VI. Tutto chiaro?
Il peggior difetto della stanza in cui dormivano lui, Ulrich e Leopold era la posizione della finestra. Ogni mattina, al sorgere del sole, un raggio di luce gli arrivava dritto in faccia e lo strappava dalle braccia di Morfeo.
Non che non ci fosse soluzione: Oskar aveva provato a proporre uno scambio a Leopold, ma lui non era disposto a rinunciare a un paio d'ore del suo sonno di bellezza. Di conseguenza, Oskar era costretto a girarsi e rigirarsi sotto le coperte fino a quando la sveglia comune non li ridestava tutti.
Negli ultimi anni aveva imparato a far fruttare quel tempo vuoto. Per esempio, era riuscito a memorizzare ogni singolo dettaglio di quella stanza: dal battiscopa mancante sul muro dietro la porta, alle crepe nella vernice bianca sul soffitto. A lungo andare, però, era diventato noioso provare a misurare a mente la distanza tra l'armadio ai piedi del suo letto e quelli degli altri due.
Per disperazione, una sera, aveva deciso di lasciare i propri attrezzi sul comodino e da allora non aveva mai smesso.
Proprio per quel motivo, il Nintendo DS giaceva smontato sul materasso: il coperchio, la batteria e il connettore erano stati già rimossi, cosicché Oskar potesse osservare meglio i circuiti e i componenti elettronici interni.
Certo, con quell'unico raggio di sole a fargli da lampada non vedeva molto, ma quel dettaglio non lo aveva fermato dall'esaminare i cavi che collegavano lo schermo alla scheda madre. Un tempo quella console funzionava benissimo, aveva fatto appena in tempo a iniziare Pokémon Heart Gold prima che lo schermo decidesse di spegnersi per sempre.
Che guaio hai passato? pensò il ragazzo, mentre si assicurava che non ci fossero tracce né di ossidazione, né di componenti danneggiati. Tutto era come avrebbe dovuto essere, quindi perché quell'aggeggio non andava? Erano ore che provava a cercare la causa di quel guasto: tempo perso per il completamento del suo nuovo Pokédex.
Fino a quando non lo vide.
Lo soprannominò "lo stronzo", ma era solo un condensatore che aveva fatto una brutta fine. A vederlo sarebbe calzato di certo a pennello il nomignolo "lo stronzo grasso", tuttavia Oskar pensò che avesse già infierito abbastanza contro di lui. Doveva pur tener conto che, a farlo surriscaldare a tal punto, non poteva essere stato nessuno altro che lui.
Sbuffò scocciato, si scompigliò i capelli e sbadigliò. Non era la scoperta in cui sperava. Pensava che fosse qualcosa di più veloce da aggiustare, ma non avrebbe potuto metterci mano per almeno un paio di giorni, per due motivi fondamentali: non aveva il condensatore nuovo per sostituirlo e, cosa non meno importante, aveva appena iniziato a suonare la sveglia comune e lui stava ancora con tutti i pezzi sparsi sul materasso.
«Dio santo,» esclamò Leopold dal letto accanto al suo, per poi seppellire la testa sotto il cuscino, «ma nessuno ha mai pensato di sopprimerli?»
«Chi: i trombettisti o quelli che li costringono a suonare alle sei e mezza del mattino?» Il moro si guadagnò un'occhiataccia da parte di Ulrich per quella domanda. Il messaggio era chiaro: "Rimanda la conversazione a quando il mio cervello sarà pronto ad ascoltarvi".
Oskar decise di ignorarlo.
«Fa davvero differenza?» Non era sicuro di come Leo fosse riuscito ad articolare quella domanda da sotto il cuscino, ma forse era meglio concentrarsi sui pezzi della console da mettere a posto, piuttosto che su domande alle quali non desiderava davvero ricevere risposta. Quindi si limitò a dire un atono: «No, non penso.»
«E allora perché non hanno ancora pensato di sopprimerli tutti?» Il suo coinquilino scalciò via le coperte prima di tirarsi in piedi e allungare le braccia verso l'alto.
