Κεφάλαιο 2: Γάμος
Un scroscio di applausi risuonò nella sala, Clitemnestra e Agamennone si tenevano per mano. Erano sposati, avrebbero trascorso la luna di miele a Sparta per poi partire tutti alla volta di Micene.
Re Tindaro sedeva sul trono alla sua sinistra, c'erano Clitemnestra e Agamennone; sulla destra Elena, Menelao, Castore e Polluce. Mancava Timandra -la figlia di mezzo- ma era rimasta a Tegea poiché prossima al parto e non poteva viaggiare. Innamorata di Echemo fu la prima a sposarsi quando Elena era giovanissima, ricordò le suppliche a suo padre nella sala del trono.
I musici allietavano il delizioso e abbondante banchetto, Polluce si accompagnò ad un'ancella, Castore parlava con Agamennone di strategie militari, accompagnato nella conversazione dai suoi genitori.
Menelao si accontentava del vino e di conclamare in silenzio la bellezza della fanciulla seduta accanto a lui: Elena, non aveva mai visto ragazza o donna più bella e dal volto solare in tutta la Grecia.
Dal canto suo la ragazza si annoiava e Menelao prese la palla al balzo.
«Vi annoiate?»
«Solo un pochino.»
«Capisco, non dovete far sfigurare vostro padre.»
«"Il compito di una principessa."»
«Non vi piace la vostra posizione?»
«Non ho detto questo. Dico solo che a volte mi piacerebbe scambiarmi con non so...Una pastorella.»
«Mi fa strano vedervi sposa di un semplice pastore!»
«Dite che il mio posto sarebbe più in alto? Tipo su un trono?»
Elena nonostante le guance rosse si avvicinò al suo volto sorridendo sfrontata. Menelao non fu da meno, amava le sfide.
«Dico che qualsiasi uomo per voi scalerebbe l'Olimpo a mani nude per un vostro sorriso.»
«Vi ho sorriso mi pare, ma non vi ho visto scalare nessun monte.»
«Io sono l'eccezione che conferma la regola.»
«Già voi siete l'eccezione.»
Rimasero a guardarsi negli occhi sorridendosi e sfidandosi, mentre i loro cuori palpitavano nel silenzio dei corpi. Entrambi non capivano eppure era come se si conoscessero da sempre, tale confidenza poi era del tutto inusuale.
***
Era notte, tra poco ci sarebbe stata la messa a letto degli sposi. Elena e sua madre Leda, si trovavano nella camera di Clitemnestra, che era inconsolabile.
«Non voglio farlo!»
«Ma devi! E' tuo marito adesso!»
«E' noioso... Parla solo di guerra, e poi anche è brutto!»
«Magari l'amore nascerà con il tempo...»
«Tu e la tua devozione ad Eros!»
«Io non amavo di certo vostro padre quando ho deciso di sposarlo!»
Questo innervosì le due ragazze.
«Devi solo non pensarci...»
«Vieni a dirmelo quando partorirò i suoi figli!»
«I vostri figli. E comunque ora non hai più scelta.»
La loro madre avvisò i sacerdoti, mentre Elena abbracciò sua sorella, cercando di consolarla con il suo affetto.
***
Era buio ora, Artemide splendeva alto nel cielo notturno.
Elena si trovava nella sua stanza che non distanziava molto lontano da quella di sua sorella, anche se ormai era vuota.
C'era solo il canto delle cicale, a farle compagnia. Non riusciva a prender sonno, come se Ipnos si stesse prendendo gioco di lei non facendola dormire.
Si rigirò più volte nel letto, ma il sonno non arrivava, si alzò a mezzo busto con i capelli biondi in disordine, sbuffò e si alzò dal letto e uscì sul terrazzo.
L'atmosfera notturna era davvero rinfrescante, respirò a pieni polmoni e cercò di rilassarsi.
Finché non sentì dei passi, e grazie alla luce della fiaccola che si trovava attaccata alle mura riuscì a vedere al di sotto del balcone che dava sui giardini reali.
Guardò meglio, e dall'altezza e dalla corporatura sembrava essere Menelao. A quel pensiero le venne da sorridere e un'idea la pervase, chiamò la sua ancella Pieride.
«Principessa avete bisogno?»
«Si, vorrei passeggiare nei giardini.»
«Cosa! Adesso?»
