♫ ~ 34.1 ɪꜱ ʜᴇᴀᴠᴇɴ ᴀɴʏ ꜱᴡᴇᴇᴛᴇʀ ᴛʜᴀɴ ʙʟᴜᴇ ᴊᴇᴀɴ?
I just met a girl named Blue Jean
Blue Jean
She got a camouflaged face and no money
Remember
They always let you down when you need 'em
Oh, Blue Jean
Is heaven any sweeter than Blue Jean?
She got a police bike
She got a turned up nose
David Bowie
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Sono in piedi dalle sei del mattino. Ho dormito poco e male. Ho avuto tempo di fare colazione - un caffè- e di rendermi un pochino presentabile.
Non so esattamente come ci si debba vestire per andare a lavorare in una radio. So solo che sono agitata come se fosse il primo giorno di scuola.
Non ho la più pallida idea di come funzioni il mondo della radio.
In più sono ancora tesa, arrabbiata e confusa dalla discussione che abbiamo avuto io e William. Ho cercato di dormirci sopra e di schiarirmi le idee. Be', posso dire che alla luce del giorno sono più confusa di prima.
Ora però devo smettere di pensare a lui e concentrarmi sul mio nuovo lavoro, sperare di non fare figure di merda e di non essere licenziata già al primo giorno.
Chet mi ha scritto che passerà lui a prendermi. Spero solo che venga in auto.
Butto un'occhiata nervosa sull'orologio. Tra poco sarà qui.
Controllo di nuovo il mio aspetto allo specchio. Che non ho passato una nottata serena, si vede lontano un chilometro. Però almeno sono vestita "carina".
Ho ripescato dei calzoncini in pelle che ho abbinato a un golfino scollato e grigio. Ho messo anche le calze velate nere perché c'è brutto tempo oggi. E ovviamente gli anfibi. Credo che non mi separerò mai da loro. Se mai dovessi sposarmi, mi metterei sicuramente gli anfibi.
Ho cercato di sistemare i capelli. Alla fine ho perso le speranze e li ho legati in una coda alta. Ho messo il rossetto e un po' di mascara.
Non sono pronta per andare a sfilare alla settimana della moda a Parigi, però non sono nemmeno così cessa.
Indosso il chiodo di pelle e prima di uscire saluto il mio bambino peloso, che ieri è sgusciato sotto il letto quando siamo entrati io e William. Pensa un po', il biondo non piace nemmeno al mio gatto. Dovrei seguire l'istinto di Salem.
Forse si ricorda di quello che ha detto su di lui il giorno che lo abbiamo trovato.
Appena esco di casa una folata frizzante mi schiaffeggia il viso.
Stringo il giubbotto al petto e spero che Chet sia puntuale tanto quanto lo pretende.
Per fortuna sembra di sì. Dato che davanti a me si è appena fermata una Camaro ZL1 nera. Persino la macchina è sexy come il proprietario che ha appena abbassato il finestrino e mi sta sorridendo in modo smagliante con quei denti splendenti.
Mi sento una cretina quando sventolo una mano per aria per salutarlo. Sospiro e mi avvicino alla macchina. Apro lo sportello e mi siedo sul sedile nero e rosso in pelle. Sono così comodi che sembra che ti avvolgano in un abbraccio. Apprezzo il fatto che abbia attaccato un po' di aria calda.
«Giorno», mormoro. Scommetto di avere le guance del colore dei miei capelli.
Sorride. «Buongiorno a te. Agitata?»
Annuisco. «Sì, come se stessi andando per la prima volta in una scuola nuova.»
Ridacchia. «Andrà tutto bene», ingrana la marcia e parte.
Restiamo in silenzio per un lungo momento. Ad accompagnarci c'è solo dalla voce di Freddie Mercury.
«Com'è andata con Gilmour?» mi chiede, spezzando il silenzio.
