♫ ~37.1 ʜᴇʟʟᴏ ᴍᴇ, ɪᴛ'ꜱ ᴍᴇ ᴀɢᴀɪɴ
Hello me, it's me again
You can subdue,
but never tame me
It gives me a migraine headache
Thinking down to your level
Yea, just keep on thinking it's my fault
And stay an inch or two
outta kicking distance
Mankind has got to know
His limitations
- Megadeth
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Me ne sono andato. Cazzo, non avrei sopportato di sentirle dire quelle parole. Ovviamente ho sentito tutto quello che si sono detti, anche se lei ha chiuso la porta. Be', quella porta del cazzo non serve a niente!
Odio sentirmi così arrabbiato. O forse quello che odio di più è essere stato messo in un fottuto angolo per Chet Coglione Liddell? Sicuramente è per questo.
Cazzo, io sono William Gilmour, le ragazze mi cadono ai piedi come delle pere. E io? Mi incazzo per una mocciosa che ha preferito Liddell a me? Non esiste, cazzo. Non esiste che io debba sentirmi così. Non lo accetto. Sapevo di star facendo una puttanata quando le ho chiesto di vederci per scopare e basta, lo sapevo e ci ho voluto comunque sbattere la testa perché sono un idiota. Ecco che cosa sono: un idiota di merda.
Me ne sono andato per non dare di matto. Lo avrei fatto eccome, sentivo il peggio di me risalirmi in gola come un conato di vomito, insieme a tutti i peggiori insulti. Quindi per la prima volta ho fatto la cosa giusta. Me ne sono andato senza fare troppi drammi.
Stava scopando con me e l'attimo dopo stava infilando la lingua in bocca a quel pezzo di merda. Giuro che mi sono trattenuto davvero tanto per non uscire da quella maledetta porta e pestarlo fino a ridurgli quella faccia di merda che si ritrova in poltiglia. Sono così arrabbiato che non so neanche come farmela passare. Sono le due del mattino e io sono l'unico coglione in giro per le strade di Londra.
La voglia di andare a casa di Chet e spaccargli il culo mi sta facendo fremere le mani. In più quella dannata mano che sto stringendo contro il volante mi sta facendo vedere le stelle, e di conseguenza mi fa incazzare di più.
Tornare a casa in questo stato è fuori discussione, potrei spaccare di nuovo tutto e non è un opzione. Noel non deve più vedere quel mio lato marcio.
Inizio a prendere in considerazione l'idea di dormire in macchina fino a quando non smaltisco la rabbia che ho in corpo. Anche se l'idea di andare da Chet e pestarlo a sangue, si insinua continuamente nel mio cazzo cervello.
Dovevo starle alla larga sin dal principio, invece no, perché io non mi faccio mai i cazzi miei. Devo sempre complicarmi la vita e fare stronzate su stronzate.
Accosto di botto perché temo di stare impazzendo. La rabbia mi scorre come lava bollente nelle vene. Devo fermarmi prima di fare altre cazzate.
Apro il finestrino perché non riesco più a respirare e il suo maledetto profumo non vuole andare via. Vorrei strapparmi via la pelle e gettarla per strada.
Prendo dei bei respiri cercando di calmarmi, solo che sembra tutto inutile. Ogni volta che provo a chiudere gli occhi compare quella faccia di cazzo di Liddell.
In questo momento ringrazio che nessuno possa leggere i miei pensieri deliranti. Sto impazzendo.
Stava scopando con me, cazzo. L'attimo dopo era tra le sue braccia. Ho scelto la ragazza più stronza del pianeta per essere la mia scopa amica. Non mi importa se si mettono insieme. Quello che mi fa imbestialire è il fatto che mi ha letteralmente messo da parte per lui. Ecco che cosa mi fa incazzare. Essere stato scaricato come un giocatolo vecchio per uno nuovo di zecca.
In questo caso: lei ha scaricato il mio cazzo per quello di Chet. Così, senza nemmeno rifletterci su. Tutto finito, William non le serve più.
William in questo momento sta per perdere la testa.
Non sono mai stato bravo a contenere la rabbia e nemmeno a farla passare. Questa volta mi sono trattenuto parecchio. Potevo reagire diversamente e non l'ho fatto. Perché? Non lo so nemmeno io che cosa mi ha trattenuto.
Forse perché alla fine tengo a quella nana del cazzo e non volevo vomitarle addosso insulti pesanti, quelli che sentivo prudermi sulla punta della lingua.
