We wanted to be the sky

"Questa storia partecipa al Writober di Fanwriter.it"


» Lista: pumpNEON

» Prompt: We wanted to be the sky

» Rating: Verde



Un'altra lunga ed estenuante giornata lavorativa era finalmente volta al termine. Kyojuro salutò ancora una volta i suoi colleghi e si avviò verso l'uscita principale dell'istituto tecnico "Kimetsu no Yaiba". Si era trovato nuovamente a passare l'intero pomeriggio all'interno dell'Aula insegnanti, ma stavolta non di sua spontanea volontà. Lui e gli altri professori si erano riuniti per il primo Consiglio di classe del quinto anno; colloquio che si era protratto più del previsto. Ci tenevano tutti ai propri alunni, ma era importante avere un quadro chiaro sin dall'inizio e individuare per tempo chi avrebbe avuto problemi ad affrontare la maturità e chi, invece, no.

Mentre attraversava i lunghi corridoi della scuola, il professore di storia prese il cellulare dalla tasca e fece partire la chiamata con uno degli ultimi numeri composti recentemente: quello di Tengen. La sera prima l'aveva letteralmente piantato in asso per seguire il giovane bartender – nonché sua anima gemella – nel retro del pub dove questi lavorava. Gli aveva promesso una spiegazione più esaustiva, ma non era ancora riuscito a contattarlo. Il telefono squillò per cinque secondi esatti, poi la voce tonante di Tengen lo raggiunse con un "Chi non muore si rivede!" quasi urlato dritto nel suo orecchio.

«Ciao, Tengen. Mi dispiace davvero tanto, per ieri sera. Io...»

«Non mi interessano, le tue scuse. Vai dritto al punto!» Lo interruppe Tengen.

Delle risate soffuse si unirono al tono concitato dell'amico, segno che anche le sue tre mogli fossero presenti e in ascolto. Kyojuro sorrise e scosse la testa, prima di riprendere a parlare.

«Per come ti ho accennato ieri sera prima di sparire nel nulla, ho trovato la mia soulmate. È il bartender che prepara e serve i drink in quel pub nuovo.» Disse infine, parlando dell'altro con calore.

Era bello poter finalmente dire di aver trovato la sua metà, il pezzo mancante della sua anima.

«È una notizia magnifica! Sappi che ci devi offrire una bevuta per festeggiare.» Sentì rispondere Suma, la più giovane delle mogli di Tengen.

«Concordo assolutamente. Ieri sera, alla fine, sono andato via senza ordinare nulla. Un certo amico mi ha lasciato in mezzo al locale, abbandonandomi solo a me stesso.» Rispose Tengen, con fare fintamente melodrammatico.

«Scusami ancora, Tengen, davvero. Mi farò perdonare, promesso.» Ridacchiò Kyojuro, ormai prossimo all'uscita della scuola.

«Ma bando alle ciance! Com'è lui? Come si chiama?» Chiese la seconda moglie, Makio, curiosa.

«È esattamente il mio opposto. Ha piercing e tatuaggi praticamente ovunque, i capelli di un rosa acceso, è esuberante e guida una moto. E poi, lavora in pub notturno come bartender. Ma questo lo sapevate già.»

«Lo sai come si dice, no? Gli opposti si attraggono.» Lo interruppe per un attimo Tengen, ridendo fragorosamente, contagiandolo e portandolo a dargli ragione.

«Comunque, si chiama Akaza e...» Kyojuro rimase un attimo in silenzio, quando avvertì distintamente la sua anima fremere come la sera precedente.

Quel segnale voleva dire solo una cosa: Akaza era molto vicino e poteva sentirlo chiaramente. Colmò con passo svelto i pochi metri che lo separavano dal portone principale della scuola e lo varcò, uscendo nel freddo della sera. Dall'altro lato del telefono, Tengen lo stava chiamando per nome, preoccupato per l'interruzione improvvisa della chiamata. Ma Kyojuro non lo stava ascoltando, troppo concentrato a fissare l'uomo con la giacca di pelle nera e gli inconfondibili capelli rosa poggiato alla moto pochi metri fuori dalla recinzione dell'istituto.

«Sì, scusate, sono ancora qui. È che... c'è Akaza che mi sta aspettando davanti al cancello. Passo da voi, uno di questi giorni, e vi racconto tutto per filo e per segno.» Rispose Kyojuro, in maniera sbrigativa, senza mai staccare gli occhi dalla sua soulmate.

Era come se il canto melodioso di una sirena lo stesse attirando a sé e lui non potesse fare altro che seguirlo, ammaliato. Riagganciò dopo aver sentito i suoi amici salutarlo, poi raggiunse Akaza che lo stava aspettando con le mani infilate in tasca e un grosso sorriso sulle labbra. Era bello e provocante, fasciato nei suoi jeans attillati e coperto dalla giacca di pelle lasciata sbottonata per far intravedere la maglia bianca sotto – altrettanto aderente.

