Owl Me, Maybe?
Your stare was holdin',
Ripped jeans, skin was showin'
Cold day, wind was blowin'
Where do you think you're going, baby?
Hey, I just met you,
And this is crazy,
But here's my address,
So owl me, maybe!
It's hard to look right
At you baby,
But here's my address,
So owl me, maybe!
(Carly Rae Jepsen - Call Me Maybe?, modificata dalla sottoscritta.)
Harry distolse per un attimo lo sguardo dalla cartella che stava esaminando, per soffermarsi a contemplare il panorama fuori dalla finestra del suo ufficio. Era una grigia mattinata di fine novembre e nuvole grandi e cupe minacciavano di scatenare un temporale da lì a qualche ora. Sospirò e si passò una mano tra i capelli, tornando a dedicarsi alla lettura del fascicolo. Sperava, in qualche modo, che quel lavoro tedioso si rivelasse interessante, a un certo punto. Si trattava di un caso di commercio illegale di Tentacula Velenosa, un ingrediente tristemente noto in campo di contraffazione di manufatti Oscuri. Il Quartier Generale degli Auror era stato coinvolto nel caso, in realtà di responsabilità dell'Ufficio Regolazioni e Controllo delle Creature Magiche, nell'eventualità di un ritrovamento di qualche artefatto ritenuto potenzialmente pericoloso.
"...si è ritenuto pertanto necessario, previa catalogazione del reperto sotto la dicitura di Beni Non Commerciabili di Classe C, richiedere una collaborazione con il Quartier Generale Auror, Dipartimento Ministeriale 12, Sezione 5..."
Le parole iniziarono a confondersi fra di loro in una tarantella disordinata di lettere e numeri, mentre le palpebre di Harry si facevano sempre più pesanti e la sua testa più leggera. All'ennesimo dondolio del capo verso il mento, Harry si alzò di scatto in piedi e si strofinò le mani sul volto, cercando disperatamente di darsi una svegliata.
"Mi serve un altro caffè," mormorò. Quindi coprì in poche falcate la distanza che lo separava dalla porta e la spalancò, uscendo dall'ufficio. Si incamminò per il corridoio, e si diresse verso la piccola aula ristoro in cui era stato allestito un tavolo con delle caraffe contenenti diverse bevande, incantate per rimanere costantemente calde. Aveva afferrato quella del caffè e si stava apprestando a versarne una tazza, quando Ron sbucò da un lato dell'androne con una scatola di ciambelle in mano e varcò la soglia della stanzetta.
"Ehi, Harry. Non riesci a svegliarti nemmeno tu? Noi siamo alle prese con un cavillo per la regolazione della Finta Wronski nella partite della prossima stagione. Dicono che sia colpa dei Cannoni! Non possono fare una variazione, che subito vengono accusati di gioco sporco! Che roba..." borbottò Ron. Harry si limitò a rivolgergli un sorriso stiracchiato e a sorseggiare dalla sua tazza. Da quando l'amico era stato assunto nell'Ufficio Per i Giochi e gli Sport Magici, scambiare due chiacchiere con lui nelle brevi pause dal lavoro era diventato piuttosto monotono.
"E a te, come va?"
E sembrava anche che la dose di caffeina mattutina di Ron fosse decisamente più forte della sua.
"Bene, sto lavorando su un caso, niente di interessante davvero."
Ron lo guardò in tralice e abbassò la voce. "Tutto a posto con... Sai, quella cosa di due settimane fa?"
"Oh. Sì, tutto normale, non... Non ho avuto più problemi. Grazie per avermelo chiesto,"
"Ah, figurati Harry. Mi dispiace non essere riusciti a fare una chiacchierata giù al Paiolo come ai vecchi tempi," disse Ron, sorridente. Quindi si chinò verso di lui, sussurrando. "Sai, Hermione... Mi tiene alle strette! Con i preparativi per il matrimonio e tutto! Dammi retta, prendila con calma con mia sorella!"
