VIII. Nome in codice: Phantom

Ulrich aveva un metodo infallibile per valutare la gravità di una missione: contava il numero di persone sedute dietro la massiccia scrivania dell'ufficio del sovrintendente.

Le missioni più semplici, quelle assegnate agli agenti più giovani, vedevano sempre la presenza degli stessi due militari: il capitano Keller, che si dilettava a terrorizzare le nuove reclute, e il professor Nikolaev, che cercava di riparare i danni.

Le chiamava "baby-missions", un nome che Oskar trovava idiota, ma che a Ulrich piaceva comunque.

Quando le cose diventavano più serie, si aggiungevano il generale Roth, che osservava i partenti con sguardo spento e disgustato, e il sovrintendente Graf, il quale si assicurava che fossero pronti ad affrontare eventuali pericoli e ricordava loro i rischi del mestiere.

Queste erano le "Rischio-ma-non-troppo". Anche quel nome faceva ridere Oskar, ma Ulrich non aveva intenzione di cambiarlo.

Infine, c'erano le missioni che avrebbe voluto evitare, ma che finivano sempre nelle sue mani in quell'ultimo periodo: le "Mortal Kombat Missions." Queste non mettevano a rischio solo la loro vita, ma anche la sicurezza garantita dall'Accademia. Erano questioni di vita o di morte che riguardavano l'intera nazione.

E in quel momento sei persone erano sedute dietro quella scrivania.

Sei persone per una Mortal Kombat Mission.

L'esponente dell'Ente Nazionale per la Sicurezza Informatica, riconoscibile dalla spilla con l'aquila appuntata sulla giacca, aveva davanti a sé una cartellina blu piena di documenti. Più che dal classico colore del suo vestito, Ulrich la riconobbe dal modo in cui osservava lui e i suoi compagni. Gli occhi verdi e attenti cercavano di capire se fossero ragazzini inesperti o adulti pronti all'azione.

L'uomo del Centro di Competenza Tecnologica, invece, era nuovo e aveva l'aria spaesata, come se non sapesse nemmeno lui cosa ci facesse lì. Si asciugava le mani sudate sui pantaloni di velluto e si aggiustava di continuo la cravatta, troppo stretta per il suo collo. Con quei capelli neri appiccicati alla fronte, sembrava una Damigella Bianco-Nera fuori dal suo elemento.

Non aveva nemmeno una tessera di riconoscimento per dimostrare a che dipartimento appartenesse, ma Ulrich diede per scontato che si trattasse di lui: c'era sempre qualcuno esperto di ultime tecnologie di intelligence per affiancarli nelle missioni, soprattutto quando erano di tale portata.

Sulla scrivania davanti alla loro – messe in bella vista, quasi come se l'intenzione fosse quella di far capire ai tre ragazzi con chi avessero a che fare – c'erano i fascicoli di tutti e tre gli agenti. Le loro foto identificative erano riconoscibili anche a distanza.

Pure quella era un'abitudine che Ulrich aveva avuto il piacere di osservare più volte durante le sue missioni: se i responsabili avevano modo di sottolineare quanto li tenessero d'occhio, si poteva star certi che avrebbero colto l'occasione al volo per farlo.

Il generale si schiarì la voce, lanciando uno sguardo annoiato all'orologio d'oro al polso. «Direi che possiamo iniziare, Keller,» disse con una smorfia di disgusto, «non ho intenzione di perdere la mia giornata appresso a dei ragazzini».

Oskar si mosse a disagio sulla sedia alla sua sinistra. Con la coda dell'occhio, Ulrich lo vide giocare con i bottoni dei polsini della giacca e lo sfiorò con il gomito per farlo smettere. Nessuno sembrò notare il gesto, tutti troppo concentrati sui movimenti del capitano.

Keller, nel mentre, aveva sistemato davanti a sé un dittafono, ne aveva premuto un tasto, e una serie di onde sonore aveva iniziato a muoversi sul piccolo schermo.

