In senato

Washington D.C. , 18 Gennaio 2006

Dennis

Ovviamente Charlene si arrabbiò molto. Una di quelle litigate che credo mi ricorderò per tutta la mia vita. Tutto da segnare sul conto di questo fantomatico direttore delle operazioni militari. Perchè aveva segnalato me? Ero certo che fosse stato lui ormai. Di un merito però devo dargliene atto: in aereo nonostante la tensione dormii come un bambino tanto ero a pezzi. Incontrai gli altri della squadra in una base militare poco fuori Washington. C'era un unico US.Marshall oltre a me. Ero abbastanza sicuro di averlo visto in Iraq, ma non ricordo bene in quale occasione. Provai a salutarlo e attaccare discorso, ma rimase molto sulle sue, mi sembrò sospetto. Forse era per la tensione. Quando chiesero se c'erano volontari per salire sull'auto con la signora Swilton alzai la mano deciso. L'altro US Marshall si offrì di guidare, l'ultimo membro della squadra a salire sull'auto era un Navy Seal, non aveva una grossa mole, ma sembrava sveglio. Avrei preferito guidasse lui, ma non stava a me decidere.

Ricordo di aver trattenuto il fiato quando vidi quella donna affacciarsi sulla soglia bianca come un lenzuolo. Come aveva fatto a sopravvivere all'esplosione della base? Ne portava visivamente le cicatrici. Rita l'aveva vista? O l'aveva lasciata dentro apposta? Respirai a fondo. Non sapevo decidermi sulla moglie di Michael: di guai certo gliene aveva portati, ma definirla una terrorista, arrivare a dire che era in combutta per l'assasinio di Michael era troppo. La vera domanda era: chi temeva Rita a tal punto da aver preferito lasciare la sua collega in una base carica di esplosivi pronti ad esplodere piuttoso che portarla in salvo? Lo spiegamento di forze dell'FBI era imponente. Feci un cenno a Donovan e Taylor che conoscevo dai tempi dell'omicidio di Michael. Era stato Taylor , dopo molte birre a dirmi che Rita e la bambina erano sotto protezione in una località sicura. Mi strinsero la mano uno dopo l'altro. -Sono contento che ci sia un volto noto. - disse Taylor battendomi una mano sulla spalla. - Come ti sembra la squadra?- sussurrò Donovan. - A posto, ho solo qualche dubbio sull'altro US Marshall, ma non vorrei essere paranoico- alzai le spalle. - In questi casi la paranoia può salvarti la vita.- gli sorrise Donovan. Rimasi un attimo indeciso se dirgli della cartolina. Poi ebbi un flash. L'Iraq. Rita sapeva l'arabo. Non dissi nulla. Il direttore operativo dell operazioni militari del GTAZ doveva avere i suoi motivi per fornire quel recapito privilegiato.

Cercai di sorridere a Karen senza soffermarmi troppo sulla cicatrice che le tagliava la fronte a metà. La presi sotto braccio e la guidai verso l'auto. Tremava . Aveva le mani gelide. Aspettò di salire prima di scoppiare in lacrime. Io ero sul sedile dietro con lei. L'auto partì nel corteo. Io le porsi un fazzoletto di carta. Le misi una mano sulla spalla. Lei ad un trattò mi fissò. Era ancora sconvolta dai singhiozzi. Aveva in mano la cartolina. La girò. Lesse quelle poche parole arabe. Mi guardò perplessa. Fece finta di abbracciarmi. Mi sussurrò all'orecchio: -Conferma tutto?- .Io le accarezzi la faccia e le annuii. La invitai a respirare. Vedevo un'obiezione sul volto, dovevo pensare bene come rispondere perchè gli altri non si insospettissero. Mi ripresi la cartolina col fazzoletto e la misi in tasca. -Andrà tutto bene.- le dissi sorridendole. L'auto si fermò poco dopo davanti al senato, sentivo moltissime macchine fotografiche che scattavano. Se c'era un cecchino poteva essere ovunque. Scesi. Ero un fascio di nervi anche io. Mi misi dietro a Karen. Il Navy Seal davanti. Lo US Marshall non scese dall'auto come previsto.

Quando entrammo nell'edificio non potei che fare un respiro di sollievo. La accompagniammo fino all'aula poi alcuni agenti la presero in custodia. Lei si attaccò a me: non voleva entrare. Le feci un cenno di incoraggiamento. Rimanemmo impettiti in silenzio a sorvegliare quella porta. Il Navy Seal era una maschera di professionalità, ma nemmeno io volevo abbassare la guardia. Credo venti o forse trenta minuti dopo arrivò Donovan correndo senza fiato. Lo guardai preoccupato. -Nell'auto c'era una pistola- disse solo. -Impossibile, tutti noi nell'auto B avevamo passato i controlli, eravamo tutti disarmati.- feci stupito. - Dobbiamo cambiare l'uscita- disse deciso il Navy Seal. La pensavo come lui, potevo fidarmi? Donovan annuì e chiamò il collega al telefono correndo verso le guardie che presenziavano le altre uscite dell'aula. Poi tornò: - Andate all'uscita sull'ala Est.- Poi estrasse la pistola e la passò a me, quindi aggiunse: - Per ogni evenienza.... 1° corridoio a destra e poi sempre dritto, saremo ad aspettarvi in auto- . Si mise a correre in quella direzione. In quel momento sentimmo un coro di stupore provenire dall'aula del senato. Mi chiesi cosa aveva confermato la povera Karen. Ci muovemmo velocemente.

