13 - Amicizie
"Perché cavolo non me l'hai detto che saresti venuto in gita a Firenze anche tu!?!?!?"
Non so che pazza potessi sembrare dicendo quella frase, occhi spalancati e mani sui fianchi; d'altronde riuscivo a stento a capire cosa provassi, tra rilassamento e contentezza, gioia e felicità assolute, e un po' di confusione. Davvero: perché non me l'aveva detto?!!!
"Ma per non rovinarti la sorpresa" mi rispose, e mi sorrise; sembrava che stesse dicendo la verità... ma quale mente contorta avrebbe...
Un passetto alla volta (magari ci sarei arrivata.). Aveva detto: "Per non rovinarti la sorpresa". Ciò voleva dire che sapeva già che sarebbe andato in gita... ah, ma cominciamo bene. Volevo dire, sapeva già che la mia classe sarebbe andata in gita insieme alla sua... ma perché 'farmi una sorpresa'??? Che senso aveva?????
Lo fulminai con lo sguardo, guardandolo pure dolcemente... cosa che non aveva gran senso, ma che, invero, facevo spesso.
"Vuoi... vuoi dire che..." cominciai. 'Formula bene la frase' ammonii me stessa. "Vuoi dire che sapevi che io non sapevo???" completai, ricapitolando, guardando Michele con occhi quasi spiritati (suppongo...) per quanto erano spalancati.
"Avevo espressamente chiesto a un po' di persone di spargere la voce che non venisse detto in giro" mi raccontò lui in risposta, con un tono così tranquillo che sembrava mi stesse raccontando di aver fatto una cosa qualunque.
"Ma... Ma VA'???" gli feci in risposta, così forte che la gente si girò verso di noi nel raggio di, quanto?, circa dieci metri...
Michele fece un ghigno soddisfatto e poi mi domandò, sempre tranquillamente, ma sorridendo: "Ti dispiace?"
Notai qualcosa nel suo sguardo... e valutai cosa fosse, prima di rispondergli.
Ma non gli risposi. In quel momento, infatti, venne assalito da un mucchio di ragazzi vocianti ed eccitati, che, a quanto pareva, si stavano contorcendo dalle risate. Riuscii a sentire qualche parola qui e là: "Ma quell'uomo...", "... che follia...", "Che fuori!"; parole che non mi sembravano avere molto senso. Praticamente c'era uno che era pazzo, e che c'era di strano? Tutti erano un po' pazzi a modo loro...
Michele, intanto, venne inghiottito dalla folla, e io tornai ad essere ignorata, come sempre.
D'altronde, loro erano 'quelli fighi', i tipi ai cui piedi le ragazze cadevano, con sempre la battuta pronta e la parola giusta da dire. Non mi stupiva che Michele facesse parte del loro gruppo.
Feci un respiro, che in qualche strano modo mi fece male. Non capii a cosa mi fosse servito, dato che un momento dopo averne espirato sentivo di nuovo i polmoni chiedermene uno, ma comunque non accontentai questo bisogno, probabilmente inutile quanto fuori luogo: sicuramente sarebbe stato identico all'altro, il suo effetto, e sarei arrivata fino a sera come una che sembra non riesca a respirare.
Così lo divenni davvero: ma, piuttosto che fare una figura ridicola come una che continua a prendere respiri profondi, mi infilai in mezzo agli zainetti alla moda di quei ragazzi (che, incredibilmente, erano ancora lì) e salii su per la scaletta.
Ero abituata ad andare in gita: quello era il mio ottavo anno di gite, in fondo, no? Quale nono anno di scuola... Ma non mi avrebbe sorpreso se avessi scoperto di aver sbagliato i calcoli, perché non avevo troppa voglia di contare, in quel momento.
Bella domanda: cos'avevo voglia di fare? Cercai Marty con lo sguardo, e credetti di averla trovata, ma, guardandola meglio, vidi che non era lei: anche se aveva gli stessi capelli corti e quasi neri (anche se castani scuro), portava gli occhiali; e, anche se mi sorrise subito come certamente avrebbe fatto Marty, quando aprì bocca, per dire gentilmente: "Cerchi qualcuno?", la sua voce era molto diversa... né più brutta, né, anche se quasi melodiosa, più bella.
"Be', cercavo Martina Forte" le risposi, gentile a mia volta, ingentilita dalla sua gentilezza.
"Martina Forte? Capelli neri, occhi castani, magra, II B?" mi domandò, e ci rimasi di stucco.
"Sì, sì, sì, sì..." risposi... non ero sorpresa, o sbalordita, o strabiliata: ero scioccata... ma, quando formulai questo pensiero nella mia mente, non potei fare a meno di sorridere.
"Terza fila, alla mia destra e alla tua sinistra, accanto a Luisa Corda" mi informò la ragazza.
Non la ringraziai prima di andare a controllare: perché, se aveva ragione (e l'aveva) non avrei nemmeno rivolto la parola a Marty. Questa volta non gliel'avrei perdonata.
Credevo profondamente nel significato dell'amicizia. Per me l'amicizia era aldisopra della famiglia, della salute e di qualsiasi altro valore importante nella vita, qualunque fosse. Per me, la prima regola per vivere bene era: "Non dubitare mai di un amico".
Non l'avevo mai fatto, né l'avrei fatto ora: anche se quella regola mi aveva portato molti guai, molte umiliazioni pur di riconquistare un amico o amica che fosse, mi ero sempre, profondamente, battuta per quei valori...
Ma la vidi là.
Deglutii, e riportai la mia attenzione sulla ragazza, con un triste entusiasmo: "Wow, come fai ad essere così informata?"
Lei mi sorrise ancor più e mi disse: "Mi piace ficcare il naso nei fatti altrui."
Be', la consapevolezza dei propri difetti è il primo passo verso la guarigione.
E, proprio mentre stavo per chiedere alla ragazza se mi ci potevo sedere accanto, arrivò la frotta di ragazzi, e venni compressa nel sedile accanto alla ragazza. (Sul corridoio. Perfetto!)
"Vuoi sederti?" mi chiese la ragazza, gentile, nonostante vedesse che ormai, messa alle strette, praticamente lo ero già.
"Certo, se vuoi" dissi, sedendomi accanto a lei, sorridendo... e trattenendomi, mentre guardavo con aria di sfida Marty, dal pensare: 'Se l'amicizia è tutto per te... cos'è 'sto tuo gesto di ripicca nei confronti di Marty?'
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