Mi volto a guardarlo. «Bene.» A parte che mi ha incasinato ancora di più il cervello come un cubo di Rubik impossibile da risolvere. «Come vi conoscete?»
Si gratta il collo, dove ha un serpente tatuato che gli avvolge tutto il collo. «Uscivamo tutti nella stessa compagnia. Joey, Sid, Vinnie... ci conosciamo tutti.»
Be', allora perché William sembra odiarlo come se fosse il lupo cattivo? Vabbè, quel ragazzo odia tutti. Tranne che se stesso.
«Non vi parlate più?»
Alza una spalla. Mi ricade di nuovo l'occhio sul tatuaggio nella mano. È parecchio distraente. «Abbiamo semplicemente preso strade diverse. Siamo cresciuti e le nostre strade si sono un po' divise. Sono rimasto in buoni rapporti con Vinnie però.»
Mi sembra normale. «A lui non piaci», dico schietta.
Chet ridacchia. «A lui non piace mai nessuno. Pensa di essere il migliore di tutti.»
In effetti ha ragione. «Già», concordo.
«È un tipo particolare. Ma sé sta al suo posto è innocuo.»
Inarco un sopracciglio. «In che senso?»
«Nel senso che ho detto», taglia corto.
Mamma mia, i ragazzi sono peggio delle donne. Molto peggio. E queste risposte misteriose mi fanno innervosire.
Premo un gomito sullo sportello e poggio la testa contro il palmo della mano. «Sono certa che starà al suo posto.» Credo. Da come è andato via ieri sera, immagino che non mi rivolgerà più la parola. Anche se non capisco il suo strano comportamento. Ma tanto lui è sempre strano, non è una novità.
Restiamo in silenzio per tutto il viaggio. Sono agitata e di conseguenza non so che dire.
Parcheggia l'auto davanti a un edificio di mattoni rossi. Sopra la porta a vetri c'è un'insegna con il nome della radio.
Appena scendo dalla macchina mi ritrovo a guardare l'edificio con il mento all'insù. Sarà che sono agitata di mio, però mi mette a disagio.
Chet posa una mano sulla parte bassa della mia schiena e mi spinge leggermente in avanti invitandomi a camminare.
L'interno è molto bello. All'entrata ci sono dei divanetti neri e un tavolino da caffè in vetro. In fondo alla stanza ci sono delle macchinette del caffè e anche una per gli snack.
Mi guardo intorno e ammetto di sentirmi un po' spaesata. Chet mi conduce in un corridoio con la maquette scura e le pareti rosse. Si ferma davanti a una porta nera. Solleva una mano e porta l'indice sul naso per chiedermi di fare silenzio. Abbassa la maniglia e la apre.
Dentro questa stanza c'è poca luce, però riesco a vedere un'enorme scrivania nera lucida con sopra tre microfoni belli grandi. Dietro la scrivania c'è uno schermo enorme e sopra di esso lampeggia una scritta "On air" rossa. Dietro la scrivania c'è l'esuberante Rebel con la sua cresta gialla che parla al microfono. In sottofondo si sente un leggero riverbero di chitarra elettrica. La mia nuova amica - e collega di lavoro- sta facendo delle domande a qualcuno. La voce dell'altra persona riecheggia per tutta la stanza.
Lei è così presa dal suo lavoro che non presta attenzione a me e a Chet. Lui richiude la porta e continua a percorrere il corridoio. Apre un'altra porta e ci troviamo in una stanza identica all'altra. Solo che è completamente vuota. Mi lascia entrare per prima e poi mi segue, chiudendosi la porta alle spalle. Si avvicina alla scrivania e mi fa cenno di raggiungerlo. Gli vado vicino.
Noto una specie di consolle sulla scrivania che prima non ho notato.
Chet si siede sullo sgabello alto e io lo imito.