Rimanemmo altri dieci quindici minuti fuori dalla porta, più passava il tempo più ero un fascio di nervi. Karen uscì come stabilito dalla porta dell'ala est. La testa bassa, le guance rosse di vergogna. Non le lasciai molto tempo, la spinsi lungo il corridoio. Il Navy Seal ci fece strada. Karen respirava a fatica nella corsa. -Che succede?- continuava a dire. Non avevo tempo di spiegarle, poveretta. La spingevo in malo modo per il corridoio, ma era troppo lenta coi tacchi. La obbligai a toglierli e li lanciai in mezzo al corridoio. Il Navy Seal si arrestò sulla porta.  Vedevo l'auto di Donovan con Taylor al volante già accesa. Aspettai che mi facesse segno di passare. Non facemmo in tempo a mettere il naso fuori che sentimmo degli spari in lontananza. Passai Karen al Navy Seal ed estrassi la pistola restando basso, non vedevo da dove avevano sperato, ma sparai qualche colpo in aria per coprire la nostra fuga. Donovan mi fece segno di salire, mi gettai in auto. Fece altrettanto e partimmo sgommando. La strada era vuota, sgombra, solo per noi. Tenni Karen con la testa bassa. 

Non sapevo dove stesse andando Taylor. Tenevo la pistola pronta. Sentivo il cuore battere a cento allora. -Mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace- continuava a dire Karen. Se lo sussurrava tra sè e sè: stava per crollare, povera donna. Trenta minuti dopo arrivammo ad una pista laterale dell'aeroporto di Washington-Dulles. Giuro che mi sembrarono scorrere un secondo ogni dieci tanto era la tensione che si respirava in macchina. Nessuno aveva fiatato per tutto il tempo, a parte il mugolio di Karen . Donovan fece segno al Navy Seal di avvicinarsi.  - va a parlare con le guardia: nessuno deve entrare dopo di noi in quest'area fino a nuovo ordine- disse indicando il  gabbiotto con la guardia armata. Poi gli passò un foglio e gli fece segno di scendere. Il Navy Seal annuì e non perse altro tempo.  Donovan indicò un hangar a Taylor. Era pieno di agenti dell'FBI e del GTAZ. Corrugai la fronte. Scendemmo tutti. Donovan si avvicinò soddisfatto. -Porta tu Karen sull'aereo, te lo sei meritato. Grande lavoro oggi! E non ti voglio più vedere ad offrire birra al mio collega- aggiunse ridendo. Scossi la testa sorpreso. Taylor arrossì. Allora ci aveva visti?! Era una volpe quell'uomo. Salii su quell'aereo col sorriso dipinto sulla faccia. Un paio di agenti del GTAZ presero in custodia Karen. Un uomo in fondo all'aereo disse: - Fatela cambiare, decolliamo tra 10 minuti- aggiunse. Poi mi fece segno di avvicinarmi.     

-Mi dispiace ho dimenticato la birra a casa, comunque dicono che col viaggio aereo si rovini molto- disse mentre mi avvicinavo. Notai che aveva un accento americano. - Il direttore Von Ain, immagino- aggiunsi prima di poterlo vedere in volto. Notai Donovan e Taylor che ci indicavano e parlavano fitto fuori dal finestrino quindi mi voltai verso quell'uomo. Mi fermai a metà, un'attimo prima di sedermi. Impassibile, come se mi avessero gelato le ginocchia. Non riuscivo nemmeno a deglutire, rimasi solo fermo a guardare quell'uomo. -Michael?- la voce mi uscì come un susurro. Lui sospirò aspettò che mi lasciassi andare sulla sedia esausto. -Ti ha detto Donovan di salire?- mi chiese. Io annuii come se fossi in trance. Era molto più scavato e avevo perso molti muscoli. Era abbronzato e coi capelli completamente rasi a zero, ma i suoi occhi li avrei riconosciuti tra milioni. Erano gli occhi del mio migliore amico. -Credo di sapere perchè l'ha fatto, non che io non lo volessi, ma non voglio mettere in pericolo te o la tua famiglia- disse cercando attentamente la parole. Si vedeva chiaro nel suo volto che aveva sofferto le pene dell'inferno, come Karen. Chi era quella gente che poteva ridurli così? Come fantasmi di se stessi. Mi fece molta rabbia. - Volevo solo salvare Karen e di una sola persona mi fido ormai in questo continente- aggiunse con gli occhi lucidi. In tutto questo io non ero ancora riuscito a proferir parola. Ero talmente scioccato. Un turbinio di domande e di se e di ma si erano impadroniti della mia testa. Mi asciugai gli occhi. -.Cazzo, non sai Charlene che testa mi ha fatto per questa consegna speciale!- sbottai poi. - Lo immagino e la capisco e mi dispiace. Non pensavo che arrivassero a sparare fuori dal senato- mi assicurò.