«Prima riunione generale della missione numero 01247 – nome in codice: Phantom. Sono presenti come membri della Commissione Operativa il sottoscritto Adrian Keller, Capitano e responsabile di missione.» L'uomo si fermò, passando la parola al professore accanto a lui.

Questi spinse gli occhiali sul ponte del naso, prima di dire con tono pacato: «Ivanov Nikolaev, Primo Tenente e responsabile di missione».

L'uomo panciuto accanto a Nikolaev, visibilmente sudato e nervoso, si asciugò la fronte con un fazzoletto prima di aggiungere: «Peter Graf, Sovrintendente dell'Accademia delle Nuove Generazioni».

«Generale Elard Roth,» disse una nuova voce, quasi sovrapponendosi a quella del sovrintendente, senza che il suo proprietario se ne curasse, «Capo di Stato Maggiore per la Cybersecurity».

Il dittafono registrò poi la voce dell'unica donna della Commissione. Lei accavallò le gambe strette nel completo bordeaux e, senza trattenere un sorrisetto soddisfatto, si aggiustò la frangetta castana sulla fronte prima di parlare. «Hannah Müller, Coordinatrice dei Programmi di Cyber Difesa, qui per conto del BSI.»

Ulrich osservò l'ultimo membro della commissione, il giovane rappresentante dello ZITiS, che sembrava avere a malapena qualche anno più di lui e Martha.

«Michael Ritcher,» farfugliò l'uomo, tormentandosi le mani dall'ansia, «sono il... il nuovo Direttore dell'Ufficio di Sviluppo Tecnologico e... di Sviluppo Tecnologico e Innovazione». La Müller nascose una risatina di scherno con una mano, mentre il capitano lo guardava interdetto.

Alla fine, sei paia di occhi li scrutarono in attesa, alcuni impazienti di andare via, altri curiosi di scoprire come si sarebbero comportati. Ulrich spostò di poco l'attenzione sui due ragazzi che sedevano accanto a lui dall'altra parte della scrivania, trovandoli entrambi già intenti a guardarlo.

«Agente Ulrich Schneider,» disse dopo un attimo di riflessione, esprimendo a voce quello per cui si erano messi d'accordo poco prima, «sarò io il leader di Phantom».

Anche i due ragazzi si presentarono subito dopo, ma al biondo non passò inosservato il modo in cui Keller aveva annuito soddisfatto alla sua affermazione.

«Direi che, finite queste formalità, possiamo iniziare sul serio» disse il capitano al termine delle presentazioni, per poi iniziare a distribuire a tutti i presenti un plico di fogli piuttosto sostanzioso.

«Era ora» grugnì Roth, alzandosi dalla sedia e iniziando a camminare avanti e indietro per la stanza, mentre gli altri sfogliavano i documenti.

Ulrich scorse le informazioni che gli erano state date, ma senza riuscire a digerire nulla. Non ci riusciva mai quando sentiva il cuore iniziare a battere sempre più forte, in un misto di adrenalina e preoccupazione che ormai non cercava nemmeno più di reprimere.

«Chi di voi ha già partecipato a una missione di importanza governativa?» chiese Graf, l'unico a non sfogliare i documenti insieme a Roth.

Ulrich non ne era sorpreso: era raro che il sovrintendente si interessasse a qualcosa oltre la preparazione degli agenti. Lo si vedeva all'inizio della missione e, con un po' di fortuna, alla fine.

«Questa è la terza volta, signore» rispose il biondo senza smettere di provare a leggere.

«La seconda per me» aggiunse Martha alla sua destra, senza preoccuparsi troppo delle formalità. Keller arricciò il naso infastidito da quella mancanza, ma non fu lui a richiamarla per una volta.

«Mi avevano detto che avevi un carattere particolare, ragazzina.» Hannah si portò un ciuffo di capelli dietro l'orecchio, mentre un ghigno perfido le distendeva le labbra. «Apprezzo un po' di spavalderia nei giovani, ma ciò non significa che giustifichi le mancanze di rispetto nei confronti dei tuoi superiori.»

