♫ ~ 34.2 ɪꜱ ʜᴇᴀᴠᴇɴ ᴀɴʏ ꜱᴡᴇᴇᴛᴇʀ ᴛʜᴀɴ ʙʟᴜᴇ ᴊᴇᴀɴ?

🔥 QUESTO CAPITOLO CONTIENE SCENE ESPLICITE🔥

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«Che cosa ci fai qui?» Lo guardo di nuovo negli occhi. Mi faccio da parte per farlo entrare dato che sta continuando a bagnarsi. 
Chiudo la porta quando entra.

«Hai paura.»
Inarco un sopracciglio. È fatto? «Cosa?»

Mi guarda. Sì, è decisamente strafatto. Da cosa lo capisco? Dalle pupille ridotte a due spilli. Si inumidisce le labbra prima di rispondere. «Hai paura dei tuoni.»
«Sì, e quindi?»
«Quindi sono venuto a farti compagnia», dice con un'alzata di spalle. 

Apro e chiudo la bocca svariate volte. È pazzo? «Ti sei presentato a casa mia per questo?»
Annuisce. «Sì.»
Sento le spalle afflosciarsi. «Perché?»
Non ha per niente senso. 

Si passa una mano fra i capelli scacciando via un po' d'acqua. Continua a tremare. «Te l'ho detto: hai paura e io sono venuto qui per stare con te.»

«Io non te l'ho chiesto.»
«Lo so!» Sbotta. 

Oddio, perché deve comportarsi sempre in questo modo? Io non lo capisco più.

Passo una mano tra i capelli e sospiro. «Stai tremando, levati quei vestiti.» Mi guarda negli occhi senza dire niente. La stanza si illumina nuovamente in un lampo di luce, seguito poi dal tremendo schianto di un tuono. William continua a non muoversi. Per un momento temo che si senta male. Non saprei che fare sinceramente. 

Mi avvicino a lui e gli prendo la mano non fasciata nella mia. È freddo come il ghiaccio. «Will?» lo richiamo. 

Lui abbassa lo sguardo su di me, mi guarda ma non dice niente. 

Sollevo una mano e gli tocco il viso gelido. «Stai bene?»
Annuisce. 
Inumidisco le labbra. «Devi levarti questa roba, fa freddo.»

Annuisce, di nuovo. Cerco di capire che cos'ha guardandolo negli occhi. Ma sono criptici come sempre. 

Allora decido di spogliarlo io. Non batte ciglio quando gli levo il maglione che indossa. Nemmeno quando gli sbottono i pantaloni e glieli abbasso. 

Mi raddrizzo e lo guardo di nuovo negli occhi. «William», mormoro. 
Mi guarda di nuovo. Solleva la mano fasciata e se la passa sul viso. «Blue, non mandarmi via. Non stanotte.»

Le sue parole  mi stupisco al tal punto da sbattere le palpebre almeno cinque volte di seguito. Non lo capisco, davvero. «Non lo farò», mormoro.

A quanto pare ha bisogno di sentirselo dire. Non è la prima volta che lo vedo in questo stato, sballato intendo, ma c'è qualcosa che non va nel suo sguardo. Questa parte di lui raramente esce fuori.
Gli afferro la mano. «Vieni con me.» Non opporre resistenza quando lo trascino in bagno. Compie i movimenti in modo quasi robotico. 

Non gli lascio la mano mentre raggiungiamo la vasca. Lo aiuto a entrarci dentro. Resta in piedi ma non molla la presa della mia mano. 

«Dovresti togliere anche i boxer», sussurro con un filo di voce. 

Molla la mia mano e se li abbassa, per poi lanciarli via.

«Quando hai fatto chiamami.» Faccio per voltarmi ma lui mi afferra di nuovo la mano. Lo guardo, lui guarda me, con un'intensità tale da farmi abbassare lo sguardo. 

«Vieni anche tu», la sua voce è roca. 
Sollevo di nuovo lo sguardo. «Perché?»
«Per favore», mi supplica. 

Annuisco. Scavalco i bordi della vasca ed entro anche io. Apre l'acqua e si posiziona sotto il getto. 

Io sono ancora vestita e non mi va proprio di bagnarmi. Così stacco il soffione dal supporto e lo indirizzo su di lui. William mi osserva per tutto il tempo appoggiato contro le piastrelle. 

