♫ ~41.2 ʏᴏᴜ'ʀᴇ ᴘᴏɪꜱᴏɴ ʀᴜɴɴɪɴɢ ᴛʜʀᴏᴜɢʜ ᴍʏ ᴠᴇɪɴꜱ
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Mi volto nella sua direzione. «Ti prego, risparmiati le tue battute del cazzo. Vai dal tuo Action Man.»
Alza gli occhi al cielo fermandosi accanto a me. «Per un momento temevo che te la fossi data a gambe.»
Sbuffo una risata priva di allegria. «Non sono così codardo.»
I suoi occhi mi scrutano come se stesse cercando di leggermi dentro. Non mi piace affatto quando cerca di scavarmi dentro con quei laser letali. «Hai ansia da prestazione? Sarebbe alquanto improbabile per uno come te.»
Arriccio il naso. «Voglio solo stare un attimo per i cazzi miei. Vorrei proprio vedere te salire su quel palco. Ti ricordo che hai vomitato anche l'anima solo per esibirti in un bar del cazzo», sputo acido.
Ci resta male. Si vede dal modo in cui serra le labbra. «Lo so, ma da uno con un gran carisma come te è strano», alza le spalle. « Ora ti meriteresti un altro pugno in quella faccia di cazzo che hai.»
Eccola che sfodera le unghie.
Sospiro, anche se sento le labbra fremere. «Io sarei una persona carismatica?»
Annuisce. «Lo vedresti anche tu, se solo la smettessi di nasconderti dietro quei muri di ghiaccio.»
La mia mascella si serra duramente. «Mi sento spaesato», ammetto.
«Come mai? Sai che... che con me puoi... parlare», solleva la mano e sembra che voglia posarla sul mio braccio, poi però la ritrae subito.
Butto fuori l'aria. Credo proprio che adesso sia arrivato uno di quei momenti dove mi sento totalmente perso. Incastro i miei occhi nei suoi. «Ho bisogno di un posto dove nascondermi adesso.»
«Ci sono io. Se avrai paura, cercarmi con lo sguardo, sarò proprio lì» sussurra, dicendo la stessa cosa che le ho detto io.
Le mie budella si rimescolano tra di loro. Ho la nausea.
Passo una mano tra i capelli. «Credo che sia tutto dovuto dal fatto che...» mi lecco le labbra cercando le parole giuste da dire. Ma non ci sono parole giuste per dirlo. «Dal fatto che sono sobrio», confesso. «Sono settimane che non tocco nessun tipo di droga e temo che il mio corpo ne stia risentendo.»
Il suo sguardo si incupisce. «Non hai bisogno di quella roba per dare il meglio di te. Tu sei bravissimo William, ti ho sentito cantare, ti ho visto suonare. Tu sei fantastico.»
Vorrei poterci credere, ma il mio stupido cervello mi fa credere il contrario.
«Credo che andrò a cercare un po' di roba» dico di punto in bianco, facendola irrigidire.
«No, non farlo. Non hai bisogno di niente. È tutto nelle tue mani. Le sai usare, ok?» sussurra tentando ancora di dissuadermi.
Credo di non ricordare nemmeno più quando sia stata l'ultima volta che sono salito su un palco totalmente sobrio. Forse avevo quattordici anni e ci esibivamo al Rocktail, davanti a una cinquantina di persone totalmente ubriache.
Mi sto agitando. La droga mi da quella botta in più che ho perso nel tempo. Ormai la mia vita è controllata da lei.
Posa una mano sulla mia guancia riportandomi alla realtà. «Tu sei più forte senza quella robaccia. Credimi.»
Scuoto il capo cercando di liberarmi dai suoi occhi. « Blue, tu non capisci. Io senza la droga sono perso.»
Sobbalza come se le avessi dato uno schiaffo in pieno viso. «No, non è vero» il suo tono è deciso, il suo sguardo un po' meno.
Non rispondo, non so che dire e neanche mi sforzo. Non capirebbe. Dovrebbe andarsene via, tornare dal suo Ken Pompato e lasciarmi in pace.
Di fronte al mio silenzio si allontana un po' da me. Solleva le braccia e slaccia la collana con il ciondolo a forma di lucchetto che indossa. La osservo incuriosito.
«Mettila, usala come porta fortuna», sussurra. Senza aspettare una risposta si avvicina di nuovo, e tirandosi sulle punte dei piedi, me la mette al collo.
Abbozza un sorriso. «Ora sembri Sid Vicious in versione biondo platino.»
Sbuffo una risata priva di sentimento. «Spero solo di non fare la sua fine.»
Il suo sorriso si spegne all'istante. «Sono certa che tu avrai una vita più lunga della sua e una lunga carriera», si allontana da me come se volesse lasciarmi un po' di privacy. Vorrei richiamarla, invece sto zitto e distolgo lo sguardo. Sollevo una mano e sfioro il lucchetto. Questa collana porta il suo profumo. L'odore di Blue. L'odore di qualcosa che potrebbe essere casa, un rifugio.
Sono anche un po' sorpreso del fatto che sia venuta a cercarmi. Insomma, un paio di giorni fa mi ha colpito con un destro!
Abbasso lo sguardo sul lucchetto e noto che incisa c'è una B. Mi ritrovo a sorridere come un cretino.
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Un altro rivolo di sudore mi scivola sulla schiena andando a fare compagnia agli altri. Ho la maglietta incollata al corpo.
Fa troppo caldo per essere fine ottobre. O forse, è il mio corpo che emana troppo calore. Sono l'unico a essere a maniche corte, tutti indossano un maglione.