Si passa una mano sul viso prima di iniziare a parlare. «In sostanza, quello che devi fare è annunciare le canzoni, parlare un po' con il tuo pubblico. Puoi fare domande a cui poi loro risponderanno inviando messaggi o scrivendole sul nostro sito web. Non è difficile appena ci prendi la mano. Per parlare con loro ti basterà premere questo bottone», sfiora un pulsante rosso accanto al microfono. «Per mandare in onda la musica, tocca questo», sfiora un pulsante nero della consolle. «Quando bisogna mandare la pubblicità, tocchi questo», indica un tasto arancione sempre sulla consolle. «È facile.»
«Spero che questi tasti non siano collegati a una bomba atomica», ridacchio istericamente.
Lui sfoggia un sorriso smagliante. «Nessuna bomba. Non preoccuparti, non sarai sola. Oggi sarai affiancata a me.»
Che culo. Annuisco. «Va bene.» Osservo di nuovo la consolle e spero davvero di non incasinarmi con i tasti da schiacciare.
La porta si apre e la chioma gialla di Rebel spunta nella stanza. Guarda prima Chet, poi me. Aggrotta la fronte. Non era di certo la reazione che mi aspettavo da lei. Okay, non ci conosciamo da chissà quanto tempo, però ultimamente passiamo un sacco di tempo insieme.
Sollevo una mano e saluto. «Ciao Reb!»
Lei continua a guardarmi in modo strano, poi abbozza un sorriso. «Ehi Blue, che ci fai qui?»
Alzo le spalle. «Ho perso il lavoro. Ora eccomi qui.»
«Oggi sarà affiancata a me», interviene Chet.
Lei gli rifila la stessa occhiata strana con cui ha accolto me. Forse è solo strana. Non lo so. Annuisce una sola volta. «Okay, io ho finito. Ci vediamo stanotte.» Senza aspettare una risposta, esce dalla porta e la chiude.
Io e Chet guardiamo ancora la porta. Scuoto la testa per tornare alla realtà. «Si è comportata in modo strano, oppure è solo una mia impressione?»
«No no, l'ho notato anche io», farfuglia.
Mi volto a guardarlo e lo vedo che estrae di nuovo una bustina di cocaina dalla tasca dei jeans chiari e ripete lo stesso gesto dell'altra volta. Sul serio gira con la cocaina in tasca come se fosse della semplice farina? E se lo beccano?
Me la offre di nuovo e io rifiuto.
Alza le spalle e la infila di nuovo in tasca. «Bene, ora tocca a noi. Hai il tempo di un caffè se vuoi.»
Faccio no con la testa. «No, sono a posto così.» Mi sistemo sullo sgabello.
Ci guardiamo per qualche secondo negli occhi. Poi lui sorride. «Non essere agitata», allunga una mano e la posa sulla mia coscia strizzandola appena.
Osservo la sua mano enorme sulla mia coscia. Sollevo lo sguardo per incontrare i suoi occhi. «Sono okay, davvero.»
Quando leva la mano della mia coscia sembra che mi stia per prendere fuoco. Chet è bello da levare il fiato. Dalla tasca dei jeans prende un pacchetto di chewing gum e se ne mette due in bocca. La offre a me e questa volta accetto. Spero solo che non siano imbevute nella cocaina o droghe varie.
«Pronta?» mi chiede, con il dito già pronto per attivare il microfono.
«No, però dobbiamo farlo lo stesso», inizio a muovere una gamba in modo ansioso.
Rilassati, non può vederti nessuno.
Chiudo gli occhi e butto fuori l'aria un paio di volte. Chet mi batte un colpetto sulla spalla come per darmi un po' di coraggio. Accende il microfono e in contemporanea si accende anche la scritta rossa sulle nostre teste.
Devo racimolare tutto il mio autocontrollo per non dare di stomaco sulla consolle.