Il modo in cui mi guarda mi fa venire i brividi. Sembra che voglia assorbire ogni centimetro di me. Mi sento totalmente nuda sotto il suo sguardo.
Quando ho finito di lavarlo e mi volto a mettere il soffione al suo posto, colgo un movimento con la coda dell'occhio, poi lo sento alle mie spalle. Mi circonda con un braccio premendomi il palmo sul ventre. 

Gli appoggio la testa sulla spalla e mi giro a guardarlo. Non mi da neanche il tempo di realizzare cosa sta succedendo, che cattura la mia bocca con la sua. 

Mi stacco dalle sue labbra con il fiato corto. «Perché?»

Rafforza la presa contro il mio ventre e mi attira ancora di più a sé; la mia schiena contro il suo torace, lui che mi stringe. La sua mano mi risale lungo l'addome scomparendo sotto la maglietta. Le labbra in prossimità del mio orecchio. «Ho bisogno di un'altra notte con te. Per favore.» Mi stringe il seno nella sua mano facendomi trasalire.

La sua supplica mi fa battere il cuore all'impazzata. Vorrei dirgli di no, ma dalla mia bocca non esce niente. Poi fa scendere l'altra mano lungo l'addome. Raggiunge il bordo delle mutandine e infila il pollice. Cerca i miei occhi e alla fine ottiene la risposta che cerca. 

Non voglio che si fermi. Voglio che mi tocchi. 

Mi guarda negli occhi mentre la sua mano scivola tra le mie gambe. Inarco la schiena e gemo. Sfiora il mio clitoride già dolorante, poi con due dita mi schiude e subito dopo mi penetra. Cattura di nuovo le mie labbra e questa volta invade la mia bocca con la sua lingua. Aumenta il movimento delle dita, mentre il suo palmo sbatte in modo strategico contro il clitoride, mandandomi ondate bollenti di piacere. Il mio corpo reagisce all'istante. La rapidità con cui mi ritrovo a fremere sotto le sue dita è vergognosa.

Allungo le braccia dietro di me e gli afferro le cosce muscolose. Si appoggia contro la parete trascinandomi con sé, senza mai rallentare il ritmo della mano.

Soffoca i miei gemiti infilandomi la lingua in bocca e bevendosi tutti i miei ansiti. «Non venire», sussurra contro le mie labbra. «Voglio essere io a farti venire, quando mi spingerò dentro di te.» Ritrae la mano lasciandomi con la bocca asciutta, mentre struscio il sedere contro la sua erezione. 

Non sono totalmente d'accordo con quello che stiamo facendo, ma non ho nessuna intenzione di fermarmi.
Lo voglio. Lui vuole me.

Mi aiuta a uscire dalla vasca e poi, mano nella mano torniamo in salotto. Si sdraia sul letto completamente bagnato, e io resto in piedi di fronte a lui. 

Si tira leggermente su per prendermi dai fianchi e farmi sedere sulle sue cosce. Mi guarda negli occhi con la stessa intensità di prima. Abbasso lo sguardo ma lui me lo impedisce intrappolando la mia mandibola nella mano. «Non nasconderti mai da me.»

«Sei venuto qui solo per scopare?» gli chiedo, in un momento di lucidità. 

Si incupisce ancora di più. «No. Sono venuto qui perché so che hai paura dei temporali. Ero con Vicky.»

Mi alzo in piedi di scatto allontanandomi da lui come se mi avesse dato la scossa. «Eri con lei e adesso sei qui da me?» dico tra i denti. Vorrei tirargli un pugno in faccia. E nelle condizioni in cui si trova adesso, sono sicura che lo stenderei con un cazzotto.

«Sì ero con lei. Dentro di lei ma non sono riuscito a venire.»

La calma con cui pronuncia queste parole mi fa infuriare. «E sei venuto qui per svuotarti con me? Cazzo, non sono una puttana!» Purtroppo l'ultima frase mi esce con un lamento simile a un singhiozzo. 

Con un gesto rapido mi agguanta dai fianchi e mi riporta vicino a lui stringendomi. Posa la fronte sul mio ventre e sospira. «No, non lo sei. Non riuscivo a lasciarmi andare con lei.»

Tento di divincolarmi ma la sua presa è salda. «Continua pure a prendermi per il culo, William!» dico tra i denti. Sento gli occhi pizzicare.
Io non voglio piangere, sul serio. Non dovrebbe importarmi niente di lui né di quelle con cui se la fa. Ma il fatto che lui continui a prendermi in giro mi fa stare male. 

