♫ ~39. ꜱɪɴᴄᴇ ʏᴏᴜ ʙᴇᴇɴ ɢᴏɴᴇ
Since you been gone
I'm out of my head can't take it
Could I be wrong
But since you been gone
You cast your spell so break it
-Rainbow
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Prima di catapultarmi fuori dalla sua macchina, gli stampo un bacio sulle labbra e gli auguro la buona notte. Scuote appena la testa confuso dal mio comportamento e va via.
Entro a casa, mi libero subito da questo vestito di merda e indosso un maglione che mi sta enorme. Mi butto sul letto e parto subito con le mie ricerche.
A quanto dice Google si può contrarre tramite sesso orale, sesso non protetto, con scambi di siringhe, trasfusioni eccetera. Il mio cuore fa un tuffo dentro lo stomaco e ci rimane anche per un po', prima di tornare al suo posto e battere come un pazzo.
Non c'è scritto però che se si tocca lo sperma si viene contagiati. A meno che, la persona "sana", non abbia qualche ferita, allora sì che può essere rischioso. Con un gesto automatico mi controllo la mano. Non ci sono tagli, per fortuna.
Ora non mi resta che fare la fatidica domanda a William. Mi agito sotto il bozzolo caldo delle mie coperte. Ho ancora i capelli bagnati per il breve tratto che ho fatto dalla macchina alla porta di casa e sto morendo di freddo.
Apro la nostra vecchia chat, ma il suo ultimo accesso risale a due settimane fa. Strano.
Decido comunque di scrivergli, immagino che sia impegnato con le prove e chissà con cos'altro.
Io: Ciao. Ho bisogno di parlarti.
Passano cinque minuti.
Poi dieci.
Venti.
Cinquanta.
Un'ora, e il suo accesso rimane lo stesso. Non mi ha bloccata, altrimenti non vedrei la sua foto profilo.
Bene, allora lo cercherò su Instagram. Clicco sul suo profilo. Lo stronzo ha raggiunto quasi i due milioni di follower. L'ultimo post che ha caricato risale a due giorni fa. È una foto degli Overdrive dove annunciano la loro partecipazione al Rock FallFest. Quel post del cacchio ha ricevuto quasi un milione di piace, quattrocento mila condivisioni e seicentomila commenti. Egocentrico.
Clicco sull'icona dei messaggi e gli scrivo la stessa cosa che ho scritto prima.
Intorno alla sua foto profilo compare un cerchio colorato, ha appena caricato una storia. Spinta dalla curiosità la apro. La decisione peggiore della mia vita. È un video di lui e di Vicky che limonano duro dentro un locale che non riconosco. Poi l'inquadratura si sposta e si intravedono anche Joey e Sid – che è avvinghiato a una ragazza-, sembrano leggermente alticci. Per poco non mi prende un infarto quando vedo che in quel locale ci sono anche mio padre e Luke, che a quanto pare è l'artefice del video, ubriachi marci. Il video finisce nell'esatto momento in cui si scorge una figura femminile accanto a mio padre.
Okay. Che cazzo sta succedendo? Da quando mio padre frequenta i locali?
Sono scioccata. Esco da Instagram e scrivo subito un messaggio a mio padre.
Io: Papà, dove sei?
Oltretutto è l'una del mattino!
La sua risposta arriva e anche quella di William su Instagram. Il mio cuore sussulta appena.
Leggo prima quello di papà.
DaddyBear♥: Amore mio, sn in gro cn i rgazi pr festegiare ♥☺☻♥ vui vnire? Ti vendo a prndere?
È decisamente ubriaco.
Io: Spero per te che tu non sia uscito con la tua macchina, papà!
DaddyBear♥: No anore mio. Abbiamo un novo autist, si chama Camel
Certel
Carter!
Io: Sei ubriaco, papà. Non è affatto bello, sai?
DaddyBear♥: Sto sl festeggiando, Puding! Non sto facendo nnt di mal :(
Io: Okay. Scrivimi quando sei a casa. Smettila di bere, ti prego!
P.S. sei con una donna?
Papà sparisce nel nulla. Forse è meglio così, decifrare i suoi messaggi mi ha fatto venire un gran mal di testa.
Leggo la risposta di William.
Billy_: Chi non muore si rivede! Che cosa vuoi?
