VII. Cattive compagnie
Louise continuava a passare sovrappensiero le dita sulle coste della gonna. La divisa che le era stata portata era pressoché della sua taglia, un tortora scuro che già detestava. Quando lei e Martha erano tornate in stanza, quest'ultima era rimasta a guardarla mentre abbottonava la camicia con dita tremanti e, dopo aver infilato il golfino, le aveva indicato il marchio ricamato a mano.
«È il simbolo dell'Accademia,» aveva detto Martha avvicinandosi a piccoli passi, «ogni quarto di scudo indica le specialità fondamentali in cui ognuno di noi deve eccellere». Glielo aveva spiegato prima di accompagnarla all'aula dove avrebbe dovuto seguire la sua prima lezione. Louise aveva continuato a pensarci da quando era andata via, lasciandola da sola a cercare un posto dove sedersi.
C'era il lucchetto chiuso, simbolo della sicurezza informatica. Louise ci aveva passato un polpastrello sopra quando Martha glielo aveva indicato, ma non aveva fatto domande; già il giorno prima si era rassegnata al pensiero che i suoi occhi non le avevano giocato un brutto scherzo nell'ufficio di Keller: quei libri di crittografia erano reali tanto quanto lo era lei.
L'attenzione di Louise era stata calamitata verso un pugno e una pistola incrociati. Martha le aveva detto che era fondamentale essere capaci di difendersi, quanto di attaccare. Gli allenamenti corpo a corpo e quelli armati erano parte integrante degli orari accademici, imprescindibili.
Nel terzo quarto di scudo c'era un volto incappucciato. La mora aveva sogghignato soddisfatta nel dire che quella era la sua specialità: l'infiltrazione tra le file nemiche. Era bravissima a indossare maschere e a fingersi qualcun altro, indipendentemente dal tempo richiesto.
Nella parte in basso a destra, infine, c'era una rete di persone collegate l'una all'altra. «Perché da soli e senza un piano non si va da nessuna parte, ragazzina» aveva detto Martha. «E poi, volenti o nolenti, i risultati di ognuno di noi si ripercuotono su tutti gli altri.»
Si era poi accesa una sigaretta, senza commentare il motto che racchiudeva quello scudo in una circonferenza stretta. Nemmeno quando Louise lo aveva letto ad alta voce aveva detto nulla, era rimasta immobile e con lo sguardo puntato sul pavimento, lasciando che il fumo uscisse dalla finestra aperta. Eppure, tra tutte le cose che aveva potuto osservare, era quella che più incuteva timore all'ultima arrivata.
"Morti magari, ma mai sconfitti." Questo recitava lo stemma della divisa ed era anche scritto a caratteri cubitali sul muro alle spalle della cattedra dietro alla quale, da qualche minuto a quella parte, si era accomodato il professore che quella stessa mattina li aveva interrotti a colazione.
A Louise sembrava che lui si chiamasse Nikolaev, ma non ne era sicura. Ciò che sapeva era che, nonostante gli occhiali spessi come fondi di bottiglia, i baffi perfettamente curati e le numerose medaglie al merito appuntate sul petto, non aveva la stessa aura che avvolgeva il capitano Keller. Teneva la schiena dritta e i ragazzi all'interno dell'aula avevano smesso di parlare appena era entrato, ma sembrava molto più affabile.
Louise si mosse a disagio sulla sedia, stringendosi le braccia al petto. Non le era mai piaciuto essere l'ultima arrivata... cosa avrebbe dovuto fare? Alzarsi in piedi e presentarsi? L'avrebbe chiamata il professore alla cattedra per metterla in mostra davanti a tutti? O magari sarebbe bastata una veloce presentazione durante l'appello fatta da Nikolaev? Non lo sapeva e non riusciva a pensarci: tra quello che le aveva spiegato Martha e i sussurri degli altri studenti prima che l'uomo entrasse, si sentiva del tutto disorientata.
Molti di loro erano convinti che sarebbe durata poco più di un paio di giorni. Se la ridevano sotto i baffi, mentre lei lanciava occhiate a destra e a manca per capire chi si stesse divertendo alle sue spalle.
