Chess
Mate, let's quit playing chess,
you've been to my address,
you keep checking me out,
I wanna get loud.
Stop playing mouse and cat,
I'm telling you that,
I'm gonna win,
I'm checking you in.
Mate, it's my move,
'cause we play by my rules.
I can't do this anymore,
come on, mate, let's quit playing chess.
(Alphabeat - Chess, modificata dalla sottoscritta. )
La porta di Kellerman's, il piccolo café su Scotland Place, si spalancò, lasciando che una folata di aria fredda spirasse prepotentemente all'interno del locale. Qualche cliente si voltò accigliato, distogliendo per un attimo lo sguardo dal proprio giornale, mentre la maggior parte delle persone sedute ai tavoli si limitò a ignorare il piccolo gruppo di maghi che si avvicinava al bancone, ormai abituati al via vai di gente in un locale così vicino al Ministero.
"Incredibile! Parliamoci chiaro, non ho nulla contro di loro, eh, ma farci allontanare così, nel bel mezzo della giornata lavorativa..." sbottò un mago alto e dinoccolato dai capelli rossi.
"Veramente, Ron, quando sono venuta a chiamarti in ufficio eri davanti a una scatola di ciambelle!" replicò la ragazza accanto a lui, ravvivandosi la chioma crespa raccolta in una lunga treccia.
"Che c'entra, Hermione, quelle mi servono per darmi energia durante il giorno. Consumo un sacco di calorie, io! Diglielo, Harry!" protestò Ron.
"Sì...mh... Chi vuole un latte?" disse Harry, nel tentativo di dileguarsi in vista dell'ennesima lite tra i due.
"Io lo trovo giusto. Che protestino, intendo. Ultimamente ce ne sono state troppe di risse e senza nessun motivo giustificato! Dopo quel raid giù a Old Compton Street, i Servizi Amministrativi hanno davvero passato il limite. Certo, questo implica che io mi debba portare del lavoro extra a casa, ma se è per una buona causa..."
"Lavoro extra? Intendi più del solito?! Ho trovato un fascicolo in bagno stamattina!" alzò la voce Ron, allarmato.
"Potete smetterla, per una volta, voi due? Già devo sopportarvi tutti i giorni in pausa pranzo," sbuffò Harry. "Un cappuccino, per piacere," disse poi, rivolgendosi al barista.
Nel frattempo, Ron e Hermione si erano fatti spazio tra i tavoli, sedendosi poi all'unico libero a ridosso della grande finestra che dava sulla strada. Le tracce della manifestazione avvenuta un paio di ore prima erano ancora visibili. Volantini e cartelloni colorati erano ancora sparsi qua e là sui marciapiedi, mentre striscioni arcobaleno incantati svolazzavano tra i passanti. Hermione arraffò velocemente una copia dell'edizione speciale del Mattino del Profeta, abbandonata su una sedia.
"Sembra che abbiano evacuato l'intero dipartimento dei Servizi Amministrativi, oltre i nostri. E gli Uffici per il Trasporto Magico sono completamente bloccati," mormorò, scorrendo le pagine del giornale.
"Lo immaginavo, ho sentito la Abbott lamentarsi perché la Metropolvere non funzionava e non riusciva a smaterializzarsi. Ora capisco perché ci hanno fatto uscire dall'entrata sul retro. Non erano misure di sicurezza! Hanno bloccato i canali per impedire l'accesso dall'esterno!" disse Harry mentre si sedeva al tavolo, reggendo malamente tre tazze.
"Ma tanto sono riusciti a sfondare lo stesso la porta principale! Bella sicurezza! Cavolo Harry, ancora con questa moda del caffé babbano? É imbevibile!" guaì Ron, tentando di mandare giù il suo choco-mocha.
"A me piace..." mugugnò Harry, pensieroso. "Non riesco davvero a capire tutto questo accanimento verso la comunità magica gay. Il fatto che ora, dopo secoli, tentino di uscire allo scoperto pubblicando i loro giornali e aprendo locali non mi sembra un motivo valido per limitare i loro diritti."