«Ci saresti tu, Leo» rispose Oskar. Aveva le mani impegnate a cercare un paio di calzini puliti nel cassetto del comodino, ma ciò non gli evitò di notare la maglietta del pigiama dell'amico volare dall'altra parte della stanza. «Lo pensi tutte le mattine: agisci per una volta, no?»
«Non tentarmi, quattrocchi.» Il più piccolo gli rivolse un sorriso tirato, per poi mostrargli il più bel dito della mano a cui era riuscito a pensare in quel momento.
Ulrich, nel mentre, aveva poggiato i piedi a terra, e con in testa quello che aveva tutta l'aria di essere un cespuglio color del grano, teneva lo sguardo perso nel vuoto. Oskar valutò se rivolgergli o meno la parola, quando fu lui il primo a parlare e a risparmiargli la fatica: «Non ci pensare nemmeno».
Inarcò un sopracciglio con aria confusa, mentre saltellava su un piede solo per infilare il pantalone marrone della divisa. «Cosa?»
«Non provare a parlarmi prima di colazione» spiegò Ulrich. Non gli diede nemmeno il tempo di rispondere che, afferrata la divisa, aveva iniziato a vestirsi dietro l'anta dell'armadio aperta.
Oskar avrebbe voluto dirgli che non gli era passato nemmeno per l'anticamera del cervello quel pensiero: lo conosceva da anni ed era consapevole delle sue basse capacità comunicative mattutine. Voleva solo assicurarsi che stesse bene.
Quasi si sentiva in colpa per dovergli dire della chiacchierata con Keller del giorno precedente.
Quasi, perché poi si ricordò del buco nel muro che aveva trovato al suo ritorno, là dove Martha aveva conficcato il suo cacciavite preferito. A quel punto decise che fosse equo come scambio: Ulrich gli faceva rovinare la punta del suo cacciavite di precisione preferito e lui gli comunicava che avrebbe dovuto collaborare con Martha Rainer per chi solo sapeva quanto tempo.
La voce della sua coscienza gli disse: Come se non dovessi sopportarne anche tu la sua presenza. Oskar le disse di tacere e, dopo aver visto Leopold lasciare il bagno con un asciugamano in spalla, decise che fosse arrivato il momento giusto per andare a lavarsi i denti.
†
«Ripetimelo: perché la stiamo andando a cercare ora?» Oskar trotterellava alle calcagna di Ulrich da almeno dieci minuti. Non aveva nemmeno avuto il tempo di finire di raccontargli dell'incontro con Keller, che lui gli aveva voltato le spalle e aveva iniziato a camminare, borbottando che avevano bisogno di trovare Martha. «Insomma, potevamo aspettare almeno fino a dopo colazione, no?»
«No» rispose secco il biondo, senza rallentare. Il corridoio che stavano percorrendo era quello in cui c'era la stanza della ragazza, ma quando avevano bussato – con nemmeno troppa delicatezza, se avessero chiesto a Oskar – non aveva risposto nessuno. Di conseguenza, avevano pensato di andare verso la mensa.
«Sono da poco passate le sette, Ulrich, non puoi davvero credere che lei ti ascolti senza cercare di farti fuori.» Oltrepassarono la vecchia stanza di Brad e storsero il naso a causa dell'odore pungente lasciato dai prodotti usati per pulirla.
Due nastri di delimitazione erano attaccati alla porta e Oskar non poté fare a meno di chiedersi, per l'ennesima volta da quando era stato dato l'allarme settimane prima, che cosa fosse successo lì dentro. La sua attenzione fu presto attratta di nuovo da Ulrich, che disse: «Non è sola, cercherà di trattenersi per quanto possibile».
«Ne dubito» disse di rimando il più piccolo, prima di fermarsi a prendere fiato, «per me ci ucciderà».
«Anche io vorrei ucciderti, Oskar, ma mi dò un contegno» rispose acido Ulrich. Girò in un attimo a destra e, subito seguito dall'amico, si ritrovò presto all'interno di una delle sale più spaziose di tutto l'edificio.