Mi prendo il viso tra le mani e lo strofino, poi è il turno dei capelli. Sono... non lo so perché sto reagendo così.
Il mio telefono emette un suono, abbasso lo sguardo. È un suo messaggio. La rabbia mi travolge in pieno, cerco di arginarla come meglio posso con la diga poco robusta della mia razionalità perduta. Afferro il telefono e lo lancio semplicemente fuori dal finestrino, senza preoccuparmi nemmeno di dove vada a finire.
Inserisco la retromarcia e me ne vado da qui. Non voglio leggere niente di quello che ha scritto. Per me può andarsene anche a fare in culo per sempre. Lei e quella sottospecie di uomo di trentatré anni che se la fa con una ragazzina.
Certo, anche io sono più grande di lei. In questo momento però non sto ragionando lucidamente. Sono alla stessa stregua di Chet, né più e né meno. Giriamo intorno a una ragazzina allo stesso modo. Quindi no, non sono migliore di lui in questo caso.
Però mi fa arrabbiare lo stesso. È apparso nella vita di Blue come un cazzo di herpes. Non poteva starsene dove cazzo era? No, ovvio che no. La mia vita è un continuo via vai di personaggi secondari di merda, fastidiosi come delle cazzo di emorroidi.
Fanculo. Se ne vadano a fare in culo tutti e due. Non ne voglio più sapere niente di lei e non voglio incrociare per sbaglio nemmeno lui. Altrimenti al prossimo giro, lo ammazzo.
Per un momento mi salta alla testa di presentarmi a casa di Vicky, solo che sono le due del mattino e non voglio piombarle in casa in queste condizioni. Il sesso punitivo non mi farà stare meglio e nemmeno mi darebbe piacere.
Così vado dall'unica persona che potrebbe capirmi. O forse mi stenderà con un destro.
Torno a Stanmore, lascio la macchina come capita e scendo. Ovviamente la chiudo a chiave, perché se me la dovessero rubare potrei impazzire seriamente e dare fuoco a tutto il borgo del cazzo.
Batto un paio di colpi contro la sua porta.
Non apre.
Quindi io insisto, scarico un po' della mia rabbia repressa contro la sua porta.
Non apre.
Sto per lanciargli un sasso contro la finestra della sala.
Insisto.
Le luci del corridoio si accendono giusto in tempo. Ero già alla ricerca di un sasso bello grande, ma qui le strade sono troppo pulite, non ci sono nemmeno foglie a terra, niente.
La serratura scatta e la porta si apre.
«Che cazzo ci fai qui a quest'ora?» ha la voce impastata dal sonno e i suoi capelli scuri sono un groviglio scompigliato e nodoso. Cerca di scacciare via il sonno stropicciandosi gli occhi con le nocche delle mani.
«Fammi entrare», irrompo a casa sua senza permesso. È ovvio che non sono sano di mente, per niente lucido in questo momento.
Mi guarda con aria confusa, assonnata. Sicuramente vorrebbe mandarmi via a calci nel culo ma ha troppo sonno per farlo. Chiude la porta. Se ne resta lì immobile tra il corridoio e la sala.
Allarga le braccia. «Billy, mi dici che cazzo hai?» guarda l'orologio appeso sulla parete, poi di nuovo me. «Sono le due del mattino e tu mi hai svegliato. Spero per te che sia un'emergenza, altrimenti ti prendo a pugni.»
Mi siedo sul suo divano. «Ti ricordo che l'ho già fatto io, e non sei riuscito a restituirmelo.»
Avanza nel salotto anche lui e si siede sul bracciolo del divano. Lo vedo mentre combatte per non addormentarsi in piedi.
E poi, perché cazzo dorme con un pigiama di Captain America?
Dio, l'ho sempre detto che quest'uomo è cresciuto solo fisicamente. Dentro è ancora un ragazzino di merda.
Mi passo una mano sul viso, lentamente sto crollando anche io. Sono stanco e mi sento uno straccio. «Joey non ti ha detto niente?» Proviamo a testare anche la fiducia di quell'altro. In questo momento non mi fido nemmeno della mia stessa ombra.
«Riguardo a cosa?» borbotta prima di lasciarsi cadere a peso morto sul divano.
Bene, non gli ha detto niente. Joey Broad ha superato il test.
