Capitolo 14 - Di notte
<< Quali sono le leggi di Mendel, allora? >>.
Erano oltre due ore che ponevo la stessa domanda a Tommaso.
Aveva insistito perché studiassimo Biologia insieme ed io - sconsideratamente, lo ammetto - avevo accettato.
Dopotutto, lui mi aveva aiutata nell'ufficio di suo padre.
E quel giorno aveva pure preparato il caffè (probabilmente perché, chissà come, a Sasha era arrivata la notizia che noi due "stavamo insieme", e lui voleva che gli reggessi il gioco per liberarsene).
<< "E quando sei disperato come me senza te... quando sai di essere sbagliato, come me, che muoio senza te..." >> cantò lui, alzando il volume dello stereo.
<< Vuoi spegnere la radio? >> sbottai, irritata. << Dobbiamo studiare... allora? Mendel e le tre leggi... parlamene >>.
<< Ehm... >> iniziò. << Sicuramente sono tre >>.
<< Almeno questo l'hai capito >> sospirai, sorseggiando il caffè. << Il che è un grosso risultato, dopo un pomeriggio di ripasso >>.
<< Ma sì, all'esame mancano ancora due mesi >> sdrammatizzò. << Possiamo fare con calma >>.
<< E stiamo facendo con calma... abbiamo a malapena letto due pagine oggi, e domani c'è una verifica >> puntualizzai.
<< Ascolta la mia proposta >> enunciò con fare enfatico. << Adesso ci prendiamo una piccola pausa e ceniamo, poi riprendiamo e ci diamo ad una folle e trasgressiva nottata di studio >>.
<< Ci sto, ma cucini tu >> accettai, stremata.
<< Ele? Non tocca a lei cucinare stasera? >> chiese Tommaso, lavando la caffettiera.
<< E' uscita con... com'è che si chiama stavolta? Stefano, mi sembra >>.
<< Ma chi? Il tipo del quinto piano? >>.
<< Probabile, visto che l'aveva adocchiato da un pezzo >> sollevai le spalle.
<< E' incredibile quella ragazza >> sorrise. << Direi di ordinare una pizza >>.
<< E io che pensavo che ti saresti messo a cucinare >> lo schernii, divertita.
<< So quanto ti piace la pizza, quindi lo faccio per te, in un certo senso >> si difese il ragazzo.
<< Come sei gentile >> dissi, ironica. << Io do da mangiare a Oreste... se fosse per voi due, quel povero cane sarebbe già morto di stenti da tempo >>.
Uscii in balcone e versai dei croccantini nella ciotola del cane, che iniziò a scodinzolare, felice. Era passato più di un mese dal giorno in cui l'avevamo adottato e ormai il suo aspetto era ben lungi da quello scheletrico dei primi tempi. Per quanto dichiarasse di detestarlo, Tommaso aveva avuto la premura di comprargli un collare e alcune confezioni di carne in scatola. "Lo faccio solo perché la proprietaria del pet shop è niente male", aveva dichiarato, a mo di giustificazione.
Il vibrare del cellulare mi catapultò nella realtà.
Era Giacomo, ovviamente.
"Ti amo".
Molto sintetico.
Non che non fosse comunque carinissimo, ma nei mesi precedenti mi aveva abituata a ben altro tipo di frasi.
"Ti amo anche io", risposi.
Nuovo sms.
"Mi manchi tantissimo, vorrei fosse già venerdì".
Bene, almeno era un po' più consistente del precedente, come messaggio.
"Anche tu mi manchi".
Anche tu, anche tu... non riuscivo proprio ad essere più originale, eh?
Oreste si accovacciò accanto a me sul divano e si mise a pancia in su, bramoso di coccole.
Sembrava quasi avesse capito che, in realtà, ero io che avevo bisogno di un po' di affetto. Decisamente gli animali erano molto più intelligenti delle persone.
<< Mely, entra dentro! Sono arrivate le pizze >> sentii strillare Tommaso.
<< Forza, entriamo >> incoraggiai Oreste. << Altrimenti quello si frega la pizza più grande >>.