«Deve perdonarla, signorina Müller.» Ulrich non potè fare a meno di notare lo sguardo di fuoco che Keller rivolse alla corvina mentre parlava. «L'agente Rainer spesso e volentieri non è pienamente consapevole di ciò che dice e di come lo dice.»

«Ma io—»

«Abbi almeno la decenza di non rispondere» la rimbeccò il capitano, ma prima che potesse dire altro la Coordinatrice dei Programmi di Cyber Difesa fece sventolare con fare teatrale un foglio di carta in aria.

Era evidente che provenisse dal fascicolo dedicato a Martha, e Ulrich non potè fare a meno di stringersi il ponte del naso tra le mani per l'esasperazione: non avevano nemmeno iniziato e già si era fatta riconoscere.

«Qui c'è scritto che non vai d'accordo nemmeno con i tuoi compagni di missione.» Hannah a quel punto portò l'attenzione su Graf che, seduto alla sinistra del generale, faceva di tutto per evitare il suo sguardo. «Mi chiedo come mai il sovrintendente abbia scelto proprio te tra le tante persone valide.»

Un tonfo inaspettato li fece saltare tutti – Michael in particolare lanciò un urlo per niente virile, se qualcuno avesse chiesto l'opinione al biondo. Ciononostante l'attenzione di tutti era sul Generale che aveva sbattuto una mano sulla scrivania, con la faccia di chi voleva prendere a sberle tutti, nessuno escluso. «Non sta a lei decidere chi assegnare a quale missione, Müller. Faccia in modo di ricordare qual è il suo posto.»

La donna parve risentirsi, ma non disse nulla. Annuì in maniera quasi impercettibile e tornò con le braccia strette al petto.

«Solo per l'agente Vogel è la prima volta, sovrintendente» disse Nikolaev dopo un attimo di silenzio, forse pensando che ritornare al discorso originario fosse la scelta migliore. Oskar fece scattare il naso all'insù, per poter guardare finalmente nella direzione della scrivania. «Ma non sarà un problema, io e il capitano concordiamo che sia arrivato anche il suo momento.»

«La ringrazio, professore.» Ulrich inarcò un sopracciglio in direzione di Oskar per l'uso di quell'appellativo: erano nel bel mezzo di una riunione, non in aula. Ciononostante, al primo tenente non sembrava importare più di tanto.

Comprensibile, pensò, per quello che si è scatenato con Martha, è meglio lasciare correre. Dovettero pensarlo anche gli altri, perché fecero finta di nulla. Con la coda dell'occhio, però, poté notare il modo in cui Martha aveva serrato le mani a pugno.

«Oh, aspetterei a ringraziarli, ragazzo,» borbottò il generale Roth dalle loro spalle. «Non sarà una passeggiata liberarsi della RID».

«La RID, signore?» chiese Martha, alzando lo sguardo dai fogli e rinunciando alla lettura dei documenti. Conoscendola, Ulrich già sapeva che avrebbe preferito discuterne a voce.

«Si fanno chiamare Rouge Intelligence Division. Un nome ridicolo, non trovate?» Si intromise Müller, incrociando le braccia sulla scrivania. «Per questo abbiamo pensato che sarebbe stato meglio usare un acronimo.»

Keller ridacchiò. Ulrich si chiese come un uomo così attento ai dettagli potesse lasciarsi sfuggire un'attrazione così evidente per quella donna. Alzò gli occhi al cielo.

«E cosa dovremo fare?» Martha era seduta sul ciglio della sedia, protesa in direzione della scrivania, con gli occhi pieni di aspettative. «Infiltrarci?»

«No.» Tutti si voltarono a guardare Hannah, in attesa che lei continuasse. «Non ancora, almeno. Abbiamo troppe poche informazioni su cui lavorare, sarebbe ingenuo pensare che il Governo sappia già dove trovare qualcuno del gruppo.»

«Quindi ci limiteremo a fare ricerche? Fate sul serio?» Ulrich afferrò d'istinto il polso di Martha quando la ragazza abbassò il braccio lungo il fianco. Sapeva che stava per esplodere; bastava guardare le sue sopracciglia aggrottate e il modo in cui le guance si erano arrossate per arrivare a quella conclusione.