«Allora ieri eri davvero tu, il motociclista che si è fermato di fianco alla mia auto, al semaforo dell'incrocio.» Disse Kyojuro, giusto per distogliere l'attenzione dai pettorali dell'altro, i cui lineamenti spiccavano evidenti e ben delineati seppur coperti dalla stoffa della maglietta.

Anche se la sera prima aveva visto Akaza a torso nudo, non aveva prestato troppa attenzione ai muscoli guizzanti del petto e della schiena decorati dal grande tatuaggio. Era troppo preso dalle emozioni che l'avevano pervaso e stravolto nel momento stesso in cui aveva capito di avere di fronte la propria soulmate, troppo intento a godere di quella sensazione piena e totalizzante che lo aveva avvolto come un manto caldo e familiare.

«Mi sembrava fosse sottointeso, data la connessione avvenuta tra le nostre anime in quel preciso momento. O sono stato il solo ad aver avvertito un fremito, di fronte a quel semaforo?» Lo punzecchiò Akaza, un sorriso furbo ad arcuargli le labbra.

«Volevo solo esserne certo al cento per cento.» Lo rimbeccò Kyojuro, sorridendo a sua volta. Parlare con Akaza era semplice; gli veniva spontaneo rispondere come se si conoscessero da tutta una vita, con un tono e un'ironia che non aveva mai usato con nessuno. Avvertiva una complicità davvero disarmante, cosa che gli riempiva letteralmente il cuore di gioia. «Piuttosto, cosa ci fai qui? Non ricordo di averti detto che sono un professore di questa scuola.» Continuò poi, aggrottando le folte sopracciglia e reclinando appena la testa da un lato, pensieroso.

«Perché non l'hai fatto.» Rispose Akaza, sorridendo maggiormente fino a mettere in mostra i canini lievemente più lunghi del normale. «Ho un amico che lavora qui, come collaboratore scolastico. Forse lo conosci: si chiama Shabana Gyutaro.» Kyojuro annuì, avendo ben presente chi fosse il collaboratore a cui stava facendo riferimento e Akaza continuò a parlare. «Ecco, sono passato di qui per un saluto veloce e ho avvertito la tua presenza. Così gli ho chiesto se anche tu lavorassi qui e mi ha parlato molto del professore di storia più amato dell'istituto

Kyojuro scosse la testa, ridendo sommessamente di fronte a quelle parole ripetute con tanta enfasi dalla sua soulmate. Durante la giornata, gli era sembrato di aver percepito flebilmente la vicinanza di Akaza – come un ronzio basso e continuo all'interno della propria anima –, ma non avrebbe potuto lasciare la sua classe solo per correre a controllare se fosse veramente nei paraggi.

«Non hai risposto del tutto alla mia domanda: cosa ci fai qui? Non dovresti essere al lavoro?»

«Ho chiesto la serata libera perché avevo voglia di passare del tempo con te e sono stato qui ad aspettarti.» Ammise Akaza, scostandosi dalla moto per avvicinarsi ulteriormente a Kyojuro.

I loro corpi si trovavano a pochi centimetri di distanza, ma l'attrazione reciproca era davvero forte e quasi palpabile. Il bartender allungò una mano in direzione del viso del professore di storia e sfiorò uno dei ciuffi biondi che gli contornavano il viso. Nel farlo, i suoi polpastrelli entrarono in contatto con la pelle fredda della guancia di Kyojuro, facendolo fremere impercettibilmente, come se avesse preso la scossa. Non ci avrebbe mai fatto l'abitudine: era una sensazione ancora nuova, per lui, e sentiva che non ne avrebbe mai avuto abbastanza. Gli piaceva il modo in cui la sua anima gemella lo stava toccando, trasmettendogli un calore senza eguali.

«Salta su.» Disse ad un tratto Akaza, riportando Kyojuro con i piedi per terra, a contatto con la realtà.

«Come, scusa?» Chiese il professore, confuso e ancora distratto dal piacere che gli aveva trasmesso quel tocco lieve come una piuma.

«Sali con me sulla mia moto: voglio portarti in un posto.» Ripeté il bartender, scostando la mano e guardando l'altro dritto negli occhi con un luccichio vivace nelle iridi azzurre.

Kyojuro sbatté le palpebre un paio di volte, le sopracciglia aggrottate in un'espressione perplessa. Il dubbio era ben visibile sul suo viso, cosa che fece ridacchiare Akaza, portandolo a premere un dito dritto in mezzo alle rughe di espressione che si erano formate per via di quel cipiglio.