Cenammo velocemente e nel più totale silenzio, guardando in streaming alcuni episodi dei Simpson.
<< Lisa è la tua fotocopia >> sentenziò Tommaso mentre lavava i piatti.
<< Guarda che per me è un complimento >> dissi, piegando la tovaglia e riponendola in un cassetto. << Hai chiuso la finestra in salotto come ti avevo detto? >>.
<< Non preoccuparti, l'ho chiusa >> sbuffò lui, asciugandosi le mani. << Torniamo a Mendel? Forza, la notte è giovane! >>.
<< Direi di elencarmi le sue tre leggi, intanto >> lo esortai, sedendomi.
Studiammo gran parte della genetica nelle ore a seguire.
Erano circa le due e mezzo di notte quando un rumore sinistro attirò la nostra attenzione, costringendoci ad interrompere il ripasso.
<< Cos'è stato? >> domandai, preoccupata.
<< Un rumore >> rispose Tommaso.
<< Non l'avevo capito, sai? Cosa ti sembrava? >> insistetti, alzando gli occhi.
<< Non so, nulla di preoccupante. Oreste continua a dormire, alla faccia del cane da guardia >> rise.
<< Non c'è nulla da ridere, vai a controllare >> ordinai, categorica.
<< Ok, vado subito >> fece il segno di resa.
Ci dirigemmo cautamente verso il salotto, in punta di piedi.
<< La finestra >> dichiarai. Il mio era un atto d'accusa. << E' aperta. Non ti avevo detto di chiuderla? >>.
<< Ok, forse mi è passato di mente, Hitler >> si scusò.
Un altro rumore sordo ed inquietante.
<< Veniva da lì! >> strillai, indicando un punto a pochi metri di distanza, occupato da un baule. << Vai a vedere >>.
Tommaso si diresse verso la sede da cui proveniva il frastuono e scoppiò a ridere.
<< Cosa c'è da ridere? >> chiesi, confusa.
<< E' solo un topo >>.
Solo un topo?
<< Oddio, fallo uscire, fallo uscire! Ma senza ucciderlo! >> piagnucolai, terrorizzata.
Il volume della mia voce era direttamente proporzionale al mio stato d'angoscia e inversamente proporzionale alla decenza, visto l'orario.
<< Calmati, è un piccolo topino indifeso >> tentò di tranquillizzarmi il ragazzo.
Un piccolo topino indifeso? Piccolo e indifeso non erano aggettivi adatti ad un topo.
Tommaso mantenne la sua solita espressione imperturbabile ed impugnò la scopa, usandola per far uscire l'animale dal balcone.
E incredibilmente riuscendoci, aggiungerei.
<< Ora sei più tranquilla? >> chiese, sedendosi accanto a me sul divano.
<< Relativamente >> non mi sbilanciai.
<< Vuoi dormire con me? >> propose. << Intendo nella mia stanza, non nel mio letto >> si affrettò a specificare.
Sembrava imbarazzato, e non era proprio da lui.
<< No, sopravvivrò >> dissi semplicemente. << Buonanotte >>.
Mi alzai e mi avviai verso la mia stanza, constatando che erano già le tre e mezza del mattino. Indossai il pigiama e mi misi a letto, esausta.
<< Mely >> bussò alla porta Tommaso. << Hai dimenticato il cellulare in cucina >>.
<< E' vero, entra pure >> lo invitai.
Aprì lentamente la porta e si avvicinò a me, posando il telefono sul comodino.
Inaspettatamente si sedette sul letto, proprio accanto a me.
<< Che c'è? >> chiesi, perplessa.
<< C'è una cosa che devo dirti >> annunciò.
<< E devi farlo proprio a quest'ora? >> mi interessai, sbadigliando.
Mi misi a sedere alla sua sinistra.
<< E' che io... >> iniziò, scostandomi dal viso una ciocca di capelli, con fare premuroso.
<< Tu? >> lo spronai, lievemente imbarazzata.
<< Io... >>.
<< Mely! Cosa state facendo voi due? >>.
Era Giacomo.
Ed era proprio lì, davanti a noi, più furente che mai.
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