♬ ~ 4.1 ɪ ʜᴀᴠᴇ ʙᴇᴄᴏᴍᴇ ᴄᴏᴍꜰᴏʀᴛᴀʙʟʏ ɴᴜᴍʙ
I can't explain, you would not understand.
This is not how i am.
I have become comfortably numb.
Pink Floyd
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Prima di andare a lavoro mi obbligo a dare una sistemata al mio appartamento. Ormai non si riesce neanche più a vedere il parquet, tanta è la roba che giace a terra. Metto i vestiti sporchi nella lavatrice e poi mi dedico alla cucina e al bagno. Mi rendo conto della quantità di capelli che sto perdendo, quando ne estraggo una quantità decisamente spropositata da dentro lo scarico della doccia. Non mi sorprenderei se da qui a un mese mi ritrovassi con degli enormi buchi sulla nuca. In più non riesco a smettere di pensare al Biondo e a quello che ha scritto in quei messaggi. Come ha fatto a capire guardandomi solo negli occhi, che dentro di me c'è qualcosa che non va?
E io che ormai mi ero convinta di saper nascondere i miei sentimenti e il mio tormento interiore.
È anche un po' imbarazzante la quantità del tempo che sto sprecando a pensare a William. Se avessi impegnato questo tempo a pensare a come risalire in superficie sarebbe stato meglio.
Sospiro, attirando l'attenzione di Roxy. «Cosa c'è che non va? So che non vuoi aprirti con me... però, se hai bisogno di parlare, sfogarti, io ci sono.»
Mi volto appena nella sua direzione per guardarla negli occhi. Le sorrido. «Lo so.»
Oggi mi sono svegliata peggio degli altri giorni. Desidero che la giornata lavorativa scorra rapidamente per poi tornarmene subito a casa e mettermi a letto.
A volte capita che arrivo a fine giornata distrutta. Distrutta anche senza aver fatto chissà cosa. Sono sempre i miei pensieri a stancarmi più di qualsiasi altra cosa. Quei maledetti pensieri che non si placano un solo fottuto istante della mia vita. È come un continuo borbottio fastidioso nella mia testa.
Mi sento persa. Mi vergogno da morire perché sento costantemente la sensazione di fallimento sulle spalle. E pesa una tonnellata.
Ormai ho imparato a riconoscere i segnali. Sono maledettamente chiari. Il peso nel petto, la crescente difficoltà a respirare. Diventa tutto insostenibile. Soprattutto la mia mente. Ed è questa la cosa peggiore, non poterle mai sfuggire.
La nostra mente è tutto, no? Come si scappa dai propri pensieri? È impossibile. Esistono solo delle distrazioni.
Sollevo una mano e mi sfrego il viso per sentire qualcosa che non sia un opprimente senso di pesantezza. Ma non basta mai a fermare i sussurri. Quegli insidiosi pensieri si intrufolano nel mio cervello per convincermi che me lo merito. Merito di sentirmi in questo modo.
Ormai ho imparato a mie spese che i pensieri non sono sempre miei amici. Possono raccontarci un sacco di puttanate.
Sto prendendo le medicine, ma a quanto pare non servono a niente. Ma a prescindere da quello che assumo, l'unico mio scopo è quello di restare il più possibile mentalmente instabile. E anche per questo motivo che mischio antidepressivi e cannabis, e alcune volte anche cocaina.
Perché non voglio restare lucida in balia del mio cervello.
Che senso ha restare lucidi se la mia testa mi sussurra cose orribili?
Tanto vale premere il pulsante dell'autodistruzione.
Se solo fosse stato tutto più facile. Se solo non fossi stata così.
Se solo non fossi caduta con tutto il corpo dentro il vortice della depressione sarei stata una normale ragazza come le altre.
Invece no, non lo sono, non più. Io devo sempre trovare il modo di sentire le emozioni che lentamente stanno scomparendo. Devo sempre cercare un appiglio per non scomparire definitivamente. Devo sempre trovare distrazioni in grado di colmare il vuoto che sento al centro del petto. Non so neanche spiegarlo. Mi sento come se fossi un libro dalle pagine macchiate di inchiostro indecifrabile. Un rebus impossibile da risolvere. Ecco, mi sento un po' così.
