Capitolo Sedicesimo
Mint rimase paralizzata. Le gambe iniziarono a cedere, la felpa scivolò a terra, il cuore si arrestò per un attimo prima di riprendere a battere molto più forte di prima.
Era come se si fosse aperta una spaccatura nel pavimento sotto i suoi piedi, per inghiottirla, pezzo dopo pezzo, trascinarla nella tenebra più nera.
Anche se per lo meno in quel modo non avrebbe dovuto dare spiegazioni.
Ma, purtroppo, sotto di lei non c'era nessun baratro, nessuna profonda oscurità che la nascondesse il tempo necessario perché ogni cosa venisse dimenticata.
Era costretta ad affrontare sua madre e, poco ma sicuro, non ne sarebbe uscita indenne.
"Io non so di cosa tu stia parlando" mormorò, senza crederci abbastanza da mascherare la bugia.
Lavigne si alzò in piedi guardando la figlia dall'alto al basso.
"Eri con lui, vero?" sibilò, socchiudendo appena gli occhi.
Mint deglutì, spostando lo sguardo su Toby seduto sul suo divano, gli occhi rivolti a terra.
"Io" provò a formulare una frase ma tutto ciò che le attraversava la mente era la verità.
Non era mai stata capace di mentire.
"Lo sapevo" riprese la madre.
"Io" mormorò la ragazzina con voce insicura "Non è come sembra"
"Oh invece io credo che sia esattamente come sembra. Non fare la finta tonta, Mint."
Gli occhi iniziarono a pizzicarle, mentre lo sguardo di sua madre la attraversava, bruciandole ogni centimetro di pelle.
Come era possibile che l'avesse scoperto? Era stata attenta, non aveva mai detto una parola di troppo e lei e Harry non avevano mai lasciato intuire qualcosa in pubblico.
"Che cosa ti ha fatto? Ha abusato di te?" la voce della madre tradiva un briciolo di preoccupazione, nascosta tra la rabbia.
La testa iniziò a girare a Mint.
"Non ha abusato di me, mamma. Mi ha dato dei passaggi a casa. E basta"
La donna di avvicinò a lei.
"Non mentirmi. Lo vedo quando dici una bugia. Ti sei lasciata toccare da un uomo? Alla tua età, Mint. Sei ancora una bambina."
"Non sono una bambina. E non so che cosa tu stia insinuando, mamma."
"Smettila di prendermi in giro, Mint! Ti ho detto che so ogni cosa."
"Allora sono l'unica a non sapere nulla, mi pare" ridacchiò amaramente la ragazzina, cercando di allentare la tensione.
"Che cosa ci fa lui qui?" domandò indicando il ragazzo accomodato sul divano.
Toby alzò gli occhi, posando lo sguardo alternativamente su Mint e sua madre.
Provò a difendersi ma la donna intervenne immediatamente.
"Non provare a cambiare argomento, signorina. Toby resterà qui fino a quando lo dirò io." Fece una pausa, controllando il ragazzo alle sue spalle.
"Dovresti imparare da lui a dire la verità invece di mentire a tua madre e continuare a fingere di non sapere nulla."
Mint alzò gli occhi al cielo.
"Cosa c'entra lui con tutto questo?" sibilò, incrociando le braccia davanti al petto.
Toby deglutì sonoramente. La signora Ellison gli fece un cenno col mento.
Era ovvio, eppure la sua mente rifiutava di crederci. O forse era il suo cuore.
Era stato Toby a fare la soffiata. Ma con che prove.
Come aveva potuto farle questo? Ripudiarla in questo modo?
"Sei stato tu?" sussurrò impercettibilmente, mentre il ragazzo si alzava in piedi sbloccando il cellulare.
"Ero preoccupato per te" rispose avvicinandosi a lei.
"Mi avevi detto che quell'uomo era tuo padre!"
La testa di Mint era sul punto di scoppiare.
Come aveva potuto pensare che lui provasse qualcosa per lei?
Nessuno provava mai qualcosa per lei.
