Ne avevano passate tante

"Credi che durerà per sempre?"
Non le aveva risposto.
Si era limitato a fissare lo spettacolo che avevano di fronte. Senza fiatare.
Ne avevano passate tante, loro due.
Insieme, ma anche da soli.
Le ginocchia sbucciate giocando a calcio in mezzo alla strada. Due bottiglie di plastica, una per lato, a improvvisare una porta.
Lei in attacco, lui in difesa.
A turno.
Non si risparmiava nel marcarla e rincorrerla.
Il fatto che fosse una femmina non gli aveva mai creato nessun tipo di inibizione.
Qualche volta lei era caduta a terra, nella foga delle corse.
Una, in particolare, la ricordava bene.
Una minuscola cicatrice sotto il mento, pallida, richiamava alla sua memoria quell'episodio. Ogni volta che si truccava o si lavava i denti.
Era inciampata su un sasso. Ma non avrebbe dovuto mettere le converse blu, si disse dopo. Si era sciolto un laccio. No, era colpa dell'asfalto. Era decisamente colpa di quell'asfalto irregolare e bollente.
Lui le correva affianco. La rincorreva. Le teneva testa, ma non riusciva a fermarla. Le aveva afferrato un braccio, il sinistro. Forse poi l'avrebbe abbracciata.
Avevano quattordici anni. Era agosto. Faceva caldo.
Di quel giorno ricordava la sensazione di vuoto. Il terrore. Il respiro mozzato. Il fiato sospeso. Le braccia tese in avanti.
Niente flash poetici sulla sua vita passata.
Poi l'impatto. Il dolore. Tanto dolore. Faticava a respirare.
E il sangue.
Tantissimo sangue.
Sul palmo delle mani. Graffi.
In viso. I denti dipinti di rosso. Il sapore di ruggine in bocca. L'angoscia.
Sul torace.
Non avrebbe dovuto indossare una maglietta bianca, si disse poi.
Le piaceva giocare a calcio.
Le piaceva stare insieme a lui.
Poi ci fu una festa.
Gli aveva versato un drink sull'abito nuovo.
Lui non l'aveva presa bene. Però era riuscito a sorriderle. Lei quasi tremava per l'imbarazzo.
Non stavano ancora insieme.
Quella sera le aveva fatto una carezza sul volto. Sul mento.
Era un po' ubriaco.
Un giorno le chiese di uscire insieme. Ma stavolta era diverso.
Non aveva invitato gli altri amici.
Si disse che forse stava nascendo qualcosa tra loro due. Qualcosa di bello.
Indossò un abito scuro.
Fu una bella serata.
La riaccompagnò a casa con la sua jeep scura e le stampò un bacio in bocca.
Fu... strano.
Non se lo immaginava così il suo primo bacio. Forse sperava in qualcosa di più intenso. Uno di quei baci che ti fanno contorcere lo stomaco e ti lasciano senza fiato, con il cuore che spinge sul costato e lo incalza.
Quelli dei libri che aveva nello scaffale della sua camera da letto.
Poi venne altro. E anche quello fu diverso dalle aspettative.
Non avrebbe dovuto leggere tutti quei romanzi, si disse.
Dopo la maturità, lasciò il suo paese.
Si trasferì in un'altra città.
Con lui le cose non andavano più così bene.
Ogni volta si diceva che ce l'avrebbe fatta. "Domani lo chiamo e glielo dico".
Ma domani non era mai oggi.
Un giorno, al rientro dall'università, se lo ritrovò nel suo monolocale.
Erano le dieci di sera.
Si era fermata a studiare da un'amica.
Fu quello che gli disse.
Le fece una sfuriata. Si era sentito solo, disse. Abbandonato. Le aveva scritto che sarebbe arrivato. Aveva guidato per quasi mille chilometri.
Ma la mattina dopo era tutto dimenticato.
Le aveva fatto trovare ventuno rose bianche sullo zerbino del suo appartamento.
Ventuno. Come i suoi anni.
"Ti amo. Sempre".
Non sapeva cosa fare.
Lo amava anche lei.
Non aveva dubbi.
Ma c'era qualcosa...
Ne avevano passate tante insieme.
Una volta, in prima media, le aveva fatto trovare un bigliettino sul banco.
"Rocco è innamorato di te".
Aveva strappato il foglietto e continuato a ripetere la Divina Commedia. Doveva pensare all'interrogazione.
Rocco la prendeva sempre in giro.
E anche chi aveva lasciato quel messaggio.
Un Natale scoprì che l'aveva tradita.
E non una sola volta.
Lo lascio, si disse.
Ho un buon motivo.
Sì, perché di buoni motivi non ne aveva fino ad allora.
In fondo lui era dolce.
E glielo dimostrava ogni tanto.
Come quando da piccoli prendevano i loro zainetti e scendevano al mare.
Correvano evitando i sassolini sepolti dalla sabbia. Lui le teneva i fianchi.
A ogni salto temeva che cadesse.
E poi salivano su, in cima a quello scoglio. Quella fortezza umida, salata.
E allora le afferrava le mani. E gliele stringeva forte. Perché era scivoloso. E pericoloso.
Lei non sapeva nuotare. Era suo compito proteggerla.
L'acqua era bassa, sì. Ma c'erano i granchi. E lei aveva paura dei granchi. E se scivolava in mare c'erano quei pesciolini verdi. Quelli piccoli e viscidi, che ti si appiccicano ai piedi e ti fanno il solletico.
Rimanevano lì, seduti, fino a vedere la luna sorgere.
Era bello.
Soprattutto nelle serate di agosto.
Da bambini si chiedevano se ci fosse qualcuno su quella palla bianca.
Qualche volta salutavano. E poi scoppiavano a ridere.

Glielo disse una sera.
Erano a cena. Stavano guardando la televisione.
Era tornato a trovarla.
Qualche giorno dopo si sarebbe laureata.
"So che mi hai tradita".
Non lo strillò.
Fu più un sussurro. Quasi come se fosse lei a vergognarsene. Se fosse colpa sua.
Non le rispose.
Non accadde nulla.
Finirono di cenare.
Quella sera lui dormì sul divano.
La mattina seguente gli fece trovare il trolley nero con cui era arrivato in cucina.
Se ne andò.
Qualche mese dopo le scrisse che si era pentito.
Ripensò agli anni trascorsi insieme.
Ne avevano passate così tante.
Una sera le confessò di aver speso decine di euro per far passare al jukebox "You're beautiful" quando erano poco più che bambini.
Fu quella sera che si innamorò di lui. Lo capì qualche anno dopo.
"Sposami", le scrisse un giorno.
Ripensò a quel pomeriggio di giugno.
Quando il pallone era volato dritto oltre il cancello bianco della vicina. A lei che si arrampicava per riprenderlo. Alle punte alte dell'inferriata, screpolate dalla ruggine.
Ripensò allo strappo sulla maglietta. Alla cicatrice sul cuore.
Al dopo.

Non rispose mai a quel messaggio.

Aveva deciso di uscire per una passeggiata quella sera.
Il caldo era insostenibile.
Scese sulla spiaggia. Lui le corse incontro.
Si arrampicò su uno scoglio. Il passo era incerto. Le strinse le mani sui fianchi.
"Non cadere".
Si sedette in cima allo scoglio. Lui accanto a lei.
Quella sera c'era un'eclissi lunare.
Quando il satellite si oscurò, posò le labbra, secche e salate, sulle sue. Sapevano di mare.
La mano sinistra sul cuore, la destra sotto al mento.
Lei sussurrò qualcosa al suo orecchio.
Poi il silenzio.

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