Capitolo VI

Mi svegliai di soprassalto, con le lacrime agli occhi e la fronte imperlata di sudore freddo.

"Era un incubo, era solo un incubo" mi ripetei cercando di calmare i violenti tremori che mi scuotevano il corpo.

Mi alzai lentamente, sentendo delle potenti fitte al petto e alla testa che mi mozzarono il fiato.

Arrendendomi all'idea di non essere stabile, mi sedetti contro la parete della caverna, appoggiando la testa sul muro alle mie spalle.

L'incubo che avevo da poco fatto era stato probabilmente il peggiore: vedere i miei nakama morire tra atroci sofferenze causate da me era stato insopportabile, ma non molto per il fatto in se, più che altro perché non ero io quella che muoveva il mio corpo. Era come se qualcun altro controllasse ogni mio singolo muscolo, come fossi una marionetta, decidendo per me quello che avrei fatto, e non era stato per niente piacevole restare a guardare quella scena senza poter fare nulla per fermarla, mi ero sentita completamente impotente ed inutile.

"Lasciami uscire, Wendy, e sarai finalmente in pace. Lasciami distruggere, uccidere, e vedrai che ti sentirai molto meglio" sentii cantilenare dalla solita voce nella mia mente.

Strizzai gli occhi e mi concentrai al massimo delle mie forze per seppellire quei sussurri dentro un angolo oscuro del mio cuore, ma era come cercare di spostare un masso 100 metri quadrati a mani nude: un'impresa impossibile.

Aprii gli occhi, però vidi tutto sfocato, come se una fitta nebbia mi circondasse, ma sapevo che non si trattava di quello: stavo per perdere il controllo.

"Uccidi... uccidi..."

Stavo cominciando ad abbandonarmi a quella tentazione, quando, in un velocissimo flash, un viso a me molto familiare si fece largo nella mia testa.

Ma, anche se riprovai a far tacere quella voce, non ci riuscii, e nemmeno il dolce ricordo di Romeo mi impedì di sprigionare la Dragon Force.

In quel preciso istante persi completamente il controllo, per quella che sarebbe stata l'ultima volta.

Spiccai un balzo e uscii dalla caverna, librandomi in aria attraverso delle correnti che controllai senza il minimo sforzo.

Era il tramonto, e presto la notte avrebbe sovrastato ogni cosa.

-Vediamo un po... cosa potrei distruggere prima? Qui c'è l'imbarazzo della scelta- ridacchiai inquietantemente passando lo sguardo da una montagna all'altra, non pensavo che mi fossi allontanata così tanto dalla gilda.

-Iniziamo da quella- decisi prima di tagliare di netto la punta candida di una montagna lontana chilometri da me.

I massi crollarono all'istante, sollevando un polverone gigantesco e creando un tonfo talmente forte da farmi dolere le orecchie; ma in confronto alla soddisfazione che provai davanti alla mia opera, fu niente.

-E' divertente- ghignai prima di fare la stessa cosa con altre quattro cime innevate, innalzando una così grande quantità di polvere che, anche da quella distanza, mi fece chiudere e strofinare gli occhi.

-Così però mi annoio- mi lamentai poi -voglio qualcosa di... vivo- conclusi scrutando l'ambiente circostante alla ricerca di ciò che desideravo.

-Wendy!- sentii urlare dal basso.

Abbassai lo sguardo e vidi Romeo correre velocemente verso la mia direzione.

-Proprio quello che fa al caso mio- ghignai prima di perdere quota e appoggiare i piedi sul terreno roccioso.

-Come potrei ucciderti?- mi chiesi mentre gli giravo attorno, come a decidere quale parte del corpo mozzargli per prima.

-Wendy, so che questa non sei tu- ignorò le mie parole -ma ti prego, ascoltami" mi supplicò con gli occhi lucidi dalla preoccupazione.