Affondo la testa tra i cuscini e sollevo lo sguardo al soffitto. «Ho scopato con Blue Jean...» dico di botto. La frase mi esce dalla bocca più veloce di una scarica di diarrea improvvisa.
Balza a sedersi. «Scusa, cosa? Perché cazzo me lo stai dicendo? Joey lo sapeva? Che gran pezzo di merda!» strepita.
Sventolo una mano per aria, continuando a fissare il soffitto. «Tranquillo, è tutto finito. Lei ha deciso di uscire con quello sgorbio di Chet Liddell.»
Sid impreca, forse mi lancia anche qualche maledizione ma io sono impegnato a pensare ad altro. «Cosa vuoi che ti dica?» sospira. « Mi hai buttato giù dal letto per dirmi che ti sei scopato Blue? Vuoi un applauso? Tanto sapevo che sarebbe successo.»
Abbasso lo sguardo su di lui. «Non metterti a frignare però.» A quanto pare anche se sono arrabbiato la voglia di rompere le palle a Sid non passa mai. «No, sono venuto qui perché... non lo so. Non so che cazzo mi prende. Un attimo prima stavamo scopando nella sua vasca da bagno. Cazzo... è stata un'esperienza extracorporea. Ero pronto per il secondo round e boom Chet Faccia Di Culo è piombato a casa sua per baciarla. Capito? Due secondi prima era sopra di me e poi ha limonato con lui!»
«Mh, interessante. Sai come si chiama questo?»
Scuoto il capo.
«Karma. Si chiama Karma, testa di cazzo che non sei altro!» sbotta.
Ridacchio. «Me lo merito. Hai ragione.»
Emette un verso di approvazione. «Ti meriti anche di peggio, credimi. Ma sei fortunato perché ho sonno e nonostante tutto, anche se sei una merda umana, sei il mio migliore amico. Quindi, perché sei così? Ti sei innamorato di lei?»
Sento la fronte aggrottarsi e la mascella serrarsi. «No, neanche per il cazzo sono innamorato di quella stronza», sputo sprezzante.
Inarca un sopracciglio. Ha davvero delle brutte occhiaie. Chissà come sono io, non mi sono ancora guardato allo specchio. Immagino che in questo momento un sacco della spazzatura sia più affascinante di me. «Allora?»
«Allora cosa?» sbuffo.
Mi trucida con lo sguardo. «Allora che cosa vuoi da me, da lei, dall'universo? Mi hai svegliato per cosa, Billy? Parla oppure me ne vado a letto e ti lascio qui da solo, anche se dovessi marcire durante la notte. Hai un aspetto di merda e scommetto che hai esagerato, come sempre. James ha detto di stare sobri ma a quanto pare tu stavi ascoltando dal culo.»
Stropiccio di nuovo il viso. «Cazzo... non lo so perché sto reagendo così. Non lo so Sid. Sono venuto da te perché non sapevo dove altro andare.» Sono patetico. Sembro un adolescente a cui la stronza di turno ha appena spezzato il cuore. Solo che a me non ha spezzato proprio niente. Sono solo arrabbiato perché ha preferito quel babbuino poco evoluto a me.
«Vuoi una tisana?»
Lo guardo male anche se sento le labbra fremere. «Mettitela nel culo la tisana», borbotto.
«Una canna? Un pugno in testa? Dimmi tu», ridacchia.
Apro la bocca per rispondere ma invece, sbadiglio. «Voglio solo andare a dormire e porre fine a questa giornata del cazzo.»
«Vuoi che ti abbracci tutta la notte, cucciolotto?» mi prende in giro.
Sbuffo una risata. «Vai al diavolo Sid.»
«E comunque è appena iniziata una nuova giornata. Immagino che sia di merda anche questa», ride.
Una giornata di merda. Una settimana di merda. Un anno di merda. Un secolo di merda.
«Billy?» mi richiama.
Mugugno un verso indecifrabile.
«Un po' sto godendo perché Blue ha preferito Chet a te, significa che non sei poi così figo come credi. Una ragazzina ti ha piantato in asso. Però ti voglio bene lo stesso.»
Già, è quello che mi rode di più.
Mi alzo dal divano. «Andiamo a dormire, prima che ti spacco la faccia», borbotto salendo le scale.
«In questo momento potrei stenderti con un dito», dice camminando alle mie spalle.
«Vuoi provare?»
«No grazie, voglio solo dormire dato che un coglione ossigenato mi ha buttato giù dal letto per sfogare le sue crisi adolescenziali», ridacchia.
