Cap I - L'incantatore e la Kitsune

La stanza odorava di incenso, cenere e fiori freschi.

Yoichi si leccò le labbra, passando lentamente le dita sui piccoli caratteri del rotolo. La tensione gli artigliava le spalle, e sentiva il cuore martellare nel petto.

Con mano tremante, prese a tracciare gli ultimi sigilli sulla pergamena di evocazione. All'interno del suo cerchio di protezione, Yoichi terminò la lenta litania.

Dall'altra parte della stanza, tra i caratteri e i sigilli tracciati con cura sul pavimento, si formò un piccolo filo di fumo pallido.

Il fumo crebbe, si inspessì, fino a diventare una nuvola bassa e vorticosa. Yoichi tracciò l'ultimo carattere, richiamando in modo definitivo l'entità.

Un lampo di fiamma illuminò la stanza a giorno, facendo sussultare l'elfo.

Pallido e tremante, per quanto potesse farlo, Yoichi attese che il fumo si disperdesse. Tra le pigre volute biancastre, iniziarono a definirsi delle forme femminili.

La figura convocata se ne stava dolcemente inginocchiata sul tatami. Alta anche in quella posa, vestiva come una miko, avvolta da semplici hakana rossi sgargianti e una corta tunica bianca decorata di nero. Alle braccia nude portava larghe maniche di stoffa, con ricami che imitavano fiamme e fulmini.

Yoichi si ritrovò ipnotizzato da altre caratteristiche.

Una coda vaporosa ondeggiava pigra, risplendendo alla luce delle lampade come una massa di fiamme guizzanti. Sotto la stoffa era intuibile un corpo snello, e i vestiti non facevano nulla per nascondere le forme del seno.

Una lunga massa di capelli infuocati scendeva lungo le spalle della figura, da cui spuntavano due sottili orecchie volpine, coperte di pelo fulvo.

Il volto sottile e pallido era il ritratto della perfezione.

Yoichi, aprendo la bocca senza poter trattenere lo stupore, si ritrovò incapace di dire qualcosa.

Occhi neri come l'ala di un corvo lo fissavano, da sopra un naso delicato e una bocca sottile, gli angoli delle labbra arricciati in un sorriso.

«Piacere di conoscerti» disse la kitsune; un fiume di sensazioni strane afferrarono il corpo di Yoichi.

Pur sforzandosi di rimanere immobile, con il volto fisso in una stoica maschera di indifferenza, l'elfo sentì quella voce carezzarlo lungo tutto il corpo, insinuandosi sotto il kimono. Artigli invisibili gli graffiarono la pelle, passando lenti lungo la spina dorsale.

«Sei tu Haru no Kuzunoha, ancella della grande dea Inari?» chiese Yoichi.

La kitsune inclinò la testa, e per un attimo sembrò una dolce cagnolina curiosa. Batté le palpebre un paio di volte, poi disse, sempre con la stessa voce melodiosa.

«Se lo fossi, perché mi avete convocato qui, potente incantatore?» il sorriso della kitsune si allargò.

Yoichi si sentì perdere in quella visione; tutto il suo corpo fremeva e si contorceva, il desiderio di alzarsi dal suo cerchio si era fatto un impulso, un bisogno fisico. Avrebbe potuto smettere di respirare, ma doveva andare più vicino a quella ragazza volpe.

«Richiedo il vostro aiuto, potente tenko della grande dea, per assistere il mio clan in quest'ora così oscura» disse Yoichi; dopo la melodiosa voce della kitsune, la sua sembrò ruvida e grossolana.

«Ah...» la kitsune sbuffò, le spalle persero la postura solenne e il sorriso divenne una smorfia annoiata. «Davvero? Tutto qua?»

«Oh grande kitsune, ti ringrazio per... eh?!» Yoichi sgranò gli occhi.

Le orecchie dovevano avergli giocato un brutto scherzo, quindi si schiarì la gola e riprovò.

«Noi ti convochiamo, potente Haru no Kuzonoha...»

«Di nuovo, ho capito; non sono interessata, grazie» la kitsune agitò la coda, un sorriso di palese circostanza in faccia, salutando con la mano. «Grazie della considerazione, arrivederci, avrai più fortuna con la prossima... ciao ciao».

A dispetto delle sue parole, la kitsune non sparì di colpo, cosa che le fece arricciare il naso.

«Perdonami, oh potente kitsune... sei una kitsune, vero?» Yoichi iniziò a dubitare anche dei suoi occhi.

«No, sono una nure-onna, non vedi il collo da serpente?» la sua coda volpina fremette. «Certo che sono una kitsune!»

«Posso... posso domandarti il tuo nome?» fece Yoichi, controllando tra i caratteri e i simboli sulle pergamene cosa avesse sbagliato.

«Ma certo!» trillò la kitsune, sorridendo. Sembrava essersi ripresa dalla noia che l'aveva colta.

Elfo e ragazza volpe si fissarono per lunghi secondi. Il cuore di Yoichi martellava ad un ritmo folle, la coda della kitsune ondeggiava pigra. Lei lo fissava sorridendo, gustandosi il suo imbarazzo.

«Con quale nome e titolo posso chiamarti, kitsune?» balbettò Yoichi.

«Kamayuri no Ren, servitrice della grande dea Izanami» la voce squillava allegra, accompagnata da un sorriso caloroso. «Piacere di incontrarti!» Mentre lei si inchinava, Yoichi sentì il sangue gelarsi nelle vene.

L'aveva combinata grossa. Molto grossa. Aveva fatto un vero casino.

Invece di una benigna kitsune della prodiga dea del raccolto, ne aveva evocato una della divinità dei morti.

«Io... io... perdona la nostra arroganza, oh potente Ren... ti rimanderò subito indietro!» Yoichi prese a sfogliare velocemente i rotoli, alla ricerca dell'incantesimo per annullare l'evocazione. Ren sbuffò, ridacchiando.

«Mmm... sai che non mi va?» la voce era diventata di colpo languida. Ren si alzò in piedi, la coda che ondeggiava allegra. Yoichi iniziò a tremare.

«Tu... resta ferma! Hai intorno a te incantesimi di terzo grado! Non puoi uscire da lì» la sua voce suonò terrorizzata, anche se meno di quanto si sentisse lui stesso.

«Ah si?» gli occhi della kitsune brillavano sadici, mosse un passo avanti, scoprendo il piede avvolto da sottili calze bianche.

Il sorriso le si allargò in volto. Il piede varcò il cerchio, posandosi con delicatezza sul tatami. I loro sguardi si incrociarono. Yoichi tremava come una foglia, balbettando non sapeva nemmeno lui cosa. Ren gongolava, scodinzolando euforica.

«Ops...» fece la kitsune.

L'elfo si sentì svenire.

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