Blue_Bean: Devo parlarti di una cosa seria. Ma credo che non sia il momento adatto. Immagino che tu sia nelle stesse condizioni di mio padre.
Billy_: Immagini male. Sono sobrio. Da due cazzo di settimane.
Cosa cazzo devi dirmi?
Vedo che in queste due settimane è diventato più stronzo di prima. O lo è sempre stato.
Meglio togliere via il dente subito.
Blue_ Bean: Sei malato?
Perché non hai risposto al messaggio?
Billy_: Sei tu che mi hai cercato, quindi non sono io quello malato.
Ho cambiato numero.
È sempre idiota però. Ha cambiato numero? Per quale motivo? Oddio, non deve interessarmi.
Blue_Bean: Intendevo se hai qualche malattia, William. Qualche malattia contagiosa!
Billy_: Mi spieghi che cazzo di problemi hai? Non ho nessuna malattia contagiosa. Scema!
Blue_ Bean: Ok, perfetto. Buona serata.
Almeno posso stare tranquilla. Credo.
Billy_: Buona serata un cazzo. Dimmi il motivo di questa tua uscita dopo due settimane che non ci caghiamo di striscio.
Blue_Bean: Lascia stare. Buona notte.
Esco dalla chat e blocco il telefono. La mia stanza viene illuminata a giorno da un fulmine che mi fa trasalire. Dannazione, maledetti temporali.
Mi accoccolo a Salem che si è infilato sotto le coperte con me e provo a dormire.
Un ronzio insistente mi obbliga ad aprire gli occhi. Ci metto qualche secondo per abituare la vista al buio. E anche qualche breve istante per capire che cos'è quel rumore fastidioso. Sposto lo sguardo sul comodino e vedo il display del mio telefono illuminato, mentre continua a vibrare senza sosta. Inevitabilmente mi agito. Ho imparato ormai che quando si ricevono chiamate nel cuore della notte, non è mai un buon presagio. Oltretutto mi sta chiamando papà.
Con il cuore che minaccia di squarciarmi il petto, afferro il telefono e rispondo. «Papà?»
La voce dall'altro lato del telefono mi fa trasalire. «No, non sono tuo padre.» È da due settimane che non sento la sua voce. E ora... mi fa uno strano effetto.
Mi metto a sedere. «Che cosa vuoi?»
«Io niente. Tuo padre invece ha bisogno di essere portato a casa. Prima che tu me lo chieda: no, non si vuole schiodare da qui. Tu sei sua figlia, tu vieni e lo porti via», dice secco.
Praticamente siamo tornati letteralmente indietro nel tempo, a quando eravamo pressapoco che sconosciuti.
Premo una mano sul viso. «Come faccio a venire a prenderlo? Lo sai che sono a piedi.»
Segue una breve pausa dove riesco a sentire la voce di mio padre che dice cose senza senso, e la musica che proviene da qualche parte. «Non è un mio problema. Chiedi al tuo amico di accompagnarti.» La sua voce è così distaccata che mi provoca qualcosa di strano e inaspettato al centro del petto.
«Io sono a casa mia, William. Lui è a casa sua», mormoro.
Lo sento sbuffare. «Oh, siete una coppia di quelle che aspetta il matrimonio per scopare?»
Quanto è stronzo, Dio Mio. «Non credo che siano affari tuoi», replico subito. « Potresti accompagnarlo tu, per favore?»
Un'altra pausa. Altre urla di mio padre che canta una canzone dei Rainbow. Sta letteralmente urlando " Long Live Rock'n'roll". «Ho altro da fare. E ripeto: non è un mio problema.»
Maledetto stronzo. «Okay, ho capito. Allora potresti chiedere a qualcuno se viene a prendermi? Non so nemmeno dove siete!» premo le dita sulla tempia. Oh, ucciderò mio padre.
«Okay», dice prima di chiudermi il telefono in faccia.
Non so bene come mi sento in questo momento. Risentire la sua voce però mi ha fatto uno stranissimo effetto. Più di quello che volevo.
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Quando ho detto a William se poteva mandare qualcuno a prendermi, non intendevo di certo lui. Merda.
Ho già fatto la prima figuraccia della giornata e vorrei sparire. Tutta convinta sono andata ad aprire lo sportello del lato passeggero e mi sono ritrovata davanti agli occhi Vicky. Stavo per sedermi su di lei!