Solleva lo sguardo e i suoi occhi si inchiodano ai miei. «Capisci, per favore.»

«Che cosa devo capire?» strepito. «Sei qui per svuotarti i coglioni solo perché non ci sei riuscito con lei?» Scaccio rapidamente una lacrima che non sono riuscita a reprimere.
Non piangere. Non mostrarti vulnerabile. Respira. Non dargli questa soddisfazione.

Scuote il capo. «No, sono venuto qui perché...» impreca sotto voce. «Blue, quello che voglio dirti non è giusto. Non farmelo dire. Sappi solo che non sei una puttana e non sono qui per svuotarmi le palle. Posso anche non fare niente, non m'importa.»

«Non ha senso quello che stai dicendo!» sbotto, cercando di allontanarmi di nuovo. « Tu sei completamente fuori di testa!»

« Si, hai ragione», risponde.

«Per favore, vattene», distolgo lo sguardo. Se lo guardo negli occhi scoppio a piangere e non mi va, merda. 

«Non me ne vado», dice categorico. «Neanche ci provi ad ascoltarmi, come sempre parti in quarta.»

«Non voglio più ascoltarti» sussurro, fissando fuori dalla finestra dove la pioggia continua a scendere furiosamente. 

«Dovresti, invece. Forse capiresti e non daresti di matto. Ero con Vicky, è vero. È anche vero che stavamo scopando e che non riuscivo a venire», sospira. «E sai perché?»

Scuoto il capo. «No e non mi importa. Vai via.» 

Mi stringe ancora di più i fianchi facendomi quasi male. «Ascoltami», quasi lo ringhia. «Guardami.»
«No.»
«Blue, guardami», insiste. 

Scuoto il capo e provo ad allontanarmi di nuovo. Cosa che lo fa arrabbiare. Mi afferra le mani e se le posa sulle spalle. Poi afferra la mia mascella e mi obbliga a guardarlo negli occhi. «Me ne sono andato da casa di Vicky solo perché non riuscivo a togliermi dalla testa te», sibila. «Brutta stronza.»

Il mio cuore sprofonda fino allo stomaco e poi torna al suo posto battendo furiosamente. «Che cosa stai dicendo?»

«Quello che ho detto. Non farmelo ripetere. È già sbagliato così com'è. Non dovrei neanche pensare a te. Ci siamo divertiti, dovrei starti lontano anni luce. Ho promesso a tuo padre e a tuo nonno di starti vicino... e solo che quando ti sto vicino non riesco a smettere di pensare a scoparti.»

Sbuffo una risata, che sembra più un lamento. «Quindi vuoi solo scopare con me?»
«Sì. Lo vuoi anche tu. Lo sai che possiamo fare solo questo», risponde sincero. 

Aggrotto la fronte. «Non dovremmo fare neanche questo.»

«Lo so. Ma non riesco a starti lontano, okay?» sbotta facendomi trasalire. 

Lo guardo male. «Non riesci a stare lontano dalla mia patata, più che altro.»

Emette una risatina bassa. «Anche. Potremmo diventare una sorta di scopa-amici. Scopare quando ci sentiamo persi.»

Lo guardo con occhi sgranati. È impazzito, ora ne ho la conferma. «Non sono il tuo giocatolo.»

«No, non lo sei. Ma sei l'unica che in questo momento riesce a farmi eccitare e a farmi venire», solleva la mano fasciata e mi accarezza il viso. «Nelle notti come questa potremmo farci compagnia a vicenda. Poi tornerà tutto come prima.»

«Tu sei pazzo», mi passo le mani tra i capelli con un gesto nervoso. 

Alza una spalla. «Può darsi. Però so che lo vuoi anche tu.»

Scuoto la testa. «No, non lo voglio anche io!» sbotto. «Sei pazzo, William. Vattene da Vicky e lasciami in pace!»

Afferra la mia mano, mi tira a sé e appoggia il mio palmo in mezzo alle sue gambe. «Vicky non riesce a fare questo.»

«Perché vuoi farmi questo?»

«Perché tu sei come me, Blue. Noi non vogliamo niente da nessuno, se non provare piacere. Potremmo farlo insieme. Così non ci sarà nessun rischio che uno dei due si innamori. Io e te non proviamo amore», sussurra. 

