Ottobre: 🐇

Arrivò Ottobre. Le foglie sugli alberi si erano scurite, mettendo in mostra le loro tonalità color canarino e color zucca. Il cambio di temperatura fu netto. Dalle giornate calde e piacevoli si passò a venticelli freschi e a tratti pungenti, uno sbalzo termico che fece ammalare la piccola Olivia e Wendy. La prima aveva una costituzione forte, di fatto era autonoma durante la malattia, ma in quanto a Wendy... non riusciva a ad alzarsi dal letto, e passò giorni e giorni in infermeria accudita da una Clara tremendamente silenziosa, goffa e annerita da piccoli lividi sulle braccia e le gambe. Alcuni anche sul collo, dove apparivano anche graffi simili a quelli che aveva sulle braccia. Ciel sapeva bene perché fossero lì, e cosa li aveva causati. Ma non sapeva di quelli sui fianchi o le gambe di lei... no, quelli i conosceva solo Clara. Era lei a farseli. Gli occhi della ragazza erano costantemente puntati a terra, difficilmente si posavano in quelli di qualcun altro. Quel giorno, come i pochi precedenti, era rimasta tutto il tempo accanto a Wendy, in infermeria.

In quei momenti in cui il Conte la vedeva occuparsi della malata, dimenticava quel che aveva subito. Le sembrava una neo-mamma apprensiva, gentile, buona e premurosa... poi arrivava il Signor Hoffman a controllarle e allora tutti i bei pensieri saltavano. Nel mentre, Jennifer non se la passava bene. Era rimasta terrorizzata da quel che era successo con Sacco delle Cipolle e ormai non parlava più con nessuno, nemmeno con Ciel, e passava tutto il tempo nella baracca con Brown. In quei giorni c'era qualcosa di strano nell'aria... e Ciel se ne rese conto una sera, quando vide Meg, Diana e Eleanor sedersi a tavola all'unisono con un grosso sorriso sornione sul volto. Dopo cena, Wendy iniziò a lamentarsi che il suo coniglio Peter era scappato. Il giorno dopo comparve sulla porta dell'Attico il dono del mese:

"Sir Peter il Coniglio"

Ciel odiava ammetterlo, ma aveva bisogno di Jennifer. Insieme avrebbero avuto più possibilità e considerando la sua missione principale nell'orfanotrofio, doveva tenersela ben stretta per evitare che le succedessero altre cose orribili. La raggiunse nel ventilato pomeriggio al casotto dove giocava con Brown. Ormai lo sapevano tutti che il cane viveva lì e nessuno dei bambini si era ancora azzardato ad andarci. La bambina era lì fuori, che insegnava al suo cane come fiutare le tracce dei biscotti: ne nascondeva un pezzetto tra i cespugli e poi faceva annusare la scatola al cane, e lui in meno di un minuto aveva già il biscotto tra le zanne. Guardandola giocare, gli venne in mente quel che Jennifer disse a Nicholas tempo prima... che gli altri bambini giocavano al dirigibile per metterla a disagio perché lei aveva degli incubi al riguardo. Si promise di chiederle di più, ma non ora. Le serviva concentrata. «Jennifer... hanno annunciato il dono» mormorò il ragazzo all'altra, bloccandola in qualche modo nella sua spensierata attività. Il sorriso le scivolò via dal viso in un attimo. «È Sir Peter... il coniglio di Wendy». A quella frase la Povera Jennifer spostò lo sguardo dal cane che la guardava stranito al suo interlocutore, mostrandosi calma all'esterno, ma in subbuglio all'interno. I suoi occhi faticavano a stare aperti, dormiva sempre poco da quando l'avevano trascinata per tutto l'orfanotrofio in pigiama. I due non parlavano spesso prima degli eventi di Agosto, ma intraprendevano piccoli discorsi di tanto in tanto. Ora c'era solo il silenzio a separarli. Jennifer si alzò in piedi - da che era accovacciata accanto al suo fidato amico - e con un'insolita determinazione negli occhi, annuì. Nel suo piccolo sperava di poter dimostrare a Wendy di tenerci ancora a lei... di potergli riportare Sir Peter e dirle "perdonami se ti ho abbandonata" o "torniamo amiche, ti farò giocare con Brown".  La speranza è sempre l'ultima a morire... anche nel cuore martoriato e fatto a pezzi di una bambina innocente.

