19. ... ADULTERETUR ET COLUMBA MILUO
Quando le loro labbra si separarono, si ritrovarono occhi negli occhi e si guardarono come se si stessero vedendo per la prima volta. Silanna fu colta da un subitaneo moto di terrore. D'istinto, tese le mani e lo allontanò con forza.
"È una follia!", esclamò, volgendo lo sguardo lontano da lui.
"Silanna...".
"Principe Edhel, io... noi non possiamo farlo", lo interruppe con distacco esibito.
Lui sbatté le lunghe ciglia come se non comprendesse, e forse non comprendeva davvero. Forse, ragionò Silanna, quel ragazzo non aveva la minima coscienza del dramma che poteva generare quel gesto.
"Pensate a... per gli Dei, pensate a cosa state facendo!"
L'elfo sembrò realizzare il senso delle sue parole.
"Pensate a Galanár, volevate dire? Perché dovrei? Voi nemmeno lo amate!"
Lei sgranò gli occhi: decisamente non aveva coscienza! Altrimenti come avrebbe potuto rispondere con tanta tranquillità e tanta crudeltà allo stesso tempo?
"Che cosa ne sapete, voi, dei miei sentimenti?"
"Mi avreste baciato a quel modo se aveste amato lui?", analizzò, come se quella fosse la conclusione più ovvia e naturale.
Silanna cominciò a respirare con difficoltà, pressata dalle sue parole, e si sforzò di infondere alle proprie tutta la convinzione che le era rimasta.
"Non ho intenzione di mancargli di rispetto in alcun modo!", esclamò. "Qualunque pensiero abbiate fatto su di me, cancellatelo! Devo troppo a vostro fratello, non tradirò l'amore che mi porta".
Edhel replicò con una risata cattiva che la fece impallidire.
"Dov'è mai tutto questo amore di cui parlate? Dov'è lui adesso? Perché non è con voi?", la incalzò, sostenuto dal suo silenzio. "Vi ha lasciata da sola, o sbaglio? Perché lui è sempre con i suoi uomini, a fare l'amore con la sua battaglia o con la sua corona".
Silanna non provò nemmeno a ribattere che si sbagliava: Edhel stava dando voce a tutti i suoi dubbi. Di fronte al suo silenzio, l'elfo si avvicinò piano, le passò le braccia attorno alla vita e rimase a studiarla. Lei tremava nel suo abbraccio e sembrava non avere più la forza di controbattere, mentre lui, lui non riusciva più a sentire né rimpianti né rimorsi.
"Noi siamo solo di scorta", mormorò con dolcezza, carezzandola con la voce. "Avevo provato a spiegarvelo, ma non avete mai voluto darmi retta. Se davvero vi amasse, sareste qui con me, adesso?"
Cercò di sollevarle il viso con la mano, forse per obbligarla a rispondere, forse per baciarla ancora. Di fronte a quel tentativo, lei reagì urlandogli contro un rifiuto con tutto il fiato che aveva in gola e spingendolo via.
Nello stesso momento, qualcosa di rapido e feroce si abbatté dall'alto. Un violento sbattere di ali e uno strepitio aggressivo colsero Edhel alla sprovvista, costringendolo a indietreggiare e a proteggersi il volto con le mani. Il rapace di sollevò e protese il becco verso di lui, gracchiando. Preso dall'ira, l'incantatore gli lanciò uno sguardo crudele, masticò tra i denti una formula magica e incenerì l'uccello, che si abbatté al suolo con un fievole lamento.
Aidan spalancò gli occhi nel buio. L'aria gli mancava, non riusciva a respirare.
Non capiva cosa fosse accaduto. Ricordava solo il calore insopportabile che gli aveva bruciato le viscere, il dolore lancinante che lo aveva fatto urlare, poi nulla.
Non gli era mai successo di essere sbalzato con tanta violenza fuori dalla Vista. Di solito era lui che decideva quando tornare indietro. Si accorse che il suo corpo era ancora scosso da un fremito che non riusciva a controllare.
Menelok...
No, non era possibile, non voleva crederci. Eppure sapeva che il suo falco non c'era più. Era caduto sulla radura dove aveva visto...
Che ho visto?
Cercò di cancellare la scena dalla memoria, ma senza successo: aveva visto Edhel che cercava di baciare Silanna.
Oh, miei Dei!
Aveva visto, sì, ma poteva esserne certo?