Lui avvicina quelle belle labbra al microfono e saluta gli ascoltatori. Dio, ha una voce così sexy quando parla. Sembra che ti stia accarezzando con una piuma sulle tue parti più erogene. «... Oggi abbiamo una new entry. Qui accanto a me c'è una bellissima ragazza, è un vero peccato che voi non possiate vederla, perché merita davvero tanto. Ma posso provare a descriverla...» Mi rifila un sorriso malizioso e io mi ritrovo a deglutire bruscamente. Sento le guance andare a fuoco.
Continua a parlare, sempre guardandomi negli occhi. «Ha i capelli rossi come il fuoco... due occhi magnetici in grado di ipnotizzarti e di costringerti a fare qualsiasi cosa lei ti chieda. Uno castano con al centro un'intensa striatura di azzurro. E l'altro, azzurro come il mare. Sono fantastici, credetemi», ridacchia. «È un po' bassa, piccina. Ma non importa, la sua è una bellezza che ti mozza il fiato.»
Gesù. Per fortuna che nessuno può vederci in questo momento. Mi sento le guance così accaldate che giuro di poterci cuocere un uovo sopra.
Chet continua a parlare. «Si chiama Blue Jean. Sì, proprio come la canzone del grande David Bowie. E ora per dare il benvenuto alla nostra Blue, manderemo in onda proprio la "sua" canzone.» Preme il tasto nero e la voce di David Bowie mi raggiunge da ogni angolazione.
Distolgo lo sguardo da Chet quando il suo sguardo si fa troppo intenso.
«Vedi, è facile», dice.
In questo momento sto odiando il fatto di aver fatto la coda e non posso nascondermi dietro i capelli. «Hai esagerato con la mia descrizione», borbotto.
Scuote appena la testa. «Affatto. Anzi, penso di non averti descritta affatto bene», sorride.
Mi gratto il collo con fare nervoso. «Sei gentile.»
«Anche. Ma ho anche due occhi che funzionano benissimo. E tu... sei bellissima.»
Distolgo lo sguardo. Com'è che tutti mi trovano bellissima?
Mh forse si è sparsa la voce che la do a cani e porci? Sì, dev'essere proprio così.
«Pranziamo insieme?» mi chiede riportandomi sulla terra ferma.
Lo guardo. «Possiamo uscire a pranzo?» chiedo confusa.
Scuote la testa e ridacchia. «No, ma posso dire a Poppy di prenderci qualcosa da mangiare.»
«Chi è Poppy?»
«La ragazza che si occupa di portarci da mangiare e bere quando siamo impegnati», dice in tono ovvio.
Ah. «Ah, capito. Be', okay possiamo mangiare insieme», sorrido.
Alla fine è andato tutto bene. Chet mi ha fatta presentare al pubblico e ho parlato un po' con loro. Abbiamo fatto un gioco dove gli ascoltatori dovevano indovinare la canzone da una frase che io o Chet dicevamo. Ci siamo divertiti un sacco. Poi Chet ha tirato fuori una chitarra e si è messo a suonare una specie di Cover di Don't stop me now dei Queen. A quanto pare anche lui sa suonare la chitarra ed è anche abbastanza bravo. Non come Vince o... William, ma se la cava. Però abbiamo riso tanto. Tutto sommato per essere il mio primo giorno, mi sono trovata bene. Devo solo riuscire a non confondere i tasti e basta.
Poppy ci ha appena portato il pranzo. È una ragazza dai capelli neri lunghi sino al sedere e due occhi blu così scuri che sembrano un oceano in burrasca. Ha la mia età e viene da Manchester. Ecco spiegato il suo accento.
Dalle occhiatine fugaci che lancia verso Chet, immagino che neanche lei sia immune al suo fascino.
Non posso darle neanche torto. Chet è un figo pazzesco. Lo è persino quando risucchia i noodles con l'aiuto delle bacchette. Anche quando si ingozza di sashimi. È figo anche quando fa la pipì, secondo me.
Si pulisce la bocca con il tovagliolo e mi punta addosso quegli occhi magnetici. Sembrano quelle caramelle al miele che mi dava mia nonna quando ero piccola. «Quindi tu suoni qualcosa?»
