17 - Circondata

"Ecco a voi Cristina" mi presentò Michele.

Ero sicura di non essere mai stata così timida... ero semplicemente circondata da ragazzi. Ero completamente circondata. Nessuna via di fuga.

C'erano ragazzi della mia classe o meno, piccoli e grandi; ragazzi biondi, ragazzi bruni, ragazzi dai denti bianchi e dai denti gialli, coi capelli rossi o i denti nascosti, con o senza piercing, con le mutande di D&G o senza (voglio dire, senza mutande di D&G...), insomma d'ogni genere. Per questo ero terrorizzata. Non avevo mai visto tanti ragazzi in tutta la mia vita, e vederli così, tutti insieme, e pure intorno a me, non era altro che uno shock indicibile, incredibile, insormontabile, insuperabile, insopportabile, e nemmeno inalienabile...

"Ecco Marco" iniziò Michele, e il significato del verbo che usai mi fece tremare dentro.

"Ehi, come te la passi?" disse 'Marco', facendomi un ghigno malefico, quasi fosse un licantropo che prendeva appunto, nella sua mente, di papparmi alla prossima luna piena...

"Ehm, bene" gli risposi, per non sembrare maleducata; ma era turno di tutti gli altri di presentarsi...

"Luca", "Ciao", "Ehm, ciao"; "Nick", "Hey", "Ciao..."; "Giorgio", un cenno, un sorriso terrorizzato; "Paolo", un sorriso svogliato, una dentata a fondo nella lingua; "E il famoso Jeremy... penso che tutti gli altri li conosca", un sorriso furbetto, "Ehm"...

... e quindi...
... l'elenco... l'elenco era finito?

Li guardai: e notai che loro stavano facendo la stessa cosa. Guardai Michele: e capii che loro stavano facendo la stessa cosa. Non ci pensai due volte: e feci loro la linguaccia.

Allora la metà fece una risata. L'altra metà si rotolò sui sedili dalle risate... ed ebbi l'impressione che non fosse stato soltanto il mio gesto, a cavare da solo quella reazione, ma che fosse quello che avevo stampato sulla fronte a strappare loro tante risate. E quello che avevo stampato sulla fronte era 'perdente'.

Non risi. Non vi trovavo nulla di comico in quella situazione: la parola che avevo sulla fronte mi si era fissata in mente, e non sapevo come si facesse a toglierla di lì. La sola idea che mi venne fu di mescolarmi in mezzo ad altri perdenti, di modo che non mi si notasse, come invece succedeva là, tra i "'ragazzetti' 'fighi'", per quanto fossi sempre stata una difficile da notare, con i miei capelli comuni, la mia corporatura comune, la mia faccia comune, insomma la mia comunità che comprendeva solo me, e che solo io comprendevo.

Delle dita scivolarono tra le mie, e quasi sussultai per quel gesto, così, praticamente davanti a tutti. Guardai il proprietario della mano, e lo vidi sorridere dolcemente; ma come faceva? Davanti a tutti???

Al che mi guardai intorno, solo per farmi del male da sola, a questo punto, sapendo come mi avrebbero fatto sentire le qualsiasi espressioni che ci guardassero. Eppure non ne colsi, perché il ragazzo del cenno era impegnato in una risata da schiattare contro il finestrino; il ragazzo biondo pareva fare a gara con lui, ma sui sedili; quello che mi pareva si chiamasse "Luca" era seduto, a tenersi la pancia, e aveva gli occhi chiusi; Jeremy, che stava guardando lo spettacolo di tutti che ridevano, esplose a ridere e si unì a quello contro il finestrino, che gli fece spazio, manco gli fosse stato chiesto; un altro ancora era caduto in mezzo a una pila di zaini, ed era incastrato, facendo ridere molti altri che non l'avrebbero aiutato nemmeno se li avesse pregati in ginocchio (sempre che fosse riuscito a liberarsi per farlo)...

"Aspettiamo che si riprendano?" mi chiese Michele, passando dal suo sguardo dolce ad un atteggiamento da 'macho' che gli si adattava alquanto, anche se non troppo, passando da uno sguardo così dolce.

"Se si riprendono..." dissi, anche se non avrei voluto. Non so perché; era un pensiero che avrei voluto tenermi per me.

Be', si ripresero, con mio grande sgomento. Continuavo a pensare che fossero decisamente troppi per i miei gusti... e cominciai a domandarmi perché avessero voluto conoscermi, quel gruppetto di sciocchi.

"Ehi, ci avevi detto che era simpatica, ma non fino a questo punto" commentò uno, asciugandosi gli occhi marroni dalle lacrime. Era il ragazzo biondo, quello che si rotolava dalle risate sul pavimento.

"Davvero" confermò un altro, che era il ragazzo che aveva 'galantemente' ceduto il posto a Jeremy accanto al finestrino.

'Siete voi che ridete strano' pensai... e poi, per la seconda volta in tutta la giornata, di nuovo mi resi conto che non lo avevo soltanto pensato.

"Ah sì?" s'impuntò il biondo, ma con aria divertita, "è così che la pensi? Ma che impertinente..."

"Merita una bella sculacciata..." fece Jeremy, e tutti risero. Io no... (e per sua fortuna nemmeno Michele, che altrimenti si sarebbe preso un bel ceffone.)

"Vuoi una sculacciata, tesoro?" rincarò uno con gli occhi azzurri, e, mentre tutti (o quasi) ridevano di nuovo, io lo guardai con odio. La cosa stava prendendo una piega che non mi piaceva per niente.

"Ehi, un po' di rispetto!" li zittì Michele, e la sua esclamazione fece l'effetto di un professore severissimo in una qualsiasi classe... perché tutti, all'improvviso, parvero non trovarci nulla da ridere.

Non potei impedirmi di guardarlo un po' sopresa, per diventare ancora più sorpresa... non lo avevo mai visto così arrabbiato.  

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