XI. Nessun altrove
Quando mise piede in biblioteca, le lezioni erano già iniziate da un pezzo. Le scrivanie erano quasi tutte vuote, tranne qualcuna alla quale era possibile adocchiare i ragazzi che, finito il programma di addestramento, erano solo in attesa dell'assegnazione.
Anche Ulrich era arrivato al capolinea, ma faceva in modo di pensarci il meno possibile. Non aveva idea di cosa lo aspettasse al di fuori di quelle mura, o meglio: lo sospettava, ma sperava di sbagliarsi.
Fece passare lo sguardo in lungo e in largo su quel piccolo insieme di giacche color tortora ben stirate e piegate, prima che riuscisse ad adocchiare Martha. Era seduta alla stessa scrivania dove, il giorno prima, avevano studiato insieme a Louise; si arricciava un ciuffo di capelli tra le dita, mentre muoveva la testa a ritmo di Dio solo sapeva quale canzone.
Forse dovrei iniziare a chiamare di meno il Signore in causa in queste situazioni, pensò il biondo, per poi avviarsi a passo sicuro verso la ragazza. Alzò la mano a mo' di saluto in direzione di un paio di ragazzi del suo anno in quel breve tragitto, riconoscendo meno facce di quante stava dando a vedere.
Martha non sembrò notarlo fino a quando lui non le si sedette davanti, posando il computer sul legno in modo tale che fosse perfettamente parallelo al perimetro della scrivania. La vide alzare gli occhi al cielo per quel movimento, ma non disse nulla; non prima che lei si togliesse le cuffie e spegnesse il suo lettore MP3 mezzo distrutto.
«Sei in ritardo,» esordì, mentre arrotolava il cavetto delle cuffie attorno alle dita per rimetterlo in tasca, «l'appuntamento era cinque minuti fa».
«Io, a differenza tua, ho passato la nottata con Oskar a studiare per Phantom.» Ulrich alzò gli occhi al cielo, con la voglia irrefrenabile di dirle che potevano fare a meno di lei che stava facendo a pugni per uscire; ma sarebbe stata una bugia, e la mora lo sapeva.
«Non riuscirai a farmi sentire in colpa, Schneider.» Martha sventolò la mano in aria, come se stesse scacciando un moscerino. Lui, invece, strinse una delle sue a pugno e con l'altra fece pressione sul tasto di accensione del computer. «Non muoio dalla voglia di fare nottata con lo sfigato, tantomeno di sacrificare il mio sonno per un compito che mi ha affidato Keller.»
Era sempre la solita storia con lei, indipendentemente dalla situazione e dal tipo di missione: era pronta a sacrificare gli altri, ma non se stessa e faceva affidamento sul fatto che i suoi compagni di squadra preferissero averla dalla loro parte piuttosto che dall'altra.
Tuttavia, Ulrich non aveva intenzione di lasciare che si prendesse il dito con tutta la mano, perché Martha era fatta così.
Era un wormhole che inghiottiva tutto ciò che di buono il mondo aveva da offrirle, lo trasformava in veleno e, dopo avergli fatto fare un viaggio spazio-temporale, lo mandava indietro al mittente con tanto di dito medio alzato.
Era estenuante sotto ogni punto di vista, ma c'era qualcosa nei suoi atteggiamenti che non gli tornava. Di nuovo: Ulrich odiava non capire e quel lato di Martha era il mistero che fungeva da calamita. In un modo o nell'altro, i pensieri e le congetture andavano sempre nella sua direzione.
Scosse la testa indispettito da quel fiume in piena di parole, per poi dire: «Hai almeno provato a mettere insieme qualcosa?»
«Vuoi davvero che ti risponda?» Alzò le sopracciglia scure così tanto che quasi non si videro più al di sotto della frangetta nera.
No, pensò l'Ulrich sarcastico che viveva in lui, mentre provava in tutti i modi a mantenere la calma, te l'ho chiesto per hobby. «Tu che dici?»
«Ti dico che ho finito di leggere il fascicolo e l'ho sfogliato velocemente di nuovo prima che arrivassi, ma non ho trovato nulla di così interessante come mi aspettavo» borbottò lei, lasciandosi scivolare in maniera scomposta sulla sedia in legno. «Tra tutta quella roba solo una situazione mi suona familiare.»