Non so che cosa si sia iniettato nelle vene questa notte, ma sta chiaramente vaneggiando. «William», sussurro. 

Lui neanche mi ascolta. Posa entrambe le mani sul mio sedere e mi attira a sé. Solleva la maglietta che indosso e inizia a baciarmi il ventre facendomi venire la pelle d'oca.

Forse non ha poi tutti i torti. Io non voglio nessuna relazione. Non so bene che cosa voglio, però potrei trarne piacere anche io. Dopotutto stiamo parlando di William Gilmour, quello che su Instagram viene definito Bello e Dannato con tanto di hashtag. Quello per cui le donne si strapperebbero anche i capelli solo per poterci andare a letto una sola notte. Mentre lui ha appena supplicato me di farlo. 

Infilo una mano tra i suoi capelli e gli tiro su la testa. Lo guardo negli occhi. «Solo sesso» sibilo, prima di sedermi sulle sue ginocchia e infilargli la lingua in bocca. 

Reagisce subito al mio tocco. Infila le mani sotto la mia maglietta e la tira su levandomela da sopra la testa. Mi struscio su di lui facendolo gemere nella mia bocca. Mi accarezza la schiena con i palmi ruvidi facendomi venire la pelle d'oca. Posa una mano sul mio seno e l'altra dietro la mia nuca per intensificare il nostro bacio.

Poi si stacca e si sdraia sul letto. Afferra i miei fianchi e preme i polpastrelli contro la mia pelle. «Fammi tutto quello che vuoi, Blue», la voce ridotta a un sussurro rauco.

Mio Dio. Questo ragazzo è così sexy che secondo me non se ne rende nemmeno conto. 

Non so quanto possa essere giusto quello che stiamo facendo. Usarci a vicenda è da persone di merda prive di umanità e quant'altro. Ma io lo voglio. Lui vuole me e il resto non conta. 

Mi aiuta a liberarmi delle mutandine e non perde occasione per prendermi in giro. «Sempre più imbarazzanti», sorride contro le mie labbra. 

Questa volta sono bianche con delle labbra rosse disegnate. Per risposta gli mordo il labbro inferiore con forza facendolo gemere.

Lo spingo dal petto fino a fargli appoggiare la schiena sul materasso, dove c'era sdraiato anche Salem che corre via soffiandoci contro. 

Con un coraggio che non sapevo nemmeno di avere, gli infilo il preservativo sotto il suo sguardo infuocato. È così bello che mi ritrovo a deglutire a fatica.
Mi sollevo leggermente, lui indirizza l'erezione verso la mia intimità, riempiendomi lentamente. Un pezzo alla volta, fino in fondo. Gemiamo entrambi per questo contatto. Resto ferma qualche secondo per abituarmi alla sua invasione. 
Poi prendo a muovermi lentamente su di lui, che con una mano afferra il mio seno e mi tormenta il capezzolo e con l'altra posata sul fianco mi aiuta con i movimenti. 

Premo le mani sul suo petto e mi chino su di lui per baciarlo. È un bacio sconcio, impaziente. Si attorciglia la coda alla mano e la scioglie. I miei capelli si aprono a ventaglio ricadendomi in onde scompigliate sulla schiena. 

Afferra il mio sedere e spinge in alto il bacino per aumentare la profondità e le spinte.
«Spero per te che tu riesca a durare tutta la notte, Gilmour» gemo, mentre mi muovo su di lui. 
«Per tutta la notte, Weller», posa una mano sul mio collo e lo stringe appena. 

Presa dalla foga - o non so come altro chiamarla- prendo l'altra sua mano e la trascino pigramente lungo tutto il mio corpo. Dal seno fino alla bocca. Schiudo le labbra per leccargli l'indice. Lui freme sotto di me quando me lo infilo in bocca e lo succhio guardandolo dritto negli occhi. 

«Sei fottutamente bella, cazzo» geme, spingendosi con più urgenza dentro di me. 

Sorrido compiaciuta per averlo ridotto in questo stato. Il ragazzo freddo come il ghiaccio sta impazzendo, ed è tutto merito mio. 

Pronuncia parole volgari mentre continuo a succhiargli il dito. Me lo infilo fino alla gola e gemo. Vederlo sotto di me mi fa impazzire. Anche lui è bello in un modo doloroso. E sono certa che sarà doloroso anche tutto il resto con lui. Ma ora non mi importa. Voglio continuare ad affondare su di lui e dimenticarmi il mio nome e tutti i miei cazzo di problemi. Faccio scivolare una mano sul petto morbido, i muscoli sodi si flettono al mio tocco. 