La mensa a quell'ora del mattino era quasi sempre vuota: la maggior parte delle persone, com'era anche normale, andava a mettere qualcosa sotto i denti solo dopo essersi assicurata di essere abbastanza trattabile da non sfociare in istinti omicidi. Cosa alla quale, a quanto poteva intuire, Ulrich non teneva in maniera particolare in quel momento.
«Ti ripeto che mi dispiace,» iniziò a dire Oskar, mentre entrambi si avvicinavano alla macchina di riconoscimento dove avevano avvistato una familiare chioma scura, «so che avrei dovuto parlartene subito, ma voi avete distrutto il mio cacciavite da precisione preferito!»
«Oh, per l'amor di Dio, Oskar, ne hai a migliaia!»
«Ciò non significa che non ne possa preferire uno in particolare.» Ulrich alzò gli occhi al cielo ma non rispose. Oskar preferì lasciare cadere il discorso e seguirlo senza fare ulteriori storie: se avesse tirato ancora di più la corda, sarebbe stato capace di costringerlo a parlare lui con Martha... e lui, con tutta la sincerità di cui era dotato, non moriva dalla voglia di avere quell'onore.
Quando finalmente raggiunsero Martha, la trovarono in compagnia di una ragazzina bionda, i capelli erano tirati all'indietro dalla classica coda di cavallo che completava la divisa dell'Accademia. Aveva in mano una tessera di riconoscimento non sua e gli occhi puntati sulle piastrelle bianche e scheggiate ai suoi piedi.
Vederla lì in quelle condizioni, con l'aria di chi aveva appena subito una ramanzina colossale, fece sentire Oskar in collera. Non era bello ritrovarsi tra quei corridoi, ma avere il primo impatto in compagnia di Martha Rainer doveva essere ancora peggio.
Lei, dal canto suo, voltò il viso nella loro direzione appena sentì dei passi avvicinarsi. Uno sguardo per nulla rassicurante le si scolpì in viso. «Schneider, Vogel, a cosa devo il dispiacere?»
«Dobbiamo parlarti» rispose subito Ulrich, mentre Oskar rimase un paio di passi indietro, assumendo la sua aria migliore da: "È sua l'idea, non mia".
«Sono occupata,» con un cenno del capo indicò la ragazzina al suo fianco e poi il lettore delle tessere appeso alla parete, «sei cieco o cosa?»
Ulrich spostò l'attenzione sulla biondina e disse, senza esitazione: «Inserisci la tessera che ti hanno dato nel lettore, aspetta che ti riconosca, prendi il menù che ti restituisce, riprendi la tessera e vai a chiedere alle signore della mensa il tuo pasto. Tutto chiaro?»
La ragazzina lo guardò con sguardo vitreo. Aveva la tessera tra le dita e quella che Oskar riconobbe essere la voglia di scappare il più lontano possibile dal posto in cui ci si trovava... una sensazione familiare che, con il tempo, avrebbe imparato a conoscere e a frenare anche lei.
Gli dispiacque ancora di più, motivo per cui assestò una gomitata nello stomaco al suo migliore amico e, ignorando la sua ennesima occhiataccia, si rivolse alla nuova arrivata. «Io sono Oskar. Tu, invece, come ti chiami?»
«Louise» rispose lei con una vocina a malapena udibile, ma Oskar non si fece scoraggiare. Le sorrise con fare scherzoso, sotto lo sguardo attento sia di Ulrich che di Martha, e continuò: «Non li pensare, Louise, sono solo due persone che ora come ora preferirebbero di gran lunga farsi una bella dormita piuttosto che stare qui».
Louise si lasciò andare a un mezzo sorriso divertito e questo bastò per fargli capire che aveva tutta la sua attenzione. Le chiese di passargli la tessera di riconoscimento e la infilò senza troppe cerimonie nel lettore.
Sullo schermo illuminato di verde comparve una faccina sorridente, seguita dalla scritta a caratteri cubitali: "Buona colazione, Brad".
Un brivido scosse la schiena di Oskar. Dovette impegnarsi davvero tanto per non dare a vedere quanto la scoperta che quella tessera appartenesse a un Bambino Perduto lo avesse turbato. Se lo aspettava, sapeva come funzionavano le cose, ma pensava che il capitano avrebbe evitato di darle quella specifica tessera.
