Cap I - Quotidianità
Era passato un mese dalla guerra.
Ayako, al ritorno dal castello, era stata confinata nella sue stanze per una settimana, ed a nulla erano valse le suppliche e le preghiere di Yoichi o degli altri guerrieri.
Sua madre era stata inamovibile sulla decisione.
Non che non lo capisse, a voler essere sincera, ma in ogni caso Ayako non era per nulla felice di quella punizione da bambini.
Ad ogni modo, la settimana era passata, e le era stato reso il permesso di girare come e dove voleva. Così, aveva scoperto che, in soli sette giorni, quella strana kitsune si era data da fare.
Sembrava essere entrata nelle grazie di ogni singolo abitante della residenza, in particolare degli uomini. Ayako aveva scoperto che, non appena la su nominava, la maggior parte assumeva un'espressione sognante.
Erano perfino arrivati a costruirle un piccolo santuario, cosa che aveva mandato Ayako, e molte altre elfe, su tutte le furie.
Le sue rimostranze erano morte, però, quando Yoichi aveva spiegato la necessità del tempietto. Facendola semplice, aveva spiegato che fino a quel momento Ren era stata vincolata a lui, essendo l'incantatore che l'aveva evocata, e che quindi la kitsune si sostentava sfruttando il ki che lui le forniva.
Con un piccolo santuario dedicato a lei, invece, Ren avrebbe potuto accumulare ki per conto suo, senza dover dipendere da Yoichi,
Non proprio sicura di aver capito, Ayako aveva posto solo una domanda
«Quindi, se avrà un tempio, non ti ronzerà attorno tutto il tempo?» aveva detto, attirandosi un'occhiata sorpresa da sua madre. Lei stessa non avrebbe saputo dare un nome alla sfumatura della sua voce, forse irritazione, forse disgusto, forse semplice rabbia.
«Si, o almeno non dovrà starmi vicino per ricaricare il suo ki» aveva detto Yoichi, rigido come una scopa e fissando un punto in lontananza nella parete.
Ren, dall'altra parte della stanza, sorrideva maliziosa, con il suo solito abito da miko tirato a lucido.
E così Shinji, fino a quel momento per nulla interessato alla discussione, aveva decretato che Ren potesse avere il suo santuario. Come risultato, un piccolo altare era stato eretto tra due ciliegi in un angolo del giardino, con una piccola statua di volpe in legno.
Ayako aveva pensato ad un capriccio, ma aveva scoperto presto che invece Ren si occupava di tener pulito il piccolo santuario con estrema cura. La cosa aveva perfino richiamato un paio di ragazze dal villaggio vicino, cosa che aveva suscitato qualche altra preoccupazione.
Ormai, in ogni caso, la decisione era presa.
Ayako aveva lasciato perdere di lamentarsi, perché effettivamente la kitsune passava meno tempo attorno a Yoichi. Sempre troppo, secondo lei, ma adesso almeno li si poteva incontrare separati ogni tanto.
Sbuffando infastidita, Ayako chiuse il rotolo di poesie e uscì dalla sua camera. Nelle ultime settimane, con grande scorno dei precettori, aveva iniziato a dedicarsi molto di più all'arco.
Nel padiglione di tiro ormai era una presenza fissa, anche per i guerrieri che lo frequentavano. Un poco di pace, mirando e tirando al bersaglio, era quello che le serviva per rilassarsi.
Il suo piano sfumò come arrivò al padiglione
«Così, ci sei quasi...» stava dicendo Ren, scodinzolando e saltellando eccitata «così... così... ora mira bene e...»
Non finì la frase. Una palla di fuoco partì dalla mano della ragazza accanto a lei, grossa come una mela, ma perse efficacia molto in fretta.
Non arrivò nemmeno a dieci passi, prima di spegnersi come una candela nel vento
«Bravissima!» fece la kitsune, saltellando euforica, le mani sulle spalle della ragazza e le orecchie che fremevano. Quella divenne color porpora, mentre anche altre due giovani elfe si avvicinavano
«Che fate?» chiese Ayako, avvicinandosi al gruppo. La curiosità aveva vinto sul fastidio.