Harry tentò una risata solidale, ripensando agli eventi delle due ultime settimane. In seguito ai tumulti per la protesta della comunità gay e alla successivamente rinominata 'presa del Ministero', le cose si erano più o meno calmate, anche se non del tutto risolte. La comunità di maghi omosessuali aveva ottenuto l'emanazione di un Decreto per la Tutela Ragionevole della Libertà di Stampa Magica da parte del Ministero. Questo, si supponeva, avrebbe evitato loro qualsiasi tipo di attacco sulle testate giornalistiche della Gran Bretagna, sebbene il Ministro non si fosse pronunciato riguardo gli assalti dei locali e dei pub 'gay'. La vicenda non aveva ancora avuto ripercussioni, ma il malcontento generale dei maghi appartenenti alla comunità e nei confronti degli Auror e il Ministero era tangibile. Come se non bastasse, Harry era stato testimone di voci di corridoio che ponderavano su future retate a sorpresa di piccole squadre di Auror in borghese, delle quali non era stato messo 'ufficialmente' al corrente o alle quali tanto meno gli era stato chiesto di partecipare. Nonostante la ripresa della routine lavorativa e il progressivo diradarsi delle apparizioni del nome di Harry sulla carta stampata, infatti, la vita in ufficio era comunque lungi dall'essere facile. Il distacco, la freddezza e le frecciatine a mezza bocca da parte dei suoi colleghi Auror erano diventati, per quanto celati dietro a un formale rispetto – più della sua carica e del suo nome che di lui – delle vere e proprie costanti giornaliere da un mese a quella parte.
Si sentiva quasi come se fosse stato catapultato di nuovo al settimo anno a Hogwarts, in una sorta di replica semi-seria del periodo in cui era costretto a nascondersi a causa di una taglia sulla sua testa e l'etichetta di Indesiderabile Numero Uno. Questa volta, almeno, c'era Ginny era con lui. Si erano fidanzati dopo la caduta di Voldemort e le cose erano andate piuttosto bene, fino ad allora. Si volevano bene, progettavano di andare a vivere insieme entro l'anno successivo e magari sposarsi, quando Ginny avesse completato il corso all'Accademia per diventare giocatrice professionista di Quidditch.
Riscuotendosi dai propri pensieri, lanciò un Tergeo alla tazza ormai vuota e si rivolse all'amico. "Ron, devo davvero tornare in ufficio, altrimenti non finirò mai di leggere quella palla di fascicolo."
"Ma certo, Harry! Anche io, sai, ho un sacco di lavoro," bofonchiò lui.
Harry fece per voltarsi e ritornare verso la porta della sua sezione, quando un ragazzo alto si fece largo tra le sedie, seguito da un'altra figura in abito scuro, che gli regalò una spallata mentre si avvicinava al tavolino.
"Umph! Davvero divertente, Zabini!"
"Sta diventando una ricorrenza? Pause caffè con pezzenti e fenomeni da baraccone," disse Malfoy, versandosi una tazza di tè. "E un Earl Grey di pessima qualità," contratta in una smorfia. "Ormai il Ministero non sa più a cosa tagliare i fondi, eh?"
Ron roteò gli occhi. "Malfoy, come già ribadito, non sei obbligato a restare." Sembrò seguire il consiglio di Harry, visto il suo sforzo di evitare una risposta piccata che li avrebbe ricondotti in un baleno ai puerili scontri da corridoio di Hogwarts. Una sfumatura che Malfoy, al contrario, parve non cogliere.
"Bel completo, Potty. Dì, per adeguarti al tuo compare ti sei dato al riciclo?" chiese sarcastico, lanciando un'occhiata ai jeans di Harry, strappati all'altezza del ginocchio. Ginny aveva insistito perché li comprasse, assicurandogli che fossero l'ultima moda fra i Babbani e che lei li trovava molto sexy. Malfoy non era d'accordo, apparentemente.
Memore della promessa di mostrarsi superiore e fare fede alla propria maturità professionale, Harry bofonchiò un insulto e distolse lo sguardo per posarlo su Zabini, che invece dava loro le spalle e sembrava ignorarli. Si chiese se quel ragazzo pronunciasse mai più di cinque parole di fila. Quindi si rivolse di nuovo a Ron.
"Bé, allora io vado. Magari domani andiamo al Paiolo?"
Ron sorrise in risposta. "Mi ci vorrebbe proprio! Mandami un gufo, stasera."
"Mandami un gufo, Potty!" La vocetta scema di Malfoy riecheggiò nella stanza. "Uh, un gufo di Potty, che emozione!"
Zabini fece una risatina da dietro la sua tazza e Harry decise di mandare al diavolo i suoi buoni propositi.
"E smettila, Malfoy! Sei ridicolo! Chi credi di voler provocare, con queste battute da moccioso?!" sbottò.
"A giudicare dalla tua reazione, te."