Inoltre, in cuor suo, sperava di non dover cambiare di nuovo casa. Non le sembrava molto accogliente quel luogo, ma non ne poteva più di fuggire... perché a quel punto di quello si trattava: di una fuga, ma da chi?
Strusciò di nuovo le mani sulla gonna, prima che Nikolaev si schiarisse la voce. «La presenza di una nuova faccia vi fa diventare maleducati per caso?»
I bisbigli degli studenti morirono del tutto quando il tono freddo del professore risuonò tra le pareti. Louise sentì il sangue ghiacchiare nelle vene e strinse una delle sue penne tra le dita, nel tentativo di sfogare in qualche modo la tensione.
Intorno a lei tutti si alzarono in piedi e, nel tentativo di non fare nulla di sbagliato, li imitò. Portò come loro le mani intrecciate dietro la schiena, alzò il mento verso l'alto e, dopo aver battuto il piede a terra un po' in ritardo, disse: «È una buona giornata per imparare, signore!»
Era ridicolo. Tutto così ridicolo che avrebbe volentieri riso di gusto per quella formalità, ma anche volendo non ci sarebbe riuscita.
Il professore annuì soddisfatto da quella reazione. «È sempre un buon giorno per imparare» disse, per poi fare segno a tutti di tornare a sedersi. Gli occhi scuri si posarono su Louise e stirò le labbra in un sorriso che non prometteva nulla di buono. «Signorina Baumann, sa per caso dov'è finita la sua compagna di banco?»
La bionda spostò lo sguardo sul posto alla sua destra, solo per vederlo vuoto come lo era stato anche qualche attimo prima. Tornò con gli occhi sul viso affilato di Nikolaev e scosse la testa. «Mi scusi, signore, io...» Avrebbe voluto dirgli che lei non conosceva nessuno, che era lei la ragazzina nuova, ma lui doveva per forza saperlo già. Eppure si aspettava che conoscesse chiunque di solito si sedeva in quel posto. «Io non lo so.»
«Di sicuro saprà, tuttavia, che assenze e ritardi ingiustificati si ripercuotono sui propri compagni di banco» continuò il professore, mentre scorreva veloce gli occhi sul resto della classe per assicurarsi che non mancasse nessun altro. Louise scosse di nuovo la testa: nessuno glielo aveva detto. «Beh, signorina Baumann, l'ignoranza non aiuta la sua causa. La prego di fermarsi vicino alla cattedra alla fine della lezione.»
La ragazzina abbassò il viso sul quaderno immacolato che teneva aperto davanti, sentendo le guance tingersi di rosso per l'umiliazione.
«Chi di voi ricorda di cosa stavamo parlando l'ultima volta?» Nikolaev aveva lasciato il suo posto dietro la cattedra, per iniziare a camminare avanti e indietro nell'aula. Un paio di mani si alzarono, mentre Louise cercava in tutti i modi di prestare attenzione e di non lasciarsi influenzare troppo da quello che era appena accaduto.
Vide il professore alzare una mano in direzione di un ragazzino smunto e dalle guance piene di lentiggini, quando la porta dell'aula si spalancò di scatto. Una ragazzina dalla chioma scura attraversò in pochi passi le file di banchi, per poi lasciarsi cadere accanto a Louise. Diversi ciuffi di capelli le uscivano dalla coda di cavallo, mentre una macchia di dentifricio le colorava un lato delle labbra. Sembrava essersi alzata dal letto dieci minuti prima del suo arrivo.
«Le sembra questa l'ora di arrivare, Scholz?» L'uomo in divisa non si era mosso di un millimetro, ma lo sguardo che aveva riservato alla ritardataria sembrava capace di dare fuoco a tutto l'edificio.
«Mi scusi, professore,» la ragazzina aveva parlato senza alzare lo sguardo dallo zaino che stava pian piano svuotando, «non ho sentito la sveglia».
