20. AMNIS VOLVIT SAXA

La notte avanzava con lentezza verso l'alba.

Abbandonandosi a occhi chiusi alla magia della foresta, Edhel riusciva a udire ogni brusio che animava la vita silenziosa delle piante. Restava immobile, disteso sotto la luna, un braccio dietro la nuca, l'altro che stringeva Silanna sul suo petto. Lei, al contrario, aveva gli occhi aperti sull'oscurità e scrutava ciò che la circondava.

Nessuno dei due parlava. Più che l'abbandono dopo la furia dell'amplesso, la loro sembrava l'attesa di qualcosa che intervenisse a sorprenderli.

Un soffio di vento smosse i lunghi capelli dell'elfa e fece arricciare la sua pelle. Edhel l'accostò un po' più a sé, strappandole un sorriso per quel gesto istintivo.

"Ho freddo", disse timida, infrangendo il silenzio.

Lui rise sommessamente e sollevò la mano. Il cerchio di allegre fiammelle che l'aveva accolta al suo arrivo riprese a danzare, illuminando il loro giaciglio e riscaldando l'aria pungente e brumosa. Alla luce di quei bagliori rossastri, Silanna poté osservare con maggiore attenzione i dettagli che aveva trascurato durante il trasporto del sesso, mentre lui restava immobile e tranquillo, quasi esibendo la propria bella persona.

Era certa che lo stesse facendo con consapevolezza: Edhel le era apparso, fin dal loro primo incontro, smanioso di mettersi in mostra in qualsiasi frangente. Sembrava avvertire la continua esigenza di sottolineare quanto alte fossero le sue doti, quanto grandi i suoi doni, quanto capace il suo fisico, quanto svelta la sua intelligenza. Quindi, anche se lui continuava a tenere le palpebre socchiuse, indovinò che provasse piacere sapendo che lei lo stava guardando.

La sua attenzione fu subito catturata dal tatuaggio che gli decorava il braccio, dove si intrecciavano quattro rune. Silanna non poté impedirsi di toccarlo. Sfiorò il primo segno, quindi proseguì, disegnando a uno a uno i tratti scuri che si delineavano sulla sua pelle. Mentre vi passava sopra la punta delle dita, sussurrò in elfico i nomi di quelle potenze arcane.

Edhel cominciò a seguire con interesse il movimento delle sue labbra.

"Adesso la smetterai di prendermi in giro?", chiese in un soffio.

"Suppongo di non avere alternative, Fëantúr".

Il ragazzo sorrise, le prese la mano e si portò alla bocca il dito con cui l'aveva sfiorato. Lo baciò e lo tenne tra le labbra, indugiando in quel gesto, quindi la fissò con lo stesso sguardo intenso e provocante con cui l'aveva squadrata la sera del banchetto. Il suo desiderio così esibito le trasmise un brivido. Silanna scivolò sul suo corpo, gli cercò la bocca e lo baciò con lentezza calcolata. Gli carezzò le lunghe ciglia scure con la palma della mano e gli coprì per un istante quello sguardo sensuale che la tormentava.

"Troppa Acqua", sospirò.

Tornò a fissare le iridi chiare, tanto vicine alle sue, e gli passò le dita tra i capelli. Sollevò una ciocca fulva e la sgranò sul suo petto.

"E troppo Fuoco", concluse con una punta di inquietudine. "Che ti è accaduto?"

Edhel chiuse gli occhi e li riaprì con aria svogliata, mentre un sorriso cattivo gli si disegnava sul viso.

"Perché sono così strano?", domandò indispettito. "È questo che vuoi sapere?"

"Perché sei così eccezionale", lo corresse lei. "È questo che voglio sapere".

L'elfo rilassò i muscoli che gli si erano contratti all'udire la richiesta di Silanna. Per troppo tempo la sua diversità era stata guardata come un difetto. Mettersi subito sulla difensiva ed estrarre gli aculei era un'abitudine difficile da cancellare per lui, ma si sforzò di farlo almeno in quell'occasione.

"Non mi è chiaro, in verità. A essere sincero, ho sempre pensato che fosse meglio non cercare di scoprirne le cause. Potrebbe essere pericoloso. Potrei dover mettere in discussione la mia esistenza, e quindi quella di Aidan, e non lo voglio".

"Provi davvero tanto affetto per lui? So che è tuo fratello, ma... è solo un Uomo! Come riesci a condividere tanto con lui? A comprenderlo sempre?"

Sembrava sinceramente stupita mentre gli esponeva i suoi dubbi ed Edhel non riuscì a trattenere una lieve risata.

"Non è così difficile", scherzò. "Perché non ci provi anche tu?"

Silanna scosse il capo.

"Tu e Aidan siete un mistero che non mi so spiegare. Che nessuno si sa spiegare, in effetti".

"Perché non chiedi al maestro Vargas?"

