♫ ~ 33.2 ꜱᴜᴘᴇʀꜱᴛɪᴛɪᴏɴ, ꜰᴇᴀʀ ᴀɴᴅ ᴊᴇᴀʟᴏᴜꜱʏ


Fortunatamente non ho avuto nessuna disgrazia. Con disgrazia intendo che non ho visto William. Però Noel è presente. E non la smette di fissarmi. 

«Che c'è?» bisbiglio. 

Piega la testa di lato e sorride. Tuttora la somiglianza tra lui e William mi destabilizza. «Hai  dimenticato di dirmi qualcosa?»
Sbatto le palpebre. «Tipo?»

Si avvicina in modo tale che nessuno possa sentire quello che sta per dire. «Sei stata con William?»

Mi paralizzo sulla sedia. «Come, scusa?» Chi cavolo glielo ha detto? Oddio. 
Ghigna. «Potrebbe essere sfuggito qualche particolare l'altra volta al Rocktail.»

Merda. Scrollo le spalle. «Be', tutti commettiamo degli errori.»
Ridacchia. «Ti sei pentita? Be', se così fosse lo capirei.»

Giusto. Lui e il suo odio incondizionato verso suo fratello. «Ovvio che mi sono pentita!» sbotto. 
«Ti ha obbligata?»
Lo guardo con gli occhi sgranati. «Ma che dici?»

Alza le mani con fare innocente. «Stavo solo chiedendo.»
Questo ragazzino ha una bella lingua lunga. Chissà da chi ha preso.

«Perché, lui si è pentito?» chiedo sospettosa.
Arriccia il naso. «Quello non si pente mai di niente, nemmeno di rubare ossigeno a chi lo merita di più. Figuriamoci quando se la fa con le ragazze più belle di tutta Londra.»

Inevitabilmente sento le mie guance scaldarsi. Poi però aggrotto la fronte quando ripenso alla parte " Quando se la fa con le ragazze più belle di Londra". «Io non faccio parte delle ragazze "più belle di Londra"», mimo le virgolette. 

Sbuffa una risata mentre alza gli occhi al cielo. «Ovvio che ne fai parte! Altrimenti non ti avrebbe guardata.»

Vorrei dirgli che quando lo abbiamo fatto eravamo entrambi sotto l'effetto di acidi. Ma non credo che sia la cosa giusta, dato che Noel sa perfettamente le cose che fa suo fratello. Non vorrei scioccarlo ancora di più. «Con me è diverso. Lui mi prende solo in giro.»

Storce le labbra. «Non devo essere io a dirtelo Blue, ma è anche colpa tua che gli dai retta, no?»

Be', ha ragione. Noel ha più cervello di suo fratello maggiore. 

Intanto intorno a noi tutti impazziscono, Layla sta di nuovo dando i numeri. Però ormai ci siamo abituati alle sue scenate iraconde. 

«Lo sai che Joel si è fidanzato? Il nostro fratellino ha perso la verginità.»
Mi va di traverso la saliva e inizio a tossire. «Cosa?»
Annuisce. «Sì, Joel era ancora vergine, credo. Non lo abbiamo mai visto con una ragazza. Se ne sta sempre con la faccia sui libri. Spero che abbia cambiato location adesso» sghignazza, sollevando entrambe le sopracciglia. 

«Ah, perché tu non lo sei?» mormoro. 
«Cosa, vergine?» ride. «Assolutamente no. Anzi, l'ho persa a quattordici anni durante una festa a casa di un mio amico.» Precoce. «Tu?»

«Io cosa?» lo guardo, assottigliando gli occhi. 
«Be', ovvio che non sei vergine. Ti stavo chiedendo quando l'hai persa.»

Un paio di mesi fa. E neanche lo ricordo. «Da un po'», rispondo vaga. 
«Immagino che tu abbia tanti ragazzi che ti corrono dietro.» Solleva le braccia e le incrocia dietro la testa, allungando le gambe davanti a sé. 

Perché stiamo parlando di queste cose anziché pensare alla follia di Layla? 

«Immagini male», brontolo. Sono tutti dei coglioni e mentalmente instabili. Be', ovviamente posso attrarre solo persone come me. 

