18. TIGRIS SUBSIDERE CERVIS...

La notte era carica di tensione e di magia. Nell'assurdo scompiglio che scuoteva il suo spirito, Silanna non si fermò a riflettere nemmeno un istante: si allontanò dal castello, alla ricerca della natura. Aveva bisogno di nascondersi. I dubbi del presente e i terrori del passato sembravano essersi uniti per sovrastarla. 

Camminò in direzione del bosco senza una vera meta e, in breve, perse ogni coordinata. Avanzava abbandonata all'istinto, cercando di affievolire lo spasimo che le stringeva il petto. La lunga veste scivolava sull'erba e lo scuro mantello la proteggeva dal freddo. I capelli scendevano sciolti a incorniciarle il viso e brillavano di lampi blu sotto la luna piena. Il bosco si animava attorno ai suoi passi di ombre e fruscii nascosti di creature che si fermavano a spiarla dietro le fronde. 

Lei non vedeva nulla perché i suoi occhi erano pieni di lacrime. Per la prima volta nella sua vita, si sentiva incapace di sfuggire alla paura che la attanagliava.

Galanár era lontano. La stava lasciando sola.

L'ennesima fitta al cuore le fece pensare che non sarebbe riuscita a frenare il pianto ma, mentre un singulto ancor più violento si aggiungeva al precedente e le toglieva il respiro, qualcosa mutò nel suo animo. Il dolore si era zittito, come se non avesse avuto la forza per bruciare oltre. Si stava ritraendo come spuma di mare e stava lasciando il suo posto a una sottile rabbia. Rabbia verso Galanár, che era troppo preso da sé e non sapeva capire il suo valore, e rabbia verso se stessa, che per lui aveva cercato di cambiare, arrivando a sentirsi inutile, fin quasi ad annullarsi. 

Quell'emozione recava in sé qualcosa di distorto e quella subitanea presa di coscienza le permise di studiare la profondità della disperazione cui si era abbandonata, e che non era da lei. Si fermò, si asciugò le lacrime con l'orlo di una manica e si obbligò a tornare padrona della situazione.

Dove si trovava? E a che punto era la notte? 

Si guardò intorno in cerca di una risposta. L'astro notturno vegliava sopra il suo capo e la sua luce pioveva dall'alto come una consolazione. Il fresco brusio del bosco carezzava i suoi pensieri agitati e gli alberi stessi si tendevano verso di lei come se avessero voluto abbracciarla. Di colpo si sentì tranquilla, al sicuro: forse avrebbe potuto dormire lì per quella notte, come faceva un tempo. La magia della foresta avrebbe sconfitto il turbamento che la attraversava e la mattina seguente sarebbe stata bene. Sarebbe tornata e avrebbe affrontato a testa alta Galanár, chiarendo una volta per tutte la loro situazione.

Sfiorò con le dita il freddo tenero delle foglie e proseguì alla ricerca di un luogo sicuro, non più con cieca urgenza, ma con docile abbandono al richiamo della natura. Mentre si faceva curare da quei pensieri, le giunse all'orecchio il canto sommesso dell'acqua. Doveva esserci un ruscello nelle vicinanze e l'elfa si mosse in quella direzione. Fece appena qualche metro, poi dovette arrestarsi: di fronte a lei, oltre una fitta muraglia di foglie, lampi di luce si levavano verso il cielo. Purpurei, ocra e dorati, andavano e venivano con guizzi improvvisi di intensità variabile. 

Silanna restò immobile, cercando di carpire l'origine dei segnali. Quella magia aveva un richiamo così potente da ammaliare perfino lei. Decise di assecondare la propria curiosità. La sua mano si disegnò nell'ombra blu della notte e la stoffa scivolò scoprendole il braccio, mentre spostava i rami che le oscuravano la vista. 

Di fronte a lei si disegnò una piccola radura che si affacciava su un rivo azzurro. La luce della luna vi cadeva dentro a pioggia, senza incontrare ostacoli. Lungo la circonferenza degli alberi che la delimitavano, un cerchio di fiammelle guizzava allegro, sospeso a mezz'aria. Alla loro danza rispondevano guizzi di acqua, come nelle elaborate fontane che aveva ammirato nei giardini di Laurëgil.