Era notte e lui aveva solo la vista del falco. La scena cui aveva assistito poteva non significare nulla. Edhel era senza dubbio irresponsabile e sfrontato, e capace di spingere uno scherzo oltre il limite per puro divertimento, ma Silanna lo aveva rifiutato. L'aveva sentita urlare, l'attimo prima di perdere il controllo e cercare di fiondarsi sul suo gemello per fermarlo, come avrebbe fatto se fosse stato presente.
Finalmente i suoi occhi si schiarirono e gli mostrarono i contorni della stanza, ma quella rinnovata chiarezza lo fece sentire ancora più male.
Niente, non ho visto niente...
Continuò a ripeterselo come una formula da imparare a memoria, per schivare il pensiero del suo falco e la lacrima che gli aveva rigato il volto.
Non ho visto niente!
Quando si rese conto che era solo un falco, Edhel si vergognò della propria reazione.
Cercò di ricomporsi e fissò l'animale che giaceva immobile sull'erba. Ebbe l'impressione di averlo già visto, ma non se ne curò. La sua preoccupazione si rivolse subito a Silanna, che lo fissava terrorizzata. Prese fiato e cercò di affrontare il suo sguardo. Era proprio il tipo di sguardo che lui conosceva bene, quello che odiava, quello che lo feriva ogni volta.
"Venite qui, vi prego".
Fece un passo verso di lei e la invitò a tornare nel suo abbraccio, ma l'elfa indietreggiò. Senza esitare, evocò il vento e lo colpì con una violenta folata, che lo fece finire a terra.
Edhel si sollevò con un gemito e si puntellò con le mani sul prato. Dal suo viso era scomparsa ogni spavalderia e ogni sicurezza. Mentre lo teneva sotto tiro con espressione accigliata, Silanna ebbe l'impressione di trovarsi di fronte il ragazzino spaventato che l'aveva implorata di salvargli la vita sul campo di battaglia. Non ebbe il cuore di infierire su di lui. Abbassò la mano con un sospiro e fermò Vilya, mentre lui continuava a fissare l'erba ai suoi piedi, con il capo chino e l'aria desolata.
"Smettete di guardarmi come se fossi un mostro", mormorò in un misto di rancore e disperazione.
"E voi smettetela di comportarvi da sciocco. Rimettevi in piedi e datevi un contegno", ribatté lei severa. "Non è successo nulla".
A quelle parole, il ragazzo sollevò il capo di scatto a cercarle gli occhi. Di fronte allo sguardo di pietà che gli stava riservando, gli venne quasi da piangere, ma non se lo sarebbe concesso. Non davanti a lei. Lei era diversa. Con lei doveva almeno tentare.
"Non è successo nulla? Silanna, come fai a non capire?"
Aveva sussurrato il suo nome rinunciando a ogni formalità. Lei si lasciò sfuggire una smorfia di dispetto di fronte a quella confidenza che si era concesso da solo, ma il tono di Edhel le impedì di replicare. Era intenso e penetrante, forse appena risentito, ma deciso, come se avesse voluto richiamarla a sé a ogni costo e obbligarla a seguire il suo discorso.
"Miei Dei!", proseguì lui con vigore. "Perché credi che abbia giostrato per te, ad Arthalion?"
Lei non si era aspettata quella domanda. Perché, tra tanti ricordi, ne aveva tirato fuori proprio uno tanto inopportuno per entrambi? Sollevò le spalle e gli rivolse una risata amara.
"Per Aidanhîn, è ovvio. Perché aveva indisposto Galanár e voi volevate salvarlo".
Edhel sbuffò frustrato e serrò le dita tra i fili d'erba.
"Anche, ma non soltanto. L'ho fatto perché, per qualche inspiegabile motivo, non volevo vederti umiliata di fronte a quella folla che sembrava non aspettare altro".
Lei non commentò e rimase a fissarlo con aria indifferente.
"E a Valkano?", continuò il ragazzo, sempre più determinato. "Sapevo che era pericoloso tornare indietro e non volevo che tu mi seguissi".
"Stupido ragazzo...", commentò lei con biasimo, senza tuttavia ottenere che lui tacesse.
"Non potevo rischiare la vita senza prima saperti in salvo. E sono stato io a chiedere che tu potessi entrare nel concilio di guerra, perché quel posto ti spettava...".
"Basta! Tacete!"
Lui chinò appena le ciglia e obbedì. Si sollevò da terra e si avvicinò a lei con cautela, temendo che potesse di nuovo scacciarlo. Quando le fu di nuovo da presso, la fissò con calma e determinazione.