Mi rifila un sorrisetto sghembo. «Sai, se tu avessi la mia età o viceversa, mi metterei insieme a te. Tipo subito. Forse ti chiederei anche di sposarmi» sospira, con aria sognante. 
Rido. «Tu sei pazzo, Noel.»

«No, sono solo uno a cui piace fare sogni su di una bellissima ragazza. Purtroppo però, vengono tutte Williamilizzate

«Io non sono stata William... hai capito», agito la mano per aria. 
Inarca un sopracciglio. «Lo sei stata eccome, altrimenti, non gliela avresti data la patatina.»

Mi sento avvampare. Devo concludere questa conversazione subito. «Ehm... potremmo parlare di altro?»
Alza le spalle. «Mi insegneresti a suonare la chitarra?»
Assottiglio gli occhi. «Perché non lo chiedi a tuo fratello? Dopo tutto è lui che è famoso.»

Schiocca la lingua. «Famoso, come no. Comunque perché tu sei più piacevole da guardare.»
«Noel!» strillo. Sono messa così male che arrossisco per i complimenti di un ragazzino. Questo fa capire che, anche se non sembra, sono totalmente inesperta. 

«Hai le guance rosse», si avvicina a me e punzecchia la mia guancia con l'indice. «Che carina.»

Scaccio via la sua mano. Certo che ci sa proprio fare con le ragazze. Chissà da chi ha preso anche questo. 

Finalmente la seduta – dove abbiamo assistito solo alla follia di Layla- finisce. 

Io e Noel raggiungiamo l'esterno insieme. Ovviamente mi dileguerò nel nulla per non rischiare di incontrare William. 

Noel mi acciuffa dal braccio e mi tira vicino a sé. Sollevo la testa per guardarlo. È sempre più alto. «Deve venire Joel a prendermi, quindi puoi anche non scappare.»
«Non stavo scappando», borbotto. 
«Sì invece», ride. 

Alzo gli occhi al cielo e sbuffo. «Be', scusami se non voglio vedere quello stronzo di tuo fratello. C'eri anche tu quando ha detto quelle cose su di me.»

«Oddio, Blue», sbuffa. «Ancora non hai capito che quello che dice non ha senso? Andiamo, dovresti già conoscerlo. Quando si sente messo sotto pressione, dice cazzate. È ovvio che stava mentendo quando ha detto quelle cose su di te!»

«Be', non importa. Non voglio vederlo.» Ormai è diventato la mia Kryptonite. 
«Va bene.»

L'Alfa, che di solito guida William, si ferma davanti a noi. «Quindi, lo vuoi un passaggio?»
Ma sì, dai. «Okay.»

Mi apre lo sportello in modo galante ma appena mi chino per sedermi, mi ritraggo proprio mentre Noel sta per chiudere lo sportello. Mi spinge in avanti a cado sul cambio. «No, col cazzo che voglio un passaggio!» Mi appresto a tirarmi su. Noel apre di nuovo lo sportello e si piega in avanti per capire il motivo del mio delirio. 

«Come non detto. Non è Joel», sbuffa. 
«Decisamente non sono Joel» dice lui, con voce cupa. Ci guardiamo per un secondo negli occhi, noto subito che ha una mano fasciata. Poi io mi tiro finalmente su in modo goffo. «Ma se vuoi un passaggio...»

«Neanche morta», replico subito. 
«Da morta saliresti su un carro funebre, non in un Alfa.» Sempre quel sarcasmo di merda. 

Noel mi sorride. «Be', ormai siamo qui.»
Folle come il fratello. «No grazie. Tanto tra poco devo vedermi con Vincent. Gli dirò di venire qui a prendermi.» Le parole mi escono di bocca anche prima che me ne renda conto. 

«Con chi?» la faccia imbronciata di William compare davanti a quella mia e di Noel. 
«Vincent», ripeto. 

Mi guarda così male che mi sento come se fossi dentro a un'affettatrice. «Che cazzo ci fai con lui?»

Sbatto le palpebre per riprendere un po' di lucidità. «Ehm, forse non ti riguarda?» Mi allontano. «Ciao Noel, grazie lo stesso», gli sorrido e mi allontano più veloce che posso. 

Con quale coraggio si permette di farmi domande simili? Ma che diavolo vuole dalla mia vita? 