Sua madre la odiava, suo padre nemmeno la considerava una figlia, il Signor Styles desiderava solamente il suo corpo e ora nemmeno Toby le restava fedele.
Il ragazzo allungò una mano incerta verso il suo viso, raccogliendo una lacrima sull'indice.
Mint si liberó del suo tocco ed indietreggiò.
"Lasciami stare." gridò, voltandosi verso sua madre.
"Credi a lui e non a me?" gemette, asciugandosi le guance con violenza.
"Nemmeno lo conosci!"
Sua madre sollevò una mano facendo un cenno veloce a Toby.
Il ragazzo si avvicinò lentamente allungandole il cellulare.
Mint afferrò il telefono tra le dita tremolanti, esaminando la foto sullo schermo più da vicino.
Era sfocata e avvolta in parte dal buio, ma sforzandosi non era troppo difficile riconoscere la figura di Mint stretta addosso al corpo di un uomo, appoggiato al sedile dell'auto, una testa di riccioli che sbucava da sopra la spalla di lei.
Il labbro inferiore iniziò a tremarle e si trovò costretta a stringerlo tra i denti per tenerlo fermo.
Smise di trattenere le lacrime. Fingere che andasse tutto bene non serviva più a niente.
"L'ho fatto solo perché ero preoccupato, Mint" sussurrò, infilando il cellulare in tasca.
La ragazzina sollevò lo sguardo su di lui, gli occhi rossi di pianto e le guance umide.
"Vattene dalla mia casa" disse solo.
Il ragazzo incrociò per un attimo gli occhi della madre, che lo guardò in silenzio.
Si infilò lo zaino in spalla e si diresse verso la porta.
Prima di andarsene si voltò un'ultima volta verso Mint, ma lei non lo stava nemmeno più guardando.
"Non vedrai più quell'uomo" riprese la madre.
Si passò le mani tra i capelli, lasciandosi cadere sul divano.
"Perché non posso avere una figlia normale? Perché non puoi uscire con i ragazzi della tua età?"
Mint non distolse lo sguardo dalla madre nemmeno per un istante, osservandola in silenzio.
"Ti ha ricattata?" domandò la donna sollevando lo sguardo.
Mint roteò gli occhi.
"No."
"E allora perché? Ha il doppio dei tuoi anni, Mint! È disgustoso, è perfino illegale."
"Lui mi tratta molto meglio di tutti voi altri." sussurrò la ragazzina.
La donna scosse il capo.
"Ma cosa devo fare con te? Non ti faccio mancare niente di ciò di cui hai bisogno, ti do fiducia e tu? Mi ripaghi così? Comportandoti come una donna di strada con un uomo?"
"Che cosa ho fatto di sbagliato per meritare una figlia come te?"
Mint sussultò.
"Mamma, ti prego" mormorò "non c'è niente di sbagliato in noi"
La sua voce si trasformò in un pianto.
"Niente di sbagliato? Ogni cosa è sbagliata. E questa è solo l'ultima prova che non sei abbastanza matura per prendere le tue decisioni. Non uscirai mai più di questa casa. Ti porterò io a scuola e ti verrò a prendere. Niente più danza. Finirai l'anno qui e poi ci trasferiremo da qualche altra parte."
"Ti prego mamma, non voglio andarmene" piagnucolò Mint, evitando il suo sguardo.
Sua madre si avvicinò a lei e la prese per un braccio.
"Ti ho detto che non lo vedrai mai più" sibilò.
"Mamma, ti prego"
"Anzi, adesso chiameremo il Signor Styles. Voglio la sua versione di questa storia."
Mint strabuzzò gli occhi.
"No" gridò, cercando di liberarsi della sua presa.
"Non puoi farlo" pianse "rovinerai ogni cosa."
"Ci hai già pensato tu a rovinare tutto. Ti credi tanto matura? Ti credi una donna? Sei solo una bambina e finché vivrai in questa casa farai quello che io voglio che tu faccia."
La trascinò verso il telefono di casa.
Compose il numero, senza lasciare la presa sul suo braccio, mentre Mint singhiozzava divincolandosi sotto le sue mani.