"Non ho nessuna intenzione di farlo".
Silanna lo scrutò come se avesse voluto leggergli l'anima e la sicurezza le venne meno. Tremò, mentre si senti annegare in quel mare d'acqua agitata, e tacque.
"Per anni non ho prestato attenzione a nulla che non fosse la mia magia, ma ogni volta che tu entravi in una stanza e ogni volta che la lasciavi, il tempo sembrava scorrere in maniera diversa".
Lo ascoltava sempre più incredula. Era evidentemente incapace di arginare quel fiume che era il discorso di lui e, in verità, comprese di non averne nessuna intenzione.
... ogni volta che tu entravi in una stanza e ogni volta che la lasciavi...
Poteva davvero esistere qualcuno al mondo per cui la sua presenza o la sua assenza avessero tanto valore? Non riusciva a crederlo.
"Io non mi do pace al pensiero che tu, proprio tu, abbia così scarsa considerazione di me! Di me, che sono il solo capace di vederti! Lo sai che ti si disegna una piccola ruga tra le sopracciglia quando sei stanca? Che pronunci con un accento diverso il nome di Vilya quando reciti gli incantesimi? Che..."
Silanna gli premette la mano sulle labbra con violenza e gli rivolse uno sguardo implorante, che gli avrebbe tolto la parola in ogni caso.
"Ti ho detto di tacere, Edhel!"
Il suo nome risuonò con straziante dolcezza, come lui non l'aveva mai udito prima. Il suo solo nome, urlato a quel modo nella notte, gli sciolse il cuore. Strinse con delicatezza la mano che gli serrava la bocca e la scostò piano.
"Se è quello che vuoi, resterò in silenzio. Ma concedimi almeno di conoscere una risposta: perché hai deciso di disprezzarmi così tanto?"
La sua voce era venata di tristezza e il suo accento la strinse in una morsa che le tolse il fiato. Lo osservava ancora come se fossero sul campo di battaglia. Si era arreso, e lei aveva vinto. Poteva infliggergli la stoccata mortale. Oppure concedergli la grazia.
"Sei davvero uno stupido ragazzo", rispose con un filo di voce, sfiorandogli la guancia con la mano che lui teneva ancora in una stretta febbrile. "Io non ti disprezzo. Non potrei mai. Tu sei così..."
Era di fronte a lui, ad appena un passo, bella come una dea e fragile come una creatura mortale. Le parole che non aveva pronunciato restavano sospese tra loro, ma a Edhel bastava immaginarle, sognarle. Non chiedeva altro.
Le allacciò le braccia dietro la schiena con un movimento così spontaneo che lei si trovò contro il suo petto come se fosse il luogo più naturale su cui atterrare. Il fuoco tornò ad avvampare negli occhi di lui, che iniziò a tormentarle le labbra con passione. Sembravano una supplica accorata, quei baci, come se da lei dipendesse la sua possibilità di continuare a respirare.
Silanna strinse le palpebre e dischiuse la bocca. Lasciò libero accesso alla sua foga e si perse nel ricordo stordente del loro primo contatto, mentre la lingua di Edhel accarezzava e assaggiava lo stesso punto che aveva sfiorato la prima volta con le dita. Sembrava incapace di controllarsi. Credere, a quel punto, che si sarebbe fermato di propria volontà, era assurdo. Avrebbe dovuto farlo lei, ma non lo fece.
Era caduta. Non c'era più nulla da fare, nulla che volesse salvare. Il suo cuore aveva già iniziato a battere per l'emozione che lui le stava trasmettendo, che senso avrebbe avuto un rifiuto pronunciato solo a parole? Stava affogando nel suo stesso desiderio, ed era evidente che ogni fantasia, che per mesi aveva negato e ricacciato indietro nei recessi più oscuri dell'anima, stava venendo a galla. Quella caduta, lei l'aveva già desiderata e lo sapeva.
Rinunciò a qualsiasi resistenza. Quando Edhel le sciolse il mantello e lo lasciò scivolare ai suoi piedi, quando cominciò a farle scorrere le mani sulla schiena, seppe con assoluta sicurezza di avere aspettato con ansia quelle carezze, e i baci, e l'emozione di sentirsi quel corpo addosso.