«Che lei senta o meno la sveglia la mattina, non è affar nostro, signorina Scholz» continuò a rimproverarla Nikolaev, ma lei sembrava non esserne proprio toccata. «A causa del suo ritardo, pagherà le conseguenze insieme alla sua nuova compagna di banco. Spero ne sia consapevole.»
Louise la guardava con curiosità, non riuscendo a capire dove avesse già sentito quel cognome. Aveva la sensazione che fosse collegato a qualcosa di importante, ma non riusciva a capire cosa... nemmeno quando la ragazzina annuì in risposta al professore e le lanciò un'occhiataccia che, se avesse potuto uccidere a distanza, di sicuro lo avrebbe fatto.
«Ritornando alla nostra lezione, visto che lei è così avanti da permettersi il lusso di unirsi a noi in ritardo, sa dirci qual è stato l'ultimo argomento di cui abbiamo parlato?»
La Scholz non rispose subito, si prese il proprio tempo per cacciare le penne dall'astuccio, per poi guardare con fare annoiato Nikolaev. «Stavamo parlando delle tecniche di phishing, professore.»
«È esatto,» annuì l'uomo, mentre riprendeva a camminare con le mani giunte dietro la schiena e gli occhi che guizzavano da una parte all'altra dell'aula, «ma temo dovrà essere più specifica di così».
La corvina lo osservò in silenzio, con una penna tra le mani batteva ritmicamente sul banco, facendo salire in Louise la voglia di strappargliela di mano e lanciarla lontano. Alla fine, la ragazza alzò gli occhi al cielo e rispose: «Ci stava spiegando come funziona il whaling».
«E sarebbe così gentile da spiegare alla sua nuova compagna di banco di cosa si tratta?» Louise ne avrebbe volentieri fatto a meno, doveva ammetterlo.
L'informatica non era mai stata una sua passione, non si vedeva da nessuna parte in quel settore in un eventuale futuro. Forse per quel motivo gli occhi ambrati della Scholz seduta accanto a lei la stavano osservando con curiosità, guardandola per la prima volta da quando aveva fatto il suo ingresso in aula. Forse glielo si leggeva in faccia quello che stava pensando. Louise si mosse a disagio sulla sedia.
«Si tratta di attacchi mirati a dirigenti di alto livello» le spiegò con fare annoiato, senza mai fermare di battere ritmicamente la penna sulla superficie in legno. «Se mai diventassi il CEO di un'azienda, controlla mille volte la provenienza delle mail se non vuoi vedere le finanze calare a picco.»
«Un po' troppo gossolana come spiegazione per i miei gusti, ma rende l'idea» rispose Nikolaev annuendo, per poi tornare a rivolgere lo sguardo sul resto dei propri studenti e riprendendo a parlare.
Louise ricominciò a scribacchiare a intervalli irregolari quelle poche nozioni che le sembrava di capire man mano che il professore continuava a spiegare. Accanto a lei, invece, la corvina non aveva ancora nemmeno poggiato la biro sul foglio. Le lanciò un'occhiata, indecisa se parlarle o meno: la sensazione di aver già sentito il suo cognome da qualche parte non la abbandonava. Quando, però, fece per aprire bocca e chiederle il nome, fu anticipata: «Stai fissando».
Louise inarcò un sopracciglio, presa in contropiede, ma anche determinata a non farlo notare. «Non sto fissando.»
La ragazza alzò gli occhi al cielo, cosa che le fece stringere la presa sulla penna con cui stava provando a scrivere ciò che avrebbe dovuto studiare per la lezione successiva del professor Nikolaev.
«Se sono appunti quelli che cerchi, non sono la persona giusta a cui chiedere» sbottò acida, per poi tornare a guardare in direzione della cattedra. «Tenta con qualcun altro, magari sarai più fortunata.»
«Volevo solo—»
«Baumann, se non la smette di disturbare la mia lezione, sarò costretto a fare rapporto al capitano Keller!» esclamò il professore, prima di sbattere una mano sulla scrivania; un paio di studenti sussultarono dalla sorpresa, compresa la stessa Louise.