Il ragazzo la osservò di sottecchi, con le dita che tamburellavano a ritmo sulla scrivania. Dentro di sé desiderava la stessa velocità nella lettura, la stessa scioltezza, la stessa naturalezza. Martha e Oskar a volte lo facevano sembrare così semplice da farlo sentire stupido. «Sarebbe?»
Non evitò di notare il ghigno soddisfatto che si dipinse sul viso della mora quando si mostrò interessato all'argomento. La osservò portarsi un dito alle labbra, inumidirlo con la lingua e iniziare poi a sfogliare il plico di documenti che aveva sistemato alla sua destra. Ulrich abbassò lo sguardo sul computer, sentendo il disagio scavargli un vuoto nello stomaco.
«Guarda» gli intimò Martha, per poi infilargli sotto al naso un paio di documenti. Le informazioni più importanti e le parole chiave erano evidenziate di lilla, ma lui non riuscì comunque a leggerle.
Non tanto perché il dito della ragazza aveva iniziato a indicargli righe differenti così velocemente da confonderlo, ma anche perché tutto quello che aveva trovato glielo stava sussurrando a voce.
«Quest'associazione benefica finanzia la costruzione di conservatori e teatri nelle piccole città tedesche, almeno di facciata.» Non era la prima volta che non gli dava il tempo di analizzare qualcosa, partendo lei invece di quarta a spiegargliela; gliene era grato, davvero, ma era consapevole che fosse solo un suo modo di mettersi ancor di più in mostra. Avrebbe fatto di tutto Martha, tranne che aiutarlo. «Tuttavia ci sono diverse denunce di molestie che sono state poi archiviate nel giro di pochi giorni.»
«Sono poche le associazioni benefiche che finanziano attività musicali e teatrali» mormorò Ulrich sovrappensiero, mentre faceva passare le dita su quell'altra enorme mole di informazioni segretate; quella volta non avevano nemmeno un nome su cui ragionare, ma era una deduzione comunque più naturale rispetto a quella che avevano fatto lui e Oskar la sera prima. «E sono tutte comandate da—»
«Esponenti del Governo, lo so, è la stessa cosa che ho pensato io» concluse la ragazza, ritirando di nuovo i fogli per poterli mettere sopra gli altri, anche se in disordine. «O comunque persone che possono essere ricondotte a loro.»
Sul viso di Martha c'era un sorriso che di rado le aveva visto fare, solo quando si trattava di suoi traguardi e, in ogni caso, mai con lui. Non stava simpatica a molti all'interno dell'Accademia, più che altro la tolleravano, motivo per il quale non l'aveva mai vista chiacchierare o anche solo rilassarsi in compagnia di qualcuno.
Di per sé non era poi così inusuale come cosa: erano pochi i ragazzi che riuscivano ad andare avanti lì dentro riuscendo a crearsi anche qualche amicizia, ma nei loro casi era più dovuto all'incapacità di relazionarsi con il prossimo che lasciava in dono il posto in cui vivevano.
Per lei, invece, era diverso... sembrava quasi come se rifiutasse qualsiasi rapporto umano le si proponesse davanti. Poteva essere un assurdo, ma l'aveva vista più disposta al dialogo solo da quando era arrivata Louise; tuttavia, il motivo gli era ancora sconosciuto.
Martha si passò una mano tra i capelli, per poi portarla in grembo insieme all'altra. Dal modo in cui il suo sorriso era scomparso all'improvviso e da come aveva spostato lo sguardo oltre il vetro della finestra, doveva essersi resa conto anche lei di essere uscita un po' fuori dal suo personaggio.
«Stai fissando.» L'acidità del suo tono non lo stupiva, era di nuovo tornata sulla difensiva.
«No, Rainer, ti sbagli» rispose Ulrich, mettendo da parte per un attimo il computer, pensando che, magari, fare due chiacchiere con lei non fosse poi una così cattiva idea. «Non sto fissando, sto riflettendo.»
«Su cosa?»
«Ti interessa?»
«Se riguarda me, forse.» Di nuovo, osservò le sue dita cercare il familiare ciuffo di capelli che andava a torturarsi ogni volta che il suo cervello si metteva in funzione. «Se sono le tue classiche pippe mentali puoi anche tenertele.»
