11 - Pensieri notturni

Bene. Mancavano solo poche ore.
Otto ore. Otto ore e poi ci sarebbe stata la gita.
...
Bene.
Dormi.
...
Dormi.
...
Dormi, ho detto.
...
[Fruscio delle coperte.]
[Giramento del cuscino.]
[Tramestio delle coperte.]
...
*Pecorella che salta numero uno...*
*Pecorella che salta numero due...*
*Pecorella che salta numero tre...*
Che noiaaaaaaaaaaa!!!

... Conta, che devi dormire.

1...
2...
3...
4...
...
UFFA!!!

Avevo la merenda. Avevo Maio. Avevo la macchina fotografica. Avevo il block-notes e la mia fedele penna-multipunta. Avevo il mio ombrello mezzo scassato e i miei occhiali da sole ormai piccoli. Avevo la mia fedele sciarpa nera. Avevo già anche un vicino di viaggio... e allora perché diamine non riuscivo ad addormentarmi???

Non era certo per le polsiere... certo che no...

Ma ero troppo eccitata. Quella era la verità... e mi chiedevo: perché!?!? 

Cercai di concentrarmi su qualcos'altro.

Dovevo ancora recuperare latino, dopo aver preso un sei scarso d'interrogazione... ma probabilmente nel secondo quadrimestre avrei fatto di peggio. Anche in inglese non avevo che una sufficienza scarsa, e il prof mi aveva detto che il quadrimestre dopo mi sarei dovuta impegnare molto di più, altrimenti non me l'avrebbe concessa.  

No, non era un argomento rilassante.

Pensai allora ai miei genitori, che ormai non si sorprendevano più delle mie stranezze. Spesso mi chiedevano come stessi, e anche se non ricevevano un'adeguata risposta riuscivano ad azzeccare abbastanza la macrocategoria di sentimenti che stavo provando in quel periodo. Come quella settimana: non mi stressavano troppo, vedendo quanto fossi elettrica. E, infatti, passavo dall'allegria, in generale, alla tristezza, quando mi sentivo lontana dai miei obiettivi e soprattutto da Michele e Marty, che rendevano straordinarie le mie giornate semplicemente con la loro compagnia. Mi erano vicini, eppure mi sentivo così inadeguata: per Marty, che adocchiava altri gruppetti quando pensava non me ne accorgessi, ma era sempre pronta a chiedermi cosa non adasse e supportarmi, nonché sopportarmi; e per Michele, perché sentivo che si apriva con me, ma non ero in grado di colmare le differenze. Lui sembrava capace di fare qualsiasi cosa, ed era sempre gentile e modesto, mentre io sbagliavo così tante parole, credendomi divertente laddove non lo ero, talvolta ferendo involontariamente.

Spedii la mia mente su FreeDay, a cui mia madre non aveva concesso di dormire con me. Forse se ci fosse stata lei, al mio fianco, in quel momento, mi sarei sentita meno pazzoide e più controllabile. Forse mi sarebbe bastato allungare una mano e sentire il suo pelo soffice per cadere fra le braccia di Morfeo, e sognare grandi lidi silenziosi pieni di poster dei Green Day, e, magari, i veri Green Day.

E improvvisamente, dal nulla, una domanda: 'L'hai detto a Michele che vai in gita?'

No. Ma brava. E ora? Metti che ti cerchi, e non ti trovi! 

Era strana l'idea che mi cercasse, eppure, con la sua simpatia, la sua generosità; con il suo splendido carattere, insomma, era credibile. Riusciva sempre a tirarmi fuori qualche parola quasi furba, cosa che non era da me: persino parlando di letteratura, e persone, argomenti di cui io sapevo ben poco. Mi faceva sentire migliore, e apprezzata: è bello misurarsi con una persona sagace, se non ti tratta come se fossi un idiota... e Michele di certo non lo faceva. Era capace di trovare sempre la cosa giusta da dire, ponendoti al suo livello, mettendoti a tuo agio, fingendosi meno importante e interessandosi alle tue parole.

E io, come ringraziamento, non gli avevo nemmeno detto che quel giorno non ci saremmo visti. 

Mi sforzai di trovare un modo per comunicarglielo: non ci eravamo scambiati i numeri di telefono, non sapevo dove abitasse e non conoscevo qualche suo amico tanto bene da andargli a chiedere di fare il messaggero per me.

Ad un tratto non avevo più voglia di andare in gita.

Non solo non l'avrei rivisto che dopo le vacanze, ma, diciamoci la verità: probabilmente Marty avrebbe badato più a quell'antipatica di "Cocò" che a me. 

O forse no. Forse no... ma se l'avesse fatto - ed ero sempre più sicura che l'avrebbe fatto, tornando con il pensiero a tutte quelle volte in cui aveva cercato di parlare con lei, o di attirare la sua attenzione - allora io non avrei avuto nessuno accanto a cui sedermi.

Non sono il tipo di persona solare che va in giro a fare amicizie, a conoscere gente, e soprattutto non sono il tipo di persona che si fa conoscere. Come dire... non sono proprio il tipo di persona che passa inosservata, ma quasi. E' più che altro che non mi piace conoscere gente nuova: sono fin troppo fedele agli amici... e, volendo bene a una persona in più, mi sembra sempre di volerne meno a quelle a cui ne volevo prima...

E' un ragionamento stupido, lo so. Il cuore è infinito: c'è sempre spazio per tutti... (e a volte anche troppo. Ma questa è un'altra storia.)

Forse era anche una balla che raccontavo a me stessa, a nascondere la paura delle persone. Ma speravo non lo fosse, perché altrimenti mi sarei dovuta odiare per la mia codardia.

Ma una cosa, di me, mi piace: il mio cervello. Sempre pronto a collegare gli argomenti. E a distrarsi da solo.

Perché, distratto, dormì.


Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top