Si riscosse appena un pezzo di carta bianca fu sputato dal buco al di sotto del lettore, così da poter indossare di nuovo il suo solito sorriso. Passò il menù alla ragazzina e disse: «Prendilo e andiamo a prendere la colazione, che ho una fame da lupi. Lasciamo questi due rompiscatole alle proprie cose».
Alla fine, dopo che le signore dietro al bancone della mensa li avevano fatti aspettare per almeno venti minuti, l'unico tavolo dove riuscirono a trovare dei posti liberi era quello più vicino ai bagni. Così, dopo aver afferrato i propri vassoi e aver avvistato i due ragazzi che avevano appena abbandonato fare lo stesso, si rassegnarono a dover sopportare il continuo aprirsi e chiudersi della porta alle loro spalle.
«Primo giorno, allora?» Oskar provò a intavolare una conversazione con Louise, ma lei non sembrava interessata. Girava e rigirava il cucchiaio nel suo yogurt bianco, senza dare alcun segno di averlo sentito.
Sospirò rassegnato e mise in bocca una buona dose di cereali, che sputò subito nella ciotola a causa di uno schiaffo dietro la nuca. Tossì così tanto da farsi venire le lacrime agli occhi. «Ma che diamine—»
«Questo è per non avermene parlato prima, sfigato» lo interruppe Martha, sedendosi alla sinistra di Louise. Quest'ultima non sembrò molto felice di averla così vicina, e Oskar non poté che darle ragione.
Rivolse lo sguardo a Ulrich, che si era appena seduto alla sua destra senza dire una parola. «Gliel'hai già detto, quindi.»
«Io le cose le faccio velocemente, Oskar, mica come te» ribatté piccato Ulrich, iniziando a mangiare un pezzo di torta di mele. Il più piccolo si chiese cosa avrebbe dovuto fare per poter avere accesso a quelle prelibatezze... gli veniva l'acquolina in bocca solo a guardarlo mangiare.
La loro conversazione fu interrotta da Louise. Tutti e tre rivolsero l'attenzione verso la ragazzina, quasi come se avessero dimenticato per un attimo la sua presenza lì. «Perché ho la tessera di un altro ragazzo?»
«Perché sei appena arrivata,» Ulrich diede un altro morso alla torta, «non hanno ancora avuto il tempo di studiarti».
«Studiarmi...?» Louise sembrava interdetta, e Oskar desiderò spiegarle meglio, ma fu anticipato da Martha.
«Devono sapere che allenamenti farti fare e cosa puoi mangiare, mi sembra logico.» La mora trangugiò l'ultimo goccio di succo all'ACE, poi ricadde nel suo classico mutismo.
La bionda, in ogni caso, non sembrava convinta delle risposte ricevute e poco dopo chiese: «A lui non serve la tessera?»
«Oh no, tranquilla,» a parlare, quella volta, era stato Leopold che, con l'espressione di chi l'aveva appena fatta grossa, si era seduto a capotavola facendo finta di nulla, «lui non se ne fa più nulla».
«Se sei qui per cacciarci nei guai, Leo, vai da un'altra parte.» Ulrich lo guardava con disapprovazione, già pronto ad alzarsi e a dargli la colpa per qualsiasi cosa avesse combinato.
«Perché dai sempre per scontato che io abbia fatto qualcosa?» Leopold lo osservò con un'aria da finto offeso che a Oskar fece tanto venire voglia di alzarsi le maniche della camicia e prenderlo a pugni. «Sono innocente fino a prova contraria, se non—»
«Breitenstein!»
«Come volevasi dimostrare» borbottò Oskar mentre prendeva un altro cucchiaio di cereali. Louise, seduta davanti a lui, sorrise divertita da quello che aveva appena detto.
In piedi accanto al loro tavolo c'era un uomo magro, fasciato da una divisa militare blu scuro e dal più bel paio di baffi sui quali Oskar avesse mai posato gli occhi. Non aveva la più pallida idea di come il professore facesse a tenerli così curati, ma un giorno sognava di farsene crescere un paio identici.