Al limitare di quel cerchio magico, sulla sinistra, Silanna riconobbe la familiare figura di Edhel. Nonostante l'autunno fosse alle porte, aveva indosso soltanto i calzoni e i lunghi stivali di cuoio che usava per cavalcare. Sul petto gli risplendeva uno strano e complesso amuleto che non ricordava di avergli mai visto prima. Stava disteso ai piedi di una quercia, affondato con aria pigra su una pelle di daino. Teneva il braccio sinistro dietro la nuca, mentre la mano destra, sollevata contro il cielo, impartiva ordini agli Elementi con un gesto elegante, accendendo le fiamme e le cascate ora da un lato, ora dall'altro del cerchio magico. Aveva un'espressione tremendamente annoiata.

Silanna distolse subito lo sguardo, socchiuse le palpebre e desiderò sparire, ma ne ottenne solo un risultato peggiore: senza un ragionevole motivo, la sua mente capricciosa cominciò a riproporle le occasioni in cui avevano parlato e quelle in cui lui l'aveva toccata. Ebbe timore di quei pensieri e si voltò, decisa a tornare indietro, ma una fiamma divampò improvvisa davanti ai suoi occhi e le sbarrò la strada.

"Mia signora Silanna", la chiamò lui con una voce profonda e musicale.

Sussultò, poi fu obbligata a girarsi e ad affrontarlo, pregando di non avere ancora tracce  di lacrime e di confusione. Edhel si sollevò appena e lasciò cadere la mano. I fuochi e le fontane precipitarono al suolo e scomparvero, e quella brusca interruzione annullò l'incantesimo che l'aveva rapita. Silanna recuperò la sua algida compostezza e finse di non vedere il sorriso seducente che aleggiava sul viso del ragazzo.

"Cosa ci fate qui?", gli chiese senza troppa cortesia.

Edhel ignorò la sua mancanza di rispetto. Vi aveva fatto l'abitudine e, visto che la ripagava con la stessa moneta, non si aspettava da lei un diverso trattamento. Si lasciò cadere svogliato sul suo giaciglio e fissò il cielo con un sospiro.

"Sono in cerca di un qualche divertimento", rispose passandosi una mano tra i capelli, mentre un lampo di fuoco gli guizzava tra le dita. "Le storie dei soldati sono noiose".

Lei si era fermata ai margini della radura e mostrava di non avere alcuna intenzione di avvicinarsi, così fu il ragazzo a doversi levare in piedi. Si mosse nella sua direzione, ma le si fermò di fronte a debita distanza. La scrutò in silenzio con uno sguardo singolare, poi si portò l'indice alle labbra, come se stesse meditando. Quel gesto fu, per Silanna, quasi un'agonia. Pungolata dall'immagine che le era ritornata alla memoria, le sembrò di sentire di nuovo il tocco di quelle dita sulla bocca.

"Perché non venite anche voi a giocare un po' con la magia?", le chiese infine, tendendole una mano.

La nota che si percepiva nella sua voce non era innocente e non voleva esserlo. C'era eccitazione e paura, desiderio e frenesia. Il primo pensiero di lei fu quello di rifiutare ma, mentre ancora elaborava il modo più cortese per sottrarsi a quell'invito inopportuno, Edhel mormorò qualcosa in fretta. Una cascata d'acqua scintillante si intrecciò sopra le loro teste, si divise in centinaia di spruzzi e ricadde senza bagnarli. D'istinto, Silanna rise per la sorpresa e gli occhi le brillarono come quelli di una bambina.

Lui la fissò affascinato da quella scintilla che aveva acceso in lei. Sembrava che quella risata, così leggera e argentina, fosse rimasta sepolta nel suo petto per un tempo infinito. Si chiese se sarebbe riuscito a udirla una volta ancora e iniziò un nuovo gioco con l'Acqua. Lei sorrise addolcita di fronte all'impegno che le stava dedicando e dimenticò la sua decisione iniziale. Fece un lieve cenno con il capo, coprì i pochi passi che l'avrebbero portata dentro il cerchio magico e fino a lui, poi gli rivolse un'occhiata divertita. In quell'istante, una lieve brezza si levò, raccolse le foglie più tenere dagli alberi intorno e le fece ballare insieme ai guizzi comandati da Edhel.

Vedendo che aveva raccolto la sfida, lui evocò anche le fiamme, che cominciarono a danzare attorno a loro. Silanna, comandando il vento, le faceva crescere e rimpicciolire a proprio piacimento, intrecciandole con armonia al movimento che lui aveva impresso. Senza concedere all'altro nessun vantaggio, cominciarono a mescolare gli Elementi tra loro, accendendo di magia il cielo di quella notte.