I nostri respiri incespicano all'unisono e io lo bacio di nuovo, succhiandogli il labbro inferiore. 

I suoi occhi sono fissi nei miei mentre continuo a muovermi su di lui. Le ginocchia iniziano a tremarmi ma non ho nessuna intenzione di fermarmi. Neanche se mi venisse un crampo. Neanche morta.

Lui però si accorge che sto arrancando con i movimenti quindi mi afferra dai fianchi e cambia posizione, facendomi sdraiare a letto e lui mettendosi sopra di me. Resta sospeso su di me senza entrare. Per un breve momento penso che non gli vada più, visto che se ne sta lì tra le mie gambe a guardarmi con la fronte leggermente aggrottata. 

Mi lecco le labbra. «Tutto bene?» Se dice che vuole smettere giuro che potrei anche mettermi a piangere, lo picchio. 

Annuisce. «Girati.»
Inarco un sopracciglio. «Girarmi?»
Le sue labbra fremono appena ma non sorride. «Sì, Blue. Girati. Mettiti sulle ginocchia, a pecora.»

Mi sento avvampare. Anche per non aver capito la sua richiesta. Questa è una posizione che non ho mai provato. Effettivamente ci sono tante cose che non ho mai fatto, però ho iniziato a farle proprio con lui, il biondo psycho. 

Obbedisco e mi metto a carponi sulle ginocchia dandogli le spalle. Ammetto di essere un po' imbarazzata in questo momento. 

Mi afferra i fianchi e mi attira più a sé, emette un verso di apprezzamento. Almeno gli piace quello che vede, meno male. 

Traccia il contorno del tatuaggio che ho sulla natica. Non chiedetemi perché mi sono voluta tatuare una chiappa. Avevo perso una scommessa con Dylan. E ora mi ritrovo con il fulmine di David Bowie sulla chiappa con scritto "Rebel Rebel" ai lati. 

Lo sento ridacchiare. «Bello questo», ne traccia l'intera sagoma. «Tu sei decisamente una ribelle. È per questo che mi fai perdere la testa», si china su di me. Il suo petto premuto contro la mia schiena. Mi scosta i capelli di lato e avvicina le labbra al mio orecchio. «Hai altri tatuaggi nascosti?»

Mi chiedo come abbia fatto a non vederlo prima. Insomma, mi ha vista nuda un sacco di volte. Forse perché non mi guardava davvero?

Scuoto la testa, mentre mi reggo con le mani contro il materasso. «No, nessun tatuaggio nascosto.» La mia risposta esce sotto forma di gemito quando lui infila una mano tra le mie cosce e mi accarezza con un dito per tutta la lunghezza della mia fica. Dio mio.

Poco dopo si tira su e afferra il mio sedere strizzandolo con le mani. «Hai un culetto molto invitante», lo strizza con più forza facendomi mugulare e inarcare la schiena contro di lui. «Quante cose potrei farti.»

Stringo le lenzuola sotto le mani. Inumidisco le labbra. «Non l'ho mai fatto», confesso. Ringrazio il cielo di essere di spalle così non può vedere il mio imbarazzo. Sono una continuata altalena di emozioni, merda. Un attimo prima sono spigliata e posseduta da uno spirito ninfomane. L'attimo dopo mi imbarazzo anche se mi tocca appena. Chi mi capisce è bravo. 

Mi afferra la nuca obbligandomi a voltarmi nella sua direzione. Mi guada negli occhi. «Se non ti va, dillo. Comunque non ho intenzione di profanarti il culo. Per il momento» sogghigna, facendomi venire uno spasmo al basso ventre. 

Be', okay. Meglio così. Non mi sento ancora pronta a farmi penetrare l'altro ingresso. «Va bene. Mi va» annuisco, per essere più convincente. 

Si piega in avanti per baciarmi una spalla, poi si sistema dietro di me. Io lo guardo imbambolata mentre indirizza il suo uccello tra le mie pieghe. Posa una mano contro la parte bassa della mia schiena e schiaccia per farmi inarcare ancora di più la schiena. 

Sì, sono decisamente tesa. 