La donna si limitò ad annuire, appoggiando le spalle alla sedia. Martha parve non crederci. «Allora perché convocare me? Sarebbe bastato affidare il lavoro a loro due!»

La mora sfilò il polso dalla presa di Ulrich con un gesto brusco, lanciandogli uno sguardo che avrebbe messo a tacere chiunque, tranne lui. Doveva saperlo, dopotutto si conoscevano da anni. Eppure, in certi momenti, si comportava ancora come una bambina.

«Solo perché non c'è azione all'inizio, non significa che non ce ne sarà dopo, Martha» disse Ulrich, fissando gli occhi nei suoi, scuri come la pece. Lei sembrò voler ribattere, ma si trattenne all'ultimo momento.

Il ragazzo sospirò di sollievo, prima di tornare a concentrarsi sulle persone sedute dietro la lunga scrivania. Anche il generale Roth si era riaccomodato, dopo aver chiesto una sigaretta a Keller e aver iniziato a fumare sotto lo sguardo di disapprovazione di Graf. «Qual è il piano, quindi?»

«Studiate» rispose Nikolaev. «Iniziate a esaminare da cima a fondo le informazioni che il generale vi ha gentilmente fornito, troverete di sicuro tante cose interessanti.»

«E poi?» La voce di Oskar lo fece impietrire per un istante. Aveva quasi rimosso la sua presenza, tanto che era rimasto fermo e immobile al suo posto.

«E poi, agente Vogel, dovrà fare ciò che sa fare meglio: ricercare.» Keller sorrise divertito, consapevole che quelle che avrebbero dovuto fare erano tutto tranne che semplici ricerche. Poco dopo si sporse sulla scrivania, fissando l'unico che non aveva ancora parlato dopo la presentazione. «Il nostro nuovo direttore d'ufficio sarà lieto di illustrarvi cosa il Governo vi mette a disposizione, vero?»

Michael impallidì, diventando ancora più simile a quel pesce tropicale che Ulrich aveva intravisto in lui la prima volta. «C-certo, capitano... s-subito, capitano. V-vado a p-prenderlo, torno s-subito.»

Il ragazzo si alzò di scatto, come se fosse stato punto, e uscì di corsa dalla stanza, accompagnato dalle risate soffocate di Keller.

«A volte sei quasi più crudele di me, capitano» lo prese in giro Roth, espirando una nuvola di fumo prima di spegnere la sigaretta nel posacenere che Graf gli aveva passato in fretta e furia. Ulrich non poté fare a meno di pensare che il sovrintendente temesse per l'incolumità della sua preziosa scrivania in mogano.

«Cosa posso dire, generale?» La porta dell'ufficio si aprì di nuovo, lasciando entrare Richter con una valigetta in pelle nera, chiusa con una quadrupla chiusura numerica. «Ho imparato dal migliore.» Entrambi risero rumorosamente, guadagnandosi occhiate disgustate dalle due donne presenti.

Ulrich, intanto, aveva iniziato a contare prima ancora che il rappresentante dello ZITiS aprisse la valigetta.

Quattro chiusure, ciascuna con quattro rulli numerici. Ogni rullo ha dieci numeri, da zero a nove. Quindi, per una singola chiusura, ci sono diecimila combinazioni possibili.

Ci sono quattro chiusure e le combinazioni totali devono essere pari alla quarta potenza di diecimila.

Dieci elevato alla sedicesima.

Diecimila biliardi di combinazioni possibili.

Cosa poteva esserci di così prezioso da richiedere una sicurezza del genere? Ulrich si guardò intorno con curiosità, notando che l'unica altra persona ad essersi posta quella domanda era Oskar. Lo vide guardarlo con le pupille dilatate e quella scintilla negli occhi che aveva ogni volta che scopriva un nuovo aggeggio con cui divertirsi.

La valigetta si sbloccò con un click, permettendo a Michael di estrarre... «Un'altra valigetta? Davvero?»