Aidan era inquieto e non riusciva a dormire. Sapeva che erano arrivate notizie da Gonthalion e si aspettava una convocazione ufficiale da parte di Galanár da un momento all'altro. Se il generale avesse scoperto che Edhel si era allontanato dalla fortezza senza permesso, sarebbe andato su tutte le furie. 

Sebbene avesse giurato a se stesso di non aiutare mai più il gemello, sapeva di non avere voglia di discutere né con uno, né con l'altro fratello. Si convinse che, in un simile frangente, trovare Edhel per avvertirlo equivaleva a fare un favore a se stesso. Peccato che non avesse idea di dove fosse. Lo aveva cercato per tutta la sera, ma senza successo.

Si rigirò nel letto, nella penombra della stanza illuminata a malapena da una candela. L'aveva lasciata accesa nel caso in cui il fratello fosse tornato. Non riusciva mai a non preoccuparsi per lui e, nonostante il passare degli anni, si stupiva ancora dell'innata capacità di Edhel di mettere sempre entrambi nei guai. A quel pensiero gli venne da ridere e, allo stesso tempo, seppe di avere la risposta alle sue preoccupazioni. In fondo, conosceva le abitudini del suo gemello come fossero le proprie e, fin dall'infanzia, c'era un solo posto in cui lui spariva quando voleva meditare o esercitare la magia a suo piacimento.

Quello era un buon inizio, in effetti, ma nulla di più: il bosco alle spalle del castello era enorme e Aidan non poteva uscire a perlustrarlo. 

Con un sospiro rassegnato, si alzò e andò verso la gabbia. Accarezzò le lunghe piume lucide e il falco rizzò il capo al tocco amorevole del suo falconiere.

"Menelok", lo chiamò, togliendogli i paraocchi. "Svegliati".

L'uccello saltò obbediente sul braccio del padrone. Aidan si sporse dalla finestra e guardò il cielo terso di quella notte.

"Coraggio", soggiunse al fedele amico piumato. "Andiamo a cercare Edhel".

Lanciò il falco e il rapace si librò rapido nell'aria, disegnando cerchi sopra la sua testa. Aidan rientrò, si sdraiò e strinse tra le dita la sua runa magica.

"Andiamo a cercare Edhel", ripeté piano.

Un attimo dopo osservava gli alberi con la vista acuta del falco.

Edhel non avrebbe creduto a quanto stava accadendo quella notte, se lui stesso non fosse stato protagonista della scena. Non si era mai considerato l'ultimo degli incantatori e adorava la competizione, quindi non avrebbe esitato a stupire Silanna dal momento che ne aveva catturato l'attenzione, né a trasformare quel giocoso sfoggio di potere in una sfida perversa ed eccitante.

A ogni incantesimo lanciato, però, entrambi si mostravano l'uno all'altra, si svelavano e si esponevano allo stesso modo, come due aironi che esibiscono il piumaggio variopinto nella danza. 

Silanna era così presa da quella schermaglia da aver dimenticato ogni prudenza. Si muoveva spontanea nel piccolo spazio popolato di magia, i capelli sciolti sulle spalle, le mani che si flettevano libere. La sua espressione, contratta e segnata al suo arrivo, si era distesa. Nel gioco sembrava essersi liberata da qualche peso che si portava addosso e aveva tirato fuori una gioia infantile che Edhel non avrebbe mai nemmeno sospettato in lei, sempre così composta e fredda. 

Quell'evidenza gli fece trattenere il fiato. Non aveva mai pensato che lei potesse essere così vicina ai suoi desideri, né che sarebbe stato capace di leggerle l'anima con tanta chiarezza. Soprattutto, non avrebbe creduto di poter provare preoccupazione per qualcuno che non fosse se stesso o Aidan. Quando, però, l'aveva scorta tra i rami, pallida e sconvolta, fragile e confusa, il suo cuore si era fermato senza un apparente motivo, e lui aveva provato solo il desiderio di cancellare quelle lacrime. La sollecitudine che l'aveva spinto ad alzarsi, ad andarle incontro, a inventare un mondo che potesse strapparle un sorriso, gli stava rivoltando l'anima. Era una sensazione dolciastra, che lo appagava e lo frustrava allo stesso tempo.

Edhel pensò di non riuscire a sopportare oltre quella dolce tortura che gli stava mandando la testa in fiamme. Con un movimento rapido, spense tutte le luci che danzavano nel cerchio e proiettò nell'aria una lunga lingua di fuoco.