So che le cose che dico o penso, non hanno alcun filo logico. Sembrano pensieri deliranti di una pazza. Ma è così che mi sento. È questo l'unico modo che ho per spiegare quello che provo.
La campanella attaccata sopra alla porta tentenna distogliendomi dai miei pensieri contorti e insensati. Sollevo appena lo sguardo e per poco non cado dalla sedia.
Il primo istinto è quello di nascondermi sotto il bancone della cassa. Ma sarebbe inutile, dato che mi ha vista.
Avanza verso di me con un passo graziato e disarmante. Testa alta e pieno di sé. Sembra un Dio sceso in terra.
Si ferma davanti alla cassa e mi osserva dall'alto della sua... altezza. Anche lui sembra sorpreso di vedermi. Chiaramente non aveva la più pallida idea che io lavorassi qui.
Posa le mani sul il bancone della cassa e il mio sguardo ricade sulle sue braccia completamente tatuate.
Sollevo di nuovo lo sguardo sul suo viso. Questo ragazzo è così bello che non sembra nemmeno reale. La sua bellezza è disarmante. Dolorosa.
Una domanda mi sorge spontanea. Anzi due.
Che cosa gli davano da mangiare da piccolo?
Perché è qui?
Dentro di me scatta qualcosa. Sento il panico attanagliarmi lo stomaco senza un motivo ben preciso.
Ma non voglio arrivare a conclusioni affrettate. Magari vuole solo comprare un vinile. D'altronde, è un musicista, no? E anche bravo.
Mi concede l'ombra di un sorriso. Il piercing che ha sul labbro cattura tutta la luce dei faretti. «Ciao Blue Jean.»
Tutto il mio corpo viene scosso da un fremito incontrollabile. Roxy, dietro di lui ridacchia come se stesse assistendo a qualcosa di super divertente.
Inumidisco le labbra. «Ehm, ciao?» farfuglio, titubante. D'altronde qualche sera precedente mi ha letteralmente chiuso il telefono in faccia. E ora è qui, davanti a me come se niente fosse.
«Oddio, non con tutto questo entusiasmo!» Mi canzona.
Serro le labbra «Che ci fai qui?» chiedo, forse un po' troppo scorbutica.
Si guarda intorno con aria divertita. «Di solito che cosa vengono a fare le persone qui?»
«Comprare dischi», rispondo alla sua domanda.
Sorride. «Ah, non è una caffetteria? E io che pensavo di ordinare un frappuccino» finge di essere dispiaciuto, la sua espressione mi fa prudere le labbra ma non gli darò la soddisfazione di vedermi sorridere.
«Mi dispiace, niente frappuccino», con un'alzata di mento indico dietro le sue spalle. «Costa's è proprio lì, dietro di te.»
Lui non si volta. Continua a guardarmi con quel sorriso stampato su quelle labbra carnose. «Scherzo. Sono venuto a prendere un disco.»
«Bene» mi alzo dalla sedia, raggiro la cassa e lo raggiungo. Perché è così alto ? Lo hanno messo in ammollo per caso?
Vado verso le corsie di vinili e lui mi segue in silenzio. Roxy ci osserva mentre finge di sistemare qualcosa di immaginario sullo scaffale dove teniamo un vecchio giradischi e alcuni fiori finti.
«Che genere cerchi?» gli chiedo, senza guardarlo negli occhi. Cosa che dura ben poco, dato che non sentendo una risposta sollevo lo sguardo. Lo becco a guardarmi il tatuaggio del Prisma dei Pink Floyd che spunta da sotto la manica del mio maglione. Lo guarda come se fosse la cosa più interessante del mondo. Il suo sguardo mi mette in soggezione, tiro giù la manica con un gesto istintivo.
Risale con quegli occhi lucenti e intensi e gli aggancia nei miei. «Cerco il vinile dei Motörhead.»
Inarco un sopracciglio. «Mh, ti piace l'heavy metal?»
Mugugna in senso positivo. «Già. E non puoi capire quanto sia snervante stare con i miei amici che odiano questo genere», sbuffa. «Per loro esiste solo l'hardcore punk», alza gli occhi al cielo.
«Sarebbe interessante vederti suonare un pezzo metal», le parole mi escono di bocca senza che io me ne renda conto. Mi mordo subito l'interno guancia. Ma che cazzo sto dicendo?
Lui inarca appena il sopracciglio. «Ah sì? Allora hai ascoltato il disco, piccola bugiarda.»