«Professor Nikolaev, è successo qualcosa?» Leopold cercò di dissimulare la tensione iniziando a spalmare una piccola dose di marmellata su una fetta biscottata presa direttamente dal vassoio di Martha. Lei lo guardava come se avesse voluto ucciderlo, e la cosa peggiorò quando lui la portò alle labbra con sguardo innocente.
«Non faccia il finto tonto, Breitenstein. Entrambi sappiamo benissimo che a una sola persona in tutta l'Accademia verrebbe in mente di entrare di nascosto nell'ufficio di un professore per piazzare riviste porno in bella vista» disse calmo Nikolaev, anche se dal modo in cui le guance e le orecchie gli erano diventate rosse si poteva intuire quanto fosse fuori di sé.
Il ragazzo, dal canto suo, si guardò attorno pensieroso, passandosi un dito sulla pelle scura. Poi all'improvviso sembrò avere un'illuminazione e Oskar sperò con tutto se stesso di non esserne l'ispirazione. «Stiamo parlando di Vogel, professore? Sapevo che non ci si poteva fidare di quel quattrocchi—»
«La aspetta una settimana di contenimento, Breitenstein» lo interruppe il professore, senza scomporsi di una virgola e senza alzare lo sguardo dall'ultimo arrivato al tavolo della colazione. Leo sembrò essere sul punto di protestare, ma l'uomo lo anticipò. «Non si disturbi a darmene conferma, finisca di fare colazione e poi venga nel mio ufficio.»
Gli occhi scuri di Nikolaev scorsero velocemente gli altri occupanti del tavolo, prima di dire: «Ne approfitto per comunicare a voi tre che siete attesi nell'ufficio del sovrintendente alla fine delle lezioni».
«Sì, signore» risposero pronti Oskar, Martha e Ulrich, e il professore si allontanò a grandi passi in direzione dell'uscita della mensa.
Rimasero per un attimo in silenzio, fino a quando questo non fu rotto da un improvviso: «Ahi!»
Oskar abbassò lo sguardo su Leopold, trovandolo a massaggiarsi un piede. Guardava Martha con tanto d'occhi, come se non riuscisse a capire cosa fosse appena successo. «E questo per che cos'era?!»
«Per la mia fetta biscottata,» rispose la mora con un sorriso soddisfatto sulle labbra, «così la prossima volta impari a non mangiare le mie cose».
Una risatina fece capolino nella loro conversazione, ma per un attimo nessuno sembrò rendersi conto da chi provenisse. Solo quando Louise non riuscì più a trattenersi e mise una mano davanti alla bocca per smorzare il rumore, capirono che a ridere era lei.
Oskar era sicuro di non aver mai sentito una risata più contagiosa della sua e, infatti, ben presto tutti quanti la seguirono; persino quella musona di Martha.
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Angolo autrice
Buonasera, cuori! 💛
Sì, lo so, questi due capitoli rispetto agli altri sono stati un po' più leggeri (ringraziamo Oskar), ma da qui in poi è tutto in discesa 😶🌫️
Diciamo solo che piano piano stiamo iniziando a toccare sempre più regole e modi di fare dell'Accademia, come la tessera di riconoscimento per la dieta bilanciata personalizzata. Ne parleremo più nel dettaglio più avanti, ma anche qui di positivo c'è poco 🫣
Finalmente è tornata Louise, vi era mancata? A me sì, anche se mi sono divertita a presentare i personaggi di Martha e Oskar ✨
Manca ancora un narratore all'appello, ma non sarà nel prossimo capitolo... dovremo aspettare l'ottavo per vederlo all'opera! Fino ad allora, stay tuned! 💫
Altra cosa, ma non meno importante: avete notato la copertina nuova e l'aggiunta della dedica? Piano, piano sto sistemando tutto a dovere 👀
Vi mando un abbraccio enorme per le letture, le stelline e i commenti. Sono davvero felice che piano piano questa storia stia crescendo, grazie per starmi aiutando a farla crescere! 💛
Alla prossima settimana, tesori!
eu_phero
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