"Già. Credo che sia legato alle vecchie tradizioni. Sai, per i maghi Purosangue è sempre stato importante mantenere una discendenza. Un figlio omosessuale non è certo qualcosa che vuoi ti capiti, se hai una stirpe da portare avanti," proseguì Hermione.
"É vero. Mamma mi racconta sempre che al suo matrimonio dovettero nascondere tutte le sciarpe rosa di zio Ignatius, per evitare che si presentasse con quelle addosso alla cerimonia!" aggiunse Ron.
Hermione alzò gli occhi al cielo. Notando il suo amico sbuffare e incupirsi, allungò il braccio sul tavolo e gli strinse la mano, un sorriso sulle labbra. "Harry, hai fatto bene a non unirti al gruppo di Auror che ha portato avanti le retate. Dovresti essere orgoglioso di te stesso, come lo siamo noi."
"Lo sono! Solo che mi pesa il fatto che il Bambino-Che-É-Sopravvissuto venga etichettato come un 'senza palle'!" replicò.
"Certo non una cosa che ti vuoi sentir dire nel bel mezzo di una protesta ga-"
"RON!!" sbottò Hermione, accennando eloquentemente a Harry con il capo.
"Cos-ouch! Ok, ho capito, ho capito... Ehi, amico, ti va una partita a scacchi?"
"Oh? Ah, sì certo, va bene," si ridestò Harry, mentre Ron si dirigeva verso il vasto assortimento di giochi da tavola che il locale offriva.
Harry riuscì solo per qualche minuto, purtroppo, a distrarsi dai pensieri che riempivano la sua reclamavano la sua attenzione da una settimana a quella parte. L'aria nel Quartier Generale Auror si era fatta abbastanza tesa da quando aveva espressamente negato la sua partecipazione alle recenti spedizioni nei pub e nella sede del giornale della comunità omosessuale. Ron, Hermione e Ginny, sua fidanzata da sei anni, lo avevano appoggiato nella sua decisione, certo, e tuttavia non riusciva a togliersi dalla testa il pensiero che la stampa avesse iniziato di nuovo a dedicarsi a lui, dopo anni di tranquillo anonimato, seppure in maniera nemmeno lontanamente paragonabile all'accanimento perpetrato verso le proteste.
Non si era mai soffermato, in realtà, su una possibile presa di posizione riguardo i diritti dei maghi omosessuali. Non conosceva nessuno che vivesse quella realtà, né ne aveva mai sentito parlare dettagliatamente. Quando però la settimana precedente erano scoppiate le proteste, il Profeta e altri giornali del mondo magico avevano iniziato una vera e propria 'caccia al gay sotto mentite spoglie' tra le personalità più in vista. Erano seguite parecchie insinuazioni riguardo una 'particolare' amicizia tra Silente e Grindelwald, quando entrambi erano ancora in vita e studenti a Hogwarts. Harry, conscio del loro passato burrascoso, aveva sempre sospettato l'esistenza di una relazione segreta fra i due, sebbene il vecchio preside non ne avesse mai fatto cenno, e con il passare degli anni dopo la sua morte il rispetto profondo che nutriva nei suoi confronti era accresciuto anche per via della sua capacità di discrezione.
Perciò, al di là della sua aperta posizione contro qualsiasi forma di violenza e a favore della parità dei diritti, lo schieramento di Harry contro le azioni del Ministero avrebbe potuto essere letto come un omaggio alla memoria del suo mentore. Peccato che fosse l'unico, nel Quartier Generale, a pensarla così.
"Dai, amico, concentrati! Mi sembra di star giocando con il gatto di zia Muriel! Se non ti andava di giocare, potevi dirmelo..." si lamentò Ron, guardando l'alfiere di Harry russare, disteso su un riquadro scuro.
