Il Potere
Passarono giorni e settimane dopo quello che è stato riconosciuto come l'evento più misterioso della città di Torino. Nessuno ha rivendicato l'attentato di Piazza Castello. Nessuno riuscì a spiegare cosa fosse successo quel giorno ma i dati parlano chiaro: 40 furono i morti e un centinaio i feriti. Venne dichiarato lutto nazionale e la demolizione dell'edificio venne sospesa a tempo indeterminato. Sempre meno persone erano favorevoli alla costruzione del centro commerciale nel quartiere della Mole Antonelliana ma probabilmente il cambiamento d'idea era dovuto alla paura di rivivere un'altra strage. Era ovvio che qualcuno non era favorevole alla demolizione della Mole. Il turismo ne aveva risentito dopo quel terribile evento e la città cadde in un gelido silenzio: nessuno volle parlare di quella triste giornata. Tutti cercarono di andare avanti e dimenticare.
Erika passeggiava per le vie del centro con Mari. Lei, insieme alla sua migliore amica, era una miracolata. Non solo era riuscita a salvarsi la vita scampando da quell'inferno fatto di fiamme ed esplosioni ma era rimasta completamente incolume senza nemmeno un graffio.
<< Vieni con me? >> chiese gentilmente. Mari, la guardò impaurita.
<< No Erika. Non credo di avere già la forza di tornarci. E' pericoloso e secondo me non dovresti andarci nemmeno tu >>.
Era impossibile far cambiare idea ad una ragazza come Erika. Se voleva andare in un posto, nessuno sarebbe riuscito a fermarla, tanto meno se la destinazione era la Mole. Marika l'accompagnò alla fermata del tram e una volta che il mezzo arrivò, lei rimase sulla banchina, aspettando l'autobus che l'avrebbe portata a casa. Intanto l'amica guardava i palazzi ed i portici del corso mentre il tram lentamente si spostava. Gli abitanti parevano dei fantasmi: nessuno rideva, nessuno scherzava. Tranquilli, seri, nient'altro. La paura di rivivere quella strage era ancora viva in ognuno di loro. Erika dal canto suo, fu felice sapendo che il Genio Alato sarebbe rimasto al suo posto ma la sua fu una felicità offuscata dal ricordo di quei torinesi che non erano riusciti a salvarsi. Il contrasto tra felicità e tristezza fu evidente. Solo col tempo le cose si sarebbero sistemate o almeno così pensava lei e forse tutti gli abitanti della città.
Un ragazzo alto e moro le si sedette affianco. Ci fu uno scambio di sorrisi ma nulla di più. Era già qualcosa. Era segno che qualcuno voleva reagire a quella situazione insostenibile di pesantezza.
<< Dov'è diretta? >> chiese il ragazzo. Erika ci pensò su prima di rispondere ma poi trovò il coraggio di dire la verità
<< Alla Mole >>. Lui rimase colpito e fece cenno col capo di avere capito.
<< E lei? >>.
Il tram era fermo davanti alla stazione di Porta Susa: la maggior parte delle persone scese lì.
<< Torno a casa >> rispose togliendosi i guanti neri di velluto
<< Abito al di là del Po >>. Sulle sue gambe aveva delle cartine di progetti edili.
<< E' un geometra? >> chiese incuriosita la ragazza. Lui sorrise e con fare veloce arrotolò le mappe.
<< No, sono per mia sorella. Ho dovuto girare mezza città per cercare una versione dettagliata di questi edifici >>. Uno strattone fu segno della partenza del tram verso Piazza Castello restaurata a tempo di record.
<< Va a vedere il panorama? >> chiese il ragazzo cambiando argomento. Erika annuì.
<< Quindi va a vedere anche il Genio Alato >> rispose con aria semplice. Lei rimase stupita: un torinese che dà l'esatto nome alla statua. Rimase ancor più colpita quando il suo vicino di posto le disse che era felice che qualcuno desse attenzione al protettore della città.
<< Trovo inconcepibile che i torinesi non sappiano nemmeno chiamarlo col nome esatto. Dimostra che siamo troppo presi da noi stessi per capire ciò che è intorno a noi, ciò che rende torinese Torino. Lei mi capisce, vero? >>. Erika continuava ad ascoltarlo sorpresa come non mai. Era una persona che dava importanza a ciò che è fondamentale per quella città. Perché invece la maggior parte dei cittadini erano oppressi da un nauseante senso di egoismo? Era così difficile vivere in armonia con la città e con ciò che la rendeva unica?
<< Purtroppo la gente sceglie sempre ciò che è più facile e non ciò che è più giusto >> concluse sconsolata la ragazza. Lui la guardò sorridendo.
<< E' per questo che Torino ha bisogno di persone come te >>.
Erika dovette scendere e lo fece un po' dispiaciuta: avrebbe continuato volentieri a parlare con quel ragazzo ma le loro strade si divisero.
Entrata nella Mole, non rimase sorpresa dal fatto di essere l'unica presente. Il simbolo di Torino era malvisto ormai. Certo che vedere quell'edificio vuoto dava un senso di tristezza notevole.