Annuisco, sperando di non avere le guance roventi. Non capisco per quale motivo mi senta in questo modo ogni volta che mi guarda. «Sì», ammetto. « Si vede che sei un metallaro nato», abbasso lo sguardo e nascondo il viso dietro la tenda arruffata che sono i miei capelli.
«Te ne intendi di musica? Be', immagino di sì se sei la figlia di James Weller», ridacchia.
«Non... non me la cavo male...» rispondo, andando subito alla ricerca di quel vinile per porre fine a questa conversazione.
Sento la sua presenza ingombrante dietro le mie spalle. Mi sovrasta. «Qualcosa nelle tue manine, mi dice che suoni la chitarra» dice, serio.
Mi immobilizzo con il vinile tra le mani. «Non suono più. Non ero nemmeno così brava», mento.
Se c'è una cosa che so fare nella mia vita, forse l'unica, è suonare la chitarra. Credo che siano ben pochi i bambini che a sette anni sappiano suonare l'assolo di chitarra di Free Bird. Eppure io, ne ero capace. Perché mio padre mi aveva insegnato a suonarla.
Socchiudo appena gli occhi e prendo un bel respiro prima di voltarmi verso di lui. Gli metto il vinile tra le mani e mi allontano per raggiungere la cassa. Poi però mi fermo e lui è obbligato a inchiodare sul posto per non venirmi a sbattere contro.
Sollevo lo sguardo sul suo viso. « In caso che mio padre ti cercasse, ti sarei molto grata se non gli dicessi che sono stata io a mettere quel disco nella cassettina delle lettere.»
Lui annuisce, un po' sorpreso dalle mie parole. «Perché non parli più con lui?»
«Non credo che siano affari tuoi», taglio corto.
«D'accordo, come vuoi tu», sospira. « Scusa se sto solo cercando di conoscerti e di avere una conversazione normale con te.»
Le sopracciglia mi schizzano verso l'alto. «Per quale motivo vorresti conoscermi?»
«Be', vai a quelle stupide sedute con mio fratello» dice, con un'alzata di spalle.
Piego la testa di lato. «È solo per questo motivo?»
Annuisce, di nuovo. Irritante.
«Okay, ma non mi interessa fare amicizia con te» dico, freddamente.
Per stringere nuove amicizie non è affatto un buon momento.
Schiude le labbra ma non riesce a dire niente perché il suo telefono inizia a suonare all'impazzata nella tasca dei suoi jeans. Con sorpresa, sento che come suoneria ha una canzone dei Megadeth.
Alza gli occhi al cielo quando legge chi lo sta chiamando. «Sì... okay.... Sto arrivando! Non rompere il cazzo!» chiude la chiamata mentre l'altra persona dall'altro capo del telefono sta ancora parlando. Riporta la sua completa attenzione su di me. «Noel è un vero rompi coglioni.»
Sbuffo una risata. «Dev'essere proprio snervante per lui, avere un fratello come te.»
Aggrotta la fronte . «No, semmai è il contrario. Se lo conoscessi, non esiteresti a darmi ragione.»
«Non sembra poi così tanto male», lo stuzzico.
Non ho avuto ancora modo di conoscere Noel. Ma da quel poco che ho visto, mi sembra un ragazzino a posto. Tralasciando i suoi scatti di ira.
Torno nel mondo reale con la convinzione che il Biondo mi abbia appena rivolto una domanda. Schiarisco la gola. «Hai detto qualcosa?»
Ride, sicuramente mi trova davvero stramba. «Sì, ti ho chiesto se questa sera tu e la tua amica lì giù dai capelli del colore di una Big Babol, venite al nostro locale. Niente di serio, una serata chill.»
E rischiare di farmi cogliere alla sprovvista da un attacco di panico, oppure da compiere azioni di cui potrei pentirmi? No grazie.
«Non credo sia possibile, ho da fare.» Non ho da fare niente. Se non sballarmi fino a perdere coscienza.
Lui inarca un sopracciglio. «Tranquilla, non succederà niente di male. Voglio solo offrirti qualcosa da bere per ricambiare il favore che mi hai fatto», strizza l'occhio in modo persuasivo.
Rigida come una tavoletta di legno, raggiungo la cassa. Batto il prezzo sulla cassa e infilo il vinile in una bustina con il logo del negozio.