«Gentile come sempre» sospirò Ulrich, per poi alzare gli occhi al cielo. La mora aveva il gomito poggiato sui fogli che gli aveva appena letto, non sembrava per niente disturbata da come fossero tutti piegati in malo modo come dava, invece, fastidio a lui. «Non è la prima volta che leggi per me.»
«Io non leggo per te, Schneider, io leggo e basta» disse Martha con esasperazione, ma senza guardarlo in faccia come faceva di solito. «È più veloce spiegarvi i fatti, piuttosto che aspettare che voi idioti arriviate alla fine del foglio.»
Il biondo mandò giù la risposta acida che teneva già pronta sulla punta della lingua, e non disse nulla. Ritornò con l'attenzione sul computer che aveva davanti e, con la voglia di alzarsi e andare via, ritrovò con velocità il blog e l'articolo di giornale di cui lui e Oskar avevano discusso la notte prima.
La ragazza lo tirò a sé quando lui glielo girò in modo che lo vedesse. La vide scorrere la pagina del blog dal vetro della finestra, quasi senza fermarsi, soprattutto quando si rese conto che i post erano in pratica il copia e incolla l'uno dell'altro. «Beh? Cosa dovrei trarre da un articolo vecchio di mesi e dal blog di un complottista?»
Ulrich alzò un sopracciglio con fare interrogativo. «Non ti dice nulla quello che leggi?»
«Dovrebbe?» Il biondo rimase a guardarla per qualche attimo, per essere sicuro che non lo stesse prendendo in giro, prima di rendersi conto che fosse del tutto seria.
Afferrò, quindi, i fogli dalla propria cartella in cuoio. A differenza di quello di Martha, i suoi erano così lisci da sembrare che fossero usciti in quel momento dalla stampante. Cercò la pagina che gli aveva mostrato l'amico il giorno prima e, una volta averla posizionata al centro della scrivania, iniziò a spiegarle la supposizione alla quale erano giunti lui e Oskar poche ore prima.
Se tutto andava secondo i piani e anche lei vedeva un collegamento, seppur minimo tra le due situazioni, Ulrich si sarebbe sentito abbastanza sicuro da trasformarla in ipotesi.
E avere un'ipotesi, significava avere una pista sulla quale iniziare a muovere i primi passi.
†
«Ho bisogno di una pausa» proclamò Martha, e sottolineò quella necessità poggiando la fronte sul legno della scrivania. «Se solo potessi accendere una sigaretta—»
«Non urlarlo ai quattro venti, non puoi mai sapere chi è in ascolto» la interruppe Ulrich. Lanciò un'occhiata alle proprie spalle per assicurarsi che fossero davvero soli, prima di rilassare le spalle e poggiare i gomiti sul legno, a poca distanza dalla testa della ragazza.
Anche lui era stanco e, parlando con sincerità, avrebbe preferito evitare qualsiasi tipo di provvedimento avrebbe comportato loro anche solo il parlare di fumo. Se c'era una cosa che nell'Accademia era condannata in ogni modo possibile e immaginabile, quella era la nicotina.
In realtà, tutto ciò che poteva nuocere alla salute dei perfetti futuri agenti segreti era vietato tra quelle mura. Fumo, erba, alcol, cibo non bilanciato a livello calorico... a volte lo stupiva come avessero mantenuto il cioccolato nelle loro diete.
Certo, lo si vedeva con il binocolo, ma almeno non era proibito come tutto il resto.
«Non vedo l'ora di diventare maggiorenne, così potrò andare via di qua e fumare quando e quanto cazzo mi pare» mormorò Martha, senza alzare la testa dal tavolo; la voce arrivò attutita alle orecchie di Ulrich, ma quel dettaglio lo fece sorridere. A volte era proprio una bambina. «Li compi questo mese, giusto?»
«Oh sì, il trentuno» rispose lei, mentre aggiustava la sua posizione in modo da poter appoggiare il mento sulle proprie braccia incrociate e guardarlo comunque dal basso. «Lo so cosa stai pensando, Schneider: "Un compleanno degno di una strega". Giuro che se osi dirlo ad alta voce ti faccio male.»
«Non ho detto nulla, Rainer, stai facendo tutto tu.» Ulrich non riuscì a fare a meno di ridacchiare per quella cosa, finendo col guadagnarsi l'ennesima occhiataccia di fuoco della giornata.