Entra lentamente dentro di me, continuando a guardarmi negli occhi. «Faccio piano», sussurra con voce roca. 

Annuisco solamente. Il primo contatto fa male. Mi irrigidisco mentre lui geme piano, facendosi strada dentro di me. Le sue dita premono sui miei fianchi. 
Con una spinta entra tutto e io mi ritrovo a chiudere gli occhi. Il respiro si spezza, le mie pareti interne si stirano e lo agguantano. «Cazzo», sussulto. 

Perché mi fa male in questa posizione? Non ne ho idea. Però mi sembra di sentirlo fino allo stomaco. 

Inizia a muoversi prima lentamente, poi sempre più con forza crescente. Si piega su di me schiacciandomi sotto il suo peso. Afferra i miei capelli e se li attorciglia alla mano. «Mi piace da morire scopare con te», sussurra contro il mio orecchio. 

Anche a me.

Mi bacia come se fossi la sua droga. E io mi sento strafatta di lui, tutti i miei sensi galleggiano, la testa pesante e il corpo incandescente per il piacere. 
Tutto ciò a cui riesco a pensare in questo è che lui è dentro di me. 
Tutti i miei problemi, la morte di mio nonno, il mio umore instabile. Gli attacchi di rabbia, quelli di panico, non esistono più. 

C'è solo lui. È parte di me adesso. Lo sento nel movimento incerto dei mie fianchi che assecondano le sue spinte, nel profondo del mio corpo dove lui preme in un punto che mi incendia dall'interno. 

Mi muovo con lui adesso, andandogli incontro spinta dopo spinta, le nostre labbra che si sfiorano appena. Mi ruba l'aria e io prendo la sua. 

«È bellissimo così» freme, spingendosi con più forza dentro di me. 

Sbatto contro di lui con più forza, ne voglio di più. Di più. La lussuria mi ha resa selvaggia. 

Le sue mani scivolano di nuovo sul mio sedere per poi afferrarlo, la punta del suo dito gioca con quell'apertura, mandandomi completamente in estasi. Mi spingo ancora di più contro di lui.

Il mio orgasmo è una lunga onda che si abbatte su di me e mi prende in pieno a grande velocità, con tale forza che posso solo aggrapparmi alle lenzuola, gemere forte e muovermi contro di lui in modo scomposto e disperato. Perdo di vista tutto, tranne questa sensazione. Le sue braccia si chiudono intorno a me, tutto il suo peso è su di me. Mi abbassa sino a toccare il materasso con il petto mentre lui spinge dentro di me violento, veloce, frenetico. Adoro il suono dei suo gemiti, come se stesse per morire e in qualche modo si stesse risvegliando allo stesso tempo. 

I suoi movimenti arrancano fino a placarsi del tutto. Per un lungo momento rimaniamo abbandonati uno contro l'altro. Io contro il materasso lui contro di me. A fondo di me, lui ancora pulsa e il mio corpo lo stringe per risposta. 

William esce da me e si sdraia sul letto. Il suo torace si alza e si abbassa velocemente, come se avesse appena corso a tutta velocità. Io mi giro sulla schiena e lui mi trascina vicino a sé. Le sue labbra trovano la mia fronte e si posano lì con un leggero bacio. «Tu mi farai venire di infarto» ridacchia, contro la mia pelle umida. «Voglio proprio vederti poi spiegare la mia morte alle persone. È morto venendo, se n'è andato com'è venuto.»

Ridacchio. «È un bel modo di morire però.»

«Dentro di te?» annuisce. «Decisamente sì. Tanto mi trovavo già dentro all'inferno.»

Aggrotto la fronte. «Io non sono l'inferno.»

Solleva una mano per sistemarmi una ciocca umida dietro l'orecchio. Posa un altro bacio contro la mia fronte e sospira. «Lo sei eccome.»

Perché dice così? Forse perché ogni volta che ci perdiamo uno dentro l'altro, ci avviciniamo sempre di più all'inferno? Non ne ho idea. 

Lui si alza dal letto, leva il preservativo e lo getta nel cestino. Si guarda intorno. «Ora che cazzo mi vesto?»

Mi metto a sedere, la mia patata produce un suono imbarazzante e le ginocchia mi tremano furiosamente come se avessi fatto centocinquanta squat. «Oh...» mormoro imbarazzata. 
Lui ridacchia. «È normale, Pudding. Vuol dire che siamo stati bravi.»