Sinceramente non mi aspettavo di vederla. Non mi aspettavo nemmeno che sarebbe venuto lui a prendermi. Comunque ora sono seduta nei sedili posteriori. Lei mi ha salutato, sicuramente ha dimenticato quel giorno che le ho ringhiato contro di levarsi dalle palle. Lui invece non mi ha nemmeno degnata di uno sguardo. Sto facendo di tutto per non incrociare il suo sguardo. Ammetto però di averlo guardato di nascosto. Me ne sono pentita amaramente, perché lui e la sua bellezza sono ancora dolorose.
Ho inviato un messaggio a Chet nella speranza che mi facesse un po' di compagnia. Non ha risposto, sicuramente sta dormendo – cosa più che ovvia-. Giuro che appena vedo mio padre lo prendo a pugni. È colpa sua se adesso mi ritrovo a essere il terzo incomodo.
«Tuo padre è uno spasso, Blue!» prorompe Vicky rompendo il silenzio.
Farfuglio un già quasi incomprensibile.
Lei però continua. «Dovevi proprio vederlo mentre cantava a squarciagola sopra il tavolino», ridacchia. «È esilarante.»
Alzo gli occhi al cielo, tanto è buio e non può vedermi. «Eh sì» borbotto, abbasso di nuovo lo sguardo sul mio telefono e prego qualche divinità di far svegliare Chet.
Sollevo di nuovo lo sguardo, sussulto quando incontro quello di William attraverso lo specchietto retrovisore. Per qualche strano motivo i suoi occhi brillano anche al buio. Proprio come due stelle polari.
Mi mordo il labbro inferiore e abbasso subito lo sguardo. Spero che il viaggio non duri troppo.
La voce di Vicky spezza di nuovo il silenzio. Ha così tanta voglia di parlare? «Devo ammettere anche che ci sa fare con le donne. È un vero rubacuori» , ride.
Sì, posso solo immaginare cosa abbia potuto dire o fare in quelle condizioni. Si sarà messo a brontolare e a gesticolare come un cavernicolo. Che cazzo, neanche lo conosce mio padre.
«Figo», farfuglio svogliatamente.
«Oh, sì è un gran fico James Weller, se solo avesse qualche anno in meno», ridacchia civettuola.
Arriccio il naso, non era per niente divertente questa battuta. Faccio per aprire la bocca, ma la voce inquietante e roca di William mi precede. «Perché non stai un po' zitta? Non avevi sonno? Cazzo, non ti accorgi nemmeno quando le persone non hanno voglia di parlare. Sei pesante.»
Anche se è buio vedo le spalle di Vicky sussultare. Mi sento anche un po' in colpa adesso e provo pena per lei. Soprattutto quando mi aspetto che gli risponda a dovere e invece si ammutolisce come una sottomessa del cazzo. Lui è uno stronzo megagalattico.
E io spero di arrivare presto.
Per un paio di volte ho sentito i suoi occhi perforarmi il cranio, ma non ho più alzato lo sguardo. Anzi, a un certo punto credo anche di essermi addormentata.
Apro gli occhi quando sento che qualcuno sbatte la portiera facendo vibrare anche la macchina. Sì, mi sono decisamente addormentata. Ho anche sbavato, che schifo.
Apro lo sportello anche io e scendo. Non so dove mi trovo e il locale è ancora pieno di persone. Non mi sono nemmeno preoccupata di cambiarmi. Ho ancora il maglione che mi va largo, ho solo messo un paio di leggins sotto. Accorgendomi solo quando mi sono seduta in macchina, che hanno dei buchi un po' grandi sulle ginocchia e sulle chiappe. Oltre che a essere consunti in mezzo alle cosce. Sembro una barbona a tutti gli effetti. Sono andata a dormire con il trucco e ora immagino di avere l'aspetto di un panda. Ho completato il mio outfit da scappata di casa indossando gli anfibi e legando i capelli in una coda disordinata.
Faccio per entrare dentro il locale ma la manona tatuata di William me lo impedisce. Per un attimo tengo lo sguardo fisso davanti a me, però sento i suoi occhi bruciarmi la pelle, in particolare sul collo, dove Chet deve avermi lasciato un bel succhiotto.
Alzo lo sguardo su di lui e deglutisco, perché come succedeva mesi fa, questo omone ossigenato, mi intimorisce. «Devo cercare mio padre», mormoro.