Martha gli voltò la faccia e a lui non restò altro da fare che far scattare a ritmo la penna che aveva in mano. Era consapevole che, se non avesse smesso, di lì a poco si sarebbe scatenato il caos, ma era più forte di lui.
Oltre la finestra, gli alberi avevano iniziato a tingersi tutti dei classici colori autunnali che amava tanto. L'arancio, il giallo e il marrone la facevano da padroni, al di sotto di un cielo pieno di nuvoloni che promettevano pioggia a breve. Guardò le foglie lasciarsi trasportare dal vento, mentre il fatto che gli aveva appena confidato Martha attecchiva nella sua mente e non faceva che tormentarlo. Doveva farle una domanda, sperava che lei gli avrebbe risposto. «Come va con gli esami? Quali ti mancano per completare l'addestramento?»
Martha ritornò a guardarlo con un sopracciglio alzato, forse presa alla sprovvista da quella domanda. Non erano mai arrivati a parlare del più e del meno, le loro conversazioni erano sempre state caratterizzate da frecciatine, insulti e sarcasmo a non finire. Tuttavia, alla fine dovette pensare che non ci fosse nulla di male e rispose: «Mi manca solo Crittografia... quello stronzo di Keller mi costringe ancora a seguire le sue lezioni, almeno fino a quando non sarò promossa».
«Se hai bisogno di una mano—»
«Io non ho bisogno di nessuna mano, Schneider» sibilò la mora in risposta, inviperita dalla proposta che aveva osato farle. Effettivamente, come aveva potuto pensare che la "grande e potente" Martha Rainer si potesse abbassare a livelli tali da accettare aiuti di qualsiasi tipo. «Tantomeno da parte tua.»
«Scusami, avevo dimenticato quanto tu ci tenessi a elevarti al di sopra di noi poveri plebei.» Aveva sbagliato a pensare che quella missione l'avrebbe ammorbidita o che, almeno, l'essere costretti a lavorare insieme, l'avrebbe portata a essere più collaborativa con lui. Dubitava che si potesse raggiungere quel risultato con Oskar, ma con lui, se avesse voluto, avrebbe potuto farlo in qualsiasi momento.
Si ritrovò a leggere più e più volte sempre lo stesso sprazzo di appunti che aveva preso dalla copia dei documenti che aveva portato, una serie di idee che aveva sviluppato insieme alla ragazza che, con un po' di fortuna, li avrebbe portati a racchiudere l'area di una terza operazione dei RID.
Ipotizzare la presenza dell'organizzazione in uno di quei tre luoghi significava avere abbastanza materiale per poter ricorrere alla triangolazione, proprio come aveva pensato di fare Oskar e, quindi, per provare a vedere se nell'area racchiusa da quell'analisi ci fossero state comunicazioni criptate o interferenze nello stesso periodo in cui lo yacht del ministro della difesa era stato affondato. E da lì?
Beh, da lì poi si sarebbero comportati in maniera differente a seconda di quello che sarebbero riusciti a trovare. Tempo al tempo, aveva detto qualcuno, e Ulrich non poteva fare a meno di concordare con quell'ignoto saggio.
Il silenzio, nel mentre, era tornato a fare compagnia ai due, rotto solo dalle pagine dei libri che venivano girate dai ragazzi seduti alle altre scrivania e, ogni tanto, dallo strisciare di qualche sedia a terra, dall'aprirsi e dal richiudersi della porta d'ingresso della biblioteca; altre ancora, ma quelle erano più rare, dalla voce astiosa del bibliotecario che richiamava qualche ragazzo all'ordine.
Era un posto tranquillo alla fine dei conti, ma per la testa rumorosa di Ulrich era un inferno. Non faceva altro che contare, a ripetizione, tutto ciò che lo circondava, tutto ciò che sentiva e faceva e vedeva. Avrebbe preferito mille volte il silenzio assoluto di uno dei classici studi che venivano affidati agli agenti in missione, ma Keller ancora doveva decidersi a consegnargli le chiavi. Quel pomeriggio, magari, avrebbe provato a fare un salto nel suo ufficio per andare a chiedergliele.