«Tranquillo, non proverò ad attentare alla tua verginità.» Disse ghignando.

«Chi ti dice che io sia ancora vergine?» Controbattè Kyojuro, anche se si sentì letteralmente andare a fuoco, ritrovandosi a ringraziare mentalmente la poca luce serale che permetteva di nascondere il rossore diffuso su tutto il suo volto.

Akaza lo fissò con un sorriso mellifluo sulle labbra e l'aria di chi la sapeva lunga, tuttavia non aggiunse altro. Forse Kyojuro poteva pure non essere vergine in quanto uomo, ma c'era sicuramente un altro tipo di verginità a cui avrebbe volentieri attentato. Salì in sella, accese la moto facendola ruggire sonoramente e allungò una mano in direzione di Kyojuro, decidendo di tenere per sé quel pensiero, rimandando il discorso ad un altro momento.

«Vieni con me?»

Kyojuro lo fissò in silenzio per un lungo attimo, indeciso sul da farsi. Una parte di lui scalpitava come un cavallo imbizzarrito, spingendolo ad accettare senza porsi problemi, ma l'altra era reticente. Il suo tentennamento non nasceva assolutamente dal fatto di potersi fidare o meno della propria soulmate, ma non era mai salito su una motocicletta. Non era vestito in modo consono, doveva ancora cenare e aveva con sé la sua ventiquattrore. Per non parlare del fatto che avrebbe dovuto lasciare la propria auto lì e l'indomani avrebbe fatto fatica a raggiungere nuovamente l'istituto tramite i mezzi pubblici.

«So a cosa stai pensando. Non ti preoccupare e fidati di me.» Disse Akaza, guardandolo intensamente negli occhi.

Kyojuro non poté più rifiutare, di fronte a uno sguardo come quello. Sorrise e afferrò con decisione la mano della sua anima gemella. La solita bellissima sensazione gli percosse le vene, facendo sparire in un attimo ogni esitazione. Facendosi guidare nei movimenti, posò un piede sul poggiapiedi posteriore, si issò in modo da poter far passare la gamba dall'altra parte della moto e si sedette sul sellino del passeggero. Akaza gli lasciò la mano solo quando lo sentì ben sicuro dietro di sé, così da potergli permettere di aggrapparsi a lui o al telaio della motocicletta durante la marcia.

«Tieniti forte.» Gli consigliò Akaza, facendo ruggire la sua Honda con un colpo di acceleratore.

«Aspetta! Ma il casco?»

L'unica risposta che Kyojuro ottenne fu uno sguardo divertito da sopra la spalla della propria soulmate e un sorriso sghembo. Ebbe giusto il tempo di incastrare meglio la ventiquattrore tra il suo ventre e la schiena del bartender: quando sentì le sue mani afferrargli i fianchi, Akaza partì a tutta velocità, schizzando come una freccia per le strade della città. Kyojuro trattenne il fiato e si ritrovò a circondare la vita dell'altro per paura di venire sbalzato via dalla pressione dell'aria che gli scorreva addosso. Il vento era pungente, ma lui sentiva solo il calore di quel corpo stretto tra le proprie braccia. Fu proprio quello a permettergli di rilassarsi e di potersi godere un po' il tragitto. Le case scorrevano veloci, quasi confondendosi le une alle altre, la moto correva sull'asfalto senza incontrare ostacoli o attrito. Era come se stesse volando.

Akaza guidò per un tempo indefinito, portando Kyojuro sempre più lontano dalla città. Si fermò solo quando raggiunsero una delle colline più alte della zona, distante dall'inquinamento luminoso e acustico. Fece scendere l'altro, dandogli di nuovo la mano – cosa che Kyojuro apprezzo particolarmente, dato che sentiva le gambe molli come gelatina – e spense il motore della moto.

«Come mai mi hai portato qui?» Chiese curioso il professore di storia, stringendosi nella giacca per via del freddo improvviso che lo aveva colto una volta toccato terra con i piedi.

«Per fare un picnic sotto le stelle.» Rispose prontamente il bartender, aprendo il baule portaoggetti montato nella parte posteriore della sua Honda e mostrando uno zaino rigonfio.

Prima che Kyojuro potesse esprimersi in qualche modo, Akaza lo prese nuovamente per mano e lo guidò fin sopra la collina, raggiungendo il punto più alto del colle. La vista da lì era letteralmente mozzafiato. Osservandola da lontano, la città si presentava come un agglomerato di luci splendenti, mentre il cielo immobile sopra le loro teste era trapunto di infinite stelle. Per essere ottobre inoltrato, sembrava una di quelle notti tipiche d'estate, senza nuvole a coprire la bellezza dell'universo sconfinato.