Tutti si voltarono verso Martha quando pose la domanda che tutti si stavano facendo, tranne Oskar, che fissava quell'insieme di tecnologia avanzata con la bocca spalancata. «Non è una semplice valigetta... è titanio anodizzato, quello?»

«Hai occhio per le belle cose» disse Michael, per la prima volta senza balbettare, cosa che Ulrich notò con interesse.

L'uomo sorrise con fierezza prima di aprire anche quella seconda valigetta con un'impronta digitale, sotto lo sguardo attento e meravigliato del più piccolo. Quando la girò per mostrarne il contenuto, anche Keller e Nikolaev si alzarono per osservare meglio.

«Sembra un tablet» disse Martha, anche se sembrava star parlando più con se stessa che con qualcuno in particolare. Poi alzò lo sguardo su Michael. «Che cos'è?»

«Questo,» indicò la valigetta con un dito e un sorriso sulle labbra, «è il Quantum Decryption Interface 7, ma potete chiamarlo anche QDI-7, vi assicuro che non si offenderà».

Oskar ridacchiò a quella battuta, mentre Ulrich alzava gli occhi al cielo: solo due geni dell'informatica come loro potevano trovare divertente una battuta del genere. Si concentrò sul contenuto della valigetta, soffermandosi su una serie di sottili filamenti ripiegati con cura. Alle loro estremità si notavano dei dischetti argentati, poco più grandi della testa di uno spillo. «Sono elettrodi quelli?»

«Ci sto arrivando, ragazzo, dammi il tempo,» rispose il direttore Richter, voltandosi appena. Questo infastidì Ulrich molto più di quanto lasciò trapelare. Martha ridacchiò alla sua sinistra e lui le diede una gomitata prima di tornare ad ascoltare. «Come dicevo, il QDI-7 è l'apice della tecnologia di intelligence degli ultimi anni. Ne esistono solo cinque al mondo, in dotazione a Stati Uniti, Cina, Emirati Arabi, Russia e uno condiviso tra gli stati dell'Unione Europea: quello che state osservando ora.»

«Se potessi ridurre all'osso, Michael, sarebbe meglio,» lo interruppe il generale Roth, apparendo annoiato al limite della decenza per la sua posizione. «Non ho tutta la notte.»

«S-sì, signore.» Michael annuì, e Ulrich, pur non essendo il tipo da godere delle difficoltà altrui, sorrise vedendo il ritorno del balbettio. «Il QDI-7 è dotato di un calcolatore quantistico capace di processare miliardi di combinazioni in pochi istanti, anche grazie all'interfaccia neurale di cui dispone.»

«E noi potremo utilizzarlo durante la missione?» Oskar sembrava sul punto di alzarsi dalla sedia, tentato di avvicinarsi a quello che, ne era certo, considerava la miglior scoperta dell'anno.

«Non esattamente.» Michael si mosse a disagio, spostando il peso prima su un piede, poi sull'altro, mentre Roth iniziava a tamburellare le dita sulla scrivania. «Vi chiediamo di raccogliere informazioni come sempre, cercando di forzare i loro sistemi senza nessun'apparecchiatura speciale.»

L'esaltazione di Oskar si affievolì man mano che Michael continuava a parlare. Le sue spalle si rilassarono, gli occhi tornarono sulle mani, e si sedette composto sulla sedia. Ulrich tentò di sorridergli, ma lui sembrava desiderare solo lasciarsi andare a un sospiro non proprio educato.

«Il Governo, però, vi mette a disposizione questo gioiellino nel caso in cui dovesse presentarsi qualche... sorpresa» proseguì l'uomo.

Graf annuì convinto e, dopo essersi sfregato le mani, aggiunse: «Non sappiamo ancora con chi abbiamo a che fare, sarebbe un salto nel vuoto affidarvi una responsabilità del genere».

«Eppure,» disse a quel punto Ulrich, stupendo tutti, «la state affidando a noi e non ai Servizi Segreti come sareste soliti fare. Pensate che la situazione non sia abbastanza seria da impegnare una squadra ben addestrata ed esperta, ma non ve la sentite di lasciarci andare allo sbaraglio come avreste fatto normalmente».

