Capitolo Ventiquattresimo
Calarsi dalla finestra era stato più facile della prima volta, ma di sicuro altrettanto rischioso.
La radio accesa per coprire il silenzio vuoto della stanza e la porta chiusa a chiave non sarebbero state sufficienti a mantenere sua madre fuori dalla sua camera per tutto il pomeriggio.
Ma Mint doveva rischiare, aveva bisogno di vedere Harry e non poteva aspettare per nessun motivo.
Attraversò il vialetto di ingresso a passo spedito, infilandosi nel garage aperto e recuperando la sua bici rosa da un angolo. Era abbastanza improbabile che sua madre si accorgesse dell'assenza della bicicletta, considerato il disordine in cui versava quell'angolo del garage.
Iniziò a pedalare lungo il marciapiede, più veloce che poteva. Aveva poco tempo e non aveva intenzione di perderne troppo facendo avanti e indietro dalla casa di Harry.
Le strade erano più o meno deserte, le macchine parcheggiate nei vialetti o sul ciglio della via principale, i parchi pubblici gremiti di bambini e cani che correvano da una parte all'altra.
Non si era nemmeno fermata a riflettere. Che cosa gli avrebbe chiesto? Che cosa gli avrebbe detto? E se sua madre l'avesse scoperta?
Riconobbe l'auto di Harry, parcheggiata nel suo vialetto e abbandonata la bici a terra in giardino si diresse verso la porta verniciata di bianco.
Iniziava a sentire la bocca secca, le labbra intorpidite, come se tutto ciò che voleva fino a poco prima dire ad Harry le fosse sfuggito di mente.
Rischiava di peggiorare le cose. Se solo sua madre l'avesse scoperto, Harry sarebbe finito direttamente in prigione senza che i due avessero nemmeno il tempo di dirsi addio.
Si fece forza e sollevò la mano destra, bussando delicatamente sulla porta.
Avrebbe dovuto suonare il campanello. Era improbabile che Harry la sentisse bussare, mentre se avesse suonato il campanello l'avrebbe sentita sicuramente.
Ma forse non era nemmeno sicura di volere che lui sentisse. Era andata da lui in cerca di risposte, ma non si era domandata che cosa quelle risposte avrebbero potuto comportare per loro, per il loro rapporto. Se avrebbero cambiato qualcosa.
Se Harry l'amava, lei avrebbe potuto chiudere un occhio su tutto il resto?
E se non l'amava, avrebbe avuto la forza di continuare quel gioco?
Non lo sapeva nemmeno lei e, forse, sperava che Harry avesse la risposta giusta anche per le domande che lei non aveva la forza o il coraggio di porre.
Indietreggiò di un passo, proprio nell'istante in cui la porta si spalancò di fronte a lei, rivelando la figura confusa di Harry.
L'uomo percorse con lo sguardo il corpo di Mint, prima di afferrarla per un braccio e tirarla dentro, richiudendole la porta alle spalle.
"Cosa ci fai qui, Mint?" quasi gridò, non appena furono soli.
Il cuore della ragazzina perse un battito. Era stata una pessima idea.
"Io-io volevo vederti" balbettò, spalancando esageratamente gli occhi. Harry non voleva vederla?
"Se tua madre scopre che sei qui, ci ammazza entrambi" riprese lui, passandosi una mano tra i capelli. Sembrava frustrato, preoccupato, anzi forse terrorizzato.
Mint abbassò lo sguardo sulle sue scarpe lucide. "Scusa" mormorò, stringendo l'orlo della gonnellina a pieghe tra le dita.
Lo sguardo di Harry si addolcì immediatamente, mentre allungava le dita verso il viso di lei, prendendole delicatamente il mento tra pollice e indice. Le fece sollevare il viso, specchiandosi nei suoi occhi e piegando di poco la schiena per arrivare alla sua altezza.
"Scusa, piccola" le mormorò sulle labbra, scivolando con le dita lungo il suo viso fino ad accarezzarle i capelli biondi.
Mint lasciò che le braccia di Harry la avvolgessero dolcemente, appoggiando il viso sul suo petto muscoloso. Profumava di pulito, di ammorbidente, con una punta di menta.
"Mi eri mancato" sussurrò, inspirando a piene narici il profumo del suo maglione.
"Anche tu mi eri mancata, piccolina" Mint rabbrividì al soprannome, i pensieri le si accavallarono rapidamente nella testa.
Controvoglia separò il suo corpo da quello di lui, sollevando gli occhi nei suoi. Harry scrutò con attenzione il viso di lei, soffermandosi con le dita sui lividi violacei che offuscavano appena la sua bellezza.
"Ti fanno ancora male?" domandò, la mascella serrata e uno sguardo indecifrabile in volto.
Mint scosse il capo, "Solo ogni tanto" mormorò, liberandosi del tocco di lui.
C'era qualcosa di strano nello sguardo di Harry, un sentimento strano che traspariva dai suoi lineamenti corrucciati. Non era preoccupazione né timore, non era rabbia, non era gelosia. Era dolore.
