Capitolo 39 "Non ce la faccio"

Alice

La nonna e Silvia oggi erano strane, non sono riuscita a capire il perché. Tutto è iniziato con quella telefonata che ha ricevuto Silvia, non capisco.

Attualmente sono in una fase particolare: il mio cervello sposta l'attenzione su altro per non concentrarsi su quello che è successo.

Proprio per questo mi son fatta portare il PC da Silvia e mentre loro non ci sono vedo un po' la registrazione del colloquio con Ivan/Marco, che mi ha mandato Calligaris. Inizia.

"Mi sa dire niente di questa lettera?"

Ivan la prende, sorride e guarda di nuovo l'ispettore.

"Se non avessi voluto farvela trovare l'avrei nascosta."

"Sono tutte orecchie."

"10 anni fa io ero innamorato perso di Elena le avevo chiesto di sposarci perché volevo vivere la mia vita con lei. Poi a pochi mesi dal matrimonio persi mio fratello in un grave incidente ..." si ferma, piange, poi continua "Mi scusi. Dicevo, dopo questa grave perdita io non riuscivo ad esprimere le mie emozioni, mi sentivo bloccato. Così provai ad andare da uno psicoterapeuta ma le cose non miglioravano. Un giorno ero in un bar e sentii un tizio che diceva che da quando aveva provato certe cose era riuscito a stare meglio. Io ero disperato e quindi decisi di intromettermi nel discorso. All'inizio si trattava di farmi qualche canna, ma poi la canna si è trasformata in eroina. Fino al punto in cui non ero più me stesso. Elena attribuiva il tutto alla perdita, ma non era così. Non ne potevo più  e decisi di venire qui a Roma con quel tizio e cambiare vita."

"Fulvio Rossi."

"Esattamente. Una volta qui a Roma mi feci aiutare a cambiare identità e nel giro di poco terminai i miei studi in Ingegneria Edile per inserirmi, come da proposta di Fulvio, nella sua società."

"Cosa sa dirmi della società?"

"La società credo fosse una copertura per lo spaccio illegale di droga. Fulvio riciclava i soldi. Io all'inizio non lo sapevo ma poi quando l'ho scoperto lui mi ha minacciato di dire tutto e mi son stato zitto."

"E di Eleonora Argenti che mi dice?"

"Eleonora Argenti è subentrata dopo. Io non l'avevo mai amata, era solo sesso. Lei lo aveva capito, ma nonostante ciò mi stava addosso perché in realtà puntava a Fulvio, molto più ricco di me. Insieme, infatti, iniziarono a fare affari loschi, anche alle mie spalle."

"Sa dirmi che tipo di affari?"

"Credo si trattasse sempre di spaccio illegale a pezzi grossi. Con il denaro poi costruivano nuovi appartamenti e aprivano punti vendita."

"E Elena?"

"Quando l'ho rincontrata io ero andato a Napoli, perché tramite informatori, avevo saputo che c'era una riesumazione del cadavere di mio fratello. Volevo essere lì, anche se non potevo assistere. E così incontrai la mia Elena e ci innamorammo. In realtà non avevamo mai smesso di amarci. Una sera, pochi mesi fa, io ero a Napoli. Avevo con me anche la collana che le avevo regalato anni fa e che avevo portato via per non dimenticarmi mai di lei. L'avevo riposta in un cassetto della mia camera d'albergo. Volevo dirle la verità, ma quando venne da me era così bella che io avevo solo voglia di fare l'amore. Io poi mi addormentai, lei era sveglia e non so perché si mise a frugare tra le mie cose, forse aveva intuito qualcosa. Al mio risveglio non c'era, ma c'era quella lettera. La chiamai tante volte senza mai ricevere risposta. Decisi quindi di ritornare a Roma, era finita. Ma ormai io ero innamorato perso di lei, lo ero sempre stato. Avevo amato tutto, ogni singolo sguardo, ogni singola parola, ogni singola sua caratteristica, ma non ero stato alla sua altezza, no avevo lottato per il nostro amore."

"E poi cosa è successo?"

"E' successo che Elena è venuta a Roma e mi ha perdonato. Mi amava. Avevamo deciso di venire qui in Commissariato e dire tutto, per ricominciare una nuova vita insieme. Ma poi ..." e scoppia in lacrime

"Aveva parlato con Eleonora e Fulvio?"

