La suite
Iraq, Najaf, 29 agosto 2004
Rita
Aspettai di arrivare alle scale prima di scoppiare a ridere. Era incredibile ma quel Maresciallo Vice mi aveva rallegrato la giornata. Da quanto non mi capitava di essere abbordata in una hall di un hotel? Secoli... Non ero affatto stupita che Michael non mi avesse riconosciuta, ero molto cambiata da quella foto. Non avevo più piercing e avevo tinto i capelli di biondo. Ero una rispettata esperta mondiale di armi batteriologiche. Giravo il mondo, tra laboratori e conferenze e gli US Marshall mi sembravano lontani mille miglia anche se facevo ancora parte del loro distretto era appunto una formalità per permettermi di lavorare in ambito militare molto più facilmente. Il loro capo mi offriva un the ogni volta che passavo da Boston, cercando sempre di scucirmi qualche dettaglio sulle mie operazioni. Dettagli che ovviamente non aveva e non avrebbe mai avuto. A parte l'Iraq.
Era stato lui a coinvolgermi ed era lui a capo del trasporto e aveva mandato i suoi uomini di scorta. Sembrava tenerci particolarmente a quelle armi biologiche. La nascita della mia arma in realtà era stata un caso. Avevo trovato degli appunti nella base di un chimico saudita, mi aveva incuriosito molto la manipolazione genetica che era riuscito a fare. Era stato un colpo di fulmine. Avevo capito cosa nella sua ricerca non funzionava e cosa poteva essere usato per rendere l'arma selettiva. Il governo americano aveva dato il via libera : un'arma di distruzione di massa che risparmiava donne e bambini sterminando un esercito in 24h/36h ovviamente interessava molto. Il resto era stato facile. Solo che ora trasportare quella sostanza sembrava essere spinoso. Dovevo portarla fuori dall'Iraq il prima possibile, questo lo sapevo bene, ma era molto instabile e decadeva in fretta a contatto con l'aria, era uno dei suoi pregi, ma voleva anche dire che se i contenitori non erano veramente ermetici saremmo arrivati a destinazione con una sostanza non più utilizzabile.
Mi affrettai su per le scale. Corsi verso la porta della mia camera, quindi sorrisi e mi misi seduta a terra davanti alla porta a guardare l'orologio. Avrei dato al Vice Maresciallo e ai suoi addominali 15 minuti per presentarsi alla mia porta con la chiave che avevo accidentalmente lasciato sul tavolo. Poi sarei andata io a riprenderla. Se non fosse arrivato lì in quel lasso di tempo, voleva dire che era un imbecille , quindi non aveva senso perderci del tempo. Mi era sembrato carino, non aveva fede al dito ed era da quando avevo messo piede in Iraq che non mi concedevo del sano sesso. Dopo quella sera sarei stata in viaggio con sostanze pericolose , era il mio piccolo angolo di svago, la mia birra per così dire. Anche loro se l'erano concessa.
Sentivo la ventola ronzare e ascoltavo i rumori della scala. Sentii la porta cigolare in fondo al corridoio e dei passi incerti venire nella mia direzione. Mi tolsi il sorriso dalla faccia per non dargli troppa soddisfazione e li fissai sull'orologio finchè udii i passi fermarsi giusto davanti a me. - Hai dimenticato la chiave...- mi disse . Alzai lo sguardo verso di lui. - Lo so- dissi alzandomi fino a guardarlo dritto negli occhi. Lui mi guardò sbalordito. Gli feci segno di entrare.
-Tre minuti sei sotto la media o hai fatto le scale di corsa?- aggiunsi spingendolo dentro. Lo vidi arrossire.
-Io , ecco, forse ho travisato la conversazione di prima. - disse titubante Michael.
- So che cosa vuoi, voglio la stessa cosa anche io, ma non dobbiamo farlo sapere a tutto l'hotel o al tuo collega - chiarii lasciando andare il foulard sulla sedia davanti al televisore. Vidi che deglutiva a fatica. - Ma se hai cambiato idea non fa niente, non mi offenderò- aggiunsi. Lui mi sorrise.
-Non ho cambiato idea... è che forse non ci avevo nemmeno mai sperato in quell'idea- confessò apertamente. Mi fece tenerezza.
-Nemmeno un pensierino?- aggiunsi slacciandomi il primo bottone della camicetta.
- bhe quello... insomma.. vestita così sei... bellissima quindi...- tentennò lui.
- Quindi perchè non ti togli qualcosa anche tu, avrai caldo con quella divisa. - osai aggiungere mentre finivo di slacciare i bottoni della camicetta. Mi tolsi i tacchi ed iniziai a slacciarmi i pantaloni. -Prima di cena abbiamo si e no un'oretta- aggiunsi perchè si desse una mossa. Lui sorrise e si mise a petto nudo poi rimase li a guardarmi , stava ancora decidendo cosa fare? Forse il mio reggiseno da due soldi gli aveva fatto cambiare idea?