Mentre Kyojuro ammirava il panorama, con i capelli biondi mossi appena dal vento, Akaza stese una grande coperta sull'erba fresca e vi depositò sopra del cibo da asporto che aveva preso prima di appostarsi di fronte alla scuola in attesa dell'uscita del professore.

«Non sapevo cosa potesse piacerti, così ho optato per del ramen con manzo. Spero non si sia freddato troppo.» Disse per poi sedersi sulla coperta, in attesa che anche l'altro lo raggiungesse per cenare insieme.

Kyojuro sorrise e si adagiò di fianco ad Akaza. Lo ringraziò dicendogli che il ramen era perfetto e lo mangiò davvero con gusto. Aveva una fame da lupi – in fondo, non metteva niente sotto i denti dall'ora di pranzo – e il brodo lo stava scaldando pur non essendo eccessivamente caldo.

«Questo ramen è davvero buono

«Sono felice che ti piaccia. Almeno adesso so che posso comprarlo nuovamente, nel caso in cui volessi rapirti ancora una volta.» Ridacchiò Akaza, facendo quasi strozzare la sua soulmate.

«E questo tu lo chiami rapimento? A me sembra più un appuntamento al buio. In tutti i sensi.» Rispose Kyojuro dopo essersi ripreso, ridendo a sua volta e asciugandosi le lacrime che si erano formate agli angoli degli occhi per via del brodo andato di traverso.

Passarono il tempo a parlare del più e del meno, dei rispettivi lavori e hobby, conoscendosi meglio gradualmente. Quando ebbero finito di mangiare e bere, decisero di stendersi sulla coperta per stare più comodi. Da quella posizione – e senza nemmeno una luce artificiale nei dintorni – ad entrambi sembrò di essere come parte dell'universo, un tutt'uno con la volta celeste. Le stelle erano luminose e ammalianti, puntini lontani ma che sembrava potessero essere prese solo allungando una mano. La luna era uno spicchio lucente, quella sera, e quasi si perdeva nell'immenso cielo scuro.

«Non sembra anche a te che la luna somigli al sorriso dello Stregatto?» Se ne uscì Akaza, di punto in bianco.

«Sì, e quella costellazione lì vicino sembra il Bianconiglio.» Lo punzecchiò Kyojuro, ridendo sommessamente.

«Mi stai prendendo in giro?» Chiese il bartender, voltandosi su di un fianco e tirando su il busto, trovandosi così a sovrastare il viso dell'altro.

«Chi, io? Non sia mai.» Rispose il professore, continuando a ridacchiare.

Akaza rimase in silenzio, ammaliato dal suono della risata della sua anima gemella e catturato dal modo in cui le sue labbra si curvavano perfettamente all'insù ogni volta che sorrideva. Senza pensarci su due volte, e guidato dal forte impulso che sentiva montare dentro di sé, si chinò totalmente su Kyojuro e gli depositò un lieve bacio sulla bocca. Seppur fredde per via della serata fresca, le sue labbra erano morbide e invitanti. Si scostò appena e puntò le iridi chiare in quelle vermiglie dell'altro, in attesa di una sua mossa.

Anche se erano soulmate, ed erano stati destinati sin dalla nascita allo stare insieme, non si conoscevano davvero – nonostante le loro anime fossero legate sin dalla notte dei tempi e gli avessero trasmesso sempre quel senso di familiarità e appartenenza. Se Kyojuro l'avesse respinto, Akaza l'avrebbe capito e si sarebbe tirato indietro, lasciandogli tutto il tempo necessario per innamorarsi di lui un po' alla volta.

Ma non ce ne fu bisogno: Kyojuro, dopo un attimo di stupore per quel gesto improvviso, gli afferrò le guance con entrambe le mani e ricambiò il bacio con ardore. Il solo sfiorarsi con le labbra gli aveva fatto battere il cuore all'impazzata; la sua anima era in fermento e lo stomaco in subbuglio. Entrambi avevano già sperimentato cosa si provasse nel baciare qualcuno che si ama, si erano trovati alle prese con il primo amore ormai diverso tempo addietro, ma quello che stava succedendo tra di loro in quel preciso istante non poteva essere paragonato nemmeno lontanamente al tipo di amore che avevano sperimentato negli anni.

Si baciarono a lungo, inebriandosi l'uno dell'altro, connessi da quel legame antico come il mondo. Nemmeno il freddo sembrò più avere effetto su di loro: rimasero stretti in un abbraccio senza tempo, uno di quelli in cui i secondi sembravano come dilatarsi all'infinito, la luna e le stelle come unici testimoni del loro profondo legame.



» N° Parole: 2749

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top