"No, credo che mi abbiano sentito parlare a telefono con lei. Veda Ispettore, io ero stato tutta la mattinata con Elena. Il pomeriggio ero andato un attimo in azienda per prendere delle cose ed Elena mi chiamò. Mi disse che mi aspettava per fare una passeggiata insieme ed andare al Commissariato. Io non ero pronto e le dissi che ci saremmo andati il giorno dopo. Evidentemente Eleonora e Fulvio hanno sentito quella chiamata. Io non l'ho uccisa. La prego, trovi Eleonora e parli con lei. Sono sicura che l'ha uccisa lei insieme a Fulvio."

"Si, ne abbiamo la certezza. Stiamo solo cercando di condurla nella trappola. Lei però, capirà, che devo trattenerlo perché la sua confessione deve essere confermata e oltretutto è stato complice degli affari loschi di Fulvio ed Eleonora."

"Ne ero sicuro che sarebbe andata così. Non intendo obiettare perchè ho sbagliato a non parlare prima."

L'interrogatorio si conclude. Materiale molto interessante. Domani chiamerò l'Ispettore per farci qualche chiacchierata.

E' ormai notte fonda ed io non riesco a dormire. La mia mente vaga e si ferma sempre allo stesso pensiero. Mi manca toccarmi il ventre e chiacchierare con la mia piccola anima. Non ce la faccio a non pensare, non ce la faccio ad andare avanti.

Non so a che ora precisa mi addormento, ma so che mi risveglio perché qualcuno fuori urla. E' una voce familiare, troppo familiare.

"Devo entrare avete capito? Lì dentro c'è la mia donna!"

No, non sono pronta a lui ... So che entrerà, lo conosco: è testardo. Mi alzo e mi metto vicino la finestra.

Dopo poco sento la porta aprirsi. Sento i suoi passi che di solito sono decisi, ma ora non lo sono.

"Alice ..." mi sussurra

"Che ci fai qui." Ribatto fredda senza voltarmi

" Ti prego, perdonami, se puoi." Chiede quasi in lacrime

"Hai detto bene: se puoi. Io non posso perdonarti. Ora ti prego di andartene così come sei venuto."

"Alice non sai molte cose, ti prego dammi modo di spiegare."

Ora mi volto, sono furiosa.

"Spiegare? Ma cosa mi vuoi spiegare? Che sei stato uno stronzo? Claudio qui quella che sta male sono io che ho perso nostro figlio. Lo capisci? NOSTRO FIGLIO." Dico scandendo nostro figlio

"Alice mi dispiace" e piange infinitamente "Non sapevo nulla. Perché non mi hai chiamato? Ci saremmo scannati, ma alla fine avremmo risolto, come sempre. E lui/lei forse sarebbe ancora qui."

"Chiamarti? Claudio tu mi hai lasciata! Cosa dovevo dirti? Non mi hai voluto ascoltare quando te l'ho chiesto perché avresti dovuto farlo con una chiamata? Mi avresti accusata, avresti affermato che quel figlio non era tuo."

Sto gridando, non sono in me. Piango e butto fuori tutta la rabbia che ho. Entra un'infermiera che mi chiede di abbassare i toni.

"Alice, ti prego, perdonami."

"No Claudio, non ce la faccio. Finirò qui la specialistica. Dimenticami."

"Non puoi farmi questo."

"Tu mi hai fatto di peggio."

Non insiste, non dice più nulla. Va via e con lui va via anche il mio cuore. Sprofondo nelle lacrime.

Claudio

Questo viaggio è stato il più lungo della mia vita. Ieri pomeriggio partii da casa mia con la speranza di trovare un volo diretto verso Barcellona, ma la fortuna non è stata dalla mia parte. Ho dovuto aspettare le 21 per prendere un aereo diretto a Parigi e una volta lì, dopo 3 ore, ho finalmente preso un volo diretto a Barcellona. Arrivo alle 7:00 e subito chiamo Silvia.

"Claudio ascolta, Alice non è alla residenza universitaria. E' all'ospedale di Barcellona, non chiedermi il perché, deve essere lei a spiegarti tutto."

"Silvia ma cosa stai dicendo?"

"Venerdì notte si è sentita male e l'hanno trattenuta lì."

"Corro subito lì."

Se prima ero agitato all'idea di vederla, ora sono letteralmente preoccupato. Non so cosa le sia successo e mi sento uno schifo al sol pensiero che non le sono stato vicino. In un attimo penso ad una cosa terribile e spero fortemente che non sia reale. Venerdì notte io ho fatto quel sogno bruttissimo: c'era un bambino e c'era lei. E se avesse avuto un aborto?