La ragazza sospirò affranta e chinò la testa imbarazzata, solo per rendersi conto in quel momento di dove già avesse sentito il cognome della ragazza seduta accanto a lei: nell'ufficio del capitano Keller.
Alzò di nuovo gli occhi sulla sua figura, consapevole del fatto che proprio lei, ironia della sorte, era stata tirata in ballo da Klaus per accertarsi che Louise entrasse nell'Accademia.
«Mi scusi, professore» borbottò a mezza voce, mentre nella sua mente il nome della sua compagna di banco le risuonava a ciclo continuo.
Anja Scholz, pensò con un nodo alla gola. Quella seduta accanto a me è Anja Scholz.
†
Di una cosa Louise era sicura quando la lezione terminò: la sua compagna di banco non voleva avere nulla a che fare con lei... o con chiunque altro in aula. Alla fine dell'ora, Anja Scholz raccolse velocemente le sue cose nella borsa a tracolla in cuoio e se ne andò in fretta, come se la sedia su cui era stata seduta per quasi due ore avesse iniziato a bruciare.
Louise, invece, non aveva fretta di uscire. Voleva evitare la calca alla porta e, soprattutto, il momento di parlare con il professor Nikolaev si avvicinava, e lei non aveva alcuna voglia di affrontare quell'incontro a quattr'occhi. Si avviò con lentezza verso l'uscita, tenendo lo sguardo basso e le dita strette attorno alla cinghia dello zaino in tela che le aveva prestato Martha. Era convinta di farcela a uscire senza essere notata, ma la voce del professore la fermò proprio quando stava per mettere piede nel corridoio.
«Non le avevo chiesto un minuto alla fine della lezione, Baumann?» La bionda si voltò lentamente nella sua direzione, trovandolo intento a pulirsi gli occhiali con una pezzetta grigia. Chinò la testa in segno di scuse, prima di fare un paio di passi in direzione di nuovo della cattedra. «Sì, signore... mi scusi.»
«Non è come pensa, non ho intenzione di punirla,» disse Nikolaev, rimettendo gli occhiali sul naso e arricciandolo per assestarli, «non ora almeno». Louise lasciò andare un sospiro di sollievo. Iniziare una nuova scuola con una punizione non era il miglior modo per ambientarsi. «Volevo parlarle della sua istruzione.»
«Della mia istruzione, signore?» Louise spostò il peso da un piede all'altro, facendo strisciare involontariamente una delle sue Converse giallo canarino sul pavimento.
«Mi rendo conto che iniziare alla sua età un programma di addestramento del genere non sia il massimo, anche se il capitano Keller non è della stessa opinione» continuò il professore, con le mani giunte sulla scrivania e l'aria di chi avesse bisogno di una bella dormita. «Per questo stavo pensando di affiancarla ad Anja Scholz. Ho visto che ora siete anche compagne di banco, quindi sarebbe una ragione in più per scegliere lei.»
«Mi scusi... non penso di seguirla, professore.»
Nikolaev alzò gli occhi scuri e cerchiati dalle occhiaie su di lei; le labbra erano stirate in una linea sottile, ma non sembrava infastidito dall'interruzione. «Anja Scholz è l'agente più promettente degli ultimi anni, signorina Baumann. Per quanto il suo carattere non la renda di certo amabile e non sia una persona puntuale, la sorprenderà sapere che è l'unica in tutta l'Accademia a cui è stato concesso di saltare un anno.»
Louise sentì il cuore stringersi nel petto a quelle parole: sapeva di non essere brava, né di essere pronta, ma essere affidata a una ragazzina di un anno più piccola per recuperare le sue lacune non le sembrava giusto. Lei sapeva e poteva cavarsela da sola, proprio come le avevano insegnato a fare i suoi genitori. «Non sono un'incapace, signore.»
«Capace o no, Baumann, l'Accademia non aspetta nessuno» ribatté l'uomo dall'altra parte della cattedra, assottigliando lo sguardo. «Non abbiamo tempo da perdere, tanto meno ne ha lei.»