Avrebbe distrutto ogni cosa. Non poteva permettere che rovinasse anche la vita di Harry. Il suo matrimonio. La sua immagine.
Gli avrebbe fatto perdere anche il lavoro se la cosa si fosse venuta a sapere.
Loro probabilmente se ne sarebbero andati e prima o poi la gente avrebbe dimenticato ogni cosa ma non poteva distruggere anche lui. Era un uomo, aveva bisogno di un lavoro, non poteva rovinare ogni cosa.
Il telefono suono a vuoto un paio di volte.
Mint cercò di smettere di singhiozzare.
Si udì uno scatto dall'altra parte del telefono.
Poi una voce femminile, evidentemente seccata, gridò un "Pronto?" infastidito nella cornetta.
La Signora Ellison rimase per un attimo paralizzata, allentò la presa sul telefono e Mint lo afferrò, chiudendo rapidamente la chiamata.
"Non puoi farlo, mamma." mormorò.
"Chi era quella donna, Mint?" rispose Lavigne con voce piatta.
Mint afferrò l'orlo della gonna tra le dita, cercando di darsi un po' di forza.
"È la sua fidanzata" sussurrò appena.
La Signora Ellison rimase immobile.
I muscoli del viso si distesero e un paio di rughe addirittura sembrarono sparire.
Prese un respiro profondo. Non era un buon segno. Questo era sicuro.
La quiete prima della tempesta.
"È fidanzato?" domandò, cercando di capire se aveva inteso bene.
Mint abbassò gli occhi.
Mentire non l'avrebbe più portata da nessuna parte.
"Sta per sposarsi."
Ci furono un paio di secondi di silenzio prima che il viso di Lavigne si contraesse in una smorfia di rabbia e la donna iniziasse ad urlare.
"Sei una sciagurata!"
"Sei uguale quella puttana che mi ha rubato tuo padre, non riesci a trovarti qualcuno per conto tuo e quindi hai bisogno di distruggere le relazioni degli altri!"
"Non è colpa mia, mamma" si lamentó la ragazzina.
"Io non lo sapevo nemmeno"
"Sì che è colpa tua! Di chi altri dovrebbe esserlo? Hai rovinato una famiglia proprio come quella donna ha rovinato la nostra. E per cosa poi? Per poter dire di essere stata con qualcuno più grande? Tu sei malata. Chiamerò lo strizzacervelli, non voglio nemmeno doverti vedere più in questa casa."
Mint riprese a piangere, riportando lo sguardo in quello della madre.
La odiava? Come si poteva vivere se si era odiati perfino dalla propria madre?
"Mamma, mi devi credere. Io non ne sapevo niente."
"Come faccio a crederti? Sei una bugiarda, sei una ragazza facile, non puoi nemmeno immaginare quanto mi vergogni di te in questo momento. Io volevo una figlia, una bambina, non una ragazza che gioca a fare la donna vissuta."
"Per non parlare di quell'uomo. Come si può abusare di una ragazzina? Lo dovrebbero rinchiudere."
Il respiro venne meno a Mint, la terra le vacillò sotto i piedi, si ritrovò costretta a tenersi al tavolino del telefono per non cadere a terra.
"Non puoi farlo finire in prigione, ti prego."
"Per quale motivo non dovrei? Quell'uomo non merita nulla di buono nella sua vita. È un mostro, un pedofilo e tu sei solo una stupida sgualdrina."
La mente di Mint vorticava, la testa le faceva male, un'infinità di pensieri si accavallavano nella sua testa e tutto ciò a cui riusciva a pensare era Harry. Come poteva stargli lontana? Come poteva dimenticarlo?
Avrebbe dovuto.
Lei era una sgualdrina.
Lui un pedofilo.
Oh Dio, era un pedofilo. Si era approfittato di lei. E lei gli aveva dato ogni cosa. Gli aveva dato sé stessa.
Poteva anche continuare ad illudersi che le cose non fossero come sembravano, ma erano esattamente così.