Nel tragitto aeroporto-ospedale penso e ripenso al fatto che prima di partire era stata molto male: gli svenimenti, la pressione perennemente bassa, la sua stanchezza. Non era stress, era incinta. Che grandissimo stronzo che sono stato. Sono pure un medico e non mi sono accorto di nulla. Le avevo prescritto quegli esami, ma evidentemente non li ha mai fatti.

Arrivo in ospedale e chiedo subito di lei. Come temevo è al reparto Ginecologia. Una volta fuori al reparto busso come una furia e un'infermiera non vuole farmi entrare.

"Devo entrare avete capito? Lì dentro c'è la mia donna!"

Mostro il tesserino dei Medici Italiani e solo dopo questa presentazione ufficiale mi fanno entrare.

Apro la porta e la vedo. E' vicino la finestra che guarda fuori. Avanzo con ansia verso di lei, che ha capito che sono io, ma non si volta.

Le chiedo scusa, ma non vuole saperne. Quindi esco da quella stanza, era impossibile parlarci e la capisco perché io avrei fatto di peggio. Era lì, indifesa davanti a me. Quanto le ho fatto male, e quanto ne ho fatto a me stesso. Io e la mia stupida razionalità.

Sono andato via e le ho lasciato il mio cuore: sarà per sempre suo, anche se non dovessimo mai tornare insieme.

"Non ce la faccio. Finirò qui la specialistica. Dimenticami." Sono le parole che risuonano nella mia mente da quando me le ha dette. Dimenticare? Ma come si può dimenticare una persona che hai amato.

Mio figlio. Avrei avuto un figlio da Alice. Certo, non me lo sarei aspettato, non così presto. Ma sarei stato felice, soprattutto perché si è genitori insieme ed io con Alice al mio fianco sarei riuscito in tutto.

Non so che fare, se restare oppure andare via. Non vuole vedermi, non vuole parlarmi ed io non voglio farle del male. Ormai la nostra storia si è sgretolata e sapere che è accaduto per colpa mia mi logora il cuore.

Decido di chiamare Silvia. Le racconto tutto.

"Che t'aspettavi? Che ti buttasse le braccia al collo? Guarda che io stavolta le do ragione!"

"Silvia io non sapevo niente di questo bambino! Perché non me lo ha detto?"

"Non aveva il coraggio. Non lo ha detto a nessuno; noi siam venute perchè lei ci ha chiamate ed una volta qui ci ha spiegato tutto."

"Perchè è così testarda? Che pensava di fare? Di nascondere per sempre questo bambino? Io non l'avrei rifiutata."

"Claudio per piacere, ora non addossarle la colpa: l'avete entrambi. Lei doveva dirtelo, sicuramente, ma tu potevi fare meno lo stronzo. Gli ultimi giorni le hai reso la vita impossibile. "

"Si, sono stato uno stronzo, ma ora voglio rimediare. Ho capito i miei errori e voglio farmi perdonare."

"Claudio dalle tempo, ora ha bisogno di stare sola."

"Silvia tra pochi giorni è il suo compleanno e avevo pensato ..."

"Lascia stare, qualsiasi cosa tu voglia fare. La conosco da quando eravamo piccole, ora non ha bisogno di sorprese. Ora ha bisogno di sentire la tua mancanza."

"Vuole finire la specialistica qui."

"Lo ha detto anche a noi. Ma sono sicura che cambierà idea, almeno dopo oggi."

"Silvia, io a Roma non ci torno se lei no torna con me."

"Claudio ora no. Noi tra qualche giorno partiremo. Parti anche tu. Ora è inutile. Ci parleremo noi e proveremo a farla ragionare. Lei ti ama e so che anche tu la ami, però lasciati dire che sei stato proprio stupido a farti abbindolare da quello!"

"Lo so, ma ha avuto ciò che merita."

"Bene, ora vado da lei, ci sentiamo appena possibile."

"Ciao Silvia, grazie e ringrazia anche la nonna."

"Ciao Claudio."

Restare o partire, questo è il mio dilemma attuale. Il cuore mi dice resta, ma la testa mi dice di andare via. Non ha senso restare perché lei non vuole vedermi o sentirmi. Però io a Roma non riesco a stare, almeno non senza lei.

*********

Ecco finalmente il capitolo. Un po' più lungo del solito, ma ci sta tutto! 

Claudio è andato a Barcellona, ma Alice non vuole saperne nulla. E' delusa e, mettondomi nei suoi panni, lo sarei anche io. Secondo voi, finirà la specialistica lì o tornerà a Roma? Al via con le supposizioni!

Inoltre si avvicina il suo compleanno. Secondo voi Claudio cosa farà? Io ho già delle idee...

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