Una mano fredda e sottile gli strinse il polso da sopra la camicia bianca, facendogli alzare lo sguardo. Gli occhi di Martha lo squadravano curiosi, ma infastiditi al contempo, come se stesse provando a richiamare la sua attenzione da un po' e, infatti, disse: «Mi hai sentito?»
«Cosa?» Il biondo scosse la testa, in modo da scacciare quel caos che lo stava tormentando. «Stavo rivedendo quello che abbiamo fatto oggi, Rainer.»
«Sono almeno dieci minuti che guardi sempre la stessa pagina» gli fece notare lei con un ghigno divertito sulle labbra, ma Ulrich non ricambiò il sorriso. Quel giorno, per quanto assurdo potesse sembrare, era ancora meno disposto del solito nei suoi confronti.
Girò la pagina più per dimostrarle che non era vero quello che gli stava dicendo che per altri motivi, e chiese: «Che cosa vuoi?»
«Ti ho chiesto cos'hai in programma di fare dopo l'Accademia.» Ulrich smise persino di provare a fare finta di star leggendo quelle lettere che ballavano al di sotto dei suoi occhi quando quelle parole lasciarono le labbra carnose di Martha. Alzò gli occhi sul suo viso e la osservò bene prima di dirle qualcosa.
C'era una piccola ruga tra le sue sopracciglia, segno che comunque anche lei fosse consapevole di quanto fosse pericoloso fare una domanda del genere tra quelle mura, soprattutto a causa degli occhi e delle orecchie che si nascondevano ovunque. Con le mani giocherellava con il filo delle cuffie, mentre i suoi occhi neri come la pece non volevano sentir ragione di scappare dai suoi.
Questa, si ritrovò a pensare il ragazzo, è una delle sue qualità che apprezzo di più. Non si faceva intimidire da uno sguardo, lo manteneva fino a quando credeva fosse necessario farlo o fino a quando l'altra persona non mollava per prima la presa. A ogni modo, non si fidava comunque di lei, motivo per il quale le rispose: «Non penso di aver capito che intendi».
«Intendo,» un sospiro di esasperazione sottolineò come le stesse dando fastidio non ricevere subito le risposte che cercava, «se hai intenzione di rispettare l'assegnazione o provare ad andare altrove».
«Non c'è nessun altrove.»
«Sì che c'è, invece» mormorò Martha a denti stretti, un ciuffo di capelli sfuggito alla coda stretta le scivolò avanti agli occhi e lei lo soffiò via. «Deve esserci, Schneider. Mi rifiuto di pensare che non ci sia un'alternativa.»
«L'alternativa è la morte.» Il motto dell'Accademia gli risuonò nelle orecchie come una campana, mentre stringeva i pugni e lanciava sguardi a destra e a sinistra per accertarsi che nessuno li stesse guardando; per fortuna, tutti avevano continuato a fare imperterriti quello che stavano già facendo prima che la mora iniziasse quel discorso. «Oppure c'è la diserzione, ma anche in quel caso spireresti prima di avere il tempo anche solo di pensare che tu sia riuscita a fuggire.»
Martha dischiuse un paio di volte le labbra, in procinto forse di dire quello che pensava davvero, ma alla fine forse dovette optare per non dire nulla. Sollevò il busto da sopra la scrivania e alzò le mani al cielo, facendo scrocchiare le ossa delle dita, consapevole che avrebbe dato fastidio a Ulrich. Infatti, sembrò soddisfatta solo quando vide la smorfia contrariata sul suo viso e smise.
«Io non ho intenzione di continuare a essere una pedina nelle loro mani ancora a lungo, sai» disse poi all'improvviso. Il ragazzo alzò un sopracciglio: era convinto che fosse sul punto di raccogliere la sua roba, alzarsi e andare via senza salutare. «Se il prezzo da pagare per la libertà sarà la morte, allora sarò ben felice di accettare l'offerta.»
La previsione di Ulrich, in ogni caso, non fu tanto sbagliata, perché subito dopo quell'affermazione, le sue dita sottili corsero lungo il legno della scrivania, recuperando fogli evidenziati di lilla, matite spuntate ed evidenziatori che funzionavano a intervalli irregolari. Non le rispose fino a quando, di nuovo, i loro occhi non si incontrarono e lei sembrò supplicarlo in silenzio di darle una risposta, un'opinione. «Non so quanto la morte possa essere considerata libertà, Rainer.»