Eppure lei non poteva dimenticare ogni cosa. Non ci sarebbe mai riuscita. Nemmeno in un centinaio di anni.
Quello che provava per Harry non era qualcosa che si potesse dimenticare.
Forse si poteva nascondere, forse si poteva fingere di non crederci, ma prima o poi sarebbe venuto a galla. Con tutte le complicazioni del caso.
La Signora Ellison si era seduta su una sedia, la testa stretta tra le mani.
Incontrò lo sguardo della figlia.
"Perché non posso avere una figlia normale? Una come tutte le altre?" si lamentó.
Mint asciugò le ultime lacrime, compiendo gli ultimi due passi che le separavano
"Perché non te la meriti." sussurrò, con voce ferma.
La donna si alzò con uno scatto, piantando i suoi occhi in quelli di Mint.
"Cosa hai detto?" sbraitò.
"Io mi merito una figlia come te? Una ragazzina che apre le gambe al primo uomo che le capita davanti? Non hai aspirazioni? Non hai sogni per la tua vita?
Perché hai deciso di buttare via ogni cosa così?"
Le labbra le si arricciarono in un sorriso amaro.
"Credevi forse che il Signor Styles avrebbe abbandonato la sua fidanzata per correre dietro ad una bambina?"
Mint deglutì, trattenendo un singhiozzo. Aveva toccato il tasto dolente.
"Ah, è così quindi. Magari credevi perfino che potesse amarti. Beh, novità! È impossibile che il Signor Styles possa essere interessato a mettere su famiglia con una ragazzina. Sei solo uno stupido ripiego e probabilmente ti scaricherà il prima possibile. Sempre che non finisca prima dietro le sbarre."
Mint trovò il coraggio di parlare.
"Solo perché nessuno ti ama, non significa che nessuno possa amare me" gridò, rendendosi appena conto di quello che aveva detto.
Lo schiaffo la raggiunse improvviso. Inaspettato.
Sua madre non aveva mai alzato una mano su di lei a quel modo.
C'erano state piccole sberle, certo. Di quelle che avrebbe dato quasi ogni genitore.
Ma una sberla come quella, mai.
L'aveva vista solamente un'altra volta, in tutta la sua vita.
Ed era stata diretta a suo padre. In pieno viso, con tutta la forza possibile, tanto da lasciare l'orma rossa delle dita sulla guancia.
Rimase a bocca aperta, lentamente sollevò una mano ad accarezzarsi la guancia. Poi voltò le spalle a sua madre e corse su per le scale, richiudendo a chiave la porta dietro di lei.
Scivolò verso il pavimento, la schiena appoggiata alla porta e la testa nascosta tra le ginocchia, continuando a piangere.
Non meritava nulla. Non meritava l'amore. Non meritava l'affetto di nessuno.
Era un mostro.
Spalancò l'armadio e ne ripescò uno zaino rosa. Ci infilò dei vestiti puliti, un paio di banconote, il suo ipod e, infilatolo in spalla, spalancò la finestra, arrampicandosi sul davanzale bagnato di pioggia.
Non aveva nemmeno un ombrello con cui ripararsi dal diluvio.
La gonna le si impigliò tra i rami e si scucì lateralmente, lasciando intravedere l'orlo in pizzo delle mutandine bianche. Una sgualdrina.
Saltò a terra, pulendosi le ginocchia dall'erba bagnata.
Era uguale a suo padre.
Forse perfino peggio.
Spazio Autrice.
Eccomi di ritorno.
Lo so che mi odiate perché sono troppo lenta a pubblicare e mi dispiace davvero tantissimo perché voi invece commentate e votate sempre.
Scusate davvero ma purtroppo l'ispirazione va e viene, il tempo è poco e mi capita spesso di dover riscrivere un capitolo da capo perché non ne sono per niente soddisfatta.
Purtroppo sono un po' troppo perfezionista.
Spero che possiate portare pazienza. Io cercherò di fare il possibile per pubblicare a 80 voti.
Grazie mille per la dedizione con cui seguite questa storia, non potete nemmeno immaginare quanto mi faccia piacere.
Un bacio♡
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