Capitolo VIII

Romeo's POV

-Wendy, non lasciarmi!- esclamai singhiozzante, ma purtroppo ero consapevole del cuore, ormai fermo, della ragazza che amavo.

La strinsi a me, affondando il viso tra i suoi capelli pieni di polvere e detriti, bagnandoli con le mie lacrime.

Poi pero mi venne in mente in un lampo Poryushka, quindi mi asciugai gli occhi strofinandoli contro la manica della giacca che indossavo e presi Wendy tra le mie braccia, alzandomi e iniziando a correre verso la gilda.

"Non è morta... non è morta..." continuavo a ripetermi, e una nuova scintilla di disperata speranza illuminò i miei pensieri.

Accelerai, socchiudendo gli occhi per ridurre il fastidio del vento che si scontrava con essi.

-Non ti azzardare a morire, devo ancora dirti che ti amo, capito?- le chiesi, ben sapendo che non avrei ottenuto risposta.

Evocai delle leggerissime fiamme quando il suo corpo si fece eccessivamente freddo, per scaldarla ma evitare di bruciarla.

Circa mezz'ora dopo arrivai al portone della gilda, quindi lo aprii scagliandogli contro un potente calcio, tuffandomi poi di corsa all'interno della sede.

I miei compagni mi guardarono allibiti, ma i loro volti diventarono preoccupati quando posarono gli occhi sulla minuta figura tra le mie braccia.

Li ignorai fiondandomi sulle scale, diretto verso l'infermeria, e mai mi ritenni più fortunato di quando vidi Poryushka uscire dalla stanza d'infermeria nella quale diverse ore prima si trovava Wendy.

Spalancò gli occhi quando mi vide, ma mi limitai a entrare nella stanza con l'anziano medico al seguito.

L'odore di medicinali e disinfettante impregnava l'aria, ma non ci feci caso mentre posavo il più delicatamente possibile Wendy sul lettino, girandomi poi verso Poryushka.

-Puoi fare qualcosa?- le chiesi ansioso, ancora con il fiatone.

-Farò il possibile, ma devi uscire- disse aprendo con mani esperte varie ante e afferrando diverse boccette piene di liquidi dai colori sgargianti.

-Cosa?! No! Voglio restare qui!- protestai chiudendo i pugni in una morsa ferrea.

-Senti, ragazzo, vuoi riaverla indietro?- chiese girandosi verso di me, ottenendo il mio capo scosso immediatamente in segno di assenso -allora esci. Devo concentrarmi. La situazione, da quel che vedo, e più delicata di quanto avevo previsto- disse con il suo solito tatto.

Aprii la bocca per oppormi, ma capii che avesse ragione, quindi abbassai il capo e feci un passo.

-Sta tranquillo, qui ci penso io- continuo con voce piuù dolce -tu pensa a farti una doccia e mangiare qualcosa, sei pallido come un lenzuolo. Riposati, appena scoprirò qualcosa sarai il primo che informerò-

-Va bene... a dopo...- sussurrai, sentendo solo allora la stanchezza farsi strada nel mio corpo.

I miei muscoli erano contratti e dolenti, e puzzavo terribilmente di sudore.

Appena feci la mia comparsa tra gli altri membri della gilda, quelli iniziarono a tempestarmi di domande a cui non volevo o non sapevo rispondere.

Li ignorai nuovamente, quindi uscii e andai al dormitorio maschile.

Percorsi i vialetti che ormai conoscevo a memoria non prestando nemmeno attenzione a dove mettevo i piedi, la mente concentrata altrove.

"E se non si sveglia? Se non la vedessi più sorridere o rimproverarmi con un lampo di divertimento a farle scintillare gli occhi celesti?" mi chiesi affranto.

Rendendomi conto di ciò che avevo appena pensato, mi diedi un paio di schiaffetti in faccia, riprendendomi e allungando il passo, ansioso di tornare alla gilda.

Una volta dentro il dormitorio andai nella mia stanza, spalancando la porta e prendendo i primi vestiti puliti che mi capitarono sotto tiro.

Feci la doccia più veloce che avevo mai fatto in vita mia, quindi mi vestii, lasciando i capelli umidi, e uscii nuovamente, più ottimista di prima.

Aprii nuovamente il portone, questa volta con più calma, e andai a sedermi al bancone, richiamando l'attenzione di Mira.

-Ehi, Romeo, come sta Wendy?- mi chiese subito, avvicinandosi a me con fare preoccupato.

-Non lo so, ora è con Poryushka- scrollai le spalle.

-Cos'è successo?- continuo il suo interrogatorio, ma non ottenne risposta.

Un brontolio si fece largo dal mio stomaco, facendola debolmente ridacchiare, quindi mi portò un'intera torta al cioccolato.

-Un po di zuccheri ti faranno bene, sei davvero troppo pallido- disse porgendomi una forchetta.

Altri miei nakama vennero da me, facendomi sempre le stesse domande, e ottenendo sempre le stesse risposte. Dopo un po si arresero, capendo che non avrebbero ottenuto alcuna informazione, e si allontanarono formulando ipotesi tra di loro.