«Ho da fare» ribadisco, secca.
Roxy che per tutto il tempo non ha proferito parola, si avvicina a noi. Posa le mani sul bancone e mi guarda con un sorriso malizioso che le incurva le labbra tinte di viola. «Non abbiamo niente da fare, in realtà» dice, sorridendomi in modo beffardo.
In questo momento vorrei ucciderla, soffocarla con le mie stesse mani. «Io ho da fare, se tu sei libera; vai pure», sibilo a denti stretti.
Scuote il capo. «No, andremo. Non puoi continuare a startene rinchiusa a casa tua!»
Continuo a trucidarla con lo sguardo. «Vedremo.»
William afferra la bustina e lascia i soldi sul bancone. «Bene, allora a stasera», fa per voltarsi ma si ferma. «Tieni pure il resto come mancia.» Ci rifila un altro sorriso e poi va via.
Entrambe osserviamo le sue spalle fino a quando non scompare totalmente dalla nostra vista. Mi volto verso Roxy che ancora guarda in quella direzione. «Sei una stronza, lo sai?»
Distoglie lo sguardo dalla porta e mi punta gli occhi addosso. «Per quale motivo?»
«Lascia stare», borbotto.
Alza gli occhi al cielo e sbuffa. «È solo un'uscita Blue! Ti farà bene prendere un po' d'aria. Sono mesi che trovi ogni scusa possibile per non uscire con me!»
Il senso di colpa si fa strada dentro il mio stomaco. Sono davvero così stronza? «D'accordo», accetto.
Lei saltella sul posto, felice. «Ci divertiremo!»
«Già.» Dubito che mi divertirò. Non sono più abituata a passare una serata insieme a qualcuno. Le mie serate finiscono sempre tutte nello stesso identico modo; all'insegna della devastazione.
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Dopo la chiusura, Roxy mi ha dato un passaggio a casa e ci siamo messe d'accordo sull'orario.
Faccio una bella doccia rigenerante e poi mi ritrovo a fissare il mio piccolo armadio seduta sul letto. Non ho nessuna voglia di uscire, e non so nemmeno che cosa indossare. Non che mi importi particolarmente di quello che la gente pensa di me e del mio stile.
Più fisso il mio armadio, più mi rendo conto che sembra un grosso buco nero. Ho pochissime cose colorate, ma il nero prevale su tutto.
Mi alzo dal letto e inizio a cercare qualcosa da indossare.
Alla fine, dopo aver praticamente tirato fuori tutti i miei vestiti, indosso una maglietta dei Ramones che apparteneva a mio padre. Mi sta grande ed è abbastanza lunga da fungere come vestito. Infilo un paio di calze a rete e infine indosso le mie inseparabile Dr Martens. Tampono i capelli con l'asciugamano che ho in testa e li spazzolo. Oltre che a perderne un sacco, dovrei decisamente tagliarli, dato che le punte arrivano quasi al mio sedere. Il che non fa altro che rendermi più bassa e goffa.
Trucco gli occhi con un po' di eyeliner per cercare di nascondere quelle bruttissime occhiaie scure che mi porto dietro da un po'. Metto anche una leggera passata di rossetto bordeaux alle labbra. Decido anche di mettere una collana con le borchie. Sono ben consapevole che il mio abbigliamento sia poco femminile. Ma io mi sento a mio agio vestita in questo in modo.
Do un'ultima occhiata allo specchio e per qualche secondo posso giurare di riuscire a sentire Dylan lamentarsi del mio look. Lui mi sgridava sempre per il mio modo di vestire.
Chiudo l'armadio e prima di uscire dalla stanza metto anche un po' di profumo.
Esco fuori di casa senza aspettare che Roxy mi dica di essere arrivata.
Camden a quest'ora della sera è abbastanza frequentata. Soprattutto dai punk con la cresta. Appena sono venuta a vivere in questa zona, ho avuto un dibattito abbastanza acceso con uno di loro.
Sosteneva e insisteva nel darmi della poser solo perché quel giorno avevo indossato una maglietta degli Exploited. Mi sono arrabbiata un sacco, giuro. Capisco il suo punto di vista, ormai è diventata una moda indossare magliette di band di cui molti non conoscono nemmeno una canzone. Oltretutto, io non lo faccio per moda. Lo faccio perché mi sento così, sento di appartenere a quella categoria. Sono ribelle e soprattutto, anticonformista.