Guarda Vicky. «Vai a prendere James.» Lei da brava sottomessa obbedisce senza replicare. Gli occhi di William si posano di nuovo nei miei. Non dice niente, però mi afferra per il polso e mi allontana un po' dalla folla, che stava iniziando a guardare il mio abbigliamento con curiosità. Sono frastornata dal sonno e non sono certa di essere sveglia e vigile al cento per cento.
Lui sembra fresco come una rosa. Ed è bellissimo. «Vuoi darmi una spiegazione?»
Sbatto le palpebre. «A che cosa?»
Serra la mascella e le sue narici si dilatano appena. «Al messaggio di prima. Perché mi hai fatto quella domanda?»
Scuoto il capo. Dio mio, non riesco a levarmi il sonno di dosso. «Curiosità», farfuglio.
Socchiude gli occhi come se stesse racimolando un po' di pazienza per non dare di matto. «Curiosità?» ripete. «Tu te ne esci così, dopo due settimane chiedendomi se ho qualche malattia? Quale malattia poi?» i suoi lineamenti si induriscono di nuovo. «Pensavi che avessi l'HIV o merda simile?» sbotta infine, facendomi sussultare. «Pensi che se ce l'avessi avuto, ti avrei permesso di succhiarmi il cazzo?» sbraita.
«No, William... no. Calmati», mormoro con la bocca impastata e la lingua un po' legata.
Mi guarda come se volesse vedermi diventare polvere. «Calmarmi?» non ha nessuna intenzione di abbassare la voce. Alcune persone curiose ci stanno guardando. «Tu sei una maledetta stronza, Blue!» si passa una mano tra i capelli con fare nervoso. «Dimmelo», si avvicina a me invadendo il mio spazio personale, obbligandomi a compiere un passo indietro. «Guardarmi negli occhi e dimmi che non pensavi che mi sarei fatto succhiare l'uccello da te sapendo di avere qualche malattia!» urla.
Oh no. Non è il momento di fare scenate. Non ne ho le forze. Sarà per via della stanchezza, non lo so, ma scoppio a piangere nascondendomi il viso contro le mani.
Me le strappa via con un gesto secco. «Dimmelo Blue, dimmi che non lo hai pensato sul serio.»
Scuoto il capo perché non riesco a parlare. Non so nemmeno perché mi sta urlando addosso in questo modo. Me lo merito?
Tira un calcio contro un cassonetto facendo sussultare alcune persone che stavano origliando la nostra conversazione.
Indietreggio come se mi avesse colpita in faccia. I miei occhi si riempiono di nuovo di lacrime e la vista si offusca. Mi afferra di nuovo il polso ma io tento di ribellarmi. Ovviamente lui non molla la presa. Cerca di attirarmi a sé. Alla fine cedo. Tira nel momento sbagliato e mi ritrovo a sbattere contro il suo petto, facendomi male anche allo zigomo.
Non mi abbraccia, però tiene entrambe le mani avvolte nella sua. «Scusami, cazzo... scusa», sussurra.
Resto immobile, scioccata da questa sfuriata e ancora stordita per essere stata svegliata nel cuore della notte. Preme due dita sotto al mio mento obbligandomi a sollevare la testa verso di lui. I suoi occhi scrutano ogni centimetro del mio viso nel tentativo di leggermi.
«Oh, che carini che siete! La mia bambina e la mia futura rock star», la voce di mio padre mi raggiunge alle spalle, obbligandomi ad allontanarmi da William. «Questa è la mia bambina, gente! Anche lei sarà una rock star, se solo la smetterà di fare la cretina!» È ubriaco marcio.
Vicky cerca di reggerlo come meglio può, dato che lui barcolla da una parte all'altra. Penso di non aver mai visto mio padre così ubriaco.
Mi raggiunge e mi stritola in un abbraccio, sollevandomi da terra. «La mia dolce Blue Jean... il paradiso è forse più dolce di Blue Jean?» biascica citando la canzone di David Bowie.
Imbarazzante. «Papà, mettimi giù ti prego.»
Mi mette giù e circonda le mie spalle con un braccio. «Sai, Pudding? Io ti ci vedrei benissimo con Billy. Sembrate il ketchup e la maionese», dice serio. « Il pastello rosso e quello giallo, che insieme creano l'arancione» continua, dicendo cose senza senso.