Jennifer era tanto determinata che decise di farsi aiutare dal fiuto di Brown per trovare il coniglietto. Entrambi si recarono nel giardino dell'orfanotrofio e sotto gli sguardi basiti dei bambini, Jennifer ordinò al suo cane di fiutare Sir Peter partendo dalle palline di escrementi accantonati in un angolo del giardino, dove Wendy lo lasciava spesso gironzolare per fare i suoi bisogni. Il resto delle volte li faceva sotto al letto della sua padroncina, dove lo teneva nascosto. O meglio, dove lo teneva prigioniero. Brown annusò il terreno in modo curioso, scodinzolando vivacemente la sua sottile coda color sabbia. Improvvisamente si fermò, alzò il muso, guaì, e corse verso il portone principale della villa, che iniziò a grattare con insistenza. I due sfortunati bambini lo seguirono ed aprirono il portone, permettendo al cane di fare ingresso per la prima volta nel Rose Garden Orphanage. Andò a ficcare il muso sotto un cassettone all'ingresso, dal quale sgusciò fuori Sir Peter che con agilità stimolata dalla paura, salì le scale che davano al piano superiore. Il trio si lanciò al seguito del roditore, e per brevi e fuggenti attimi la cosa sembrò anche divertirli. «Non mangiarlo Brown! Non fargli male!» diceva Jennifer ridendo spensierata mentre seguiva il suo cane. Ciel invece aveva provato un paio di volte a nascondersi per fare un agguato a Sir Peter, ma in qualche modo l'animale riusciva sempre a scivolargli dalle mani come una saponetta. Il tramonto arrivò presto, le ombre si fecero grandi e la luce sparì dietro l'orizzonte. Nel loro gioco spericolato non avevano badato ai bambini che li guardavano con occhi crudeli, freddi, carichi di odio. Sir Peter corse di fuori, passando per la porta sul retro che era stata dimenticata aperta. I due bambini ne persero le tracce e visto l'orario, decisero di rimandare la caccia al giorno dopo. Di ritorno dal casotto, iniziarono a parlare.

«Se lo catturiamo, lo consegniamo tuttti e due? Insieme?» domandò lei.

«Ovviamente. Dobbiamo vincere... l'ultima volta abbiamo fatto il nostro dovere, ma sono così infantili che hanno preferito insabbiare tutto e darti la colpa» rispose l'altro, lo sguardo puntato verso il cancello principale dell'orfanotrofio che si faceva più grande ad ogni passo. Man mano che si avvicinavano, uno strano suono giunse alle loro orecchie. Erano tonfi, come se qualcuno stesse colpendo un cuscino, o una cosa simile. Incuriositi, i due seguirono il rumore che li portò sul retro del cortile, dove trovarono Diana e il Signor Hoffman. Diana era a braccia conserte a pochi passi dall'Insegnante, il quale sembrava alquanto impegnato nel calciare a tutta forza un sacco di juta... che trasudava del rosso in diversi punti. Nella mano destra stringeva una spranga di ferro. I poveri, sfortunati bambini ci misero poco a comprendere la situazione... Diana aveva fatto la spia, e per una buona volta il Signor Hoffman si era fatto presente e aveva messo lo zampino nel gioco malato degli orfani nella maniera peggiore possibile. Il sacco non si muoveva e l'uomo sembrava averci preso gusto a colpirlo, tra calci e colpi di mazza ferrata, tanto che fu la ragazza dai capelli rossi a fermarlo dicendogli «Basta così... tanto ormai è andato. Torniamo dentro?». Quel tono suadente risciva sempre a catturare l'attenzione del Direttore. Lasciò andare la mazza facendola cadere al suolo, ed insieme rientrarono nell'edificio chiudendosi con una sospetta delicatezza la porta alle spalle. Sia Ciel che Jennifer odiavano quando Diana si comportava in quel modo. Voleva fare la grande, si vedeva lontano un miglio che cercava i favoritismi del Signor Hoffman, ma lui per qualche ragione non le dava mai troppa confidenza... e solo Ciel sapeva il perché. Quanto avrebbe voluto non saperlo.