Silanna si fermò, sorpresa dal cambiamento repentino della scena, e il vento smise di circondarli. La fune lucente si attorcigliò alla sua vita sottile e una delle sue estremità si adagiò con dolcezza sulla palma aperta di lui. L'elfo la strinse, la tirò verso di sé e la imprigionò tra le sue braccia. 

Lei si ritrovò addosso quelle iridi lucenti come l'acqua e non riuscì ad articolare parola, per la sorpresa, la confusione e l'ansia che riuscirono a trasmetterle.

"Perché piangevate?"

Silanna sbatté le ciglia e si lasciò sfuggire un sospiro che mescolava imbarazzo e amarezza, ma finse di non capire.

"Di che parlate?"

"Quando siete arrivata qui... c'era dolore sul vostro volto. Voglio sapere cosa è accaduto".

Lei iniziò ad agitarsi sotto la pressione che Edhel le stava mettendo addosso. La stretta della sua fune fiammante, che in un primo istante l'aveva lasciata indifferente, iniziava a sembrarle intollerabile e cercò di liberarsene con un gesto nervoso.

"Nulla che vi riguardi o che vi possa interessare", sbottò con voce aspra, mentre sfuggiva i suoi occhi e si concentrava sulla corda magica. "D'altronde, non credo vi siate mai interessato a nessuno, eccetto voi stesso".

"Di norma vi darei ragione, signora. Il punto è che stanotte riesco a pensare a una sola persona. E non sono io".

Anche le cascate d'acqua si ammutolirono di colpo e scomparvero in uno scintillio di gocce brillanti. Silanna sollevò lo sguardo a studiargli il viso e capì in un solo momento che la mente di Edhel era davvero rapita da un unico pensiero. Non riusciva più a tenere salda la propria attenzione e a sostenere gli Elementi attorno a loro. Non riusciva più a controllare il suo stesso potere.

"Forse liberarmi da questo laccio potrebbe essere d'aiuto a entrambi", suggerì, cercando di restare calma. "E sarebbe, in ogni caso, un gesto cortese da parte vostra".

"Lo farò, ve lo giuro. Tra un attimo, però".

Nella sospensione che seguì quelle parole, Silanna avvertì il groviglio di emozioni che lui stava provando e che si trasmettevano a lei in tutto il loro evidente furore. Invece di dibattersi ancora, si immobilizzò. 

Non era Edhel, la fonte del suo stupore. Non era lui o il desiderio che straripava dai suoi occhi ad averla paralizzata: era sorpresa da se stessa. Era stata sopraffatta da quell'emozione appena aveva compreso con chiarezza che lei voleva essere desiderata a quel modo. Voleva essere guardata come se fosse l'unica acqua capace di placare la sete. Voleva sperimentare quella sensazione, che era elevazione e voragine allo stesso tempo.

Dischiuse le labbra di fronte a quella verità inaspettata, troppo difficile da accettare, ed Edhel seguì quel movimento con lo sguardo affascinato e il cuore che tracimava. Senza più riuscire a trattenere la voglia che aveva di lei, le strinse la nuca con la mano e avvicinò la bocca alla sua. 

A Silanna non servirono più a nulla i ragionamenti e le raccomandazioni date a se stessa per anni. Non le giovarono l'ordine e la disciplina, le scuse e le motivazioni: Edhel la stava baciando con trasporto e con urgenza, come se avesse bisogno di lei, del suo calore e del suo sapore, e quella sembrava l'unica cosa importante, l'unica che contasse davvero. Era incontenibile come l'acqua e avvolgente come il fuoco, e lei rispose con la stessa foga dell'aria, quando sbatte impazzita le onde del mare e travolge le foglie degli alberi nella tempesta. 

A quella infinita vertigine, seguì il silenzio stupito della foresta. Il respiro della natura si arrestò e il fiume smise di borbottare il suo canto.

Quando la corda di fuoco che la serrava a lui si dissolse nell'aria, così come le aveva promesso, lei nemmeno lo avvertì. 

NOTA DELL'AUTORE

Il capitolo 18, in realtà, è tutt'uno con il capitolo 19 (li ho divisi qui su Wattpad per rispettare la lunghezza che amo dare alle parti che pubblico), così anche i due titoli sono un unico verso diviso in due. La spiegazione, quindi, la troverete nella Nota successiva 😉 

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