William scuote la testa, mentre Vicky osserva la scena con uno sguardo afflitto.
«Papà smettila, non è carino dire queste cose davanti alla ragazza di William», mormoro. Sono in pena per lei e imbarazzata per me.
Papà sbuffa una risata. «Ma quale ragazza? Lei non le piace davvero, amoreeee!» agita le mani per aria. « Lui vuole la mia bella Blue Jean! Pensa che io sia uno sciocco che non si rende conto di come guarda la mia bambina?»
«Smettila, per favore», lo supplico.
Mi arruffa ancora di più i capelli. «Tu sei il mio piccolo spermatozoo, pudding. E ti conosco», mi guarda negli occhi. « E so che ti piace anche lui.»
Mi ha appena chiamata piccolo spermatozoo davanti a tutte queste persone?
«L'ha chiamata davvero così?» mormora una voce alle nostre spalle.
Aiuto. Cerco disperatamente aiuto da William che in questo momento ha un espressione indecifrabile stampata sul volto. Si riscuote e viene ad aiutarmi a trascinarlo via.
«Ha detto che c'era un autista» dico, superando l'imbarazzo che mi stringe la gola.
«Se n'é andato, ovviamente», replica lui secco.
«E io come lo porto a casa?» sto per rimettermi a piangere.
Aiutiamo mio padre a sedersi in macchina di William.
«Ti accompagno io» risponde lui, una volta che sale in macchina. Vicky si siede di nuovo al lato passeggero, a quanto pare però ha perso la voglia di dire che mio padre "è uno spasso".
È stato davvero imbarazzante. Per fortuna adesso sembra essere svenuto. Spero solo che non si metta a vomitare, altrimenti William penserà che sia un vizio di famiglia.
Il silenzio dentro questa macchina è così denso che lo sento pesarmi sul petto.
Per tutto il tragitto nessuno fiata. Mio padre russa con la testa poggiata sulla mia spalla. Io mi concentro a regolarizzare il respiro guardando fuori dal finestrino. Sta piovendo, di nuovo.
Sono così imbarazzata per quelle parole che ha detto mio padre. Dio mio. Mi ha chiamata anche piccolo spermatozoo davanti a tutti. Se fosse stata un'altra situazione sarei scoppiata a ridere. Invece, è stato terribilmente imbarazzante. Per non parlare della sfuriata di William. Che serata di merda, cazzo.
Tra la bomba che ha sganciato mio fratello, Chet che ha confermato di avere l'AIDS, io che mi sono convinta che non mi importa, quella cena di merda con quei due stronzi. L'intimità dolce che si è creata in macchina tra me e Chet, che poi mi sono rovinata da sola, sono letteralmente devastata.
William ferma l'auto davanti a casa di mio padre e senza che io gli chieda niente, scende per aiutarmi a portarlo dentro. Lo facciamo sdraiare nel suo letto e io gli levo le scarpe e lo copro. Poi recupero una bacinella dal bagno e la metto accanto al letto, in caso gli venisse da vomitare. Lo guardo un'ultima volta e poi esco dalla stanza. William è dietro di me, sento i suoi occhi addosso.
Usciamo di nuovo fuori e percorriamo il vialetto in silenzio, attraversiamo il cancello e lui raggiunge il lato guida.
Io no, resto in piedi davanti al cancello senza nemmeno preoccuparmi che mi sto bagnando dalla testa ai piedi.
Lui solleva lo sguardo su di me. I suoi occhi mi perforano l'anima. «Be'? Resti lì impalata?»
Alcune gocce di pioggia si incastrano nelle mie ciglia, sbatto le palpebre per cacciarle via. «Grazie per l'aiuto, ma vado a piedi», dico prima di voltarmi e prendere la direzione opposta.
Lui però mi raggiunge velocemente e mi afferra il polso. «Dove cazzo vuoi andare da sola a quest'ora? Sta piovendo!» sbotta. «Se non vuoi salire nella mia cazzo di macchina, allora dormi qui da tuo padre. Altrimenti non ti lascio andare da sola. Decidi tu.»
Per qualche strana ragione non riesco a guardarlo negli occhi. Gli fisso il pomo d'Adamo. «Mi dispiace per la domanda che ti ho fatto. È stata di pessimo gusto», mormoro.
La sua gola si contrae. «Sto ancora aspettando una risposta.»
