandomi delicatamente.

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