diciassette

Le vacanze di Ognissanti cadono perfettamente per recuperare lo studio lasciato indietro da questi giorni così movimentati. Oggi quindi passerò il pomeriggio a leggere e a fare i compiti, visto che Ev esce con Jace, Dolly si è trovata un ragazzo della Randolph Union che passa a prenderla con un furgoncino già dotato di materasso, e Tina e Matt sono occupati.
La casa è un po' troppo vuota per studiare serenamente pensando a tutti questi ragazzi accoppiati. Decido di fare un salto in una tavola calda.
«Benvenuta, accomodati pure dove vuoi, sarò subito da te» dice una ragazza di qualche anno più grande di me. Visto che tutti i posti vicino alle vetrate sono occupati, decido di sedermi in un angolo abbastanza appartato.
Ordino un milkshake al caramello, mentre lo bevo mi arriva un messaggio.
Aidan: Hey che fai?
Penso lungamente se rispondere. Ma la cortesia vince sul mio essere delusa di lui.
Io: Sto bevendo un milkshake
Aidan: Io ho appena finito gli allenamenti. Vediamoci, per favore.
Sono combattuta.
Da una parte vorrei andare per sentire cos'ha da dirmi mentre dall'altra vorrei solo che mi lasciasse in pace, se intende rispondere solo alle domande che non gli danno fastidio.
Nella mia mente iniziano a farsi spazio i momenti felici che abbiamo passato, ma subito dopo come un temporale in una giornata di sole, mi piombano addosso i ricordi di quella sera e della fiera, e del suo ostinato silenzio a riguardo.
Io: Non me la sento
Rispondo per poi spegnere il telefono e uscire dalla tavola calda.
Ho bisogno di schiarirmi le idee e di certo non ci riuscirò se penso costantemente a lui.
Decido di fare una passeggiata lungo le strade della mia cittadina. Era da molto tempo che non mi perdevo nel guardare i dettagli delle cose. Solo ora mi accorgo che gli scuri della mia casa preferita in questo quartiere da grigi sono diventati bianchi, cosa che dona un aspetto più moderno all'intera struttura, o che il negozietto di candele profumate è stato trasformato in un piccolo bar, con alcuni tavolini vicini alle vetrate.
Senza che me ne renda conto mi ritrovo davanti al parco dove io ed Ev giocavamo tutti i giorni dopo scuola, è da una vita che non veniamo qua. Le panchine sono state tinteggiate di verde e lo scivolo su cui passavamo i pomeriggi fantasticando fosse il nostro castello, ora è stato sostituito da un pincopanco in legno.
Mi avvicino e sfioro la superficie liscia con le dita.
Sento dei passi avvicinarsi, mi volto e vedo due bambine che si tengono per mano. «Possiamo andare noi?» chiede quella più alta.
«Certo» rispondo sorridendo ad entrambe, per poi continuare il mio giro.

Torno a casa verso le sei di sera, con la testa più leggera e le gambe stanche.
«Dove sei stata?» chiede mia madre appena entro.
«Ho fatto un giretto per la città» rispondo secca.
«Okay, volevo dirti che stasera papà ha un cena di lavoro, quindi saremo solo tu ed io... pensavo di ordinare cinese, ti va bene?».

Il cinese è il cibo che prendiamo sempre quando uno della famiglia è giù di morale, non so come sia iniziata questa "tradizione", ma ogni volta che vediamo che qualcuno della famiglia non se la sta passando bene prendiamo cinese e passiamo la serata guardando film comici.
«Si, va bene» mormoro accennandole un sorriso, per farle capire che non sto poi così male, che non prendo il cinese per lo stato d'animo.
Dopo essermi fatta una doccia bollente ed essermi messa in tuta, scendo e aiuto mia madre ad apparecchiare la tavola.
Appena arriva il cibo, ci dividiamo tutti i cartocci, in modo da avere un po' di tutto e poi iniziamo a mangiare. Nell'aria si sente solo il rumore delle bacchette e dei nostri denti che masticano. Solo qualche mese fa, in questa casa eravamo quattro ed ora, vuoi per motivi di lavoro, vuoi per studio, ci siamo solo io e mia madre.
«Tieni ho preso anche questi» mi dice mettendomi davanti agli occhi due biscotti della fortuna.
«Grazie» mormoro prendendone uno.
Lo spezzo a metà e ne tirò fuori il bigliettino.

Diffida di tutto tranne di quello che ti dice il tuo cuore.
Susanna Tamaro.