Be', dopo quasi mezz'ora di litigata, il crestone fluo ha capito e mi ha offerto anche una birra. Ammetto che all'inizio è stato un po' snervante come discussione, ma anche un po' divertente. Vederlo diventare paonazzo è stato divertente. Anche quando mi ha chiesto, con aria spavalda, di nominare cinque canzoni della band, la sua espressione di quando gli ho risposto con facilità, è stata magnifica.
Purtroppo le persone non sanno che io ho un legame vitale con la musica. Nessuno però, è tenuto a saperlo.
La macchina rossa di Roxy si ferma a pochi centimetri dai miei piedi.
Voleva mettermi sotto?
Apro lo sportello e mi siedo sul sedile passeggero.
Allaccio la cintura e mi volto a guardarla, scoprendo che i suoi occhi erano già su di me, specialmente sta guardando il mio outfit.
«Che c'è?» sbotto, spazientita.
Scuote il capo in un chiaro segno di rassegnazione.
«Niente», sospira. « È che... Ti fa così schifo vestirti in modo più colorato?» Mi prende in giro.
Mi sembra di risentire le lamentele di Dylan. Dio, quanto mi manca il mio migliore amico.
«Mi sento a mio agio così, almeno mi distinguo», borbotto.
Mi distinguo anche per la mia bravura a celare ciò che ho dentro. Ma non è il momento di pensare a queste cose, non adesso. Voglio solo cercare di godermi una piacevole serata come una normale ragazza di ventuno anni. Non chiedo tanto, solo una serata tranquilla. E spero che Dio, almeno per questa sera, me lo conceda.
«Dove ha detto che si trova il locale?» mi chiede, dopo un breve silenzio.
Cazzo. «Non lo ha detto.»
«Wow, quindi devo vagare per tutta Londra alla ricerca di questo pub?» ridacchia.
«Ora gli scrivo.» Afferro il telefono e apro la nostra chat.
«Oh, vedo che vi siete già scambiati il numero», mi prende in giro.
La ignoro e invio un sms a William.
La risposta arriva subito.
William: Stanmore. Il locale si chiama Rocktail. Stai venendo sul serio?
Alzo gli occhi al cielo.
Io: Non farmene pentire, Biondo.
Per risposta mi invia un emoji con la bocca chiusa con una zip. È un idiota questo ragazzo.
Informo Rox sulla posizione del locale e poi poso la testa contro il finestrino.
Ci allontaniamo da Camden e Roxy prende l'autostrada.
Guardo oltre il finestrino mentre l'aria leggermente frizzante mi schiaffeggia il viso. Mi rendo conto di aver lasciato il giubbotto di pelle a casa. Ma non ho freddo, anzi, è quasi piacevole sentire l'aria che mi soffia sulla pelle. Mi fa sentire... viva.
Dentro di me spero che sia stata una buona idea accettare l'invito del Biondo.
Per tutto il tragitto non parliamo. Ad accompagnarci c'è solo la voce di David Gilmour che canta il ritornello di Comfortably Numb e che suona uno dei pochi assoli di chitarra in grado di farmi venire la pelle d'oca.
È impressionante come la musica riesca a farmi sentire in questo modo, ancora viva. Che sia in grado di scuotermi dall'interno come uno scossone.
E lo è anche il modo in cui alcune canzoni riescano a rispecchiare ciò che ho dentro e che non potrei mai esprimere a parole.
Alcune canzoni sembrano essere state scritte apposta per noi.
Sarebbe davvero bello rispondere ad un "come stai" con una canzone.
Sì, sarebbe proprio bellissimo. Peccato che il mondo non funziona così.
O forse, l'unico modo che ho per descrivere quello che provo dentro è proprio attraverso i testi. Un po' come Ian Curtis dei Joy Division, che cantava a parole il mal di vivere che aveva dentro.
Ma io non sono Ian Curtis. E... Non voglio nemmeno fare la sua stessa fine.
Lui è conosciuto come un artista, tutt'ora la gente lo ricorda e lo venera. A me, chi mi ricorderebbe all'infuori della mia famiglia? Nessuno. Perché non sono speciale. Perché non ho niente che potrebbe essere ricordato, se non i miei sbagli.
