Capitolo 1 - Questione di genetica
<< Senti questa, Giacomo. "Dall'incrocio di due individui aventi genotipo eterozigote per due geni, entrambi a dominanza completa, qual è la percentuale della progenie che avrà un fenotipo diverso da quello dei genitori?" . Dimmi tu se posso rispondere a certe domande quando a malapena so chi è Mendel! >>.
Erano appena le quattro del mattino del fatidico giorno del test d'ingresso, ma io ero già incredibilmente agitata.
Io e Giacomo ci eravamo alzati così presto per andare alla facoltà di Medicina della città, dove si sarebbe svolta la prova da lì a ben sette ore.
Peccato che l'appello fosse fissato alle otto in punto, però.
<< Mely, non ti chiederò più di meditare dopo le terribili esperienze dello scorso Giugno, però devi stare tranquilla. Non serve a nulla agitarsi tanto, lo sai benissimo >>.
<< Serve, serve! Perché non so nulla... lo sapevo che non sarei dovuta venire con te a mare, ho perso troppo tempo! >>.
<< Sì, sei venuta a mare, ma studiavi persino lì. Ti devo ricordare di quando facevo il morto in acqua e tu ne approfittavi per ripetere la legge di Archimede? >> esclamò, lievemente infastidito.
<< La logica è persino più difficile >> proseguii, ignorandolo. << "Se Maria ha ventinove anni e Andrea è tre mesi più piccolo, sapendo che Stefano..." >>.
<< Dammi quel libro >> ordinò, avvicinandosi e sottraendomi il volume di mano.
Lo chiuse e lo gettò nel cofano della sua auto, richiudendolo con violenza.
<< Ti odio quando fai così. Lo sai che ci aspettano tre ore di viaggio fino all'università? Cosa cavolo faremo in auto per tutto quel tempo? Sapevo che avrei dovuto prendere il libro di Biologia... >> piagnucolai, irritata.
<< Aveva ragione Semonide: "chi sta con una donna non ha un giorno di pace" >> disse, sarcastico.
<< Odio Semonide, era un maschilista. Non avrei dovuto farti leggere quel componimento. E poi, non ti ricordi che altro diceva?>> lo rimproverai, sospirando. << Che la donna ape è la migliore di tutte, moglie fedele e madre devota. Modestamente... >>.
<< E tu che c'entri con la donna ape? >> mi prese in giro, trattenendo le risate.
<< Come mi chiamo? Melissa. Melissa vuol dire "ape", amore >>.
<< Come vuoi tu >> si arrese. << Partiamo? >>.
<< Voglio proprio vedere cosa faremo per tre ore in auto, visto che mi hai preso il libro >> ripetei, infastidita.
<< Sali in macchina, intanto >> mi invitò, spalancando la portiera. << Che ne so, quello che fanno le coppie normali, per esempio? Ascoltare musica, cantare a squarciagola le canzoni... >>.
Gli rivolsi un'occhiataccia.
<< Punto uno: non siamo una coppia normale. Punto due: non ho intenzione di cantare il giorno del test >>.
Ma lui aveva già acceso l'autoradio e iniziato ad intonare "Hey Jude" dei Beatles.
<< Hey Jude, don't make it bad... >>.
<< Lasciamo perdere >> mi arresi, sbuffando sonoramente.
<< Lo sai che ti amo, Mely >> fece lui, sfoggiando la sua irresistibile espressione da cerbiatto a cui hanno appena ucciso la madre (odiavo quell'espressione, mi costringeva a cedere ogni santa volta).
<< Ricattatore >> commentai, assestandogli un bacio sulla guancia.
Entro tre ore fummo a destinazione. Il policlinico universitario era enorme: almeno cinquanta volte la mia vecchia scuola.
<< Dovevi per forza parcheggiare di fronte all'obitorio? >> risi.
<< Non è l'obitorio >> disse, spegnendo la radio. << C'è scritto "Dipartimento di Anatomia Patologica" >>.
<< Cioè obitorio >> osservai, divertita. << Fa pendant con il mio stato d'animo, comunque >>.
Nonostante fossero ancora le sette del mattino, la zona era già colma di gente, persino più ansiosa ed apprensiva di me.
<< Quali sono le fasi della mitosi? E della meiosi? >> sentii chiedere ad una ragazza, che iniziò a sfogliare con veemenza il libro di Biologia.
<< Mely, che ne dici di fare colazione? >> propose Giacomo, notando che ero vistosamente impallidita in volto.
<< S-sì >> balbettai, deglutendo.
Improvvisamente, avevo iniziato ad avvertire un fastidioso senso di nausea.
<< Forza >> disse, prendendomi per mano e trascinandomi lontano dalla calca.
Giusto per accontentarlo ordinai un caffè, rivolgendo uno sguardo malefico alla barista, che osservava un po' troppo insistentemente Giacomo.
<< Da quando sei gelosa? >> osservò lui, divertito.
<< È la genetica >> risposi, ripensando a Mendel. << Lo è anche mio padre, avrò ereditato da lui la gelosia >>.
<< Be', tu hai notato la barista e io il tipo alle tue spalle, che ti fissa da oltre un quarto d'ora >>.
<< C-cosa? >> bofonchiai, confusa.
Feci per voltarmi e mi trattenne per un braccio.
<< Non ti girare. Guarda il suo riflesso >> mi suggerì, indicando con lo sguardo la vetrina del locale. << Sembra troppo grande per fare il test >>.
Sulla vetrina scorsi l'immagine di un ragazzo con folti capelli biondi e occhi scuri, sorridente. Avrà avuto sì e no venticinque/ventisei anni, a giudicare dall'aspetto. Ebbi persino l'impressione che mi avesse fatto l'occhiolino, ma probabilmente l'ansia aveva contribuito ad alterare la mia percezione della realtà, distorcendola.
<< Mely, andiamo? Sono quasi le otto! >> mi sentii scuotere da Giacomo.
<< Le otto! >>.
Era tardissimo. Alle otto in punto avrebbero fatto l'appello, così diceva il bando sul sito della facoltà.
<< In che padiglione sei? >> domandò, aprendo la mappa del policlinico.
<< W, mi sembra >>.
<< W? >> ripetè una voce alle mie spalle.
Era quel ragazzo...
<< Sì, perché? >> risposi, interrogativa.
<< Anch'io sono in quel padiglione, possiamo andarci insieme >>.
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