-Nessuno sa niente di me- gli ringhiai contro, ma lo lasciai parlare, curiosa di come avrebbe inutilmente cercato di farmi tornare in me.

-Davvero vuoi fare del male alle persone che ami? La gilda è la nostra famiglia, vuoi davvero ferirla? Vuoi davvero ferirmi? Ne abbiamo passate di tutti i colori insieme, fianco a fianco, ormai è da più di un anno che siamo diventati amici; per me sei come una... sorella- concluse con voce titubante.

Sentii qualcosa dentro di me rompersi, andare in frantumi, probabilmente fu il mio cuore innamorato.

-Sorella?- replicai sarcastica -dovrei essere la tua sorellina?-

-Wendy, la gilda ti vuole bene, io ti voglio bene. Perché non mi hai detto nulla delle tue crisi? Avremmo potuto risolvere insieme il problema, affrontare la questione mano nella mano, avremmo trovato una soluzione, come sempre abbiamo fatto. Non ti fidi di me? E' per questo che non mi hai detto nulla? Non hai nemmeno un po di fiducia nel tuo migliore amico?- mi domandò lasciando che una lacrima gli solcasse la guancia.

La notte stava prendendo il sopravvento sul giorno, e il cielo era tinto di fantastiche sfumature calde e fredde, fuse insieme in un meraviglioso dipinto cosparso di puntini bianchi sempre più visibili. Ma io non riuscivo a prestare attenzione al paesaggio. Non riuscivo a concentrarmi su niente al di fuori del viso triste del ragazzo che amavo.

-Io n-non...- balbettai ritornando per un attimo in me, ma presto la ragione fu nuovamente seppellita in fondo alle mie viscere.

Tuttavia, ormai, uno spiraglio di luce si era fatto strada nella mia mente formata da pensieri ingarbugliati. Una vera e propria lotta stava avendo luogo nella mia testa tra le due parti che costituivano il mio essere, procurandomi le fitte a cui ormai mi ero abituata, ma cento volte più dolorose; tanto da farmi urlare dalla sofferenza.

-Basta!- gridai perdendo totalmente il controllo dei miei poteri.

Raffiche di vento mi circondarono, creando una specie di piccolo tornado intorno a me, una barriera che nessuno sano di mente avrebbe cercato di oltrepassare.

Ma, a quanto pareva, Romeo non era per niente sano di mente.

Circondo il suo corpo di fiamme che, anche se non fermarono il mio mini tornado, gli garantirono di attraversarlo senza rimanere ferito dalle sferzanti correnti evocate inconsciamente da me.

Mi inginocchiai al suolo, intrappolandomi il capo tra le mani e tirando disperatamente i miei capelli divenuti viola.

-Basta! Basta!- continuai a urlare fino a squarciarmi le corde vocali -fallo smettere!-

-Wendy! Wendy, ascoltami- sentii vagamente la sua voce, coperta dal casino dentro la mia testa -Wendy, nessuno pensa che tu sia debole o inutile. Sei un membro della gilda, fai parte della nostra famiglia, ti vogliamo un bene dell'anima, io più di tutti- sentii due mani posarsi sulle mie braccia, poi sulle mie guancie bagnate di lacrime di dolore che non sapevo nemmeno di aver versato -Wendy, tutti noi ti amiamo. Io ti amo, e lo faccio perché sei quella che sei: una ragazza, dolce, impacciata e spesso goffa, splendida da mozzare il fiato e forte. E non intendo solo la forza fisica, ma quella emotiva. Hai affrontato tutto questo senza cercare l'aiuto di nessuno e, anche se non ti perdonerò facilmente per avermi tenuto all'oscuro, ti ammiro, perché hai avuto la forza di cavartela da sola-

-Non sono forte- replicai in un sussurro appena udibile, sorprendendolo -ho cercato di risolvere da sola il mio problema, ma non ci sono riuscita, ho soltanto peggiorato la situazione. Ma forse non è la dragon Force il problema, forse sono io il problema- mormorai a fatica tra rantoli, respiri profondi e smorfie, riuscendo a resistere dall'urlare ancora.