Come sempre i miei pensieri corrono alla velocità della luce. Quando torno sul pianeta terra, mi rendo conto che Rox ha appena spento il motore della sua macchina.
Scendiamo e ci avviamo verso l'enorme porta rossa. Sulle nostre teste lampeggia l'accattivante insegna al neon con su scritto il nome del locale. Accanto, un teschio che sulla testa indossa un cilindro simile a quello di Slash. Appena varchiamo la soglia resto un po' sorpresa nel vedere che l'arredamento richiama lo stile rock. Dalle pareti rosso sangue al pavimento nero e satinato. I tavoli sono stati ricavati da delle botti vuote di vino. I posti a sedere, non sono altro che delle pedane rivestite e imbottite di pelle nera ricamata con delle borchie. Il bancone è in legno scuro. Dietro la postazione del barista, sono presenti delle mensole di vetro con ogni alcolico possibile e immaginabile. Ci sono persino delle bottiglie a forma di teschio con annessi anche i bicchierini.
Appesi alle pareti ci sono varie chitarre, poster di band e anche un quadro ricavato da dei tappi di birra che formano la scritta AC/DC.
È molto bello come posto. Per chi ama la musica rock, è una goduria per gli occhi. Di certo, non passa inosservato.
Sulla pista da ballo ci alcune persone che ballano sulle note di una canzone dei The Clash.
In fondo alla stanza è presente anche un piccolo palco dove sono stati posizionati una chitarra, un basso e una batteria. Immagino che di tanto in tanto facciano serate di musica dal vivo.
Raggiungiamo il bancone dove dietro c'è una bellissima ragazza dai capelli biondo cenere che indossa una camicetta nera con il logo del bar.
Ci sorride in modo amichevole. Sulla targhetta appesa sul suo petto, c'è scritto il suo nome. Si chiama Bree.
Ricambiamo il sorriso e prendiamo posto nei pochi sgabelli rimasti liberi.
Devo letteralmente arrampicarmici sopra in modo goffo. Che cavolo.
Soffio via una ciocca di capelli che mi è finita sul viso dopo la mia impresa da scalatrice.
«Che cosa vi preparo?» Ci chiede, la barista.
Io e Roxy ci guardiamo negli occhi. Ci capiamo subito. In silenzio abbiamo deciso di non esagerare. Per lo meno io.
È proprio lei a parlare. «Prendiamo due cocktail analcolici, grazie.»
La ragazza sorride. Io invece, potrei giurare di aver sentito il mio fegato esultare per la mia scelta.
Mentre la ragazza prepara i nostri cocktail alcool free, io mi guardo intorno, alla ricerca di non so nemmeno cosa.
Forse spero di vedere William, dato che è stato proprio lui a invitarci. Ma a quanto pare però, non si è nemmeno presentato.
Qualcuno mi picchietta un dito sulla spalla. Mi volto lentamente convinta di ritrovarmi davanti William.
No. Non è lui. Non ho la più pallida idea di chi ho davanti agli occhi. Sono certa di non conoscere questo ragazzo.
Le mie labbra si tendono in un sorriso un po' incerto.
Aspetto che sia lui a dire la prima parola. Intanto, la barista fa strisciare i nostri cocktail sul bancone. Mentre gli occhi verdi e accesi come uno smeraldo del ragazzo che ho di fronte, si inchiodano ai miei.
Ho la netta sensazione che lui sappia chi sono. Non so, me lo sento.
Lo osservo un po' meglio. Indossa dei pantaloni aderenti con una cintola con le borchie e una catena che penzola di lato. Una maglietta bianca e i capelli perfettamente pettinati. Ha un piercing al labbro e una lunga e affascinante distesa di tatuaggi colorati.
Nota il modo in cui lo sto guardando e sorride.
Tossisco, in preda all'imbarazzo. «Ciao», alla fine sono io a dire la prima parola.
«Ciao a te», tende una mano in mia direzione. «Io sono Joey, un amico di Billy.»
Stringo la sua mano con incertezza. La mia stretta è molliccia confronto alla sua forte e decisa. «Piacere, Blue Jean», gracchio.
Okay. Mi sento terribilmente in imbarazzo. Perché ha mandato un suo amico?