Annuisco, continuando a fissargli il collo. Non so cosa rispondere. Non mi va di dirgli di Chet, forse lo sa già, non ne ho idea. Anche se qualcosa mi dice che lui non lo sa. Altrimenti non avrebbe esitato a tirare in ballo Chet. Scuoto il capo. «Era solo curiosità, William», ripeto.
Sospira. «Okay, non ho più voglia di discutere per stanotte. Sali in macchina, ti accompagno a casa tua», si allontana da me e torna in auto.
Butto fuori l'aria e poi raggiungo la macchina anche io.
Probabilmente mi addormento di nuovo. Quando mi risveglio, sono nel mio letto. Fuori è ancora buio e William é seduto accanto a me con i gomiti posati sulle ginocchia mentre si tiene la testa tra le mani. Resto immobile e fingo di essere addormentata. Attraverso le palpebre socchiuse vedo che si volta a guardarmi, si passa una mano tra i capelli e si alza in piedi. Quando si avvicina a me trattengo il respiro. Lo sento sospirare prima di sfiorarmi impercettibilmente la guancia. Io però quel piccolo contatto lo sento eccome, ovunque dentro di me.
Si volta e va via. Io scivolo di nuovo nel sonno.
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Oggi ho la giornata libera. Non ho ancora sentito Chet e non mi ha risposto neanche al messaggio di ieri. Lo ha letto e mi ha semplicemente ignorata. Forse è ancora scosso per ieri, non lo so. Adesso non voglio pensarci.
Ho fatto una doccia e ho indossato qualcosa di molto più decente. Sono andata alla fermata del bus e ora sono a casa di mio padre. È ancora a letto, così io ne sto approfittando per preparare la colazione. È da tanto tempo che non preparo dei pancake, non sono nemmeno sicura di aver messo tutti gli ingredienti, forse ho dimentico di metterci il bicarbonato. È per questo motivo che non si gonfiano, credo. Non importa.
Sento la porta che da sul giardino aprirsi, poco dopo in cucina irrompe Thor con la sua esuberanza. Mi corre incontro e mi salta addosso.
«Ciao!» gli accarezzo le guance bavose e lui tenta di leccarmi il viso. Il pancake che avevo messo nella pentola si carbonizza su un lato. «Merda», mi appresto a scrostarlo.
Mentre lo butto nella spazzatura, con la coda dell'occhio vedo un movimento sulle scale. Mi giro in quella direzione e vedo la mia migliore amica che cerca di sgattaiolare via. Si paralizza sulle scale cercando forse di rendersi invisibile, con scarsi risultati, dato che indossa un vestito fucsia appariscente.
Trattengo a stento una risata. «Buongiorno, fuggitiva», la prendo in giro.
Lei agita la mano dove tiene i tacchi e sospira. Scende le scale e mi raggiunge. «Buongiorno», mormora con le guance arrossate.
Metto un altro po' di impasto sulla pentola sperando di non bruciare anche questo. «Quindi ti porta a casa, adesso?» la stuzzico.
Si morde il labbro inferiore, dove ha il rossetto rosa tutto sbavato. «Ieri mi ha portata a cena e... e poi siamo venuti qui...» mormora « Non è niente di serio, lo sai anche tu.»
Spero proprio che non si innamori di mio fratello, lo spero davvero tanto. «Be', se ti ha portata a cena è già qualcosa», dico speranzosa.
Ma da come aggrotta la fronte, immagino che non è andata come lei voleva. «Durante la cena mi ha detto che sono una delle sue più care amiche, Blue!»
Mio fratello è empatico come una sedia. «Ah. Però poi avete passato la notte insieme, no?»
Serra appena le labbra. «Sì, come scopa-amici, come sempre.»
Forse non dovrebbe pretendere troppo da Thomas, almeno si evita un cuore rotto.
Non so che dire, non voglio mettermi in mezzo. «Se acconsenti, vuol dire che va bene anche a te, no?»
Sbuffa una risata asciutta. «Per forza devo farmelo andare bene, Blue. Se è l'unico modo in cui posso averlo!» i suoi occhioni smeraldini si riempiono di lacrime. No, ti prego, non piangere.
Corro ad abbracciarla sacrificando il secondo pancake. «Dovresti lasciarlo perdere», la stringo. « Sei innamorata di lui, vero?»