"Scusa! Come puoi pretendere che riesca a giocare, con quello che succede. Per esempio, hai idea di cosa dirà il Profeta del fatto che sono l'unico Auror ad aver lasciato l'edificio senza attaccare i protestanti? Non ci voglio nemmeno pensare!" sospirò Harry, con rabbia.
Allo sguardo preoccupato di Hermione, Ron osò un ennesimo tentativo di riportare la conversazione su binari meno angosciosi. "Di' la verità, hai paura che ti stracci anche stavolta, eh? Ammetto che sfidare me è praticamente senza senso, visto che ho la vittoria certa..."
Inquieto, Harry scostò la sedia e si alzò, abbandonando amici e scacchiera. "Dove vai, ora?" protestò Ron. "La partita non è ancora finita!"
"Senti, Ron, scusami. Non riesco proprio a concentrarmi, adesso," rispose Harry, adocchiando il suo pedone che tentava di ripararsi dalle testate della regina di Ron. "Vado un attimo in bagno."
Si allontanò dal tavolo e da due preoccupati Ron e Hermione e fece per dirigersi verso la toilette, quando la porta del café si aprì e un mago alto e biondo gli andò a sbattere contro.
"Che cavolo, stia attento!" sbottò la figura sottile.
"Oh, scusi, non- MALFOY!?" disse Harry, spalancando gli occhi. Se le lenti magiche non lo ingannavano, quello era proprio lui. I due non si erano più rivisti dalla Battaglia Finale, se si escludevano le fugaci occasioni in cui Draco si era presentato in tribunale, quale parte del processo contro i Mangiamorte, dal quale era uscito illeso, poiché le costanti minacce subite dall'inizio della guerra erano valse a dimostrare come il suo coinvolgimento fosse stato estorto con il ricatto.
"Potter?! Ah, allora è vero, i guai non vengono mai da soli," sbuffò Malfoy, dopo qualche istante di incertezza.
"Potrei dire lo stesso," disse Harry, fissandolo irato.
"Ehm, scusate, quanto deve durare questo scambio di idee davanti la porta? Vorrei poter ordinare il mio chai latte."
Un ragazzo di colore slanciato e vestito di un completo skinny cut sgusciò di lato e, spintonando 'casualmente' Harry, si diresse verso il bancone.
"Blaise, non sono più tanto sicuro di voler stare qui. Sento odore di feccia," disse Malfoy, notando Hermione e Ron seduti poco più in là.
"Nessuno ti obbliga a rimanere, Malfoy. E vedi di evitare certi termini," sibilò Harry, gli occhi fissi su quel naso odiosamente dritto e familiare.
Zabini ignorò l'amico, strascicando a mezza bocca le ordinazioni al barista.
"Altrimenti, Potter? A proposito, che fine hanno fatto i fondi di bottiglia? Li hai venduti come cimelio a un'asta?" lo provocò Malfoy, con un ghigno.
"Malfoy..." ringhiò Harry, protendendosi con fare intimidatorio nella sua direzione.
Hermione scattò prontamente dal tavolo verso l'amico, posandogli cautamente una mano sulla spalla. "Harry, dai, torniamo al tavolo, lascia perdere," sussurrò con tono gentile. Un paio di persone nel locale si voltarono verso il gruppetto, anche se la maggior parte fece del loro meglio per ignorarli. Per quanto la popolarità di Harry fosse scemata dopo la fine della guerra, c'era ancora qualcuno che si girava a rubare un'occhiata quando passeggiava in giro per Londra o entrava in un pub. La scenetta che si parava loro di fronte certo non aiutava la precaria posizione di Harry a proposito delle recenti vicende politiche.
"Ah, vedo che il trio dei supereroi è ancora felicemente unito. Deduco che non siete rimasti a far da guardia al Ministero?" commentò sprezzante Malfoy, lanciando uno sguardo di sufficienza a Hermione.
Harry arretrò di qualche passo e si sistemo il colletto della camicia. "Cosa ne sai tu, del Ministero?"