«Meglio essere libera di scegliere come morire, per come la vedo io, che essere schiavi di una vita che non abbiamo mai scelto.» Era arrabbiata e delusa, lo sentiva dalla sua voce; ma cosa si aspettava da lui? Che le dicesse di inseguire la sua felicità? Lui non era uno psicologo, né un guru di nessun genere: non credeva in quelle stronzate, non credeva nemmeno nel destino e nell'oroscopo. Credeva solo in ciò che vedeva, come San Pietro.
E in quel momento, davanti a loro, lui vedeva solo una strada che era già stata spianata, preparata, asfaltata e messa in sicurezza appena avevano messo piede tra quelle mura. Non avevano scelto di diventare agenti, non avevano scelto di sacrificare le loro vite per delle persone che a malapena avrebbero ricordato il loro nome, per poi non poter mai puntare nemmeno a una medaglia d'onore com'era prevista per chi moriva in battaglia.
Tuttavia, quella non-scelta aveva dato loro modo di avere un tetto sulla testa, un piatto sempre caldo da gustare, persone della stessa età con cui parlare e cose sempre nuove da studiare. Per lui, l'Accademia non era casa – non poteva essere considerato tale l'Inferno in terra – così come non lo era nessun luogo nel mondo esterno.
Scattò in piedi poco dopo che Martha gli fu passata accanto, raggiungendola in un paio di passi al di fuori della biblioteca. La fermò afferrandola per un polso e attirandola a sé in un corridoio stretto che portava ai bagni delle ragazze, con il rischio di beccarsi un pugno in pieno viso che, però, riuscì a evitare.
«Non puoi davvero pensare che sia la strada giusta da percorrere» le mormorò a un palmo dal naso, stringendo ancor di più la presa quando lei cercò di divincolarsi. «Per quanto brutta la vita sia qua dentro, l'Accademia è una sicurezza... lì fuori, invece, non hai nessuno e il mondo non è clemente come pensi, soprattutto con i ragazzi della nostra età. Pensi davvero di trovare una situazione migliore di questa?»
«Stai iniziando a parlare come loro, Schneider.» La mora finalmente riuscì a scrollarsi la presa di dosso. Si sistemò meglio lo zaino sulle spalle, prima di avvicinarsi ancor di più al viso di Ulrich, approfittando del fatto che fosse di un paio di centimetri più alta di lui e, con il fuoco che a momenti minacciava di uscirle dagli occhi, disse: «Tanto forte, tanto intelligente e poi ti lasci fare il lavaggio del cervello da quei coglioni!»
Ma Ulrich non la stava ascoltando più. Le sue orecchie, sempre così attente ai rumori che lo circondavano, avevano appena sentito delle voci provenire dal corridoio principale, dalla parte opposta da cui erano arrivati loro due. Le portò una mano alla bocca, senza riuscire a controllare del tutto la forza a causa della paura di essere sentiti o scoperti, finendo per portarla con le spalle schiacciate alla parete.
Martha si divincolava sotto la sua presa, le unghie lunghe e curate gli stavano graffiando il dorso della mano, mentre dei versi indecifrabili venivano soppressi a malapena da quel contatto. Portò un dito alle proprie labbra, per intimarle di fare silenzio.
«... ti aveva dato il permesso di fare una cosa del genere! Ti sei bevuto forse il cervello, per caso?» La voce del capitano Keller risuonava distintamente tra i corridoi silenziosi dell'Accademia, mentre i passi sembravano avvicinarsi sempre di più alla parete dietro alla quale si stavano nascondendo loro. «Perché cazzo l'hai affidata proprio a lei?»
«È la ragazzina più promettente del suo anno, capitano, dovrebbe saperlo ormai.» Gli occhi di Martha si spalancarono nello stesso momento in cui anche Ulrich si rese conto che, per la prima volta da quando lo conoscevano, anche il professor Nikolaev sembrava arrabbiato. «La signorina Scholz farà un ottimo lavoro con lei.»
«Anja farebbe un ottimo lavoro con chiunque e tu saresti un coglione a pensare il contrario, ma il punto non è questo.» I passi affrettati si fermarono all'improvviso. Il biondo sentiva il cuore battere forte nel petto; le dita gli formicolavano e i pensieri nella sua testa si susseguivano a Mach supersonico. «Il punto è, Ivanov, che lei è sotto la mia tutela, non la tua! E quella ragazzina sarà la sua rovina!»