Annuisce contro il mio collo. Cavolo, questa non ci voleva proprio.
«Lo sai che mi piace da quando eravamo piccoli» borbotta, tirando su col naso.
La scosto appena per guardarla negli occhi. «Mi dispiace. Spero solo che Thomas si renda conto di quanto sei fantastica. Sono certa che anche lui prova qualcosa per te, insomma, ti guarda come se volesse mangiarti», abbozzo un sorriso.
Lei alza gli occhi al cielo, poi si asciuga gli occhi col dorso della mano. «Per il momento, l'unica cosa che vuole mangiarsi, ce l'ho nelle mutandine.»
Ehm okay, questo non era necessario che lo diceva a voce alta. «Venerdì suonerò con le ragazze al Devil Kiss, vieni con Dylan? Oh, comunque io e Chet ci siamo messi insieme.»
Lei sgrana gli occhi. «Me lo dici così?»
«Come dovrei dirtelo? Volevi un telegramma?» rido.
Sfoggia un super sorriso, almeno ha smesso di piangere per quello stronzo di mio fratello. «Sono felice per te. Comunque certo che verremo. Ancora non avete un nome?»
Scuoto il capo. «No, ed è abbastanza imbarazzante. Come ci presenteranno, se non abbiamo neanche un nome?» Impilo l'ultimo pancake mezzo bruciacchiato nel piatto e sospiro. Non ho proprio idea di come chiamare questa band. Rebel e Stella non sono affatto d'aiuto. Se fosse per loro, continuerebbero a chiamarsi come un'altra band. Chi mai ci prenderà sul serio se copiamo il nome di qualcun altro? Nessuno, lo so come funziona.
Scar aggrotta appena la fronte. «Come hai detto che si chiamano le altre due?»
«Rebel e Stella», borbotto.
Continua a tenere quell'espressione corrucciata. «Rebel Stars Blue», bisbiglia come se stesse parlando con sé stessa. Poi lo ripete e annuisce. « È bello, no?»
Inarco un sopracciglio. «Stelle ribelli blu?»
Annuisce. «È fico! Immagina quando vi annunceranno», si schiarisce la voce. «Ed ecco a voi signori e signore The Rebel Stars Blue! La folla che esplode in sonoro applauso accompagnato dai fischi di apprezzamento», sorride.
Tutto sommato non suona male. Solo che non mi convince più di tanto. «Non è male» ammetto. « Però non mi convince», anche se è sempre meglio di un nome già utilizzato.
«Mh, forse sarebbe meglio: The Rebel Blue Stars», annuisce ancora. « Si, suona decisamente meglio.» Sicuramente nella sua mente ci vede già su un palco ad incantare tutti.
Ha ragione, suona decisamente meglio. «Sei un genio, lo sai?» la abbraccio di nuovo.
Ridacchia. «Se avete bisogno anche di qualcuno che pensi ai vostri outfit da palcoscenico, sai a chi rivolgerti.»
«E rischiare di sembrare un enorme zucchero filato fucsia?» la prendo in giro. «No grazie!»
Lei corruccia la fronte. «Certo che no, vi farò sembrare delle fottute Dee del punk rock. Potrei seriamente fare concorrenza a Vivienne Westwood.»
«È morta», le ricordo.
Sbatte le palpebre. «Davvero? Oddio, perché non ne sapevo niente?»
Alzo le spalle.
La nostra conversazione viene interrotta da mio padre che entra in cucina. Ha un aspetto orrendo. È pallido e i suoi capelli sono un groviglio infiammato. Borbotta un buongiorno e si versa subito un po' di caffè. Scar mi guarda e inarca entrambe le sopracciglia. Sicuramente quando lo abbiamo accompagnato a casa, lei e mio fratello erano impegnati a fare altro, oppure non erano ancora rientrati.
«Ha bevuto come una spugna, come se avesse ancora vent'anni», bisbiglio.
Lei ridacchia.
«Guarda che ti sento», borbotta papà.
Lo guardo e mi acciglio. «Così come tutti hanno sentito quando mi hai chiamata piccolo spermatozoo?»
Solleva lo sguardo di scatto. «Cosa?»
Annuisco. «Sì papà! Mi hai fatto fare una figura di merda! Per non parlare delle cose assurde che hai detto di me e William!» sentimi, sembro io il genitore adesso.
