I am the designer of my own catastrophy

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» Lista: pumpNEON

» Prompt: I am the designer of my own catastrophy

» Rating: Giallo


Nel silenzio più assoluto del grande appartamento che condivideva con la propria soulmate, Kyojuro se ne stava immerso nella vasca in ceramica posta nel bagno degli ospiti. L'acqua calda – sulla quale aleggiava appena uno strato di schiuma dalle bolle caleidoscopiche – si infrangeva lentamente contro la sua pelle chiara, ondeggiando ad ogni movimento del proprio corpo scolpito. Per quella sera, aveva deciso di concedersi un bagno rilassante usufruendo di quella camera che aveva usato davvero poche volte da quando era andato a vivere lì, un calice di vino poggiato sul bordo in ceramica e il dolce profumo di lavanda del bagnoschiuma a riempirgli le narici, portandolo a distendersi maggiormente. Ogni tanto gli piaceva prendere del tempo per sé stesso e dedicarsi alla cura del proprio corpo e della propria anima, soprattutto dopo una giornata stressante di lavoro. Chiuse gli occhi, beandosi del tepore dell'acqua che gli scioglieva i nervi e gli bagnava i capelli biondi che gli ricadevano in ciocche scomposte su spalle e viso.

Si immerse maggiormente, cominciando a strofinare la spugna piena di sapone sulle braccia muscolose. Ad ogni movenza, l'acqua si agitava placidamente attorno a lui, accarezzandolo e procurandogli piacevoli brividi che gli risalivano lungo la colonna vertebrale, concentrandosi al di sotto della nuca. Mentre si godeva la sensazione avvolgente che sembrava cullarlo lievemente – scorrendogli sulla pelle leggermente arricciata dai fremiti –, sentì la porta di ingresso chiudersi con un tonfo secco, segno che Akaza era appena rientrato dal suo turno al pub "Le dodici lune".

«Sono nella vasca del bagno degli ospiti!» Disse a voce alta, per far sì che l'altro potesse sentirlo e raggiungerlo.

Akaza spuntò dalla porta dopo una manciata di secondi, poggiandosi allo stipite con le braccia conserte e un lieve sorriso sulle labbra. Kyojuro lo trovava sempre dannatamente sexy, con la divisa scura con cui serviva i drink che gli metteva in risalto i muscoli delle braccia e delle gambe.

«Ci stiamo trattando bene.» Constatò Akaza, indicando con un gesto del mento il bicchiere di vino posto sul bordo bianco in ceramica.

«Ogni tanto ci sta, dedicarsi un po' al proprio benessere personale.» Rispose Kyojuro, con tono saccente, facendo sogghignare Akaza. «Com'è andata al lavoro?» Gli chiese poi, portando il calice alla bocca e bevendo lentamente il vino rosso contenuto al suo interno.

«È andato tutto bene.» Disse Akaza, con un tono di voce che però fece perplimere la propria soulmate.

Il sorriso sulle labbra del bartender continuava a persistere, ma non vi era più traccia di divertimento sul suo viso. I suoi lineamenti si fecero po' più tirati e un profonda ruga di espressione si creò tra le sottili sopracciglia, come se qualcosa lo turbasse profondamente. Kyojuro si tirò a sedere, posò il bicchiere e guardò intensamente Akaza negli occhi, scrutandolo fin dentro l'anima. Capì in un attimo che c'era qualcosa che non andava, quando lo vide scostare velocemente lo sguardo anziché sostenerlo come sempre.

«Akaza? È successo qualcosa?» Volle sapere, continuando a scrutarlo con la testa piegata leggermente di lato.

Il bartender non rispose, mordendosi l'interno delle guance con fare assorto, un'espressione combattuta sul viso. Kyojuro attese per un lungo minuto, in silenzio, poi decise di alzarsi e uscire dalla vasca per raggiungere Akaza e fronteggiarlo direttamente. Non gli importò dell'acqua che gocciolava su tutto il pavimento o di essere completamente nudo ed esposto: la sua attenzione si concentrò completamente e unicamente sulla propria soulmate che aveva evidentemente bisogno di lui. Gli afferrò il mento con due dita, portandolo a fargli girare il viso verso di lui, e lo fissò dritto nelle iridi chiare. Avvicinò le labbra alle sue e lo baciò lentamente, prendendosi tutto il tempo del mondo per sfiorargli la bocca con la lingua e approfondire il contatto.