Lo sguardo attento di Ulrich non si fece sfuggire il sorriso soddisfatto e divertito di Keller, dettaglio che gli confermò in maniera ulteriore quello che aveva iniziato a pensare da qualche minuto a quella parte.

«Non volete che ci infiltriamo, ma avete assegnato alla squadra l'agente più brava a farlo. Vi comportate tutti come se fosse una missione normale, eppure, generale, è stato proprio lei a dire che ciò che dovremo fare non sarà affatto semplice» continuò Ulrich, fissando Roth.

Mentre il sorriso di Hannah Müller si affievoliva, gli occhi scuri del generale si facevano sempre più ombrosi, e le spalle di Nikolaev si tendevano visibilmente, Ulrich iniziava a capire che c'era molto di più in gioco di quanto volessero dare a vedere.

«L'agente Schneider ha ragione» si intromise all'improvviso Martha, riuscendo a zittire anche Ulrich che voltò il viso per guardarla con le labbra schiuse. Mai in vita sua aveva preso le sue parti, era quasi tentato di pizzicarsi una coscia per accertarsi che non stesse sognando. «Se sperate in una buona riuscita della missione, dovreste essere sinceri con noi e dirci cosa c'è in ballo davvero.»

Il silenzio cadde nella stanza, rotto solo dalla lancetta dell'orologio d'oro di Elard Roth che ticchettava senza sosta, a testimonianza del tempo che passava e della tensione che aumentava mano a mano che i respiri si accumulavano muti tra di loro.

Dall'esterno non arrivavano altri rumori, e come avrebbero potuto? Si trovavano all'ultimo piano dell'Accademia, l'accesso a quella parte dell'edificio era vietato agli studenti di qualsiasi età: ci si poteva arrivare solo tramite permesso. La cosa strana era che non arrivava nessun rumore nemmeno da fuori.

Non un po' di vento, non una qualche goccia di pioggia, non qualche uccello che cinguettava spensierato sui rami più alti degli alberi.

Nulla.

Sembrava quasi come se il mondo si fosse fermato con loro.

Il primo suono che infranse quella calma surreale fu il click della valigetta che conteneva il QDI-7, richiusa da Michael. Senza dire una parola, si risedette sotto lo sguardo perplesso del generale e di Hannah. Poi Oskar parlò, rompendo definitivamente l'incantesimo: «Allora?»

«Ascoltatemi bene, tutti e tre,» iniziò Nikolaev, con un tono calmo ma autoritario, «vi stiamo chiedendo di iniziare a studiare il materiale che vi abbiamo fornito. Sono molte informazioni da digerire, ma vi assicuro che vi chiariranno la situazione molto meglio di quanto potremmo farlo noi.»

Ulrich non distolse lo sguardo dal militare, rispondendo con fermezza: «Ero convinto che ci aveste convocato per un briefing, signore.»

«È così, Schneider, ma nessuno di noi ha il tempo necessario per spiegarvi tutto nel dettaglio» intervenne Keller, senza alzare gli occhi dal filtro della sigaretta con cui stava giocando. «Ci sono molte controversie in corso e abbiamo bisogno di tutto il supporto possibile.»

Martha non cercò neanche di nascondere il sarcasmo nella sua voce: «Quindi ci state passando il testimone perché non avete nessuno di meglio a cui affidarlo?» E in quel momento, per quanto a Ulrich costasse ammetterlo, aveva ragione.

Li stavano buttando in una gabbia, all'interno della quale poteva esserci un gatto, così come poteva esserci un leone.

Il sovrintendente inghiottì a vuoto, per poi arrendersi all'evidenza e annuire, guadagnandosi un'occhiata di fuoco da parte di tutti i presenti: aveva appena confermato le ipotesi che avevano iniziato a farsi strada nelle menti dei tre ragazzi.