Entro nella sua stanza e come se fossi a casa mia, mi spoglio e mi butto sul letto come un sacco di patate. In questo caso sono patate marce. Purtroppo Sid ha solo una stanza. «Non toccarmi durante la notte», lo avverto.
Alza le mani per aria in segno di giuramento. «Non lo farò», si stende accanto a me e spegne subito la luce.
Passano due minuti, forse anche di meno e Sid parla di nuovo. « Scopa bene, vero?»
Butto fuori l'aria. «Taci.»
Ridacchia e si sistema sul letto girandosi dall'altro lato.
Porca vacca, ho appena ricordato di aver lanciato il telefono dal finestrino. Si può sapere che cavolo di problemi ho? Adesso mi tocca pure spendere soldi per ricomprarne uno nuovo.
Non toccavo così il fondo da un sacco di tempo. Anzi, oggi l'ho proprio raschiato il fondo.
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Il risveglio più brutto della mia vita è stato oggi. Ritrovarmi davanti alla faccia quella di Sid è stato traumatizzante. In più siamo stati chiamati a rapporto dall'uomo che ha contribuito a dare la vita alla nana stronza.
Ho dormito all'incirca due ore, dato che ho passato tutto il tempo a rigirarmi nel letto. Sid russa come un maiale con il raffreddore.
Non dormirò mai più con lui.
E ora siamo qui, alla Blue&T Records. Indosso ancora i vestiti di ieri, vomitati. Me ne sono ricordato quando ormai eravamo in viaggio. Anzi, me lo ha fatto notare Sid. Peggio di così non può andare.
Luke e James sono seduti di fronte a noi, entrambi mi stanno guardando come se davanti agli occhi avessero un sacco della spazzatura. Lo sono, oggi lo sono davvero. Puzzo da morire e quando mi sono guardato allo specchio sembravo un morto che camminava. Non basteranno un paio di occhiali da sole per nascondere la notte di devastazione in cui ero l'ospite d'onore.
Joey appena mi ha visto è sbiancato come un lenzuolo. Josie ha storto il naso e non mi ha rifilato il solito sorrisetto malizioso. Anzi, sembrava sul procinto di tapparsi il naso o di vomitare.
Voglio solo che dica ciò che ha da dire e che mi lasci tornare a casa per riprendermi.
James si schiarisce la gola. «Come va la mano?»
Alzo le spalle. «È ancora attaccata al braccio.»
Serra le labbra. «Che cosa non ti è stato chiaro quando ho detto: restate sobri?»
L'ultima cosa che mi serve adesso è una ramanzina del cazzo. «Ho solo bevuto.»
Si voltano tutti a guardarmi. «Hai solo bevuto?» prorompe Luke. «Che cosa ti sei bevuto per ridurti in questo stato?»
«Ho bevuto molto», sbuffo.
Sembra che James sia tentato di tirarmi un cazzotto sul naso. Non so perché si stia trattenendo. Si passa una mano tra i capelli – i capelli rossi sono stati creati per le persone stronze, l'ho sempre detto- . «Avete iniziato a provare?»
«Si», rispondo io.
«No», rispondono Joey e Sid.
Da quale cazzo di parte stanno?
James e Luke ci guardano tutti e tre. «Mettetevi d'accordo la prossima volta», dice Luke.
Sospiro. «Okay, non abbiamo ancora iniziato. Ma lo faremo presto.»
«Presto quando? Tra tre settimane andiamo a Newcastle!» sbotta Luke.
Alzo gli occhi al cielo. «Luke Palo Nel Culo Grunt, le canzoni le ho scritte io e così anche le melodie. Non dimentico quello che compongo, okay? E sul serio», mi tiro su gli occhiali da sole sulla testa per guardarlo negli occhi. «Levatelo qualche volta il palo dal culo, e che cazzo.»
I miei amici mi guardano con gli occhi sbarrati. Io abbasso di nuovo gli occhiali e prego di finire presto questa riunione.
Nello studio cala un silenzio glaciale. Luke vorrebbe saltarmi addosso. James cerca di uccidermi con lo sguardo, i miei amici idem.
Io vorrei solo fare una doccia e dormire.
Strofino il mento contro il palmo della mano. «Ci metteremo subito a provare, okay?» dico, cercando di sistemare un po' la situazione.
James emette un sospiro così rumoroso che riecheggia per tutta la stanza per qualche secondo. «Una doccia non ti piacerebbe farla?»