Sotto al palco ci sono migliaia di persone appiccicate tra di loro. I Rancid hanno appena concluso la loro esibizione e tra poco tocca a noi. Per tutta la durata del loro concerto non ho potuto fare a meno di guardare Blue che si scatenava dietro alle quinte cantando ogni loro canzone. Alla fine, quando sono riuscito a distogliere lo sguardo da lei, avevano già finito. Ero così preso da lei che non ho nemmeno notato che l'armadio a quattro ante le stava appiccicato.
Ogni volta che la guardo sembra che abbia il potere di cancellare qualsiasi altra cosa intorno a me.
Oggi oltre ai Rancid ci esibiremo noi e altre due band. Domani di nuovo loro, noi e Billy Idol. Il giorno dopo ancora tutti i precedenti e infine i Green Day, che chiuderanno il festival.
Sbircio dietro le quinte e quello che vedo è uno scenario di suoni, colori e di persone che agitano le mani al cielo cantando a squarcia gola una nostra canzone che risuona dalle casse.
Sono terrorizzato ed eccitato allo stesso momento. Non avrei mai pensato di arrivare sin qui, dico sul serio.
Sul palco sale Steven Collins, il cofondatore dell'evento. Prende il microfono in mano e ci annuncia. La folla va in delirio e anche noi dietro alle quinte. Cazzo, le persone ci amano, non devo avere nessuna ansia da prestazione. Potrei anche fare scena muta, scoprire un po' gli addominali e andrebbero tutti fuori di testa. Ma non è così che voglio impressionare il mio pubblico.
Certo ogni tanto faccio cose ambigue sul palco, ma quando lo faccio sono totalmente sballato. Ora non lo sono affatto. Ho lo stomaco in subbuglio e temo di poter vomitare in testa a tutte quelle persone. La bile risale amara, mi brucia la gola.
Steven ci fa un cenno con la mano per raggiungerlo.
È il nostro momento di salire sul palco. Il momento di infilarci nella storia del più famoso festival inglese. Prima di salire sul palco mi volto a cercare lei. È in piedi accanto a Noel e a quello Scimpanzé. Solleva entrambi i pollici per darmi un minimo di sostegno morale.
Ignorando le occhiatacce curiose da parte di tutte le persone presenti dietro le quinte, e dal suo Pupazzo Pompato, mi avvicino a lei e, sorprendendomi di me stesso, l'avvolgo in un abbraccio. Vorrei in qualche modo assorbirla dentro di me.
Mi stringe a sua volta levandomi il fiato dai polmoni e facendomi sentire subito più leggero. In qualche modo è come se avesse appena assorbito un po' della mia ansia.
Si tira sulle punte e avvicina la bocca al mio orecchio. «Vai e fai vedere a tutti quanto siete cazzuti. Brilla, brilla come se l'universo fosse tutto tuo. Vi guardo da sotto», sussurra.
Con lo stomaco che si rivolta in mille modi, mi allontano da lei e finalmente saliamo sul palco. Ognuno di noi prende il suo posto mentre le persone sotto di noi urlano a squarciagola il nome della nostra band. Indosso la mia inseparabile Gibson Les Paul 59 e mi avvicino al microfono.
Guardo la marea umana, scruto soprattutto tra la prima fila alla ricerca del suo viso.
La trovo.
Quando mi sorride mi sento come se avessi ricevuto in regalo tutto ciò di cui avevo bisogno. Mi sento leggero.
Appoggio la mano malconcia sul manico della chitarra e con l'altra suono un riff di apertura.
Poi mi avvicino al microfono. «Ho sempre desiderato salire su questo palco sin da quando ero un ragazzino. E adesso che ci sono, sto quasi per farmela addosso. Ma ehi, non ditelo a nessuno», ridono tutti. «Per chi ancora non ci conoscesse, io sono Billy, o William Gilmour, come preferite», ridacchio. «E noi siamo gli Overdrive.»
Nessuno, e dico nessuno può capire quello che provo in questo momento. Vedere quella marea umana cantare e saltellare insieme a noi mi ha dato quella carica che temevo di aver perso. Ho capito, anche se troppo tardi, che posso dare il meglio di me stesso anche senza l'eroina in circolo. Abbiamo letteralmente spaccato.
Quando usciamo di scena mi sembra di volare.
Con lo sguardo cerco subito la dolce Punk rocker. È solo grazie a lei se ho creduto in me. Solo grazie a lei.
La intercetto mentre ride a qualche battuta di mio fratello. Non c'è traccia né del suo Cagnaccio da compagnia né delle altre due svitate. Sicuramente Chet è andato a farsi fottere non appena siamo saliti sul palco.
Mentre cammino a passo svelto verso di lei, accanto a me sfila la band che si esibirà tra poco. Mi fanno i complimenti e io li faccio un in bocca al lupo.
Sto per raggiungerla quando due mani si stringono al mio collo. Per un momento resto imbambolato.
Volto appena il viso per capire chi ho alle spalle. In un primo momento non capisco nemmeno che cosa sto guardando. Quando realizzo, mi allontano come se mi avesse dato la scossa.
No, non è possibile. Che cazzo ci fa qui?
Oggi mi sento particolarmente buona, quindi ecco un altro capitolo😆
So che è corto! Ed è alquanto strano per una come me pubblicare capitoli corti🙈
Purtroppo ho dovuto dividere il più possibile questo capitolo🫠
Comunque da questo momento in poi ha inizio il vero delirio!
Secondo voi chi è la persona che si è messa in mezzo alle palle?
Grazie per il supporto 🖤
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