Lo sentì rilassarsi appena, rendendosi conto solo in quel momento che era rimasto con le spalle rigide e i muscoli contratti sin da quando l'aveva visto entrare nella stanza. Con decisione, aprì la camicia facendo uscire un bottone alla volta dalla propria asola, poi gli slacciò i pantaloni e lo aiutò a togliersi di dosso anche l'intimo e le scarpe. Quando lo ebbe davanti agli occhi, totalmente nudo, gli sorrise calorosamente e lo prese per mano, guidandolo verso la vasca.

«Vieni, c'è abbastanza spazio per tutti e due.» Disse entrando nuovamente a contatto con l'acqua calda, trascinando Akaza insieme a sé e facendolo sedere di schiena tra le sue gambe.

Kyojuro si sistemò meglio, facendo aderire le spalle della propria soulmate al petto e cingendola con le braccia. Lo vide cercare una posizione comoda, così da poter abbandonare la testa contro la sua clavicola, e lo sentì sospirare sommessamente. Non gli chiese più cosa fosse successo, decidendo che non gli avrebbe messo pressione e che potevano parlarne semplicemente quando l'altro se la sarebbe sentita. Così iniziò a dedicarsi a lui con l'intento di scacciare via anche l'ultimo residuo di tensione dai suoi muscoli prestanti.

Portò entrambe le mani a vagare lentamente per il busto tatuato di Akaza, sfiorandolo lievemente e insaponandolo direttamente con i palmi aperti. Massaggiò con dedizione i pettorali, vagò con le dita sopra i muscoli del ventre e poi risalì lungo le braccia. Ripeté quell'operazione un altro paio di volte, sentendo la propria soulmate mugolare soddisfatta, mentre avvertiva il suo corpo sciogliersi e distendersi maggiormente sopra il proprio. Kyojuro continuò a far vagare le mani lungo la pelle morbida di Akaza, seguendo le linee del tatuaggio fino ad arrivare alle cosce lievemente schiuse. Toccò e massaggiò con decisione i muscoli tonici, giungendo alle ginocchia che spuntavano fuori dal pelo dell'acqua come due isole sperdute in mezzo al mare.

Il professore di storia fece il percorso a ritroso, concentrandosi poi sulla zona delle spalle che sfregò e strinse tra le dita. I mugolii di Akaza si fecero sempre più intensi, accompagnati da sospiri profondi che fecero capire a Kyojuro di essere sulla buona strada. A quelle carezze languide, aggiunse anche la propria bocca che portò a contatto con la pelle scoperta del collo tatuato del bartender, depositando una scia bollente di baci tra l'orecchio e la spalla. A quel punto, la tensione di Akaza si sciolse del tutto, facendolo rilassare completamente contro il petto dell'uomo seduto dietro di lui.

«Ti ricordi cosa ti ho detto l'altra sera in merito al parlarti del mio passato?» Chiese ad un certo punto, con voce lievemente arrochita dal piacere che quelle carezze gli stavano donando.

«Sì, ricordo.» Rispose solamente Kyojuro, impegnato a mordicchiargli appena il lobo dell'orecchio e a passare le mani sul suo sterno.

«Ecco... ti avevo detto di volere del tempo per parlartene, giusto? Ma siccome il destino spesso è meschino, e determina le cose per gli altri, ho deciso di farlo adesso.» Disse Akaza, girando appena la testa di lato per lasciare maggiore spazio di azione alle labbra morbide della sua anima gemella.

Il professore rimase un attimo fermo, la pelle chiara di Akaza stretta appena tra i denti. Poi portò la bocca contro il suo orecchio e vi soffiò sopra il proprio alito caldo, prima di rispondere.

«Ti ascolto.»

«Oggi sono venute delle persone, lì a "Le dodici lune", persone che avrei fatto davvero a meno di rivedere. In un attimo, il mio passato è tornato a galla e mi ha travolto in una maniera che non credevo possibile ed è stato difficile trattenermi dal rispondere alle loro insulse provocazioni.» Cominciò a dire Akaza, a denti stretti e con tono irritato, i muscoli delle spalle di nuovo tesi.

Kyojuro ricominciò ad accarezzare ogni centimetro di pelle disponibile della propria soulmate, baciandogli con dedizione la linea sinuosa del collo con l'intento di farlo rilassare nuovamente. Non sapeva cosa fosse successo nel passato di Akaza, né tantomeno chi fossero quelle persone a cui stava facendo riferimento; e anche se a breve l'avrebbe scoperto, dentro di sé sentiva uno strano sentimento, cupo e oscuro, che lo spingeva a non voler sapere. Era come se la sua anima, legata a quella dell'altro, gli gridasse pietà, gli urlasse contro di non riportare a galla determinati ricordi dolorosi.

