1 - Stranezze
Quel mattino non mi sentivo particolarmente di buon umore.
Non perché davanti allo specchio mi fossi trovata un po' più grassa o con un brufoletto nuovo, o perché non avessi mangiato una buona colazione, o perché avessi litigato con mia madre, o perché mio fratello avesse cominciato a fare l'antipatico, o perché mio padre mi avesse innervosita, o perché non avessi trovato un libro per finire la cartella, o perché stessi arrivando in ritardo a scuola, o perché avessi perso il pulmino, o perché stessi andando a scuola, o perché il tempo fosse brutto.
Anche perché io non ingrassavo e di questi problemi non me ne facevo, la colazione era la stessa da anni, mia madre la mattina era sempre di buon umore, mio fratello era un santo, mio padre era sempre già al lavoro a quell'ora, la cartella la facevo la sera, partivo da casa alle sette, a scuola ci andavo a piedi e volentieri perché là c'erano le mie amiche e camminare mi piaceva e... no, il tempo non era particolarmente bello, però non ero mai stata metereopatica e probabilmente se avessi deciso di cambiare idea prima ci avrei fatto un pensierino.
Il problema era che non mi andava di compiere gli anni. Decisamente, non era colpa di nessuno se ero nata esattamente quindici anni prima. O forse, in qualche modo, lo era. Fatto sta che ogni volta il mio compleanno era l'evento più triste dell'anno: immancabilmente succedeva qualcosa di strano. E se sembrava stare andando tutto per il meglio, TA-DAH!!!
Insomma, non me n'era mai andata bene una e credevo proprio che nemmeno questa volta mi sarei salvata.
Ma tanto qualcosa sarebbe successo. Così camminavo guardandomi intorno, tentando di anticiparmi il dispiacere prima possibile, insistento nei punti sulla via che, speravo, avrebbero potuto avere meno conseguenze nel mio futuro. Ad esempio un bel tir enorme: quello sì che sarebbe andato bene. Ma speravo di non dover arrivare allo sperare quello: e che qualcosa di meglio sarebbe accaduto. Per esempio un alieno che mi rapisse. Sarebbe stato fico...
Pensai intensamente: "Alieno-alieno-alieno-alieno-alieno-alieno"... E andai a sbattere. Era un essere vivente. Tenni gli occhi chiusi ancora per un po', esprimendo il desiderio che fosse un qualcuno verde con le antenne: ma, quando li aprii (aprendo anche la bocca per chiedere umilmente "Scusa..."), notai che il viso del ragazzo che mi guardava un po' stranito non aveva niente a che fare con un alieno. E, anzi, aveva un bel viso.
"Tutto bene?" mi chiese, apparendo preoccupato, a dirmi: 'Non importa. Tu, piuttosto, sei suonata???'
"Aha. Anche se non sembrava" non potei trattenermi dall'aggiungere. Così come non potei trattenermi dal sorridergli. Magari avrei intavolato una bella conversazione con il ragazzo.
"Ehm... direi di no" mi rispose, sorridendomi anche lui in un bell'incurvamento delle labbra che gli scoprì perfetti denti bianchissimi.
Che fosse lui la mia sfigadicompleanno? Meglio non correre il rischio... anche se sembrava gentile, insomma... ma poteva nascondersi un Dracula II dietro le sue mentite spoglie... ma un assaggino di Tipo non poteva far male... e se invece sì?... noo... sìì... noo... sìì... noo...
"Vai a scuola a piedi?" gli domandai, anche se la risposta alla mia domanda (l'orario, l'enorme zaino sulle sue spalle, il suo sorriso subito scomparso) era sottintesa.
"Sì... ho un appuntamento" rispose, misterioso. Uuuh, una tipa... fico! Volevo indagare.
"Una tipa?" indagai. Uao. Che detective.
"Se così si può definire la Daretti" mi fece. La Daretti!? Ovvero la vicepreside!?!?!?
"Cosa combinasti?" chiesi, con uno sguardo interrogativo che più interrogativo non si poteva.
"Io niente. Devo difendere uno in tribunale."
"Forteee..." risposi, sorridendo di nuovo per la sua allusione alla LEGGERA tendenza ad esagerare della celebre profia...
"Sai com'è, non posso abbandonare un amico" aggiunse, anche senza essere interpellato... e questa era una buona cosa: perché voleva dire che gli piaceva parlare con me. O gli piaceva parlare. O non gli piacevano i vuoti di silenzio; in ogni caso, erano tutte cose che avremmo avuto in comune. (Sì, a me piace parlare con ME.) E anche l'amicizia: era una delle cose alle quali tenevo di più al mondo.
"Mentiresti per quell'amico?" indagai ancora, sperando che Tipo cogliesse.
"In questo caso no" colse. "Ha un alibi di ferro..."
"Dunque ci sono testimoni". Mi piaceva parlare così!
"Ebbene sì. Ma senza quello che hai al fianco non se ne farebbe nulla" rispose, in un tono ovvio-modestimmodesto-fichissimo che mi piacque molto, ma proprio tanto. Così imitai quel suo sorriso tutto denti di prima; e meno male che li avevo lavati.
"Sei così famoso?" gli domandai, anche se non era esattamente il termine che cercavo.
"Eccome. Credo che tutte le prof abbiano mie foto nei loro armadietti" fece, facendomi sorridere ancor più: era il genere di ragazzo che avrei ritenuto odioso, se solo... se solo cosa? Non avrei saputo dirlo."Collezione primavera-estate di mister..." rimasi in sospeso.
"Michele Collina, it's a pleasure to meet you" si presentò, fermandosi di punto in bianco e porgendomi la mano. Io gli sorrisi e la strinsi, cercando i termini giusti per esprimermi colta (o quasi...): "Suppongo che per buona educazione io abbia il dovere di presentarmi. Et me voilà, je m'appelle Cristina Iulia"... più o meno riuscii, cavandomela con il precario francese che due anni or sono avevo assai odiato.
"Bel nome" commentò Michel-gentleman. "Grazie" ribattei; ma lui proseguì imperterrito:
"E come mai mai vi vidi, madame?" mi spiazzò.
"Non saprei" risposi; "avete una buona vista?" mi azzardai, anche se nemmeno io l'avevo mai visto.
"Buena Vista Entertainment. No, suppongo di no, madame" rispose, e, prendendomi la mano, la baciò. In un minuto mi aveva spiazzata più di quanto non mi fosse mai accaduto sommando tutti gli episodi della mia vita; e probabilmente non era cosa facile da non lasciar trasparire... lo notai anche da come mi guardava divertito.
"E' stato un piacere conoscervi; davvero, madame. Dove posso ritrovarvi, nel caso abbia necessità di parlare con voi?"
"Nella classe II B. Avrà questo bisogno?" gli chiesi, ancora sorpresa.
"Ne sono certo, madame Cristina" rispose, con una grazia e un fascino fuori dal comune.
Solo quando se ne andò mi accorsi che eravamo arrivati a scuola.
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