«Ma—»
«Non è una proposta, è un ordine» la interruppe Nikolaev, prima di alzarsi dalla sedia e sovrastarla di poco più di un paio di decine di centimetri. «Parlerò io con la signorina Scholz, lei si assicuri solo di non fare ritardo alla prossima lezione.» Louise annuì, mentre con i denti si mordicchiava l'interno guancia per evitare di rispondere di nuovo. Salutò il professore e, con passo spedito, uscì finalmente nel corridoio grigio e dalle pareti sporche dove la stava aspettando Martha.
La mora la studiò con attenzione prima di iniziarle a camminare a fianco e, con un sogghigno divertito, le chiese: «Inizi con i guai già dal primo giorno, ragazzina?»
«Voleva solo assicurarsi che recuperassi per bene i programmi di studio, niente di entusiasmante» sibilò Louise senza guardarla in faccia. Con ogni probabilità era la frase più lunga che le aveva detto da quando era arrivata, ma in quel momento si sentiva solo tanto inadeguata; non aveva pensato prima di parlare e non aveva intenzione di iniziare a farlo in quel momento.
«Comprensibile... di solito chi arriva qui non ha mai più di dodici anni» le spiegò Martha, mentre faceva passare le dita tra i capelli legati nella coda. Sembrava sempre intenta a stringersela, ma la bionda più volte aveva pensato che, se fosse stata lei, probabilmente avrebbe già perso tutti i capelli con il codino stretto in quel modo tutti i giorni. «A chi ti hanno affidata?»
«Anja Scholz» rispose Louise, senza smettere di camminare. Quella, dal canto suo, irrigidì le spalle e puntò lo sguardo su di lei, negli occhi aveva una luce che non prometteva nulla di buono. «La conosci?»
«Lo stretto necessario.» La più piccola inarcò un sopracciglio mentre svoltavano a destra e iniziavano a scendere delle scale in marmo bianco. «Anche tu dovresti tenerti il più lontana possibile da lei.»
«Perché?»
«Perché non è una buona compagnia, ragazzina» sputò acida Martha, tornando in un attimo la ragazza che le aveva urlato addosso il giorno prima quando l'aveva trovata nella loro stanza a sistemare i propri vestiti nell'armadio. Per un attimo, la biondina aveva sostituito quell'immagine con quella della ragazza che aveva riso con lei poche ore prima, ma non avrebbe ripetuto lo stesso errore due volte.
Indurì lo sguardo, lo puntò dritto davanti a sé e continuò a seguirla. L'ultima cosa che le disse prima di entrare nell'aula di Crittografia fu: «A quanto pare sono una calamita per le cattive compagnie».
Lasciò Martha lì in piedi, con i pugni serrati lungo i fianchi e gli occhi che mandavano letteralmente fiamme. Louise fece finta di niente. Aveva passato in quel luogo a malapena una giornata e già aveva come la sensazione che, più che una scuola – Accademia o come diavolo volevano chiamarla loro – quella era una lotta alla sopravvivenza.
Non le piaceva quella situazione, non era cresciuta con quegli ideali: i suoi genitori le avevano insegnato a essere gentili sempre con il prossimo... ma avrebbe dovuto adattarsi come meglio riusciva se non ci teneva a soccombere.
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Angolo autrice
Come al solito dimentico di inserire questo angolino prima che Wattpad pubblichi in automatico il capitolo! ✨
Mettendo da parte la mia sbadataggine: è tornata Louise, finalmente è comparsa Anja e stiamo entrando sempre di più nel sistema dell'Accademia! Cosa ne pensate? 🥹
Sì, lo so, sono sempre più domande e sembra che le risposte non arrivino mai, ma giuro che prima o poi arriveranno. Mi prendo i miei tempi, ma perché mi piace costruire la storia come un puzzle e mettere con voi i pezzi insieme fino ad avere il quadro generale ben chiaro 👀
Se la storia vi piace e vi va di supportarla (e supportarmi) vi invito a lasciare una stellina! 💫
A mercoledì prossimo, cuori! 💛
eu_phero
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