E se io non sapessi cosa mi dice il mio cuore? E se neanche lui sapesse cosa fare?
Stupidi biscotti della fortuna con frasi di misconosciuti autori forse italoamericani, che mi ingarbugliano ancora di più i pensieri.
«Cosa c'è scritto sul tuo?» domando a mia madre.
«A provocare un sorriso e quasi sempre un'altro sorriso» legge per poi guardarmi e accennare un sorriso.
Io sorrido a mia volta, ma mia madre capisce che non è un vero sorriso.
«So che non sono affari miei, ma cosa c'è che non va? Fino a qualche giorno fa eri sempre felice e solare ed ora sei... spenta. C'entra forse un ragazzo?».
Io abbasso lo sguardo e annuisco.
«La prima litigata è sempre la più tosta, da quella si capisce se la coppia ha possibilità di durare o se era destinata a separarsi».
«Com'è stata la prima litigata con papà?» chiedo alzo lo sguardo su di lei.
«Pessima, lui mi aveva tenuto nascosto che voleva iscriversi all'università del Texas ed io mi ero giurata che non gli avrei parlato per almeno una settimana, ma tuo padre non era della stessa opinione, infatti due giorni dopo è venuto sotto casa mia con un mazzo di fiori e una poesia scritta su un tovagliolo di un fast food».
«Papà con una poesia?» domando sconcertata.
«Ai suoi tempi era un vero romanticone, con il tempo si è indurito un po', ma ogni tanto capita ancora che mi scriva qualche verso» dice sorridendo.
«Deve essere stato bello, quando è venuto a scusarsi».
«In realtà appena l'ho visto, volevo buttargli un secchio d'acqua addosso per la sua sfrontatezza, ma quando ho capito com'era in ansia sono scesa, e devo dire che è stata la decisione migliore che abbia mai preso». I suoi occhi brillano così tanto di amore che faccio fatica a guardarla senza pensare ad Aidan.
«Si sistemerà tutto anche per te, ne sono sicura» dice posando le sue mani sulle mie.
«Che film guardiamo stasera?» chiedo cambiando argomento.
«L'altro giorno ho visto la pubblicità di un film che sembrava molto carino, credo si chiamasse il principe cerca figlio, o una cosa del genere».
«Vado a cercarlo» dico per poi alzarmi e dirigermi verso la tv in sala.
Il film si rivela veramente molto simpatico e divertente, e per un po' ha fatto sì che mi dimenticassi della presenza di Aidan e delle sue mezze verità, dei suoi silenzi.
Quando mi sono ritrovata da sola sdraiata nel letto a guardare il soffitto bianco ho pensato alle parole di mamma, la litigata che ho avuto con Aidan è accaduta per metterci alla prova come coppia, ed anche se in questo momento sono arrabbiata con lui, forse, se facesse una cosa come papà, lo perdonerei.
Magari prima gli chiederò delle spiegazioni ma lo perdonerei.

Appena mi sveglio, so già cosa farò oggi, non ho intenzione di passare altro tempo lontano da lui, non voglio che questa storia muoia semplicemente perchè soffocata dal silenzio.
Dopo scuola andrò da lui e cercherò di parlargli, costi quel che costi dobbiamo risolvere.
Dopo pranzo le ore sembrano passare a rallentatore, ogni volta che guardò l'orologio sono passati solo due o tre minuti dalla volta prima.
Appena suona la campanella della fine quasi non ci credo. Faccio la cartella in fretta e furia, saluto le ragazze e prendo l'autobus che mi porterà davanti alla scuola di Aidan. Per mia fortuna oggi ha allenamento, quindi sarà a scuola fino alle sei, così ho tutto il tempo per vederlo e parlargli.
Lungo il viaggio mi metto ad ascoltare un po' di musica e per passare il tempo conto quante macchine rosse vedo, solitamente questo gioco si fa con le macchine gialle, ma essendo un piccolo paesino le macchine gialle si vedono raramente.
Appena arrivo davanti alla sua scuola una sensazione di ansia misto a paura si impossessa del mio stomaco. Ma cosa mi è saltato in mente? Venire qua da sola, e poi se non c'è cosa faccio? E se lui non vuole vedermi?
Prima che queste idee mi facciano correre il più lontano da qui mi avvio verso la porta principale. Per me è un enorme sforzo mentale questo, vincere fino a questo punto la mia timidezza.
Visto che non mi ricordo assolutamente di dove sia il campo, mi dirigo verso la segreteria per chiedere informazioni.
«Ciao tesoro, come posso aiutarti?» domanda una signora con gli occhiali e un dolce sorriso.
«Vorrei sapere come si arriva al campo da football».
«C'è il tuo ragazzo, vero?».
«Non proprio».
«Comunque basta che tu percorra tutto questo corridoio, poi alla fine giri a destra e dopo poco dovresti trovarti davanti al campo. Mi raccomando rimani sugli spalti, lo staff è rigidissimo» dice guardandomi felice.
«Grazie mille» dico sorridendole per poi seguire le sue indicazioni.
Mi ritrovo dietro a degli spalti, evito il cancelletto che mi separa dal campo e salgo sulle gradinate dove sono presenti altri studenti, da lì non dovrebbe essere difficile individuare Aidan.
In questo momento tutti i giocatori indossano il caso, quindi è abbastanza difficile capire chi è, dato che non ho la più pallida idea di che numero porti sulla schiena, così decido di godermi lo spettacolo fino alla prossima pausa acqua.

Sui bordi del campo ci sono le cheerleader che provano alcune coreografie e fanno delle acrobazie che mi fanno venire ansia solo a guardarle, una ragazza è stata sollevata e lanciata in aria, come se niente fosse, e mentre era in aria non solo ha fatto una capriola ma ha anche battuto il cinque alle due che l'hanno lanciata.

Dopo circa una mezz'oretta i ragazzi si avvicinano alle borracce togliendosi il casco. Non penso abbiano con loro i cellulari ma per sicurezza decido di mandare un messaggio ad Aidan in modo che sappia che sono qui e venga lui da me, senza che io debba urlare il suo nome e farmi vedere da tutta la squadra.
Non faccio in tempo a cercare il suo contatto che vedo una ragazza, quella che è stata lanciata per aria, gli si avvicina.
Quando lui finisce di bere lei gli dice una cosa e poi lo prende per mano, portandolo in un punto in cui non riesco più a vederli.
So che non dovrei pensare subito al peggio, ma la mia mente è programmata per farlo, in certe situazioni, e questa è una di quelle.
Scendo dagli spalti cercando di non correre e mi dirigo verso la scuola.
Faccio il percorso di prima alla rovescia, quando arrivo davanti alla segreteria la donna subito mi chiede com'è andata.
«Non troppo bene» mormoro per poi farle un sorriso forzato ed uscire velocemente dalla scuola.

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