«Shh! Devi solo coprirmi, nel caso vengano le guardie a controllare.»
«Ma mia signora-...»
«Tranquilla, farò presto.»
Elena si coprì la testa e le spalle con uno scialle e uscì dalla stanza.
***
Sotto la luce lunare tutto sembrava illuminato da un qualcosa di divino. Anche i giardini.
Anche Menelao, Elena lo guardò di nascosto incantata sembrava davvero un principe divino, come quello delle storie che le raccontavano le balie da piccina.
La bionda si limitò a seguirlo da lontano, quanto era bello, con quelle braccia muscolose.
Lo seguì finché lui non si fermò davanti a un cespuglio di oleandri, la principessa di Sparta lo osservò toccare i fiori con molto delicatezza.
Non era come suo fratello, e questo era un bene.
Un soffio di vento gelido, la costrinse ad ritornare nelle proprie stanze, ma un passo sbagliato e un ramo spezzato colsero l'attenzione di Menelao, che si voltò velocemente verso la sua direzione e la beccò come una bambina con le dita nel miele.
«Principessa Elena.»
Ella ormai sgamata si avvicinò tenendosi per le spalle.
«Principe Menelao.»
«Che ci fate a quest'ora da sola? Mi stavate spiando?»
«No! Ma non riuscivo a dormire e quindi ho deciso di passeggiare un po' nei giardini.»
«Capisco.»
Elena si accorse che lui aveva capito che stava mentendo, ma non ebbe il coraggio di dirglielo.
«Beh mi stavo giusto ritirando nelle mie stanze, con permesso.»
La bionda si voltò imbarazzata ma Menelao la fermò per un braccio, e lei fu scossa da brividi non di terrore però, anche se erano da soli di notte in un posto appartato.
«Aspettate!»
Elena si voltò di nuovo e incrociò quegli occhi verdi così ipnotici.
«Sì?»
«Venite con me...»
La principessa senti le proprie gambe farsi molli e non sapeva perché, ma rimase composta.
«Mostratemi la bellezza di questo posto.»
«Di notte?»
«Non trovate che siano meravigliosi con le loro ombre e il loro profumo?»
«Assolutamente.»
«Bene. Scortatemi allora.»
La ragazza annuì non sapendo cosa rispondere, come se la sua lingua vivace si fosse improvvisamente seccata, alla vista di quegli occhi verdi bellissimi.
Camminò davanti a lui imbarazzata mentre lui le sorrideva. Passeggiarono in silenzio osservando i vari tipi di fiori, fino ad arrivare al centro dei giardini dove c'era un'enorme fontana.
Elena si sedette sul marmo della stessa, e gli sorrise.
«Ebbene questo è quanto. Siete rimasto soddisfatto?»
Lui si sedette accanto a lei.
«Abbastanza.»
«Mm?»
«Dico che i giardini sono meravigliosi, ma l'esperienza sarebbe stata diversa se aveste parlato.»
«Ah, giusto. »
«Adesso non avremmo più nulla da dirci.»
«Nah non credo. Io se voglio sono un tipo loquace!»
«Quindi non avevate voglia?»
Elena gli sorrise. Menelao raccolse dentro di sé quel sorriso.
«Diciamo che la botanica non è il mio forte. Preferisco i cavalli!»
«Davvero? Allora potrei proporvi una cavalcata domani.»
Lei guardò come se cercasse qualcosa di ambiguo, lui si imbarazzò davanti a tale persona stranamente e si corresse subito.
Si guardarono, lui preoccupato di aver osato ma Elena gli rispose con una fragorosa risata.
«Certo che accetto la proposta!»
«Allora vi attendo domani. Voglio che abbiate questa...»
Il vento si era alzato ed Elena tremava dal freddo. Menelao sganciò la fibula, e si tolse la clamide scura e gliela poggiò sulle spalle; entrambi annusarono i propri odori, lei di gigli, lui di muschio. I loro volti erano vicini, i loro occhi socchiusi e la luna piena a guardarli.
Menelao imbarazzato ruppe quella magia, non poteva osare tanto, non erano fidanzati.
Elena si alzò per dirigersi all'interno del palazzo, sorridente, stringendo la clamide di lui, quella vicinanza l'aveva messa di buon umore.
«Beh allora buonanotte!»
«Buonanotte!»
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