quindici

Lo sguardo di Aidan ritorna sui miei occhi, io chiudo i miei pronta al bacio.
«Scusa» dice lasciandomi il mento e facendo un passo indietro.
«Non fa niente» mormoro abbassando il viso.
«Torniamo alla macchina?» suggerisce toccandosi il ciuffo.
«Okay» rispondo con voce tremante.
Non ci parliamo più per un tempo che mi pare infinito.
«Sei arrabbiata con me?» chiede Aidan verso metà viaggio.
«Oh, no, non sono arrabbiata» rispondo lanciandogli un'occhiata.
«Per la cronaca, non è che non ti voglia baciare, ma non mi è sembrato il momento giusto» dice lui guardando avanti.
Poi faccio una cosa enorme per come sono fatta: una domanda che prima d'ora non era mai uscita dalla mia bocca.
«Io ti piaccio?».
«Non si era capito?» ironizza, lanciandomi un'occhiata.
«Pensavo di essermelo immaginato» sussurro.
Sorride e poi scuote la testa.
«Allora tutta la cosa di ieri, che volevi uscire perché eravamo amici, non è vera?» chiedo pensando alla giornata precedente.
Lui sospira.
«Da un lato è vera, però non voglio essere solo tuo amico».
«Okay»
«Solo 'okay'?» chiede lui guardandomi.
«Scusa, ma non me lo aspettavo, mi hai presa allo sprovvista» dico giocherellando con il bracciale che ho sul polso sinistro. C'è talmente tanto silenzio che mi sembra di sentire la salsedine che ho addosso strisciare contro i miei vestiti.
«Questo lo vedo» dice guardando la strada davanti a sé.
Stavolta sono io che faccio passare un tempo lunghissimo prima di rispondere.
«Anche tu mi piaci».
«Okay» dice sorridendo.
«Solo okay» lo imito sorridendo.
Lui ridacchia e mi guarda.
«Ora che si fa?» chiedo girandomi verso di lui.
«Tu cosa vuoi fare?».
«In questo momento vorrei solo che fermassi l'auto, perché non credo di sentirmi bene» dico facendo un respiro profondo.
Subito accosta in una rientranza della strada.
«Cosa ti senti?» chiede lui venendo di fianco a me.
«Ho solo bisogno di respirare un'attimo» dico cercando di allontanarmi, ma lui mi segue.
«Posso stare due minuti da sola?» chiedo gentilmente.
Lui annuisce e ritorna in macchina ad aspettarmi, lo vedo come tamburella nervosamente le dita sul cruscotto.
Oh mio dio, ci siamo appena detti che ci piacciamo e io ora sono in piedi sul ciglio della strada, e sto per sentirmi male.
Cosa devo fare? Vorrei tanto poter chiamare Oliv per chiederle un consiglio, ma non posso.
Inizio a pensare ai miei posti felici, i boschi, i prati e le strade della mia cittadina con gli alberi dalle foglie sui toni autunnali.
Finalmente mi calmo e torno in macchina.
«Tutto bene?» chiede lui guardandomi.
«Si» rispondo accennando un sorriso.
Passiamo il resto del viaggio scambiandoci varie occhiate ma senza dire una parola, sono due ore lunghissime, verso il tramonto.
«Allora ci vediamo» dico slacciandomi la cintura.
«Ci si vede» dice sistemandosi il ciuffo.
Mi incammino verso la porta, ma verso metà del breve vialetto mi giro, e vedo che lui è ancora lì, così decido di tornare da lui.
Apro la portiera e mi siedo.
Lui mi guarda confuso.
«Non sono ancora pronta per andare a casa» dico allacciandomi la cintura.
Lui sorride e poi parte, guida lentamente fino ad arrivare ad un grande parco.
«Va bene qui?» chiede lui guardandomi.
Annuisco.
«Probabilmente dovremo capire cosa fare» propongo io.
«Non credo ci sia molto da fare».
«Nel senso... ora siamo amici, più che amici o...»
«Fidanzati?» conclude lui.
«Già» dico lanciandogli un'occhiata.
«Forse dovremo solo goderci il momento, senza pensare al resto».
«Già, mi sembra la soluzione migliore».
Ad interrompere la nostra conversazione ci pensa il pianto di un bambino.
Ci voltiamo entrambi e vediamo un bambino di dieci/undici anni che consola una bambina più piccola. Senza pensarci due volte mi avvicino.
«Hey, tutto bene?» chiedo inginocchiandomi.
«Mi fa male» dice la bambina fra i singhiozzi.
«Dov'è la tua mamma?».
«Noi abitiamo là« dice il bambino indicando una casa poco lontano.
«Siete qui da soli?».
I bambini annuiscono.
«Okay» dico cercando di pensare cosa fare.
«Riesci a camminare?» chiedo alla bambina evidentemente scossa.
Scuote la testa.
Ovviamente non le fa così male da non poter camminare, ma come tutti i bambini, esagera quello che sente.
«Posso prenderti in braccio?»
«No, la mamma ha detto che non dobbiamo fidarci degli sconosciuti» dice il bambino scuotendo la testa.
«La mamma ha ragione. Io sono Daisy, questo ragazzo dietro di me è Aidan, ed è un mio amico. Voi come vi chiamate?» dico presentandoci.
«Holly e lui Jam» dice la bambina.
«Ora non siamo più completi sconosciuti» commento con un sorriso rassicurante.
I bambini mi guardano un po' diffidenti, per poi sorridere.
«Ora, Holly va bene se ti prendo in braccio?» chiedo sorridendole.
Lei annuisce.
«Hai dei bei capelli» dice la bambina mettendo le sue mani tra i miei capelli.
«Grazie, anche i tuoi sono molto belli».
Mi giro e vedo Jam dietro di me che tempesta di domande Aidan.