Mi pulisco la bocca a mia volta e cerco di non mettermi a tossire. Ho appena beccato un pezzo di peperoncino che mi sta stappando le coronarie. Annuisco, anche se sento gli occhi pizzicare. «Suono la chitarra», tossisco. «Rebel suona con me.»
«Mi suoni qualcosa?» chiede, poi diventa serio, notando sicuramente che sto per sputare fuoco. «Stai bene?»
Annuisco. Alla fine non mi trattengo più e tiro fuori la lingua per sventolarla con le mani. «Cazzo, ho masticato un pezzo di peperoncino che proveniva direttamente dall'orto infernale di satana!»
Chet scoppia a ridere. «Sei esilarante, Blue.»
Come no. Bello ridere di una persona a cui stanno andando a fuoco anche le budella. «Grazie», borbotto. «Comunque sì, se abbiamo tempo ti suono qualcosa.» Wow, da quand'è che mi espongo così tanto davanti agli altri?
Senza aggiungere niente afferra la chitarra e me la passa. «Abbiamo ancora tempo. Fammi vedere cosa sai fare» sorride, tutto labbra carnose e denti bianchi.
Sistemo la chitarra e parto subito all'attacco suonando l'assolo di Run to the hills degli Iron Maiden. Chet strabuzza gli occhi con sorpresa. Muove la testa a ritmo e canticchia.
Io invece forse sto per morire. Il peperoncino mi brucia ancora in gola, ed è per questo che non canto. Se lo facessi, uscirebbe una fiammata come quella dei draghi dalla mia bocca.
Poso di nuovo la chitarra a terra e guardo Chet.
«Sei...» mi guarda dalla testa ai piedi. «Non ho nemmeno parole. Sai che ti dico? Voglio che tutto il nostro pubblico senta la tua bravura. Puoi suonare qualcosa nei momenti di pausa. Ti va?»
Perché no? Tanto non mi vedrà nessuno. «Sì, mi va.»
«Bene!»
Le ore con Chet sono scivolate via con un battito di ciglia. Mi sono divertita davvero tanto. Alla fine ho suonato anche una canzone per gli ascoltatori, mentre Chet si inventava le parole da cantare. È davvero divertente Chet, e spero che resti così. Nel senso che non si riveli essere un altro psicopatico bipolare.
Rebel è venuta a darci il cambio e come stamattina si è comportata in modo strano. Forse è solo una mia impressione, quindi decido di lasciar perdere.
Quando metto muso fuori dallo studio, sta piovendo così tanto che non si vede praticamente a un metro dal mio naso.
«Ti do un passaggio», dice Chet alle mie spalle.
Accetto. Non ho nessuna intenzione di camminare sotto questo diluvio. Non tanto per la pioggia in sé. Più che altro per i fulmini e i tuoni. Qui fuori c'è la fine del mondo.
Chet impiega quasi cinquanta minuti per accompagnarmi a casa. Le strade erano praticamente allagate e c'era un traffico allucinante. Gli automobilisti quando piove diventano tutti rincoglioniti, oppure è solo una mia impressione?
Appena si ferma davanti a casa mia, lo ringrazio con un bacio sulla guancia - non so nemmeno io perché l'ho fatto- tiro su il chiodo di pelle per ripararmi dalla pioggia e corro verso casa.
Appena raggiungo la porta di casa un tuono potente come una bomba, mi fa trasalire. Più mi agito più non riesco a trovare le chiavi di casa, di conseguenza mi sto inzuppando dalla testa ai piedi.
«Cazzo» impreco, maneggiando le chiavi come se avessi una saponetta tra le mani. Il cielo notturno viene illuminato a giorno da un altro fulmine, seguito poi da un forte boato.
Riesco ad aprire la porta ed entro dentro casa. Salem appena mi vede entrare alla sprovvista miagola spaventato e si infila sotto al letto.