Quel ghigno familiare fu la goccia che fece traboccare il vaso. E anche lui, letteralmente. Scattando verso Malfoy, con l'intento di afferrarlo per il bavero della sua giacca da upper-class e fare non sapeva nemmeno lui cosa, Harry inciampò su una sedia spuntata dal nulla davanti ai suoi piedi e planò su Draco. Alle sue spalle, gli parve di cogliere un'altra risatina di Zabini.
"Cazzo, Potter, vuoi stare attento!" sbottò Malfoy, tentando di toglierselo di dosso.
"La lente!"
"Che?!"
"La lente! Ho perso una lente!"
"Quindi ora cosa sei, semi-cieco? Che meraviglia, Sfregiato."
Strofinandosi l'occhio destro e cercando di mettere a fuoco la visuale con il sinistro, Harry si allontanò da Malfoy. Nel farlo, notò, grazie alla vicinanza, che la sua giacca era leggermente lisa sui polsini e aveva un bottone in meno. A proposito di pezzenti, si disse. Un pensiero che tuttavia scacciò subito dalla mente, ricordandosi delle difficoltà economiche di Draco.
"Tutto a posto, amico? E levati, Malfuretto!" Anche Ron sembrava essersi scordato del suo labile tentativo di mantenere una facciata minimamente indifferente.
"Sì, ho un paio di lenti di ricambio in ufficio, non preoccuparti."
Alzò quindi lo sguardo su Draco, che lo fissava ghignante come al solito. Che cosa patetica!
"Guarda che dicevo sul serio, Potter. Mandamelo, quel gufo."
Per un attimo, un silenzio imbarazzante e fuori luogo si impadronì della stanzetta. Lo sguardo di Harry rimase fisso negli occhi di Malfoy per un secondo di troppo, fino a che Zabini non risucchiò il suo caffè in modo eccessivamente rumoroso e Ron non tirò verso di sè Harry per una manica della camicia.
"Va a farti fottere, Malfoy, togliti dalle scatole e fammi tornare a lavorare," sbottò infine Harry.
Quindi, si diresse a grandi passi verso la porta che dava sul corridoio, seguito da Ron, non senza degnare di un'occhiata gli altri due.
"Come rovinarsi una pausa. E poi, che voleva dire? 'Mandamelo quel gufo'... Che imbecille!" asserì Ron.
"Non lo so e ripeto, non mi interessa nulla di quello che combina Malfoy."
"Già... Bé, allora a dopo, Harry. Buona giornata."
"Sì, anche a te," gli sorrise Harry, una mano sulla maniglia. "Ciao."
Dopo aver recuperato con un Accio una lente nuova, Harry si rimise al lavoro, cercando di concentrarsi sul quel maledetto fascicolo da finire, di certo un proposito non facile. La sua mente continuava a rimbalzare da un pensiero all'altro, nessuno di essi inerente al lavoro che doveva sbrigare.
I colleghi che lo tenevano a distanza, la stampa, Malfoy al Ministero. Malfoy al Ministero. No, decisamente questo non era qualcosa di cui si voleva e doveva preoccupare. Era fastidioso e a tratti sgradevole il modo in cui le sue riflessioni si concentravano, quasi contro la sua volontà, su quel bastardo spocchioso. La sua presenza sul suo posto di lavoro sembrava solamente rendere più pressante la sensazione di essere ritornato agli anni della sua adolescenza, quando era un facile bersaglio per chi lo circondava. A ciò si aggiungeva la delusione di non essere riuscito appieno a comportarsi come l'adulto che era e di essersi lasciato pungere da quella situazione come da un freccia tra le scapole.
La porta si spalancò di slancio, facendo sussultare Harry sulla sedia. Uno dei suoi colleghi, Rastrick, spuntò dalla soglia. "Potter, una visita per te," annunciò. "E, nel caso in cui te ne fossi dimenticato, gli esterni non sono ammessi nel Quartier Generale. Non vorrei che ti fossi messo in testa che per te si facciano eccezioni," appena prima di allontanarsi, lasciando l'uscio spalancato.
Harry si alzo in piedi stancamente, con uno sbuffo esasperato. "Figurarsi, chi se lo sogna," borbottò a bassa voce. Ormai si era abituato a quel genere di trattamenti da un mese a quella parte.
"Ehi, ciao." Ginny fece capolino da dietro lo stipite. "Scusa, non volevo crearti problemi," disse, mortificata.
"No, non c'entri. É normale, fidati," la rassicurò Harry.