Sembrava divertito al pensiero della soluzione che le aveva fornito, ma un attimo dopo la sua espressione si fece seria. Negli occhi gli guizzò una fiammella di dispetto.

"O perché non lo chiedi a Galanár?", suggerì cattivo. "C'era anche lui, quella notte".

A quelle parole, lei si ritrasse. Si mise a sedere e lo fissò a distanza, sorpresa e risentita.

"Sei crudele a pronunciare quel nome adesso".

Lui si sollevò dall'erba, puntellandosi sulle mani.

"Siamo crudeli entrambi", osservò con voce tranquilla. "Per il semplice fatto che siamo qui, in queste circostanze".

"Avresti almeno potuto avere il pudore di non nominarlo", puntualizzò l'elfa, rivolgendo altrove lo sguardo.

Edhel rimase per qualche istante a osservare il turbamento che si era disegnato sul volto di lei. Non era la reazione che si era aspettato, ma forse avrebbe dovuto. Non riuscire a decifrare quel momento e, soprattutto, non riuscire a decifrare lei gli trasmise una terribile ansia.

"Mi dispiace", mormorò infine. "Ti chiedo scusa. Non credevo che persino pronunciarne il nome ti urtasse tanto".

"Tu non lo credevi?", considerò lei piccata. "E cosa ti rende tanto sicuro? Cosa ti fa pensare di poter elaborare dei giudizi tanto netti su di me?"

Lui esitò una volta ancora. Silanna gli stava ponendo delle domande sulle quali lui, in verità, non si era mai interrogato. Tutti gli avvenimenti di quella notte, in effetti, si erano succeduti così in fretta e senza preavviso, che Edhel non aveva avuto il tempo di riflettere, né su ciò che li aveva portati a quel punto, né su quello che sarebbe accaduto dopo. Il dopo, poi, era sempre stato un pensiero che lo sfiorava raramente, così si limitò a esternare ciò che riteneva probabile, non ciò che desiderava.

"Perché? Tornerai da me domani? Non entrerai nel suo letto, come ogni notte?"

L'amarezza di quella considerazione le ferì il cuore e Silanna riuscì a stento a mascherare il dolore che le aveva provocato. Come poteva, quel ragazzo, essere così lontano dalla verità? Come poteva aver frainteso a quel modo ogni suo gesto?

Cercò di respirare e di non pensare alle lacrime che minacciavano di lambirle le ciglia. Forse esisteva un modo per fargli capire quanto le sue domande fossero stupide ed errate.

"Non ho mai conosciuto nessuno prima di te", dichiarò.

Edhel sobbalzò: quella notizia gli aveva trasmesso, allo stesso tempo, un'ondata di piacere e un brivido di paura. Era felice al pensiero che lei si fosse donata a lui, ancora più se era la prima volta, ma era anche terrorizzato, perché quel dettaglio poteva pregiudicare ogni scelta futura e li poneva in una situazione di maggiore pericolo. Non sapendo se fosse meglio manifestare l'uno o l'altro dei suoi pensieri, scelse una diversa strada.

"Nemmeno io".

Lei lo guardò con sospetto.

"Sembra impossibile da credere. La reggia di Arthalion è piena di fanciulle".

"Le ragazze umane non mi piacciono", rispose lui, con un'alzata di spalle. "Più in generale, pensavo che nessuna donna sarebbe mai stata in grado di attirare la mia attenzione".

Si drizzò sulla schiena e le si avvicinò finché la loro pelle nuda tornò a sfiorarsi. Fece scorrere un dito sul suo ventre, poi risalì lungo i seni torniti, fino a delineare la piega del collo.

"Fino a quando ne ho visto una da cui non sono riuscito più a staccare gli occhi. Aveva indosso una tunica trattenuta da un solo fermaglio. Per tutta la sera non ho fatto altro che pensare a quanto sarebbe stato semplice sfilarlo, quel fermaglio, e cosa sarebbe accaduto se l'avessi fatto. Da quella notte tu hai turbato tutti i miei sogni".

Mentre parlava, le aveva spostato i capelli dalla spalla e poggiato le labbra dietro l'orecchio, e lei non aveva fatto cenno di fermarlo. Si stava abbandonando di nuovo, rapita, al suo tocco.

"Capisci, adesso", mormorò Edhel con tono sensuale, "perché dovevo averti ad ogni costo? Eri una sete che dovevo spegnere, in modo o nell'altro".

A dispetto del modo in cui era stata pronunciata, quella frase suonò brutale all'orecchio di Silanna. Si irrigidì di colpo, senza quasi sapere perché, e lo allontanò con gentilezza. Sentì il bisogno urgente di scandagliargli gli occhi, di trovarvi dentro almeno una briciola d'amore. Realizzò a quel punto che forse era stata la sola, tra loro, a desiderare la presenza di quel sentimento. Lui aveva parlato, e probabilmente agito, solo sotto la spinta del desiderio. Lo aveva appena dichiarato con chiarezza.