Ah. Okay. È imbarazzante lo stesso però. «Se vuoi, puoi indossare le mie mutandine» dico, cambiando discorso per alleggerire un po' la vergogna che provo. 

Ride. «Il piccolo Billy non ci sta lì dentro.»
«Piccolo Billy?» rido. È tutto tranne che piccolo. Ogni volta sembra che mi stia spaccando in due. 

«Si chiama così. Anche se non ha la chioma color platino», si risiede sul letto. 

Osservo il suo corpo nudo. La pelle diafana, i tatuaggi scuri che creano un contrasto perfetto con la sua carnagione chiara. William sembra davvero un angelo. Quell'angelo caduto però. Quello che adesso è il re dell'inferno, la stella del mattino. «Mi stai fissando.»

Sposto lo sguardo sui suoi occhi. «Sto solo ammirando il tuo corpo.» Confesso. Ormai siamo andati ben oltre all'imbarazzo di beccarci a fissarci. 

Si sdraia e si copre strategicamente col lenzuolo. «Ti piace quello che vedi?»

Mi sdraio anche io mettendomi sulla pancia reggendomi con un gomito, appoggio la testa sulla mia mano. «Credo che tu sappia già la risposta.»

«Sì, però mi piace sentirtelo dire», ghigna. 
Alzo gli occhi al cielo e rotolo giù dal letto.

« I complimenti lasciamoli alle coppiette. Noi siamo solo amici che scopano.»

Attraverso la stanza e raccolgo i miei vestiti dal pavimento, sotto il suo sguardo divertito. Si è persino sistemato sul letto con un braccio dietro la testa. «Sai che adesso non riuscirò a smettere di pensare al tatuaggio che hai sul sedere?»

«L'ho fatto quando ho perso una scommessa con Dylan» sbuffo, infilandomi la maglietta. «Non sapevo dove altro farlo. Ogni tanto dimentico anche di averlo. Ultimamente non mi guardavo molto allo specchio», infilo le mutandine, prendo il pacchetto delle sigarette e mi avvicino alla finestra aprendola un po'. 

«Dovresti farlo, guardarti intendo. Sei bella, Blue.»

La scintilla dell'accendino mi illumina leggermente il viso. Aspiro e butto fuori il fumo. «Non so che cosa ci trovate in me, sul serio», aspiro di nuovo. Un fulmine illumina la stanza facendomi trasalire. 

«Degli altri non me ne frega un cazzo. Io parlo per me», replica secco. 

Mi volto a guardarlo ed è dannatamente bello sdraiato sul mio letto, anche se è tutto sbagliato in questo momento. Getto la sigaretta dalla finestra e torno a sdraiarmi a letto. «Allora non capisco cosa tu ci trovi in me.» Mi metto su un fianco con il viso rivolto verso di lui. 

Per un breve secondo si limita a guardarmi soltanto. Ovviamente non capisco mai in che modo. È così difficile capire i suoi sguardi. Dopo quella che sembra un'infinità di tempo, si inumidisce le labbra e parla. «Non sei come le altre.»

Ridacchio, anche se non c'è niente per cui ridere. «Oh, di questo ne ho preso coscienza già da un po'» sospiro. «Lo so che non sono come le altre. Ed è per questo che non capisco perché gli altri mi trovino interessante o... attraente.»

«Non sei come altre», ripete. «A  te non importa niente di apparire per quello che sei. Hai un modo tutto tuo di fare le cose, di parlare, di vestire. Hai delle passioni e devi proprio vederti come ti brillano gli occhi quando suoni la chitarra. Non ti importa di risultare stronza e rozza. Eppure sei bellissima così come sei. Quindi no, non sei come le altre per questo motivo. Poi quello che vedono gli altri non mi importa. Io ti dico quello che vedo io.»

Il cuore mi si agita nel petto. Sono costretta a smettere di guardarlo negli occhi e portare la mia attenzione alla finestra. Capita che i ragazzi mi facciano dei complimenti - per portarmi a letto con loro- ma i suoi, mi sembrano sinceri. E questo... Non lo so.

Schiarisco la voce. «Stai bene? Il troppo sesso ti sta facendo delirare?» Attivo il meccanismo di autodifesa. Con lui, quando lo guardo negli occhi, quando mi guarda in quel modo mi sento totalmente spogliata e vulnerabile. E la cosa oltre che a spaventarmi, non mi piace affatto. 