«Non sei obbligato a parlarmene proprio adesso, Akaza. Puoi prenderti tutto il tempo del mondo, lo sai.» Disse Kyojuro, parlando guidato da quel senso di disagio che sentiva serpeggiargli dentro.

«Ne ho bisogno, Kyojuro. E poi, sarei davvero una pessima anima gemella se non raccontassi tutto di me al mio compagno di vita.» Rispose Akaza, alzando lo sguardo sul viso dell'altro uomo con un sorriso appena accennato sulle labbra.

Il professore rimase in silenzio per un lungo istante, poi si sporse in avanti e baciò le labbra di Akaza, lieve come una piuma. Quando si spostò, incitò l'uomo dai capelli rosa come fiori di ciliegio a proseguire con il suo racconto.

«Io non ho una famiglia.» Cominciò Akaza, facendo strabuzzare gli occhi di Kyojuro per la sorpresa di quella affermazione. «Mia madre è morta dandomi alla luce e mio padre se n'è andato quando avevo poco più di dieci anni. Non avevo altri parenti che potessero occuparsi di me, così sono finito in una casa famiglia dove ho conosciuto Gyutaro e Daki. Da lì è stato un susseguirsi di situazioni spiacevoli.» Continuò, schizzando un po' di acqua e sapone con le dita in direzione delle proprie ginocchia. «Ero un bambino problematico, attaccavo briga praticamente con chiunque e sono stato rimandato indietro da ben cinque famiglie che avrebbero voluto adottarmi. Arrivato all'età di sedici anni, ero il peggior teppista della scuola. Rubavo e picchiavo senza pormi troppi problemi, trovando sempre il modo di passarla liscia.»

Kyojuro ascoltava il racconto di Akaza con un'espressione sbigottita e apprensiva al tempo stesso. Non immaginava che la propria soulmate avesse un passato così burrascoso alle spalle. Lo strinse maggiormente contro il proprio petto e poggiò il mento nell'incavo del suo collo, in attesa che continuasse a parlare e tentando di infondergli un po' di sicurezza.

«Fu in quel periodo che venni notato da una banda abbastanza conosciuta e pericolosa, che aveva il controllo del quartiere in cui vivevo. Mi hanno proposto di entrare a far parte della loro gang e io ho accettato solo per il semplice gusto di farlo. Mi faceva sentire forte e accettato, come se finalmente qualcuno si fosse accorto di me e avesse bisogno della mia presenza.» Disse Akaza, godendosi la vicinanza con il corpo di Kyojuro e beandosi del tepore che sentiva arrivargli dritto nell'anima, facendola vibrare. «Così ho cominciato a fare tutto quello che mi veniva chiesto solo per sentirmi accettato da qualcuno: piccoli furti, pestaggi vari, estorsioni. Ho anche rischiato di finire nel carcere minorile, una volta o due.» Ammise con un sorriso amaro sulle labbra. «Ah, e il mio soprannome me lo porto dietro da lì. Mi sono sentito chiamare "Akaza" così tante volte che ormai mi si è cucito addosso e lo sento mio come fosse il mio vero nome. E poi mi ricorda ciò che sono stato, seppur non ne vada fiero, e mi fa sempre tenere bene a mente che l'artefice dei miei disastri non è stato nessun altro all'infuori di me stesso.»

«È il passato, Akaza, non sei più quella persona. Non lasciare che l'incontro di una sera, avuto con qualcuno che ti ha trascinato in tutto quel casino, riporti a galla ricordi talmente spiacevoli di quel vecchio te da portarti a starci male.» Disse Kyojuro con tono fermo, baciandogli una tempia. «Adesso ci sono io, con te. Lasciamoci il passato alle spalle e pensiamo a creare il nostro futuro insieme. Che ne dici?»

Akaza non rispose alla domanda della propria soulmate. Semplicemente si girò verso di lui e lo baciò con trasporto. Aveva ragione lui. Ormai il vecchio Akaza non esisteva più, se l'era lasciato alle spalle quando aveva capito di aver toccato il fondo e di dover cambiare rotta; quando aveva sentito il bisogno di sentirsi veramente amato e voluto da qualcuno, il bisogno di trovare la metà di quell'anima che per anni aveva creduto sola e dannata.



» N° Parole: 1983

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