Lui, a quel punto, cominciò a mostrarsi impaziente. Non gli bastava più sfiorarla attraverso la stoffa, seppur leggera, della veste da notte. Voleva provare l'ebrezza del contatto con la sua pelle. Aveva bisogno di sperimentare il brivido sconosciuto di scoprire il suo corpo. Voleva poterla ammirare, adorare, baciare, assaggiare, esplorare in ogni angolo. Rispondendo soltanto a quel richiamo, si inginocchiò di fronte a lei, le sollevò la veste e iniziò a spogliarla palmo a palmo, senza fretta, conquistando solo con gli occhi ogni piccolo lembo di pelle che gli si rivelava.
Silanna rimase immobile, a seguire affascinata quell'operazione. Era commossa e insieme rapita dall'espressione che gli illuminava il viso. Non si era mai sentita tanto desiderata e venerata come in quel momento. Quel giovane principe, bellissimo e potente, era ai suoi piedi, agognava i suoi baci e idolatrava il suo corpo.
Se solo lo avesse voluto, avrebbe potuto ucciderlo con un semplice rifiuto, ma non l'avrebbe fatto. Non avrebbe pronunciato quella parola. Fosse anche per un'unica volta nella sua intera esistenza, avrebbe seguito i propri desideri. L'altra Silanna, quella che ogni giorno gestiva con pugno duro la sua vita, non riusciva più nemmeno a distinguerla.
Edhel le sfilò la veste e lei si rivelò nuda sotto il suo sguardo. Il ragazzo indietreggiò di un paio di passi per ammirarla. Trattenne il fiato per un istante, poi iniziò a sfilarsi gli stivali. Li calciò via e sciolse i lacci dei calzoni. Quando anche lui rimase senza nulla addosso, si avvicinò e la strinse a sé. Chiuse le palpebre e si lasciò inebriare dal perfetto contatto tra i loro corpi. La pelle che aderiva alla pelle, il calore che sembrava appartenere a un solo essere, la sua erezione che premeva contro il ventre di lei, le labbra allacciate in una nuova danza sensuale: non aveva mai immaginato che potesse esistere nulla di tanto magico e travolgente.
Le loro braccia erano diventate l'unico, vero confine del mondo.
Dopo un primo istante di immobilità, in cui Edhel pensò di voler godere in eterno di quel contatto, le sue mani si mossero a esplorare il territorio già reclamato con la vista. Le dita giocarono con i suoi seni, scesero a disegnare la curva dei fianchi, si insinuarono nel suo sesso. Il silenzio che li circondava si riempì dei gemiti di lei, che guidavano i suoi gesti inesperti, suggerendogli con esattezza cosa fare.
Ormai del tutto persa in quelle carezze, Silanna gettò indietro il capo, mentre la mani di Edhel accendevano nel suo corpo uno spasimo mai sperimentato prima. Mentre il suo viso era ancora rivolto verso il cielo, aprì gli occhi e vide la luna sopra di loro. Ebbe, allora, la certezza che il tempo si fosse fermato. L'universo aveva invertito il comune senso del suo andare: lei aveva scelto e, nel momento in cui lo aveva fatto, aveva cambiato il corso degli eventi.
Le mancò il fiato a quel pensiero, ma non ebbe il tempo di elaborare un ulteriore ragionamento. La mano di Edhel le agguantò il polso e la tirò verso il basso.
Si ritrovarono distesi sull'erba, i corpi incollati, i baci che toglievano il respiro. Nessuno dei due si chiese cosa andava fatto. Risposero all'istinto che guidava i loro gesti. Silanna gli lasciò spazio tra le sue gambe e lo guidò. Il suo corpo iniziò a rispondere alla spinta di quello di Edhel, finché entrambi non iniziarono a seguire lo stesso ritmo, lo stesso movimento che sembrava accordarsi allo scorrere dell'acqua, al respiro del vento, al guizzo energico del fuoco.
Oh, Dei... non ci abbandonate proprio adesso!
Quella preghiera le esplose in testa un attimo prima di abbandonarsi al piacere che la invase e che cancellò ogni ricordo: i suoi voti, il destino che si era scelta, il futuro che stava costruendo e il pensiero doloroso di Galanár.
NOTA DELL'AUTORE
"Novaque monstra iunxerit libidine mirus amor, iuvet ut tigris subsidere cervis, adulteretur et columba miluo,
"Un amore strano e una nuova passione uniranno coppie mostruose: la tigre sarà sottomessa con piacere al cervo, e la colomba commetterà adulterio col nibbio"
Il passo è tratto da Orazio, Epodo XVI, Le isole felici.
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