«Potrebbe essere una missione molto al di sopra della nostra esperienza» disse Ulrich. Non era il tipo che si lasciava possedere da emozioni quali l'ansia e la preoccupazione – in un modo o nell'altro riusciva sempre a trovare uno scoglio a cui aggrapparsi anche in mezzo al mare in tempesta – ma in quel momento aveva una brutta sensazione che non riusciva a scacciare.

«Tuttavia sapete benissimo tutti come funziona.» Il tono glaciale di Ivanov Nikolaev gli fece gelare il sangue nelle vene, nonostante sapesse benissimo cosa stava per dire. «Morti magari, ma mai sconfitti. Lo avete giurato quando siete stati promossi a stato di agenti operativi.»

«Non che avessimo molta scelta» mormorò Oskar, contrariato. Ulrich gli tirò un calcio negli stinchi, consapevole che quel commento non avrebbe fatto altro che peggiorare la situazione.

Il generale Roth contrasse la mascella dalla rabbia e strinse le mani in due pugni di ferro, ma non fece in tempo a parlare che il capitano lo anticipò.

«Studiate e usate questo,» Keller alzò in aria il dittafono che aveva azionato all'inizio della riunione per farlo vedere a tutti, «per registrare i vostri pensieri e i vostri progressi. È stato programmato e progettato in modo da crittografare in automatico tutto ciò che percepisce. La chiave di decriptazione cambia ogni settantadue ore, mi premurerò io di fornirvela nel caso in cui dovesse servirvi. D'accordo?»

I tre agenti annuirono all'unisono, senza aggiungere altro, ognuno perso tra i propri pensieri e le proprie congetture. Keller appoggiò di nuovo l'apparecchio sul tavolo e si alzò in piedi. «Bene allora,» disse, e i suoi colleghi seguirono il suo esempio, tranne il generale che continuava a guardare Oskar in cagnesco, «direi che per ora possiamo chiuderla qui».

«Sono d'accordo, non c'è altro da aggiungere» concordò Hannah, mentre Nikolaev annuiva silenzioso.

Ulrich si mise in piedi, tirandosi su anche Martha e Oskar – lei lo guardò contrariata e irata, come suo solito, lui invece sembrava sul punto di vomitare anche la cena di Natale. Roth rimase seduto con gli occhi fissi nel vuoto, immobile anche quando tutti, tranne Hannah e Michael, batterono il piede a terra dichiarando all'unisono: «Morti magari, ma mai sconfitti».

Il primo tenente schiacciò il comando di stop sul dittafono e la riunione arrivò alla propria conclusione, lasciando tutti liberi di sciamare verso i propri impegni. Tuttavia, proprio mentre Ulrich e Oskar stavano per uscire dall'ufficio, per l'ultima volta la voce di Elard Roth risuonò tonante tra le pareti chiare ricche di fotografie in bianco e nero.

«Vi terrò d'occhio, agente Schneider.» Le spalle di Ulrich si irrigidirono nuovamente. «Non dimenticarlo.»

Ed eccola di nuovo quella sensazione. Quella che gli diceva che c'era qualcosa di profondamente sbagliato.

Gli diceva che, quella volta, le cose non sarebbero andate bene come in passato.

Si chiuse la porta alle spalle.

Angolo autrice
Ed eccoci qui con la missione! Finalmente iniziamo a entrare in po' nel vivo nella situazione, da qui in poi diciamo che sarà tutto in discesa ✨

Inoltre, con l'ottavo capitolo abbiamo incontrato tutti i punti di vista che saranno presenti all'interno de "L'Accademia". Spero che si senta la voce di Ulrich così come si sentono quelle di Oskar, Martha e Louise nei capitoli raccontati da loro. Mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate 🥹

Come al solito, nei prossimi giorni inserirò un box domande quindi qualsiasi cosa vogliate chiedermi inerenti alla storia, vi aspetto lì! 💛

Prima di salutarvi, volevo ringraziarvi per tutto il supporto e invitarvi a lasciare una stellina se il capitolo vi è piaciuto! 💫

Baci baci, cuori, a mercoledì prossimo! 🙋🏻‍♀️

eu_phero

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