- Michael, è il nostro mestiere, stai tranquillo- cercai di mitigare la pena che vedevo in lui.

-Bart ha mangiato la foglia?- mi chiese lui.

-Per ora si, anche se odia le vostre lettere del GTAZ- confessai ridendo più rilassato.

-Ottimo- annuì lui. - E' stato lui, Michael, a farti sparare?- osai chiedere.

-Non posso rispondere a questa domanda, non senza farti più danno che aiuto. Non fare più domande a Donovan o Taylor. E non dire nulla a Charlene di Karen o di Rita o di me. Quello che posso dirti è questi bastardi stanno cercando sei persone per una cellula in Europa e io penso che pescheranno ancora nelle nostre carceri... cioè vostre, americane intendo. Per questo stiamo battendo piste a tappeto. Se ci dovessero essere evasioni , scrivimi. - disse deciso. Capivo la sua preoccupazione.  -Sarò un pesciolino, tranquillo. Così ti hanno promosso??- aggiunsi per portare il discorso su acque più tranquille. -Pro tempore, per ora. La storia di Rita ha creato molto casino nel GTAZ. Sto cercando di sistemare le cose. - disse accigliato. La sua preoccupazione trapelava. - Karen è una pedina importantissima , per cui ti ringrazio tanto. Sei stato due passi avanti a capire che l'altro US Marshall era al soldo di qualcuno. Un volta tolto di mezzo lui, li abbiamo costretti ad un piano B che fortunatamente non era così buono e così siete riusciti a portare Karen al sicuro. Non ti dirò chi sono questi bastardi o cosa fanno. Karen ha confermato che Rita è una terrorista e che ha rubato armi biologiche. Per ora così deve essere per il bene di Karen e di Rita- spiegò. Io lo guardai allibito. - Che l'accusino del mio omicidio, poco importa. Per lei sarà dura, ma è l'unica possibilità che abbiamo al momento- confessò.

- Rita è una tosta, se la caverà...- cercai di incoraggiarlo. - E' quello per cui sto lavorando giorno dopo giorno- sospirò.

-decollo tra 2 minuti- disse il pilota accendendo i motori.

- E' la mia fermata - dissi soltanto. 

- Il nostro canale per ora è a senso unico da noi verso di te, ma ci sto lavorando. Ci sentiamo alla prossima segnalazione. Se dovesse evadere qualcuno che ti sembra sospetto, usa il modulo ufficile- mi suggerì Michael.

- Contaci, amico!- mi alzai e gli strinsi la mano, poi lo tirai a me per abbracciarlo. Subito fece un po' di resistenza poi si lasciò andare.

-Quella pallottola ... mi ha davvero tagliato in due, Dennis. E la cosa non si risolverà, non cambierà, ma finchè rimarrà qualcosa che funziona in me cercherò di usarlo per far arrivare quei pezzi di merda all'inferno- aggiunse Michael con le lacrime agli occhi.

- Direktor! Gli US. Marshall sono a sua completa disposizione!- mi impettii e gli feci il saluto militare prima di scendere. Lui rispose al saluto con un sorriso amaro. Rimasi sulla pista con Taylor e Donovan finchè non furono decollati.

-Ovviamente se qualcuno te lo chiede, non hai la più pallida idea di dove sia diretto quell'aereo- mi ricordò Donovan. Io annuii. Non sapevo se essere felice o distrutto. Quella girandola emotiva in cui ero precipitato aveva bisogno di molti giorni per essere digerita. Vedere quello che avevano fatto a Michael era dura. Perchè forse io ero felice che fosse ancora vivo, ma  per lui tutto questo aveva un prezzo. Molto caro. Esiliato. Senza notizie della famiglia. Doveva vivere tutta la vita su una sedia a rotelle. Poteva solo dirigere gli altri e stare a guardare. E lui odiava stare a guardare. Charlene per fortuna venne a prendermi all'aeroporto. Vide che ero molto scosso, lo era anche lei. Non faceva che guardarmi e chiedermi se ero ferito. Ci sono ferite che non si vedono, ma fanno male lo stesso. E l'unica cura che conoscevo era tenere quell'angioletto di mia figlia in braccio e stringerla forte a me. Hai il nome di un grande uomo, mia cara piccola principessa!      

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