"Caro Potty, ne so più di quanto tu creda. Si dà il caso, infatti, che io stia collaborando con il Corpo delle Convenzioni dei Commerci Magici come pozionista esterno. Dì un po', chi l'avrebbe mai pensato, Draco Malfoy dalla parte dei buoni..." sogghignò il ragazzo.
"Il Ministero ha già dei pozionisti scelti, non ha certo bisogno di collaboratori," intervenne Hermione, guardinga.
"Sbagliato, Granger," disse Draco, un sorrisetto soddisfatto che si apriva sul volto. "A quanto pare, i vostri pozionisti così qualificati non riescono a mettere a punto alcune pozioni più complesse e sono stati costretti ad avvalersi dell'aiuto del personale del San Mungo."
"Tu! Al San Mungo! Che succede, un Malfoy che lav-" Harry si bloccò appena in tempo, ricordandosi di come parecchie famiglie precedentemente sostenitrici di Voldemort fossero state condannate al pagamento di un'ingente somma a titolo di risarcimento per i propri crimini di guerra, finendo sul lastrico a pochi anni dalla conclusione dei processi. Per quanto Harry provasse ancora un senso di rivalità nei confronti di Draco, si rendeva conto che l'odio provato nei suoi confronti ai tempi di Hogwarts ormai non era che un labile ricordo, sostituito piuttosto da una sorta di fastidiosa intolleranza.
"...volevo dire, un Malfoy, ehm, che lavora per il Governo. Wow, ehm..." borbottò, ottenendo in risposta un'occhiata gelida e un silenzio imbarazzante.
"Sì, beh, non preoccuparti Sfregiato, è solo una collaborazione temporanea," ribattè Malfoy dopo qualche secondo. "Sei mesi e poi mi tolgo dalle palle. Figurarsi se ho voglia di lavorare in un posto che per far fronte a una stupida protesta fa evacuare gli uffici!" Quindi si allontanò dai due e si diresse verso il tavolo dove Zabini era già seduto, intento a sorseggiare una bevanda color caramello da un alto bicchiere di vetro.
"Ha ragione, chi l'avrebbe mai detto, incappare in Malfoy dopo tutto questo tempo," sussurrò Hermione.
"Già, esattamente quello che mi ci voleva stamattina," rispose Harry, tornando al tavolo, dove Ron lo fissava curioso.
"Ma era davvero Malfoy, quello? Che diamine di fa qui?!" sbottò l'amico.
"Lavora come collaboratore pozionista esterno per le Convenzioni dei Commerci Magici al Ministero. Sembra che abbiano evacuato anche i loro uffici," disse Hermione, giocherellando con il cucchiaino.
"Whaa," guaì Ron. "Il furetto in giro al lavoro! Che schifo! E in coppia con quell'altro cretino, ovviamente! Lo sapevate voi, che Zabini è stato assunto nella Squadra per la Cancellazione della Magia Accidentale? Me lo aveva detto Angelina. Dove si andrà a finire, i Serpeverde al Ministero," aggiunse con un sospiro, sconsolato.
"Forse dovresti andare oltre le rivalità, che ne dici? Non sono questi i problemi ora..." ribatté Harry, stizzito. L'ultima cosa che voleva, a dirla tutta, era rivangare vecchi rancori scolastici. "Credo che mi limiterò a ignorarli," disse, massaggiandosi le palpebre con i polpastrelli.
Ron emise un verso sconsolato. "Cavoli, Harry, sei intrattabile oggi! Come fa mia sorella a sopportarti, quando hai un umore del genere? Ti preoccupi troppo, dai retta a me. Vedrai che in un paio di giorni i giornali si saranno già dimenticati di tutto."
"Sono d'accordo, Harry. Lascia perdere, distraiti, esci con Ginny. Le cose si aggiusteranno da sole," gli sorrise Hermione.
Già, forse avevano ragione. In effetti, stava esagerando non era necessario preoccuparsi in quel modo. Forse dopo i tumulti di quei giorni, il polverone si sarebbe dissipato e tutto sarebbe tornato come prima. Forse.
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