Mint sollevò una delle sue piccole mani delicate verso il viso di lui, con la scusa di spostargli un ricciolo dalla fronte. I suoi lineamenti si rilassarono sfiorati dalle dita di lei, ma lo stesso sguardo sofferente rimase a pervadere le sue labbra.
"Che cosa c'è?" mormorò la ragazzina, la mano ferma tra i capelli di lui. Harry era leggermente piegato per permetterle di arrivare al suo viso, i pantaloni della tuta grigi fasciavano le sue gambe affusolate, un maglione blu scollato lasciava intravedere un accenno della sua muscolatura.
Era la prima volta che Mint lo vedeva vestito così, in tenuta sportiva, e forse le appariva ancora più bello del solito. Così preciso ed elegante, qualsiasi cosa indossasse e in qualsiasi momento.
"Non voglio che ti portino via da me" mormorò Harry in risposta, la voce molto più dolce e tenue di come Mint l'avesse mai sentita. La ragazzina provò ad accennare un sorriso, senza però ottenere grandi risultati. Un moto di tristezza le invadeva il petto. Una sensazione difficile da decifrare, una preoccupazione indefinita per qualcosa che doveva ancora accadere.
Avrebbe voluto dire qualcosa. Dirgli che nessuno l'avrebbe mai potuta portare via da lui, che sarebbe rimasta con lui malgrado tutto, anche se avesse dovuto fronteggiare qualsiasi cosa. Ma sapeva che non era così.
Era giovane, inesperta, forse perfino un po' ingenua, e non sarebbe mai stata in grado di resistere fino in fondo.
La realtà la colpì come un'onda. Violenta, improvvisa, inaspettata. Era solo questione di tempo, prima o poi lui si sarebbe stancato di lei, o lei si sarebbe stancata di combattere contro sua madre.
Puntò gli occhi in quelli verde smeraldo di lui. E se si fosse stancata prima sua madre? Era una flebile speranza ma, nel momento in cui si specchiava nei suoi splendidi occhi, capiva che tanto valeva provare a sperarci.
"Troveremo un modo" mormorò, ricacciando in profondità il nodo che le si era formato in gola.
Harry intrecciò le dita alle sue, accompagnandola verso il divano nella stanza accanto.
Si sedette vicino ad un angolo, attirandola sulle sue ginocchia, le braccia avvolte attorno al suo piccolo corpo.
Inspirò il profumo di vaniglia dei suoi capelli, posando il viso sulla sua spalla.
Non voleva rinunciare a lei. Non sarebbe sopravvissuto senza di lei.
"Prima o poi mia madre ci rinuncerà" continuò la ragazzina, accarezzando dolcemente il dorso della mano destra di lui. Giocherellò con gli anelli, sfilandoli e reinfilandoli, percorrendo con le dita i minuscoli tatuaggi che gli ricoprivano la pelle, aspettando che lui dicesse qualcosa. Qualsiasi cosa.
Dopo qualche minuto Harry si decise ad aprire bocca.
"Come mai sei venuta?" domandò, stringendola più vicina a sé. Mint sospirò. Era arrivato il momento delle domande, nella speranza che Harry avesse almeno qualcuna delle risposte che stava cercando.
"Oggi" si leccò le labbra, cercando il modo giusto per continuare "oggi a scuola abbiamo parlato di pedofilia" mormorò, smettendo di giocare con le dita di lui.
Harry ritrasse velocemente la mano, gli occhi sbarrati.
"Di pedofilia?" sussurrò, tossicchiando.
Min annuì, voltandosi appena verso il viso di lui. Evitò di incrociare il suo sguardo, limitandosi ad osservarlo con la coda dell'occhio.
"Io ho bisogno di capire, Harry." continuò, la voce incerta che si faceva poco alla volta più sicura.
"Ti piaccio io? O ti piacciono le ragazzine?"
Harry si sistemò i capelli dietro le orecchie, passandosi la lingua sulle labbra.
Pedofilo. Quella parola gli era rimasta impressa nella mente da quando la signora Ellison gliel'aveva urlata addosso.
Era un pedofilo? Ogni momento era buono per domandarselo, per rifletterci. Purtroppo capire gli altri era difficile, ma capire sé stessi era più o meno impossibile.
Lui non guardava le altre ragazzine. Non le aveva mai guardate. Per lo meno, non da quando era cresciuto. Ma questo era sufficiente per scagionarlo? Aveva sempre guardato le ragazze della sua età o giù di lì, Mint era stata la prima. Mint era stata l'unica.
Ma questo cosa significava? Mint era pur sempre una ragazzina. Una bambina.
E ciò che tanto eccitava Harry di lei, era proprio quella sua innocenza, quella sua purezza, quella sua ingenuità, quell'aura infantile che la circondava in ogni movimento, in ogni gesto, in ogni parola.
Forse, se Mint avesse avuto la sua stessa età non l'avrebbe desiderata con la stessa intensità, con lo stesso ardore. Questo lo rendeva un pedofilo? Probabilmente sì. O forse no.