Ridacchio. «Ovvio, ma sono qui. Dicci quello che devi e poi lasciatemi tornare a casa. Sono reduce di una nottata del cazzo. Fossi andato a un rave a base di Ketamina, sarei stato decisamente meglio.»
Ovviamente nessuno ride per la mia battuta. Solo io.
Si preme due dita contro la tempia e sospira di nuovo. «Volevo solo sapere come procedevano le prove. Ora che so che non state combinando un cazzo, vi starò col fiato sul collo. Anzi, questo pomeriggio vi voglio a casa mia. E sarò io a giudicare la vostra performance. Riesci ad arrivare sobrio almeno fino alle tre del pomeriggio?» Cavolo, è proprio deluso in questo momento. Forse non si sarebbe dovuto aspettare così tanto da me.
È colpa sua. Non mia.
Annuisco. «Sì.» In questo momento credo di avere ancora in circolo un po' di droga. Sono stordito.
«Bene. Alle tre vi voglio a casa mia», dice secco. Poi sventola le mani invitandoci ad andare via.
Spero di non ritrovarmi Blue questo pomeriggio.
Usciamo dallo studio in silenzio, bacchettati come dei bambini capricciosi alla scuola materna.
Appena raggiungiamo l'ascensore, Joey sbotta. «Billy, ma che cazzo combini? Vuoi mandare tutto a puttane?»
Appoggio la testa contro lo specchio della cabina. Non mi reggo neanche in piedi. La mia energia si sta esaurendo. Non so nemmeno se riuscirò ad arrivare a casa o collasserò prima.
«Blue gli ha spezzato il cuoricino», risponde Sid.
Joey cerca subito i miei occhi, ma Sid continua a parlare. «Sì, me lo ha detto. È venuto a casa mia alle due del mattino. E sì, tu sei un coglione Joey Broad. Un amico di merda», sbotta.
Joey non si scompone. «Non potevi fargli fare una doccia?»
«No, certo che no. In qualche modo dovevo fargliela pagare!» ridacchia.
Che pezzo di merda. «Fanculo, Sid.»
Joey serra le labbra e scuote la testa. Sembra un papà deluso dai suoi figli adolescenti. «Se non volete prendere seriamente la nostra carriera e tutto il resto, ditelo adesso. Andrò da James e strapperò io stesso il contratto. Cazzo», strepita. « Non siamo più dei ragazzini, okay? Ho messo in pausa tutta la mia vita per questa band. Perché credo in noi e non vi permetterò di farci fallire. Ho una figlia, cazzo! Voglio e devo darle un futuro con i fiocchi. Voglio farle vivere un'infanzia e un'adolescenza come merita!» sbraita. «Non come quella merda che ho dovuto subire io. D'accordo?» Preso dalla rabbia tira un pugno contro le porte dell'ascensore.
Ci manca solo che anche il bassista si rompa la mano. Così sì che siamo nella merda davvero.
Il senso di colpa inizia a farsi strada dentro di me. Joey ha ragione. Ha lasciato il suo lavoro per la band. Tutti noi abbiamo avuto un'infanzia del cazzo. E ora ha tutto il diritto di sbraitarci contro in questo modo.
Sono una merda.
«Joey...» inizio, lui però mi ammonisce con un occhiataccia che mi suggerisce di non continuare la frase.
«Vaffanculo Billy!» sbraita, mi batte un pugno sul petto facendomi mancare l'aria nei polmoni. «Vedi di darti una cazzo di ripulita. Non me ne frega un cazzo se starai da cani: datti una ripulita, subito. Giuro che se ti vedo, anche solo fumare una canna, ti ammazzo. Sei avvisato», guarda Sid.«Vale anche per te!»
Sid alza le mani. «Va bene, datti una calmata!»
Lo trucida con lo sguardo. «Mi calmo quando lo dico io. Ho due migliori amici che si comportano ancora come dei bambini, non avete un minimo di decenza e non sapete che cosa voglia dire avere delle responsabilità.»
Ha ragione, su tutto.
Nel più totale dei silenzi usciamo dall'ascensore. Josie capisce che abbiamo appena avuto una discussione e nemmeno alza lo sguardo per salutarci. Lasciamo l'edificio con l'umore sotto ai piedi e io ancora più incazzato di prima. Ed è tutta colpa mia.
In macchina nessuno parla, per fortuna ho lasciato la mia a casa di Sid, perché appena ho appoggiato la testa contro il sedile sono crollato.