«Oh, non dire stronzate, sappiamo benissimo che lui non avrebbe il coraggio di far succedere nulla qui dentro.» Martha e Ulrich non si erano mossi di un passo, fermi in una posizione scomodissima, a così poca distanza l'uno dall'altro da sentire i propri respiri mischiarsi, tuttavia sembravano aver paura di allontanarsi: e se nel farlo i due professori si fossero accorti di loro? A quel punto nessuno avrebbe potuto salvarli dal contenimento – e Ulrich ci avrebbe scommesso tutto quello che aveva: nessuno dei due moriva dalla voglia di ritornare là sotto.
«Per ora, magari, ma in futuro—»
«In futuro continuerà a non succedere nulla.» Per un attimo ci fu silenzio da entrambe le parti e anche i due ragazzi trattennero il respiro. Gli occhi chiari di lui non lasciavano gli occhi scuri di lei, mentre una nuova serie di informazioni iniziava a far girare i meccanismi dei loro cervelli. «Lasciale portare avanti il compito che le ho affidato e—»
«Io sono il tuo capitano, Nikolaev! Io decido chi deve fare cosa, non il contrario!»
«E allora, caro il mio capitano, vada a discuterne con il sovrintendente e con il generale: io non ho intenzione di ritirare la mia decisione!» Quella, per Ulrich, era la prima volta che sentiva il professor Nikolaev urlare. Di solito era il più paziente dell'Accademia, non perdeva la calma nemmeno davanti agli scherzi idioti di Leopold eppure... si chiese cosa ci fosse sotto a tutta quella situazione.
Un ringhio di frustrazione arrivò alle loro orecchie, prima che un tonfo facesse tremare la parete divisoria contro la quale erano poggiati, facendoli saltare entrambi dalla sorpresa. Alla fine, però, a rompere il silenzio e ad abbandonare per primo quel corridoio, fu proprio il professore di Sicurezza Informatica, lasciandosi dietro un'ultima riflessione: «Non potrai proteggerla per sempre, Adrian, devi iniziare a fartene una ragione».
I passi ritmati di Nikolaev si persero presto nell'eco che rimbombava tra le pareti, fino a quando non furono capaci di udirli più. Il capitano rimase lì un altro paio di minuti, per poi tornare nella direzione da cui era arrivato digrignando un irato: «'Fanculo!»
Ulrich e Martha rimasero immobili nelle loro posizioni fino a quando non furono sicuri che il pericolo fosse scampato. Solo quando non sentirono più nulla, se non i propri respiri, lui decise che fosse arrivato il momento di toglierle la mano da davanti alla bocca.
Non ebbe nemmeno il tempo di elaborare il fatto che la mora avesse di nuovo la possibilità di parlare, prima che la sua voce prorompesse nel corridoio: «Cosa cazzo abbiamo appena sentito?»
Non lo so, pensò Ulrich; mentre quelle battute si ripetevano in loop nella sua testa. Non lo so che cosa abbiamo appena sentito, ma qui c'è qualcosa che non torna.
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Angolo autrice
Salve, camerati, come ve la passate? ✨
Io sto preparando l'esame in cui vorrei chiedere la tesi, quindi sto abbastanza tesa, devo essere sincera. Però dopo questo fine settimana dovrei riuscire a riprendere a scrivere e leggere con regolarità! 💛
Sappiate solo che con questo capitolo si chiude il primo atto della storia, ciò significa che ci sarà un piccolo periodo di pausa (circa due settimane), in modo da far digerire questa prima dozzina di capitoli e darmi anche il tempo di portarmi avanti con i capitoli successivi! 👀
Nel mentre, vi chiedo: fino a questo momento cosa ne pensate della storia? Mi farebbe piacere confrontarmi con voi, per capire se pensate che ci siano punti/scene/capitoli più deboli (e che quindi possono essere migliorati) o meno. 🥹
Ci sentiamo agli inizi di dicembre, ragazzi! Anche se l'ultima settimana di novembre uscirà l'esergo del secondo atto... vi aspetto lì! 💫
Se vi va di sostenere la storia, come al solito, una stellina e/o un commento fa sempre piacere riceverli! 💛
eu_phero
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