Ciel ebbe il coraggio di avvicinarsi al sacco ora zuppo di sangue e di guardarvi dentro: il buio sembrava velare alla perfezione quello spettacolo grottesco ma dei raggi lunari arrivarono ad illuminare l'orbita maciullata del coniglio, e questo fece rivoltare i pochi biscotti che aveva mangiato quel pomeriggio insieme a Jennifer, creando una piccola pozza di vomito accanto al rubinetto dell'acqua accanto al muro. Jennifer si teneva ancora a distanza, lo sguardo vacuo ingabbiato nel vuoto che la circondava e separava dal mondo tangibile. Sentiva che l'intero universo le stava crollando addosso, pezzo dopo pezzo, con macerie sempre più grandi e impossibili da spostare. Ciel bevve un sorso d'acqua dalla fontanella e la raggiunse, scuotendola debolmente per il braccio per farla riprendere. Poi, andò a richiudere il sacco incriminato e lo infilò in un secondo sacco di juta abbandonato sotto al capannino della legna, in modo da non sporcarsi. Insieme a Jennifer, lo portò in soffitta, sentendo l'amaro della sconfitta in bocca... e non era l'acido intestinale. Ancora una volta erano riusciti a distruggere qualcosa... e Jennifer non osava immaginare come l'avrebbe presa la sua amica... la sua ex-amica. Arrivarono alla scatola. Questa volta dovettero aprirla dallo sportello in alto, decisamente più grande e apparentemente progettato apposta per l'occasione. Non appena il sacco toccò in fondo con un tonfo, qualcuno dall'altra parte prelevò il dono e la porta si aprì rivelando una Wendy dall'aria sciupata, dagli occhi rossi e i capelli scompigliati. Era avvolta da un lenzuolo bianco sgualcito, da sotto al quale si intravedevano le delicate puntine dei suoi piedi scalzi. Strinse il sacco a sé tanto forte, che le frattaglie al suo interno espulsero altro sangue che unitosi a quello già presente, finì col macchiare il secondo sacco usato appositamente per occultare tutto quel rosso. Dietro la Principessa della Rosa Rossa c'erano gli Aristocratici... sorridenti, come sempre. Le avevano detto tutto, e la Principessa reagì con uno sbuffo perfido e snob, allontanandosi  verso le scale e poi in infermeria.

Ogni dono era una morte. Quanto ancora sarebbero andati avanti così? Ora Wendy sapeva che Jennifer si era fatta aiutare dal suo fidato amichetto pulcioso bastardo Brown. A Wendy la cosa non piaceva. Sir Peter era stato preso di mira... rubato... lasciato in giro e catturato dal Signor Hoffman e ucciso, questo perché quelle tre piccole streghe avevano ormai il controllo sul piccolo regno che la Principessa della Rosa si era costruita. Tutte le obbedivano. Insieme a Jennifer stava regnando così bene, erano tutti felici e sorridenti... poi era arrivato quel Ciel Bright e quel cane schifoso! Era gelosa marcia di chiunque si avvicinasse alla SUA Jennifer! Così aveva preso di mira tutti e due. Con la sirena avevano vinto, è vero, ma con la sparizione del pesce del Signor Hoffman e la storia della lettera di Meg, la punizione dell'ultimo minuto era risultata perfetta. Un'occasione imperdibile! Ormai non era nemmeno più un gioco per tutti... era congegnato apposta per quei due poveri, sfortunati bambini. Proprio per questo, ora tutti sapevano quanto poco "principesca" fosse la loro sovrana... corrosa dalla gelosia, era stata spodestata dal trio malefico. Il potere era in mano loro ora, ma forse avrebbe potuto dar loro un ultimo, terribile ordine. Qualcosa di crudele e senza pari per vendicarsi di quel Ciel impiccione e di quel cagnaccio ruba amicizie! Serviva un dono che avrebbe allettato anche le Aristocratiche, più di tutte l'ostinata Duchessa, e poi la civettuola Baronessa e la gelida Contessa.

«Il prossimo dono... sarà il loro ultimo regalo per la Rosa Rossa».

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Ottobre, 1xxx

Gentile Signora,

Perdoni il ritardo della nostra risposta. Nella sua lettera, ha indicato la sospetta attività di un certo Il Signor Gregory M. Wilson. Dopo aver indagato sulla faccenda, siamo giunti alla seguente conclusione.

Ci sono poche prove in merito al fatto che il suddetto sia coinvolto nei rapimenti che si sono verificati di recente. Mr. Wilson ha un figlio il cui aspetto combacia con quello da lei descritto nella lettera. Pertanto, abbiamo stabilito che non ci sono abbastanza prove per garantire ulteriori e approfondite investigazioni.

Apprezziamo la sua cooperazione e comprensione riguardo a questa faccenda.

Anthony Dolittle

Polizia di Cardington

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