Appena varco la soglia di casa, Joel compare nel mio campo visivo con aria accigliata. «Ah, allora sei vivo? Il telefono per cosa ce l'hai?»
Lo oltrepasso e vado dritto verso la mia stanza, lui però mi viene dietro. «L'ho lanciato dal finestrino. Dopo ne compro un altro. Mi hai chiamato? Era qualcosa di urgente?» borbotto svogliato.
«No, ti ho solo chiesto se fossi ancora vivo.»
«Lo sono, ora lasciami dormire un po'.» Gli chiudo letteralmente la porta in faccia.
Crollo sul letto. Devo lottare contro me stesso per non aprire quel maledetto cassetto e porre fine a questa maledetta sofferenza che sento dentro. Il sonno però è più potente.
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Alle tre in punto ci presentiamo a casa di James. Almeno adesso ho un aspetto decente e non sembro più reduce di un rave party.
Ad aprirci la porta è Thomas con i suoi capelli rossi. Ci guarda per qualche secondo e poi sparisce lasciandoci da soli all'ingresso. Lui si che è un vero padrone di casa. Ovviamente sono ironico.
Poco dopo ci raggiunge l'altra testa rossa, un po' meno incazzato di stamattina ma sempre imbronciato e sempre con quello sguardo deluso dipinto sul volto.
Ci fa cenno di seguirlo e noi, come tre bravi cagnolini, lo seguiamo. Ci conduce attraverso un corridoio e poi apre una porta dove al suo interno c'è letteralmente uno studio di registrazione. Almeno lui ci tiene al suo lavoro. Io devo essermi perso un attimino per strada.
«Qui c'è tutto ciò che vi serve» dice, sedendosi in un divano. «Fate pure», solleva le mani indicandoci gli strumenti.
Siamo tutti un po' fiacchi. Non suoniamo da un po', forse l'ultima volta che lo abbiamo fatto insieme è stata al quel locale di gente elegante.
Appena prendo la chitarra in mano, e stringo il manico con quella malmessa, provo un dolore lancinante e devo mordermi il labbro inferiore per non imprecare ad alta voce.
Alla fine non sono neanche andato a farmela controllare. Non ha un bel colorito, sopratutto sulle nocche. È un po' viola, un po' blu e decisamente troppo gonfia.
James ha gli occhi puntati su di me, quindi devo sforzarmi di sembrare normale.
Mi volto verso i ragazzi e anche loro sembrano un po' spaesati.
Sul serio ci siamo dimenticati di come si suona così in fretta? Non abbiamo neanche fatto un vero e proprio concerto, cazzo.
Anziché fare passi da gigante, sembra che stiamo arretrando di brutto.
E pensare che ho fatto i salti mortali per arrivare qui. Quel salto mortale mi è anche costato parecchio. Quel maledetto salto ha portato Blue Jean nella mia vita, che non ha fatto altro che incasinarmela ancora di più.
Sbatto le palpebre per scacciarla via della mia testa, non la voglio dentro il mio cervello, cazzo.
Ma lei è una maledetta stronza, ribelle da far schifo e se ne sta lì aggrappata al mio cervello seduta comodamente sul filo dei miei pensieri.
Trattengo l'impulso di spaccare la chitarra in mille pezzi. Chiudo gli occhi per un secondo e prendo un bel respiro, ripetendomi alcune parole come una specie di mantra.
Io so suonare, sono nato per essere una maledetta rock star destinata a volare in alto. Sempre più in alto. Non sono nato per brancolare nel buio. Sono una fottuta stella. Non permetterò più a nessuno di incasinarmi il cervello e di mettere in pericolo il mio sogno. Nemmeno se quel nessuno è una stupida ragazzina dai capelli rosso fuoco, svitata come pochi e con due occhi eterocromatici in grado di mettermi in ginocchio. Nemmeno a lei, lo permetterò.
Rafforzo la presa contro la mia chitarra e suono la prima nota, senza curarmi se gli altri mi vengono dietro o meno. Appena la corda vibra sotto le mie dita, tutto il resto scompare. La famigliare sensazione mi scorre nelle vene come un potente antidoto contro ogni mio malessere e raggiunge il mio cuore facendolo scoppiare come un maledetto fuoco d'artificio.
Adesso sono tornato a casa.
Sbagliamo qualche nota ma riusciamo a sistemarla subito. Le mie dita scivolano con fluidità sulle corde, per un attimo penso che possano prendere persino fuoco.