-Non dirlo più- disse fermamente Romeo, saldando la presa sul mio viso -non sei per niente un problema. Ne tu, ne la Dragon Force. E' una parte di te, come sono parte di me le mie fiamme; è una cosa che ti rappresenta, che costituisce parte del tuo essere. La causa delle crisi non è il tuo potere, ma i tuoi dubbi, che si sono moltiplicati e ingranditi nel corso del tempo. Mio dio, sono stato un cretino per non essermi preoccupato, è colpa mia-

-Non dirlo neanche per scherzo. La colpa è mia, avrei dovuto controllare meglio le mie emozioni e far...- mi interruppi con un grido che non riuscii a soffocare quando mi sembrò che un coltello impregnato di acido mi trapassasse il cranio da parte a parte.

-Wendy, concentrati su di me- mi giro dolcemente verso di se, facendo in modo che riempisse tutta la mia visuale.

-Sei più pericoloso del previsto, ragazzo, ti ho sottovalutato. Per un attimo ho perso il controllo- feci una smorfia infastidita, togliendomi le sue mani di dosso.

"Oh, no, questa volta non la avrai vinta" ringhiai, ma non cercai di respingerla.

Mi rilassai e, diversamente da come aveva fatto nel corso degli ultimi mesi, lasciai che si impadronisse di parte della mia mente.

"Romeo ha ragione. La Dragon Force è parte di me, anche volendo non riuscirei a eliminarla. Devo convivere con essa, creare un equilibro tra il bene e il male, senza che nessuna parte prendo il sopravvento sull'altra" riflettei calma mentre alimentavo ognuna delle due parti con ricordi, positivi o negativi che fossero.

Sentii le forze venir meno, ma non mi arresi fino a quando non sentii un improvviso vuoto nella mia mente, un silenzio quasi innaturale dopo tutto il tempo in cui era stato riempito con sussurri: avevo trovato l'equilibrio.

-Ce l'ho fat...-

Respirare mi divenne più difficile mentre cadevo a terra, priva di forze anche per colpa del controllo costante che avevo mantenuto sull'aria, e guardavo le correnti svanire, Romeo farsi più vicino e prendermi tra le sue forti braccia, mettendomi poi una mano sul cuore.

-I tuoi battiti...- mormorò in preda al panico.

"Il continuo lottare, allenarmi e usare costantemente la magia per non so quanti mesi alla fine mi ha prosciugata da ogni risorsa vitale, dovevo aspettarmelo, il mio corpo non poteva sopportarlo ancora a lungo. Ma... morirò?" mi chiesi distrattamente, però in quel momento mi importava solo di fargli sapere il mio secondo, importante segreto.

-Romeo...-

-Non ti azzardare a lasciarmi! Chi è che mi rimprovererà per le fiamme all'odore di scorreggia che evoco continuamente all'interno della gilda? Con chi andrò a svolgere le missioni? Chi riderà alle mie battute, anche se sono terribili? Chi mi impedirà di fare infinite cavolate? Chi continuerà a far battere il mio cuore e mantenerlo in vita? Wendy... ti prego... devi restare con me... non posso perderti... posso portarti da Polyushka, lei di certo saprà come curarti...- pianse affondando la testa fra i miei capelli.

-Romeo...- gli sussurrai dolcemente, accarezzandogli i capelli con le ultime forze che mi rimanevano in corpo -ti amo... resterò sempre con te... non scordarlo mai...-

E, avvertendo un ultimo calore alle labbra e un "anche io, non puoi immaginare quanto" sussurrato dal ragazzo a cui ero abbracciata, mi abbandonai definitivamente tra le cullanti braccia della morte, con un sorriso dipinto sul volto.

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