Quando finii di mangiare ringraziai Mira e salii le scale. Una volta in cima, vidi il master uscire dalla stanza in cui si trovava Wendy, quindi lo raggiunsi.

-Master- lo salutai facendolo girare verso di me.

-Sono appena tornato da una riunione organizzata dal consiglio, e ho saputo cos'è successo. Ti andrebbe di spiegarmi nei dettagli la faccenda?- chiese con garbo, e annuii, facendomi scortare da lui verso il suo ufficio.

-Capisco- disse tenendo lo sguardo basso quando ebbi finito, appoggiando i gomiti sulla sua scrivania in mogano e facendo toccare i polpastrelli delle mani -siamo stati degli sciocchi a non insistere per estorcerle ciò che le stava accadendo. Ha deciso di cavarsela da sola, ma alla fine è stata sopraffatta dai suoi stessi dubbi. i sono grato per averla seguita e riportata a casa- alzò gli occhi su di me, e solo allora notai che erano lucidi di lacrime.

Scossi con foga il capo.

-No, non deve ringraziarmi. E' grazie a Mira che ho scoperto ciò che le stava accadendo, è lei mi ha esortato a seguirla. Inoltre sono stato uno stupido, avrei dovuto tartassarla di domande pur di farla parlare; non credo me lo perdonerò mai...- mormorai arrabbiato con me stesso.

-Nessuno di noi aveva intuito nulla, non incolparti inutilmente. Quel che è stato è stato. Ora dobbiamo solo sperare che Wendy torni da noi- sospirò infine.

-Se permette, vorrei andare da lei- dissi poi, desiderando solamente di vederla.

-Oh... certo, certo, hai ragione. Scusa per averti trattenuto, puoi andare-

Feci strisciare sul pavimento la sedia su cui ero accomodato, quindi mi alzai e percorsi il corridoio, aprendo la stanza in questione.

-Come va?- mormorai facendo qualche passo incerto, vedendo Poryushka china su Wendy con un espressione pericolosamente preoccupata in volto.

Lei scosse il capo, facendomi sgranare gli occhi all'inverosimile.

-Non capisco cosa le sia successo. Il suo cuore batte solo una volta ogni cinque minuti, quindi non la possiamo considerare morta, sarebbe più corretto definirla in coma, ma... non so cosa dirti, mi dispiace. A questo punto credo dipenda tutto da lei e dalla sua volontà- mi spiegò tristemente, congedandosi quando capì che volevo stare solo.

Presi con mani tremanti una sedia e la accostai al lettino, sedendomi lentamente e prendendole una mano fra le mie.

Il suo viso angelico era contornato dai suoi capelli celesti, slegati e sparpagliati sul cuscino. Un lenzuolo bianco la copriva fino a sopra il petto, lasciando fuori le sue braccia all'apparenza deboli e prive di forza, ma in realtà capaci di stendere chiunque.

Evidentemente Poryushka l'aveva cambiata, facendole indossare una maglia viola e, scoprii alzando per un attimo il lenzuolo, una tuta blu.

La sua pelle pallida era dello stesso colore del lenzuolo, e il suo respiro praticamente inesistente. Le labbra leggermente rosate erano dischiuse, l'unica parte del corpo a non aver perso del tutto il colore. Sembrava che stesse dormendo in un giorno come tanti, e avrei fatto di tutto purché lo fosse.

Alle sue braccia esili erano attaccati molti fili, collegati a loro volta a dei macchinari di cui non sapevo e non volevo conoscere l'utilità.

-Ehi, Wendy...- iniziai con voce rotta fissando i suoi radi battiti su uno di quei macchinari, non sapendo realmente cosa dirle, e per niente sicuro che potesse in qualche modo sentire la mia voce -i-io... io non so cosa fare... senza di te mi sento perso... i-io... ti ricordi quando andammo in quella missione a Fiore? Quella volta rischiammo seriamente la vita, non si rivelò un'idea saggia far esplodere una bomba puzzolente in mezzo alla città- ridacchiai debolmente, ricordando quei momenti passati insieme a lei -i banditi che stavamo inseguendo erano più pericolosi del previsto, e risposero al nostro attacco buttandoci addosso una vera bomba... ce la siamo scampata per un soffio... quella volta ci promettemmo che non avremmo mai abbandonato l'altro, che saremmo stati insieme fino alla fine dei nostri giorni... uniti come una cosa sola...- tirai su con il naso -tu detesti infrangere le promesse, vero? Quindi sbrigati a tornare da me, devo ancora darti la mia risposta... avrei voluto dartela tempo prima... ancora non riesco a credere che mi ami... è come un sogno, ma che senza di te diventa un incubo... so che non mollerai, non lo faresti mai...- anche mentre pronunciavo quelle parole, dell'insicurezza mi pervase nel profondo, ma la scacciai dandole un dolce bacio sulla sua fronte pallida.

-Ti amo-

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