Finiamo la prima canzone, i nostri occhi sono puntati su James. Si tocca il mento con fare pensieroso mentre ci guarda a sua volta. «Avete pensato alla scaletta?» con una sola domanda è riuscito di nuovo a rispedirci all'inferno.
«No», risponde Joey. « Ma non ci vorrà molto a scegliere quali canzoni portare. Quanto tempo avremmo a disposizione?»
James si stiracchia e sbuffa rumorosamente. «Purtroppo avrete solo venti minuti a serata. Ho provato a chiederne di più ma non è una cosa fattibile. Dopotutto siete stati miracolati per essere stati messi in mezzo a band di fama mondiale. Quindi, venti minuti andranno più che bene. Sono certo che farete di tutto per farvi valere. Avete i vostri fan e sono sicuro che dopo il festival diventeranno di più. Ma solo se ci credete davvero. Il vostro futuro, ragazzi, è solo nelle vostre mani», alza le spalle.
Come se non ci avesse appena messo sulle spalle un carico che in questo momento è evidente che non riusciamo a reggere.
Ho capito che in questa band c'è un anello più debole, e quell'anello sono io. Quello più importante, dato che sono la voce.
Quindi è meglio che accantoni un po' di merda e mi dia una svegliata, prima che trascini anche i miei amici nella merda con me.
Nonostante tutto loro, compreso James, credono in me.
Che altro voglio? Ho tutto ciò di cui ho bisogno per prendermi il mondo e mangiarmelo in un solo boccone.
È tutto nelle mie mani, anche se al momento una è un po' fuori uso.
Fortunatamente le altre canzoni vengono fuori meglio. Abbiamo ripreso il nostro ritmo e ci abbiamo dato dentro come sempre. Ora mi sento più sollevato, decisamente molto meglio di quando sono arrivato qui.
Abbiamo solo tre settimane per decidere la scaletta e ammazzarci di prove. Ho tre settimane per liberare la mente e gettarmi a capofitto nel mio lavoro. Non deve esserci spazio per le cose futili. Nemmeno per lei e Chet il babbuino.
Deve esserci solo la musica, stop.
Dovrò anche mettermi a stecchetto di fica, quindi fuori dalle palle anche Vicky. Anzi, credo proprio che non le darò nemmeno il mio numero nuovo. Appena finisco qui, vado a comprarmi un nuovo telefono e cambio numero. Lo darò solo ai miei amici e James, ovviamente anche a Joel e Noel.
Devo fare piazza pulita di tutto.
Quando finiamo di provare sono le otto e mezza di sera. Dire che siamo stanchi è un eufemismo. L'unica cosa che voglio adesso è tornare a casa mia e chiudermi nella mia stanza e dormire per tipo ventiquattro ore. Invece, James ci ha praticamente obbligati a restare a casa sua per cena.
Ha ordinato delle pizze e ci sta obbligando a bere solo Coca-Cola, mentre lui sta bevendo una birra alla faccia nostra.
Non che io sia un bevitore incallito, l'alcool non mi piace e non mi piace come mi fa sentire il giorno dopo. In compenso, quello che mi inietto nelle vene è mille volte peggio. Quindi non mi sento un bravo ragazzo solo perché non bevo quasi mai. Anzi, forse sarebbe stato meglio avere la tendenza di bere alcolici, che spararmi eroina in vena.
Quindi, dato che il nostro manager ci ha tenuti segregati a casa sua, non sono riuscito ad andare a comprare un nuovo telefono. Devo ammettere che mi sento molto meglio senza. Almeno non corro il rischio di perdere di nuovo la testa se qualcuno in particolare mi inviasse messaggi del cazzo.
A cena c'è anche Ginger, la nonna di Blue. Sembra abbastanza tranquilla, ma so che è solo una facciata. Suo marito è morto da troppo poco tempo, quindi immagino come possa sentirsi.
Per un breve momento ho avuto la tentazione di chiederle da chi avesse preso sua nipote a essere così stronza, però non l'ho fatto. Devo decisamente smetterla di pensare a lei.
Thomas invece non fa altro che lanciarmi sguardi intimidatori. Non capisco che cazzo vuole da me. Dovrebbe farsela passare e pensare con chi sta uscendo sua sorella adesso. Forse nemmeno lo sa che sta uscendo con il suo pusher di fiducia.