- Non sono abituato ad una donna che mi da ordini- disse inaspettatamente.
-Dimenticavo... sei tu il capo squadra giusto...- lo spinsi contro la parete. Senza tacchi mi sovrastava di una spanna.
-Non sono mai stata brava nel lavoro di squadra- confessai. Lui mi sorrise. Sentivo il suo deodorante spandersi attorno a me. I suoi occhi, adoravo quegli occhi. Sembravano così sinceri. Accarezzai il suo petto muscoloso. Sentivo i miei battiti aumentare. Sentivo il suo respiro sul mio collo. Ero elettrizzata. Forse era troppo tempo che non facevamo sesso entrambi. Ci avventammo l'uno sull'altra come due prede in un arena. Il mondo intero era come se si fosse volatilizzato. Mi sollevò di peso da terra e mi gettò sul letto. Si tolse i pantaloni. Lo lasciai armeggiare col mio reggiseno e mi concentrai sul riflesso del suo sedere nella lampada sul soffitto. Michael era uno splendore.
Mi prese il viso tra le mani. Non parlò, non disse nulla, ma i suoi occhi mi guardavano con voglia e ardore e rispetto. Non mi giudicava. Non voleva giustificarmi o capirmi. C'erano due pari su quel letto. Quando mi baciò rimasi senza fiato. Ci sapeva fare. Lo forzai a voltarsi a pancia sopra. Mi misi a cavalcioni su di lui. C'era qualcosa di animalesco e di istintivo in noi. Era una sfida fisica. Un confronto. Sentii le sue spalle rigide che si rilassavano.
La ventola che girava impazzita sopra di noi nella sera afosa. Non c'era imbarazzo e nessun tentennamento: eravamo adulti e sapevamo cosa fare. Mi sentivo in paradiso o forse all'inferno. Tutti quei moralisti non sapevano cosa si perdevano. Poco prima di arrivare all'amplesso gettai i capelli all'indietro e mi lanciai sulla sua bocca, affamata di baci. Lui prese l'occasione al volo e ribaltò i ruoli. Poi indietreggiò fino al limitare del letto. Sussultai per la sorpresa.
Si girò a prendere fiato. Eravamo lì seduti sul letto, ansanti e sudati a guardare il vuoto come due imbecilli. Era stato molto piacevole, decisamente sopra le aspettative, ne troppo veloce, ne troppo lento e decisamente sfiancante. In preda all'endorfine dell'orgasmo lo attirai a me e mi sedetti sopra di lui. Lo guardai dritto negli occhi sorridendogli. - Chi sei tu?- disse solo lui.
- Anche le donne hanno le loro necessità - aggiunsi. Lui mi baciò in fronte e poi in faccia, mi accarezzava i capelli.
- Sei una donna fantastica - rispose lui soltanto.
- So che sono gli ormoni a parlare, ma lo prendo comunque per un complimento - risposi.
Avevo imparato da anni che pensare alle reazioni chimiche in quell'istante non era affatto eccitante. Meglio lasciare la scienza al prima e al dopo. O al mai. Michael era diverso dagli uomini che di solito sceglievo: universitari, colti, manipolabili. Michael era certamente molto più bello, ma non era solo questo. Lui sapeva tenermi testa, almeno in fatto di sesso. Quella camera sembrava uscita da un film degli anni '80 eppure in quel momento mi sembrava il luogo perfetto. Era una parentesi in una situazione assurda, ma una bella parentesi. Di solito comandavo io l'intero incontro, ma Michael non era uno qualsiasi. Ero uno US Marshall . La fisicità giocava a suo favore.
- Penso che adesso abbiamo bisogno di una doccia - gli dissi dando un'occhiata all'orologio. Lui assentì.
- Se vuoi tolgo il disturbo, non c'è problema.- disse alzandosi. Io lo guardai.
Mi dispiaceva lasciarlo andare. - E se facessi la doccia con me?- proposi sfrontatamente. Michael mi guardò stupito.
- Quanti mesi erano che non facevi sesso?- chiese ridendo.
- Così, da tutta una vita...- dissi prima di potermi accorgere di ciò che stavo facendo. Pensavo mi deridesse invece mi prese per mano e mi portò verso il bagno. Aprì il getto poi si avvicinò a me e mi disse:- fosse per me io starei sotto questa doccia con te per tutta la vita - aggiunse. Rimasi sbigottita a questa sua frase, stavo per ribattere quando mi prese per le gambe, mi sollevò e mi gettò contro il muro. Le mattonelle fresche mi davano brividi sulla schiena. Sentii l'acqua che scivolava tutt'attorno ai nostri corpi, come se non fossimo mai stati separati, come se avessimo ricomposto qualcosa.
- Allora rendiamolo eterno questo momento - gli sussurrai nell'orecchio.
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