La realtà non era fatta di giusto e sbagliato, di vero e falso, di bianco e nero. Era fatta di molteplici significati, colori, sfumature. E se lui non era in grado di capire sé stesso, allora gli altri non avevano alcun diritto di dirgli che cosa lui fosse, non fosse o dovesse essere.
Incrociò gli occhi di Mint, in attesa di una risposta.
"Mi piaci tu, Mint" mormorò, circondandole la vita con il braccio destro.
"E non ti sono mai piaciute altre ragazzine più piccole?"
Harry scosse il capo.
"Soltanto tu, piccola"
Mint sorrise, appoggiando il fianco al corpo di lui.
"Credi che sia sano?" domandò ancora, sistemandosi l'orlo delle calze.
"Che cosa?"
"Questa cosa che c'è tra noi" sussurrò, "credi che sia sana? Che sia normale?"
Harry sospirò, sfiorando con le dita le gambe magre di lei.
"Ho imparato a non farmi troppe domande." rispose, disegnando piccoli cerchi in prossimità dell'orlo in pizzo delle calze al ginocchio, "Se mi fa star bene e non fa star male altre persone, allora deve per forza essere giusto."
Mint provò a riflettere. Non era la risposta che si aspettava, né quella che avrebbe voluto. Ma era una risposta sincera, e questo era quello che contava.
Harry era sincero con lei, si fidava di lei e la trattava come avrebbe trattato chiunque altro.
Non si approfittava di lei, non faceva prevalere la sua opinione sfruttando il fatto che lei fosse molto più piccola di lui.
La sua relazione con Harry la faceva star bene. Harry stava bene con lei. Quello che c'era tra loro non avrebbe fatto male a nessuno. Non poteva essere sbagliato.
Le parole del professore riecheggiarono nella sua testa.
Harry era entrato nella sua testa? Aveva manipolato i suoi pensieri in modo che lei credesse di desiderarlo tanto quanto lui desiderava lei?
Farsi tutte quelle domande non l'avrebbe portata da nessuna parte, avrebbe solamente complicato ulteriormente le cose.
Si voltò verso Harry, fissando il suo viso per un istante prima di accogliere le labbra di lui sulle sue, assaporandone il gusto dolce.
Le mani di lui scivolarono fino al suo fondoschiena, sollevandola di qualche centimetro per sistemarla meglio sulle sue ginocchia, mentre approfondiva il bacio, stringendola a sé.
Le loro labbra erano fatte per stare così, le une pressate sulle altre, incastrate alla perfezione.
Mint interruppe il bacio per riprendere fiato.
"Mi vorrai anche quando sarò più grande? Quando non sarò più una ragazzina?" mormorò sulle labbra di lui, sbattendo rapidamente le palpebre.
"Ti vorrò sempre, piccola" rispose lui, facendo scontrare nuovamente le loro labbra "ogni giorno di più" la strinse a sé, "per sempre."
Quando Mint si decise a tornare a casa erano passate quasi due ore dalla sua uscita. Salutò Harry con un bacio, promettendo che sarebbe tornata il prima possibile e uscì di casa, inforcando la bici rosa e pedalando con forza lungo la strada.
L'aria fredda del tardo pomeriggio le solleticava il viso e dentro di lei iniziava a crescere la preoccupazione che sua madre si fosse accorta della sua assenza, ma si sentiva comunque felice. Malgrado sapesse che non era cambiato nulla, che era ancora in punizione e che sua madre disapprovava la sua relazione, l'incontro con Harry l'aveva tranquillizzata, l'aveva resa felice.
Parcheggiò la bici in garage e controllò dalla finestra che sua madre fosse in cucina, prima di entrare silenziosamente dalla porta di ingresso, sfilarsi le scarpe e portarle in camera sua.
Tornò giù qualche minuto dopo, un sorriso sulle labbra. Attraversò il salotto ed entrò in cucina, dove sua madre stava preparando la cena.
"Hai studiato?" le domandò, guardandola da sopra la spalla destra. Mint annuì, appurando che non si era accorta della sua assenza.
"Ti ho lasciato dei fogli sul tavolo, dacci un'occhiata."
Mint scostò una sedia e si sedette, incrociando una gamba sotto il sedere.
Afferrò la pila di fogli appoggiata al centro del tavolo e la avvicinò a sé, raccogliendosi i capelli in una coda prima di iniziare a leggere.
La felicità di poco prima svanì in un istante, molto più velocemente di come era arrivata.
Tra le sue dita tremanti erano stretti i moduli di iscrizione a tre diversi collegi femminili.
Spazio Autrice.
Tadaaan
Lo so è una vita che non aggiorno e non so come sia uscito il capitolo ma spero che vi possa piacere. Mi sono presa una piccola pausa dalla storia per chiarirmi bene le idee su dove voglio andare a finire perché, come spesso accade con questo genere di storie, l'avevo iniziata senza molte pretese senza aspettarmi che avrebbe poi ricevuto tutto questo seguito. Comunque ora dovrei avere le idee più chiare, vedremo.
Grazie mille per voti e commenti, fatemi sapere che ne pensate, a presto!
Se vi va passate a leggere la mia nuova daddy Hotel California la trovate sul mio profilo,
Bacini♡
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