Solleva una mano e mi spinge via dalla fronte in modo scherzoso. «Andrà a finire che mi prosciugherai le palle», ridacchia. «Be', meglio le palle che il cuore», aggiunge. 

Sbuffo. «Il nostro cuore non vuole intrusi. Forse neanche ce lo abbiamo.»

Anche se non lo sto guardando sento i suoi occhi addosso, sotto la pelle, fin dentro le ossa. «Forse è così.»

Mi giro dall'altra parte dandogli le spalle. «Ora dormiamo. Per favore, non svegliarmi. Domani devo andare a lavoro.»

Si sistema anche lui girandosi dalla parte opposta. Io però volevo essere abbracciata. «Com'è andato il tuo primo giorno di lavoro?»

«Bene.»
«Chet come si è comportato?»
«Bene. È simpatico», sospiro. 

Sbuffa una risata per niente divertita. «Chet è un figlio di puttana proprio come lo è Vince.»
«Dici così solo perché non lo sopporti. Sei stato tu a rubargli la ragazza», sbotto. 

Si muove di nuovo sul letto, posa una mano sulla mia spalla e preme per farmi girare. «Scusa? È questo che ti ha detto?»
Annuisco. «Sì.»

Ha la fronte così aggrottata che in mezzo alle sue sopracciglia si formano delle piccole rughe. «È stato lui a scoparsi Bonnie. Li ho beccati nei bagni del Rocktail. Proprio come ho sorpreso te e Sid», dice sprezzante. «Non ti sei nemmeno preoccupata di venirmi a chiedere se fosse vero o meno. Gli hai creduto e basta, e nemmeno lo conosci.»

Adesso mi sento un po' in colpa. Sembra sincero. «Non so mai cosa pensare di te, Billy», confesso. È la verità. Non so mai che cosa pensare. Non so mai che cosa pensa, è difficile da capire. Soprattutto perché lui non mi lascia mai avvicinare troppo. «Per la maggior parte del tempo non so mai che cosa ti passa per la testa e non riesco a leggerti in nessun modo.»

«Non devi farlo. Non devi cercare di leggermi e tanto meno capirmi, Blue. Non ti lascerò entrare, non dovresti neanche provarci. Se così fosse, stiamo già andando oltre.» Torna a sdraiarsi allontanandosi da me. 

Sbatto le palpebre confusa.
Perché passiamo cinque minuti tranquilli e poi litighiamo sempre? Che palle, cazzo.
«Non sto cercando di entrare. Voglio solo che le cose siano eque, dato che tu sei entrato con prepotenza nella mia vita. Non è giusto che tu sappia leggermi e sai tante cose di me, mentre io non so praticamente un cazzo» sbotto, agitandomi sul materasso. Mi fa incazzare. 

Sospira rumorosamente come se ne avesse già avuto abbastanza di questa discussione. «Peggio per te che sei così facile da leggere. E poi, la cosa è diversa con te.»
«Perché è diversa?» strepito, girandomi dalla sua parte con la fronte aggrottata. Lui però continua a darmi le spalle. 

«Perché sì. Ora dormi, altrimenti farai tardi a lavoro e a Chet non piacerà affatto», dice secco. 
Lo spingo dalla spalla. «Vaffanculo, William.»
«Ci andiamo insieme, Blue Jean», pronuncia il mio nome come se fosse un saporaccio amaro. 

Spengo la luce e mi sposto ancora un po' da lui. Sicuramente, domani mi sveglierò a terra. Meglio sul pavimento che con lui avvinghiato a me, stronzo. 

Lui può permettersi di scavarmi dentro, di spolparmi e di pensare di conoscermi. E io non posso mai sapere niente, niente di lui. Se non le cose che lui decide di dirmi. Non mi va affatto bene. Questo significa che non si fida di me. Si fida al tal punto di scopare di nascosto con me, ma non di parlarmi di sé stesso. 

Bella merda, sul serio. 

Se lui non vorrà farmi entrare: io non insisterò.




Siamo al cinquantesimo capitolo e io vorrei sapere se la storia vi sta piacendo 🥹

Devo andare avanti?

Devo fermarmi?

Consigli?

Non lo so! Anche un piccolo cenno 😭

Perché ve lo confesso, alcune volte vorrei lasciar perdere e levarla!

Fatemi sapere...
A lunedì 🖤

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