Joey intercetta sicuramente i miei pensieri o il mio sguardo che vaga per tutta la sala e fa per aprire bocca. Ma i miei pensieri e le sue parole si arrestano all'istante quando con la coda dell'occhio noto la sua inconfondibile chioma salire sul palco con un movimento fluido e impugnare la chitarra. Le persone sotto al palco iniziano a fremere, soprattutto l'universo femminile.
Be', su questo non posso di certo ribattere. William è bello. La sua bellezza è accecante come il sole. E cosa più importante: lui ne è consapevole.
Le luci della sala si concentrano solo di lui conferendogli un aspetto vicino a qualcosa di mistico. Sembra un angelo, e in qualche modo sembra che sia in grado di assorbire tutta la luce che lo circonda, lasciando tutti noi nell'oscurità.
La sua bellezza mi lascia senza fiato.
Quegli occhi di ghiaccio scrutano ogni viso con attenzione prima di saettare nei miei. Inclina leggermente la testa di lato e sorride.
Un sorriso che definirei diabolico.
Mi agito contro lo sgabello e abbasso lo sguardo sul mio drink. Per qualche strana ragione non riesco a sostenere i suoi occhi.
Dice qualcosa al microfono che non riesco a capire perché le ragazze iniziano a starnazzare come le oche che ci sono ad Hyde Park.
Joey si raddrizza. «Godetevi lo spettacolo» dice, prima di andarsene si rivolge alla barista. «Bree, tutto quello che prendono loro, mettilo sul mio conto.» Detto ciò, si dilegua tra le persone a grandi falcate.
Mi volto nella direzione della barista. Senza neanche rendermene conto le parole mi escono di bocca. «Lo conosci?»
Inarca un sopracciglio, ma tiene sempre quel sorriso dolce stampato sulle labbra rosee. «Ti riferisci a chi, esattamente?»
«Joey e...» mormoro, bevendo un altro sorso del mio cocktail dalla cannuccia.
Lei ridacchia. «Be', purtroppo sì. Joey è mio fratello e di conseguenza conosco gli altri due da una vita.»
La guardo un po' meglio, ed effettivamente hanno un'aria vagamente famigliare. Hanno gli occhi dello stesso intenso e brillante color smeraldo.
«Voi invece come vi siete conosciuti?» Indica i ragazzi che prendono posto sul palco.
Il cocktail mi va di traverso e inizio a tossire. Roxy prontamente mi batte alcuni colpi sulla schiena. «È una storia lunga» gracchio, distogliendo lo sguardo dalle sue iridi verdi.
«Strano, di solito non permettono mai a nessuno di avvicinarsi. Né tanto meno di entrare a far parte del loro cerchio ristretto» dice, seria.
«Non siamo entrati a far parte di niente», puntualizzo. «Semplicemente William ci ha invitate a bere una cosa per sdebitarsi di un favore. Tutto qui.»
Non le dirò mai la verità, di dove ho conosciuto William. Nemmeno Roxy sa che frequento quelle sedute.
I suoi occhi vengono attraversati da una strana scintilla, me li pianta di nuovo addosso e poi sorride. «Devi interessargli molto», mormora. « Di solito non porta mai nessuna delle sue conquiste qui.»
Spero vivamente che con la scarsa luce, possa nascondere il fatto che le mie guance stiano per andare a fuoco. «Io non sono affatto una sua conquista.»
Inarca un sopracciglio come a volermi dire " Ah no?". «Oh, scusami, non volevo essere invadente.»
Scuoto il capo. «Non preoccuparti.»
Come cavolo le è venuto in mente di pensare una cosa simile? Perché mai uno come William dovrebbe "conquistare" una come me?
I miei occhi si soffermano di nuovo su di lui.
Poi dentro di me, succedono un mucchio di cose quando lui inizia a cantare.
·¯·♩¸¸♪·¯· ·¯·♩¸¸♪·¯·♫¸¸¸¸♬·¯·♩¸¸♪·¯·
Vorrei chiedervi una cosa: preferite leggere una storia tutta insieme oppure a "puntate"?
Sto cercando di adattarmi al nuovo Wattpad 🥹
Farsi conoscere è veramente difficile adesso😩
Comunque, spero che possa piacervi, e se vi va lasciate una stellina 🖤
Lei è Bree, la sorella di Joey.
~ Bree Broad
~ 23 anni
~ LONG LIVE ROCK'N'ROLL ~
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