"Oh, bé... Sai, passavo di qui, ho finito prima gli allenamenti oggi. Volevo solo salutarti, vedere come andava," disse la ragazza. "Io penso che dovresti rivolgerti a un superiore, già te l'ho detto."
Harry sapeva a cosa alludeva. Lei, forse in misura maggiore rispetto ai suoi sostenitori, si era indignata della coalizione 'anti-Potter' che si era creata al Quartier Generale. La sua indole combattiva e un po' sfacciata si era scontrata con una realtà che faticava ad accettare, soprattutto vedendo come Harry ne soffrisse. Quello che Ginny non riusciva a capire, però, erano gli sforzi di Harry di passare più inosservato possibile e il suo desiderio, non espresso, che tutto finisse il più presto possibile senza che lui fosse costretto a protestare più apertamente di quanto non avesse già fatto attraverso il suo palese rifiutandosi di unirsi alle retate.
"Hai ragione," mormorò, "dovrei. Magari però la smetteranno prima di quanto crediamo, no? Forse le misure estreme non sono sempre una soluzione."
Lo sguardo che Ginny gli rivolse gli fece capire che non era per nulla d'accordo con la sua proposta e che il suo tentativo di liquidarla era miseramente fallito. La ragazza si scostò i capelli da una spalla e lo fissò, apprensiva. "Come vuoi tu. Se ti va, stasera ne riparliamo. Ti chiamo via camino, ok?"
Harry le sorrise, grato che evitasse di rigirare il dito nella piaga. "Va bene. Grazie per essere passata." Avvicinandosi, la baciò piano sulle labbra. "Lascia perdere quello che ha detto Rastrick, mi fa sempre piacere vederti. E mi piacciono le sorprese," sussurrò.
Ginny sorrise e gli poggiò una mano sul fianco. "Sono contenta. A dopo, allora."
La giornata in ufficio passò tranquillamente e si rivelò indaffarata come al solito, fra altri e bassi. Una cartella incendiata per sbaglio, una petizione dall'Ufficio Creature Magiche per introdurre la possibilità di eleggere gli Elfi Domestici all'interno della Confederazione Internazionale dei Maghi e la richiesta di rifornimenti di Essenza di Dittamo per gli Auror in missione. Dopo Rastrick quella mattina, nessuno prese particolarmente di mira Harry, evento per cui lui fu grato.
Si fece cadere a peso morto sul divano sformato, una volta rientrato al numero 12 di Grimmauld Place. Alla fine della guerra, Harry aveva ripreso possesso del vecchia dimora di famiglia di Sirius e vi si era trasferito. Non gli piaceva particolarmente, era un'antica casa ormai fatiscente con una moltitudine di oggetti stravaganti. Tuttavia aveva ottenuto una buona posizione al Ministero solo l'anno prima, dopo aver completato i corsi per Auror, e non poteva ancora permettersi di acquistare un suo appartamento o tanto meno rimodernare l'abitazione dove risiedeva al momento. Il denaro che aveva ereditato dai suoi genitori più di vent'anni prima era stato per la maggior parte investito nella sua istruzione post-Hogwarts.
Ogni tanto si chiedeva quanto ancora avrebbe dovuto lavorare per potersi finalmente 'sistemare' e trasferire in un posto che avrebbe potuto davvero chiamare suo. Sospirò e con un lungo fischio chiamò Èamonn, l'allocco che aveva acquistato dopo la morte di Edvige. Si era ricordato che aveva promesso a Ron di spedirgli un gufo per mettersi d'accordo sull'uscita della sera successiva. Mentre afferrava un quadrato di pergamena dal tavolino accanto al divano e intingeva la piuma nel calamaio, si chiese quanto sarebbe stato ilare se, invece, avesse mandato quel messaggio a Malfoy. D'altronde, era stato lo stesso Draco a suggerirglielo quella mattina, no?
Si ritrovò a ridacchiare tra sé e sé e a scuotere la testa, divertito. Come gli venivano certe idee in mente... Un gufo a Malfoy, sì, come no. Per chiudere la giornata in bellezza. Legò la pergamena arrotolata alla zampetta di Éamonn e scandì: "All'appartamento di Ron Weasley e Hermione Granger."
Agitò appena la bacchetta per richiudere la finestra e seguì con sguardo pigro il volatile che si librava nel cielo. Quindi reclinò il capo sullo schienale, beandosi del calore del fuoco che proveniva dal caminetto acceso. Fuori, i primi fiocchi di neve della stagione avevano iniziato, soffici, a cadere.
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