Dovrei dirglielo? Oppure dovrei farmi gli affari miei?
Ma è risaputo che io non riesco proprio a tenermi la bocca chiusa. Così, appena lui si alza per andare a fumare una sigaretta, lo seguo.
Fumare le sigarette è l'unica cosa che mi è concessa. Nemmeno quelle mi piacciono molto, le fumo solo quando non posso mettere le mani su altro.
Esco fuori, Thomas è appoggiato con una spalla contro il pilastro e sta guardando la siepe davanti a sé.
«Me ne offri una?» gli chiedo, appena lo raggiungo.
Mi guarda con la coda dell'occhio. «Non hai abbastanza soldi per permetterti un pacchetto di sigarette?» sbuffa.
Mamma mia, quanto è snervante. « Sì, ma adesso non ne ho. Non fare il rompi coglioni e dammi una cazzo di sigaretta, Weller.»
Infila la mano nella tasca dei jeans, prende il pacchetto e me lo lancia addosso. Finisce a terra, mi chino per raccoglierlo. Ne prendo una e appoggio il pacchetto sul tavolino. «Anche l'accendino, grazie.»
Mi rifila un'altra occhiataccia prima di darmi anche l'accendino.
Faccio scattare la scintilla e avvicino l'accendino alla sigaretta, poi lo poso sopra il pacchetto delle sigarette. Aspiro il fumo e lo butto fuori, creando una pallida nuvoletta che si disperde subito. «Mi spieghi che cosa hai contro di me? Eri più simpatico prima», dico.
Mi guarda di nuovo. «Ero più simpatico prima che tu iniziassi a girare intorno a mia sorella.»
Ah, ancora? Che palle.
Mi siedo sugli scalini che portano al giardino ben curato. «Credo proprio che io sia l'ultimo dei tuoi problemi, Thom.»
«Che cosa stai dicendo?» sbuffa.
Alzo le spalle. «Io ho smesso di girare intorno a tua sorella. Dovresti preoccuparti di chi le sta girando intorno adesso.»
Abbassa lo sguardo su di me, aggrottando la fronte. «Chi?»
Reprimo un sorriso, perché sì, fare la spia in questo momento mi fa godere un sacco. «Il tuo pusher», dico senza peli sulla lingua.
Thomas resta quasi immobile con la sigaretta incastrata tra le labbra. «Come, scusa?»
Annuisco. «Sì Thomas, Chet Liddell sta uscendo con tua sorella. Lei lavora anche per lui.»
Borbotta qualcosa e poi si siede sullo scalino accanto a me. «Che cavolo vuole Chet da lei?»
«E io che ne so?» sbotto. «Stanno uscendo insieme. Si sono anche infilati la lingua in bocca, se proprio vuoi saperlo.»
Serra la mascella. «Tu come fai a saperlo?»
«Ero lì», dico sincero.
Si volta a guardarmi negli occhi. «Eri lì?»
Annuisco. «Sì, ero lì! Ma ci senti oppure sei diventato sordo?»
Si passa una mano sul viso. «Non so se sia peggio Chet o tu», borbotta.
È decisamente peggio Chet, ovviamente. «Grazie tante, anche tu sei molto simpatico», dico sarcastico.
Mi guarda con le labbra serrate in una linea dura. «Perché non le hai detto che tipo di persona è Chet?»
Ora sono io che lo guardo con la mascella serrata. «L'ho fatto! Ma lo sai che tua sorella è una s... testarda!» Stronza è la parola corretta.
Thomas si strattona appena i capelli. «Io non capisco perché Blue debba sempre avvicinarsi alle persone di merda. Che cazzo ha una specie di attrazione per i tossici?»
Mi sento decisamente preso in causa. Ma una cosa è certa: io non le avrei mai fatto del male. «Non so che dirti, volevo solo che tu ne fossi al corrente. Forse riuscirai a farla ragionare. Sappiamo chi è Chet. Nemmeno a me fa molto piacere sapere che le ronza intorno, ma tua sorella ha preso la sua decisione.»
Resta qualche secondo in silenzio. Poi mi guarda di nuovo. «Tu perché eri lì con loro?»
Perché avevamo appena finito di scopare. La frase giusta da dire sarebbe: era lui lì con noi.
«Ero a casa sua.» Dirgli quello che abbiamo fatto non mi sembra il caso.
Assottiglia gli occhi facendo scomparire quasi del tutto il verde delle iridi. «Lei ti piace, Billy?»
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