Si passa una mano sul viso, cercando di scacciare via il post sbronza. «Non me lo ricordo», ammette.
«Certo che non te lo ricordi! Eri ubriaco marcio!» afferro il piatto dei pancake e lo poso sul tavolo, sbattendolo un pochino per fargli capire che sono arrabbiata con lui.
Osserva il piatto dei pancake come se fosse un piatto pieno di insetti. « Cosa ho detto di Billy e te?»
Lo trucido con lo sguardo. «Che siamo come il ketchup e la maionese, il pastello rosso e quello giallo! Che cavolo significa poi?»
Scar si sta letteralmente sbellicando delle risate. Mio padre forse non si è nemmeno reso conto che la mia amica è reduce di una nottata di sesso con suo figlio. «Inoltre hai insinuato che lui non vuole Vicky perché vuole me. Che ti sei reso conto di come mi guarda e balle varie. Ed è lì che hai pronunciato davanti a tutti che sono il tuo piccolo spermatozoo!»
Si passa una mano tra i capelli. «Merda, non ho più l'età per bere in questo modo. Scusa se ti ho messo in imbarazzo», borbotta.
«Dovresti chiedere scusa anche alla ragazza di William, dato che hai insinuato quelle cose davanti a lei» continuo, infilando il dito nella piaga.
Lui mi guarda scioccato. «Gesù», borbotta.
«Ci penserai due volte prima di bere di nuovo così tanto. E poi, chi era quella donna accanto a te?» Mica mi sono dimenticata di quello che ho visto nel video.
Aggrotta appena la fronte. «Sinceramente mi ricordo ben poco...»
«Non ti ricordi nemmeno di aver cantato a squarciagola una canzone di Rainbow?» mi mordo il labbro per non ridere.
Scuote il capo e si strofina il viso con la mano. «No, nemmeno. In pratica ho dato spettacolo.»
«Direi proprio di sì», prorompe Scar divertita. «Avrei voluto esserci!»
Papà solleva il viso e la guarda, sicuramente si è appena reso conto della sua presenza e del fatto che tiene ancora i tacchi in un mano e ha tutto il rossetto sbavato. «Hai dormito qui?» le chiede.
Scar sussulta e cerca il mio sguardo. Sospiro, non so che dire. È palese che ha dormito qui, che altra scusa potrei inventare?
Lei si schiarisce la voce e mormora un flebile sì, diventando più rossa di un peperone.
«Vai a letto con Thomas, Scarlet?» le chiede papà.
Temo che la mia amica stia per svenire da un momento all'altro. «Blue e la sua band si esibiranno al Devil Kiss questo venerdì!» gracchia.
Ma che cavolo? La guardo male.
Papà cerca subito il mio sguardo. «Davvero?»
«Sì» borbotto, continuando a fulminare lo sguardo la mia amica. Lei alza le spalle con fare innocente.
«Perché non me ne hai parlato?» chiede, visibilmente dispiaciuto.
Alzo le spalle. «Non lo so!»
«Lo sai che se vuoi posso...»
Alzo una mano per interromperlo. « E tu lo sai che io non voglio fare la parte della raccomandata, papà», dichiaro secca.
Annuisce rassegnato. «D'accordo. Almeno posso venire a vederti?»
Basta che non ti porti dietro i tuoi pupilli. «Certo», sospiro.
Abbozza un sorriso. «Bene, non vedo l'ora di vederti... vedervi. Come hai detto che vi chiamate?»
Non l'ho detto.
«The Rebel Blue Stars», risponde Scar al posto mio. Sembra proprio fiera del nome che ha scelto.
Papà sbatte le palpebre. «Oh, be'... è un gran bel nome», borbotta.
Se a James Weller non piace il nome, significa che non abbiamo nessuna speranza. Non è poi così male come nome, no?
La sua reazione poco entusiasta mi mette ansia. Ora non sono più sicura di esibirmi in quel locale. Ho già la nausea, e mancano solo tre giorni. Aiuto.
Un po' ci è mancato William, vero?😂
Bene! Questo sarà l'ultimo capitolo del 2024!
La storia proseguirà dopo le feste, pubblicherò il 7 gennaio.
Buone feste a tutti. E grazie mille per il supporto che mi date, anche a quelli silenziosi 🖤🖤
Per piccoli spoiler e disagi, potete seguirmi su Instagram 🤣
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