Una volta giunta in cima, cambiò parere: osservare la città senza sentire le urla dei bambini che correvano intorno ai piedi della statua, o senza quelle guide che ripetevano a memoria ciò che era scritto nei dépliant era ben altra cosa. Magari fosse stato sempre così.
La tristezza si fece nuovamente viva: cercava di tenere a freno il pianto ma fu più forte di lei. Tentò di reagire asciugandosi le lacrime. Poi tirò fuori dalla borsetta uno specchietto per rimettersi apposto il trucco. Con cura cercò di far sparire le sbavature dell'ombretto ma qualcosa attirò la sua attenzione. Si girò guardando la statua del Genio Alato: il suo braccio sinistro indicava il Duomo dov'era custodita la Sacra Sindone mentre il braccio destro era alzato verso il cielo con la mano che emulava il simbolo della vittoria. Tornò a truccarsi: fu solo in quel momento che capì cos'era successo. Guardò nuovamente il colosso dorato alle sue spalle: un brivido le percorse la schiena. Sentì il battito del suo cuore aumentare a dismisura, come se volesse uscire dal suo corpo. Le ali della statua anziché aperte erano nettamente chiuse. Non poteva essere vero. Come era possibile? Il pavimento vibrò mentre la ragazza, presa dal panico, cominciò a gridare. La statua si mosse. Il Genio Alato stava prendendo vita ed Erika non resse la situazione: perse i sensi.
Si svegliò, rendendosi conto di aver sognato ad occhi aperti. In quel periodo pensava troppo alla fine già scritta di quella statua a lei cara più di ogni altra cosa.
Si alzò da terra ma dopo essersi voltata rimase come pietrificata.
<< Finalmente ti sei svegliata! >> disse sorridendo.
<< Come ti senti? >>.
Erika guardò il Genio Alato seduto a gambe incrociate. Poi le cominciarono a tremare le gambe e un altro capogiro stava per farla svenire di nuovo.
<< Ti prego non avere paura >> disse la statua dorata.
<< Io non voglio farti del male. Sono tuo amico. Voglio solo parlare con te: siediti per favore >>.
La giovane torinese rimase fissa con lo sguardo verso ciò che pareva fosse un miracolo bello e buono. Poi fece quanto richiesto.
<< Come ti chiami? >>.
Il suo sguardo pareva animato da una luce che trasmetteva tranquillità.
<< Mi chiamo Erika. Ma tu, tu sei vivo? Sto sognando? >>.
La risata della statua provocò una leggera vibrazione.
<< Il mio nome è Kyrea, il Genio Alato. Sono il guardiano di questa città >>.
Era incredibile. Stava parlando con una statua viva: il mondo non le era mai apparso così strano e incomprensibile.
<< Ma come, come è possibile che tu.. >> non riuscì a finire la frase ma il concetto che cercava di esporre, fu chiaro.
<< Io ho il dono di svegliarmi. Ho questa capacità una notte al mese. E tu sei la prima persona con cui ho voluto condividere questo segreto >>.
Erika cominciò a sentirsi più sciolta e serena, tanto da non balbettare più.
<< Perché? >>.
Lo sguardo di Kyrea si fece serio. Il movimento dei suoi zigomi provocarono un rumore metallico.
<< Sei una della poche persone di questa città ad aver rispetto per me. Un rispetto che viene dal tuo cuore puro. Tutti dicono di essere veri torinesi e ne vanno fieri, ma non sanno nemmeno chi in realtà sia il simbolo di Torino >>.
La tristezza nella sua voce irreale era ben percepibile.
<< Sono il guardiano di Torino. E vi amo. Perché voi non mi rispettate? Perché non c'è questa reciprocità? >>. Erika rimase colpita da quanto stava dicendo la statua. Tutti in effetti lo scambiavano per quello che non era, dimostrazione di un'assenza di interesse nei suoi confronti.
<< Ma non importa. E' sempre stato così da quando sono stato strappato dalle profondità marine. Pochi umani sanno veramente chi sono >> disse scuotendo la testa
<< E tu sei tra queste persone, quella che più mi capisce. Ogni volta che vieni a trovarmi sento questa sensazione di benessere che mi rende felice di essere ciò che sono. Svegliarmi davanti ad un essere umano è cosa che mai ho fatto prima d'ora. Ma ho un motivo più che buono per giustificare la mia azione >>. La ragazza non ci pensò molto per capire cosa stava cercando di dirle.
<< La demolizione della Mole? >>. Kyrea fece cenno col capo.
<< Una volta che la Mole Antonelliana verrà distrutta, perderò il potere, verrò smembrato e solo Dio sa che fine faranno i miei pezzi. Ho voluto svegliarmi davanti a te, per salutarti e ringraziarti di tutto il rispetto che mi hai dato e mi stai dando >>. Erika allungò la mano e toccò il viso della statua. Era una sensazione incredibile e non fu facile per lei capire cosa in quel momento stava provando. Era una sogno divenuto realtà. Ciò che più amava in quella città aveva preso vita.
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