«È il tuo ragazzo?» chiede la bambina vedendomi sorridere.
«Non proprio».
«È molto bello» dice lei guardandolo.
«Già« dico per poi sistemarle la maglietta, leggermente salita, mentre la prendevo in braccio. Il percorso è breve prima di suonare alla porta della loro casa.
«Cosa è successo?» chiede la donna che probabilmente è anche la madre dei due bambini.
«Sono scivolata» dice Holly facendo vedere la gamba sporca di terra.
«Oh piccola mia, te l'ho detto tante volte che devi stare attenta a dove metti i piedi» dice la donna prendendo la bambina dalle mie braccia.
«Grazie» dice rivolta verso di me.
«È stato un piacere».
«Jam, lascia stare quel ragazzo» dice la madre guardando il bambino e poi Aidan.
«Ma mamma!».
«Dai vieni» dice facendogli segno di avvicinarsi. «Grazie per avermeli riportati» dice riferendosi a me e Aidan.
Salutati i bambini ci avviamo verso il parco.
«Ci sai fare con i bambini».
«Oh, grazie» dico arrossendo lievemente.
«Anche tu sei stato bravo, hai risposto a tutte le domande di Jam» dico guardandolo.
«Ci sono passato con mio fratello».
«Me l'avevi detto che avevi due fratelli, come si chiamano?» chiedo incuriosita.
«Quello più grande Mason, quello più piccolo Dante» dice per poi partire.
«Sai, raccontare di fratelli e sorelle è sempre uno dei primi argomenti».
«Non mi piace parlare della mia famiglia» dice forzando un sorriso.
«Non me ne devi parlare se non vuoi» mormoro e senza neanche rendermene conto gli metto una mano sul braccio.
Lui gira il viso verso la mia mano e allora la tolgo.
«Puoi toccarmi, non ti mangio mica» dice con un sorrisetto.
Vedendo che non rispondo intreccia la mia mano con la sua.
In quell'istante i nostri sguardi si incontrano ed entrambi sorridiamo.
Mi tiene la mano per tutto il viaggio, ed io per tutto il viaggio mi faccio dei film mentali degni di un Oscar, ma senza le scene che sicuramente ci metterebbe Dolly.
Aidan ferma la macchina davanti a casa mia, e per fortuna mamma e papà devono ancora rientrare.
Restiamo qualche minuto fermi e in silenzio.
«Passo a prenderti domani dopo la scuola, va bene? Prometto di aspettarti in macchina».
«Grazie» dico cercando di nascondere un sorriso.
Appena entro in casa, corro in camera mia, metto della musica e inizio a saltare come una pazza. Fino ad oggi odiavo quelle giornate in cui succedevano troppe cose ed io ero costretta ad uscire troppo spesso dalla mia 'comfort zone', ma oggi è diverso, oggi è stato meraviglioso.
Dopo cena faccio una videochiamata a tre con Ev e Dolly.
«Com'è andato il pomeriggio?» chiede Dolly ammiccando.
«Ci siamo quasi baciati» dico con un sorriso stampato in faccia.
«Come quasi?» chiede Ev.
«Lui si è spostato, ma poi mi ha detto che gli piaccio»
«Un po' lunatico, il ragazzo» parla Dolly.
«Non è vero, è stato super dolce» lo difendo io.
«Houston, l'abbiamo persa» dice Dolly a Ev.
«Già» annuisce Ev.
«Mi ha tenuto la mano per tutto il viaggio di ritorno» racconto io.
«Così non finivi in mezzo alla strada, bimba mia» ironizza Dolly.
«Invece io sono super felice per te Daisy» dice Ev sorridendo.
«Anche io, ma spero che voi due non vi dimentichiate della vostra amica, visti i vostri ragazzi» dice Dolly.
«Tranquilla, tu hai sempre un posto nel mio cuore» dico ridacchiando.
«Vale lo stesso per me» dice Ev.
«Lo spero bene» ridacchia Dolly.
Continuiamo la telefonata fino a tarda notte parlando del più e del meno. Lo so che dovrei dormire, ma il sonno è lontanissimo dal venire.

La scuola oggi mi sembra la cosa più lunga e barbosa del mondo nonostante tutti parlino di Halloween, di come si vestiranno stasera e cosa faranno stasera. Non vedo l'ora che finisca per rivedere Aidan, e ovviamente le mie amiche se ne accorgono e iniziano a stuzzicarmi. Ma se dio vuole, l'ultima campana suona e siamo libere.
Stavolta Aidan ha seguito quello che gli ho detto ed è restato in macchina. Saluto le mie amiche e mi dirigo verso la sua macchina con il sorriso sulle labbra.
«Hey» mi saluta Aidan.
«Ciao» dico entrando in macchina.
«Com'è andata a scuola?» chiede mettendo in moto la macchina.
«Noiosa ma è andato tutto bene, tu?».
«Tutto bene».
«Perfetto, allora dove andiamo?» chiedo curiosa.
«Dove vuoi, non avevi programmi per Halloween?» chiede girandosi verso di me.
«No, non amo le feste di Halloween».
Lui sembra pensare un po', poi si illumina.
«Senti, so che non avevi programmi ma possiamo fare un salto alla festa giù in centro, ci sono un po' di giochi, qualche stand, una cosa tranquilla. E poi se qualche mostro ti spaventa, ti salvo io».
Non posso evitare di sorridere e di annuire alla sua proposta.
«Perfetto» dice alzando il volume della radio.

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