Lo guardò allora con maggiore attenzione e realizzò quanto ancora fosse giovane, acerbo, intemperante. Era stata pazza! Era stata stupida! Si era lasciata trascinare dalla passione fino a dimenticare ogni dignità e ogni valore. Era caduta nella rete di un ragazzo che intendeva soltanto togliersi un capriccio e niente di più, e non aveva davvero nulla per cui biasimarlo, dal momento che non le aveva fatto né promesse né giuramenti. Perfino la cruda schiettezza che aveva mostrato nel risponderle aveva una logica spiegazione: non era cattiveria, ma solo l'incauta crudeltà dell'adolescenza.

In definitiva, Edhel aveva agito seguendo il proprio interesse, ma quale uomo non l'avrebbe fatto? Quale uomo non avrebbe approfittato di quell'occasione che lei stessa aveva offerto?

Uno sì. Uno lo conosceva.

Uno che, per lei, aveva dominato la propria natura come nessun altro.

Quella risposta le balenò in testa con una chiarezza abbagliante, ma servì solo a mostrarle ancora di più la profondità del suo errore: Edhel era un ragazzino che l'aveva provata per curiosità, Galanár era un uomo che l'aveva rispettata per amore.

Il fiato le venne meno di fronte a quella presa di coscienza: doveva mettere fine a quella follia e dimenticare per sempre ogni magnifico sentimento provato in quella notte, ogni brivido, ogni emozione. Privarsi di Edhel era senza dubbio il primo passo da compiere. Era la prima, necessaria rinuncia per cercare di colmare la propria mancanza. Lo doveva a se stessa e a Galanár.

Distolse lo sguardo da lui e, con tutta la forza e la dignità che le erano rimaste, cercò con la mano la stoffa con cui rivestirsi.

"Dunque, Edheldûr", replicò, imponendosi di restare salda anche se il suo cuore tremava, "se è di questo che si trattava, ritengo che possiate ritenervi soddisfatto. Ora che la vostra sete è stata spenta, immagino che si possa tornare ognuno al proprio posto".

Lui la fissò sorpreso, senza capire. Cosa era cambiato? Un attimo prima lei gli era sembrata diversa, gli era sembrata sua, e poi gli si rivolgeva a quel modo?

Certo, sapeva che il senso di colpa presto o tardi l'avrebbe assalita. Non l'aveva manifestato in maniera esplicita, ma era davvero sicuro che lei sarebbe tornata sui suoi passi, che sarebbe tornata da Galanár e che a lui non sarebbe rimasto niente. Aveva solo sperato di avere più tempo, ma era evidente che lei aveva deciso altrimenti. Chinò le ciglia, cercando di nascondere la delusione, ma subito dopo tornò a fissarla con aria sicura: non le avrebbe dato la soddisfazione di vederlo spezzato.

"Se davvero pensi che si possa, noi due, tornare ognuno al proprio posto", replicò con indifferenza, "non sarò certo io a metterti in difficoltà".

Lei, che nel frattempo si era alzata in piedi e si stava allacciando il mantello, interruppe il suo gesto per prestargli di nuovo la propria attenzione.

"È proprio quello che faremo!", esclamò con convinzione. "Noi non parleremo mai più di quanto è accaduto e non ripeteremo i nostri errori. Io seguirò vostro fratello con la benedizione degli Dei e voi non vi farete illusioni: d'ora in poi non avrete da me nemmeno uno sguardo".

Edhel sembrò soppesare con curiosità quell'ultima affermazione. Si levò a sua volta da terra e le lanciò un chiaro gesto di sfida.

"Come vi piace, mia signora".

Accompagnò quella replica con un inchino, di quelli che era costretto a rivolgerle ogni volta che lei entrava in una stanza al braccio di Galanár. Come spesso aveva fatto in quelle occasioni, sollevò il viso a lanciarle un sorriso più affilato di un coltello.

"Che cosa volete che me ne faccia dei vostri sguardi", concluse con maligna soddisfazione, "quando possiedo già tutti i vostri ricordi?"

Silanna, senza una parola, si voltò e scappò via.

Voleva tornare al castello e ritrovare tra quelle mura qualcosa che somigliasse alla sua quotidianità. Avrebbe abbracciato i suoi oggetti, gli abiti di ogni giorno, i doni che il re le aveva fatto. Qualsiasi cosa, insomma, che potesse riportarla indietro e cancellare Edhel.

Lui non poteva darle nient'altro, niente oltre la cieca follia di una notte. Tuttavia, mentre correva incurante di graffiarsi le braccia e la veste, avvertiva ancora il suo profumo addosso e l'insensata voglia di picchiarlo e baciarlo allo stesso tempo.

NOTA DELL'AUTORE

Amnis volvit saxa = Il fiume fa rotolare i sassi.

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