Cerco di scrollarmi l'acqua dai capelli creando una pozzanghera all'entrata di casa mia. Sono zuppa.
Sfilo gli anfibi e li lancio accanto alla porta. Levo anche il giubbotto e lo appendo allo sgabello. Un altro tuono mi fa sussultare.
Mi libero dei vestiti fradici e indosso una maglietta con la faccia di Sid Vicious che mostra il dito medio con un ghigno. Mi chino accanto al letto e abbasso la testa per vedere se Salem è spaventato.
Lo intravedo accucciato in un angolo buio, si vedono solo gli occhi di un giallo intenso. Ecco, sembrano quelli di Chet, anche lo sguardo.
Allungo una mano verso di lui. «Esci fuori di lì, anch'io ho paura!»
Salem si avvicina alla mia mano e l'annusa con cautela. Tiene le orecchie tirate all'indietro. È spaventato da morire, povero.
Cerco di prenderlo ma lui mi soffia. Lo guardo male. «Ehi! Anche io ho paura ma non mi sembra che ti stia soffiando contro!» lo rimprovero.
Decido di lasciarlo in pace e mi tiro su.
Prima di mettere qualcosa dentro lo stomaco, accendo la tv e metto la musica ad alto volume per cercare di non sentire quei tuoni di merda. Nel frattempo la pioggia continua a battere furiosa contro la finestra. Mi volto a guardarla con aria di sfida. Ci manca solo che mi rompa il vetro e mi allaghi la casa. Così sì che sono proprio alla frutta.
Vado in cucina e inizio ad aprire tutti i mobili. Come sempre, non ho niente da mangiare. Apro il frigo e trovo solo un po' di Nutella. «Perché l'ho messa in frigo?» borbotto. La afferro e chiudo il frigo. Prendo alcune fette di pane e ci schiaffo sopra un po' di Nutella dura come la pietra.
Torno a letto e mangio in silenzio, accompagnata dalle note di una canzone. Purtroppo nemmeno il suono della musica riesce ad attutire quello dei tuoni. La finestra ha appena vibrato come se ci fosse stata una scossa di terremoto.
Prima di mettermi a letto fumo una bella canna che funge da tisana rilassante. Forse dovrei seriamente pensare di bollire l'erba e berla come una semplice tisana. Magari fa effetto lo stesso. Scrivo un messaggio nel gruppo di famiglia augurando la buonanotte a tutti. Thomas ha ben pensato di creare un gruppo e di mettere tutta la famiglia. C'è anche zio Roger. È un modo per stare vicini a mia nonna quando siamo tutti a lavoro.
Zio Roger risponde con una foto di lui stesso che si trova in spiaggia. Da lui adesso è primavera. Che strano.
Levo la musica dalla tv e mi metto a guardare alcune puntate di Buffy in streaming. Credo che sia la mia comfort serie tv. La potrei guardare centomila volte senza mai stancarmi.
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È quasi mezzanotte e Buffy e Spike stanno per darci dentro. Sono così presa dalla scena che quando bussano alla porta caccio un urlo che fa saltare Salem giù dal letto. Ecco, ci ho messo un'ora a convincerlo a venire sul letto con me.
Guardo fuori dalla finestra. Sta ancora piovendo un casino, ma stavo riuscendo a ignorare i tuoni.
Mi alzo dal letto e vado alla porta. Purtroppo non ho un cazzo di spioncino. Quindi devo per forza aprire per vedere chi è.
Levo il passante dalla porta, abbasso la maniglia e la apro.
Quando mi ritrovo davanti agli occhi William completamente bagnato dalla testa ai piedi, sussulto. Lo guardo. Alcune goccioline gli scivolano rapide dal ciuffo biondo diventato più scuro, dal naso, dal mento. Abbasso lo sguardo sulle sue mani. Ha ancora la mano fasciata e sta tremando come una foglia.
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