Le tre elfe furono veloci a inchinarsi
«La maestra Ren ci insegna a usare il ki» disse, orgogliosa, la ragazza che aveva lanciato la palla di fuoco
«Complimenti» disse Ayako, sinceramente felice per loro tre
«Va bene ragazze, adesso andate però» si intromise Ren, abbracciando da dietro due delle sue allieve «andate a far esercizio»
Le tre uscirono dal padiglione di tiro, lasciando Ayako e Ren sole. L'elfa fece del suo meglio per mascherare il fastidio, anche se era certa la bocca le tremolasse un po' troppo
«Mia madre lo sa?» chiese Ayako, posizionandosi sulla linea di tiro. Ren, forse per sicurezza, si mise alle sue spalle
«Le ho chiesto il permesso, ha acconsentito senza troppi problemi» disse la kitsune.
Non era così strano, se fossero stati un grado di avere più persone capaci di usare il ki, la loro forza militare e la loro sicurezze sarebbero aumentate moltissimo
«Cosa ne dici?» fece ancora Ayako, sentendo lo sgradevole sguardo della kitsune sulla sua schiena. Quel giorno portava un kimono semplice, adatto al tiro con l'arco, dalle maniche corte e dalla lunga gonna, d'un semplice blu senza decori.
Eppure, poteva sentire un certo istinto famelico venire dalla volpe
«Su cosa, di preciso?» chiese Ren, con voce divertita «su quelle ragazze, su di voi, su vostro fratello?»
Ayako scoccò per liberare la tensione, colpendo un buon palmo più a destra di dove mirava
«Sulle ragazze» disse, masticando le parole mentre estraeva un'altra freccia
«Nulla di particolare, quello che hai visto è il limite del loro ki; ma con un po' d'allenamento saranno in grado di difendersi»
«Come Yoichi?» chiese lei, la sua voce di nuovo con una strana sfumatura. Ren rise
«No, certo che no; al loro meglio quelle tre non potranno mai competere con un incantatore templare. Ma se le aggredissero dei semplici combattenti, potrebbero difendersi»
Stavolta, Ayako mancò di solo mezzo palmo. Lo sguardo di Ren si era fatto più intenso.
L'elfa non si era mai vergognata del suo aspetto, con le sue lunghe gambe e la figura slanciata; perfino il suo seno, che tante ritenevano troppo minuto, le piaceva molto. E adorava i suoi capelli d'argento, anche se sarebbe morta piuttosto che rivelare il perché.
Però, mentre tutto il suo corpo era sottoposto all'ispezione di Ren, Ayako la sentiva come frugare sotto i suoi vestiti, dandole la strana e spiacevole sensazione di non indossare nulla.
Un rossore le si diffuse sul volto, si morse la lingua mentre il respiro le diventava più pesante, più lento. Tutto il suo corpo prese a formicolare, e solo facendo stridere i denti riuscì a nascondere suoni che non avrebbe mai emesso, tanto meno davanti a quella kitsune
«Sapresti insegnare anche a me?» chiese Ayako, le mani che tremavano, tutta la pelle che formicolava e le cosce che sembravano sfregarsi da sole l'una con l'altra
«Io?» la sorpresa nella voce di Ren era genuina, e di colpo la strana sensazione di Ayako sparì. Era la conferma che l'altra, in qualche modo, le stesse giocando uno scherzo di cattivo gusto
«Si tu, se puoi insegnare a loro, potresti farlo anche a me» disse lei, prendendo poi il coraggio a due mani per dire «non lo chiederò a Yoichi! Io... io...»
«Ti vergogni troppo, vero?» Ren le volteggiò davanti, un sorriso soddisfatto e un'espressione irriverente in volto «va beeeeeeene, ma voglio qualcosa in cambio!»
La mente di Ayako iniziò a elencare un serie di situazione al limite dell'indecente, formando immagini che l'elfa non aveva mai nemmeno pensato di poter formulare
«Insegnami a cavalcare!» fece la kitsune, anche lei di colpo con un certo rossore sulle guance
«Cosa?!» fece Ayako, così sorpresa da non credere alle sue orecchie.
A quanto pareva, non era l'unica a vergognarsi per qualcosa. Le due si fissarono con sospetto per lunghi minuti, poi entrambe scoppiarono a ridere.
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