Alla fine sono tornata a casa per cambiarmi. Non posso mica uscire vestita in questo modo. Non che me importi più di tanto. Però voglio cambiarmi comunque. 

Ho fatto la doccia e adesso sto fissando il mio armadio. 
Mia nonna, durante quei momenti di "pulisco tutta la casa perché senno mi viene da piangere", ha fatto pulizia nel suo guardaroba. Ovviamente ho preso tutto io. Non ho intenzione di mettermi un vestito da sera. Però quando succederà che dovrò andare in qualche posto dove si vestono in un certo modo, ho qualcosa da mettere. Mi ha dato anche alcuni vestiti di quando era giovane. Ovviamente sono fuori moda e datati agli anni 80. Ma dato che io amo vestirmi alla cazzo di cane, li ho presi comunque. 

Tiro fuori un vestitino nero che si intreccia dietro al collo. Ovviamente sopra ci metterò qualcosa perché è sbracciato e c'è freddo. 

Lo indosso e mi guardo allo specchio. Non mi sta male. Però... Non lo so. Non mi ci vedo. Lo levo e lo scarto. 
Passano più di venti minuti e sono quasi le dieci. Devo darmi una mossa. 

Mi guardo di nuovo allo specchio. Ho detto che volevo indossare qualcosa di carino. Questo non lo è, decisamente. Sembro una bambina che sta andando al suo primo giorno d'asilo. 
Ho messo una salopette nera con le righe bianche, solo che essere lunga, è a gonna. Ho messo anche le calze nere sotto. Un maglione nero e gli anfibi. 

I capelli gli ho lasciati così come sono, tanto sarebbe una battaglia persa aggiustarli. Lucidalabbra e mascara. Una bambina che finge di essere una donna. 

Il telefono vibra all'arrivo di un messaggio. È Vince. È arrivato. 

Mi guardo allo specchio e piagnucolo. Non posso cambiarmi. 
Sbatto i piedi a terra e afferro al volo il giacchetto di jeans che mi ha dato mia nonna. Ovviamente mi sta grande, cazzo. Fanculo. 

Schizzo via di casa e raggiungo la macchina di Vince. 

«Ciao», saluto. Lui è vestito in modo decente, come sempre. Almeno lui non indossa abiti che lo fanno sembrare un bambino. 

Sorride, si sporge in avanti e mi bacia sulla guancia. «Carina, come sempre», torna al suo posto e ingrana la marcia. 

Si allontana da casa mia e io mi sento un po' agitata.
Il mio telefono vibra.
Abbasso lo sguardo sullo schermo. È William. 

Mi agito sul sedile senza neanche rendermene conto. 

William: Sul serio sei con lui? Che cazzo ci fai con Vincent? 

Penso di non rispondergli neanche. Non se lo merita. Però cambio subito idea. 
Digito rapidamente sullo schermo. 

Io: Non devo renderti conto di niente, William. Stai al tuo posto, cioè lontano da me. Io ti chiedo forse cosa ci fai con Vicky? 
William: Sì.
Io: No. Non è vero. E se te l'ho chiesto è solo perché te la sei portata dietro al funerale di MIO nonno. Tutto qui. 
William: Hai intenzione di scoparci di nuovo? 
Io: Non vedo come possa riguardarti. Se ne ho voglia, sì. Ciao. 
William: Quindi lui può drogarti, tentare di violentarti e tu continui a uscirci? Io dico cose che non penso, in preda alla rabbia e vengo messo in croce? 
Io: Esattamente. Con te è diverso. 
William: Per quale motivo è diverso?
Io: Perché con te ci sono venuta da "sobria" a letto. E tu hai comunque fatto il coglione.
William: Non le pensavo le cose che ho detto!!
Io: Peggio per te. Ormai il danno è fatto. Buona serata. 

«Siamo arrivati», annuncia Vince riportandomi alla vita reale. 

Alzo lo sguardo dallo schermo del telefono e per poco non mi viene un colpo. Sta entrando nei parcheggi di casa sua. Mi agito contro il sedile e lui se ne accorge. Spegne il motore e si volta verso di me. «Non... non ho intenzione di fare sesso con te, Blue. Tranquilla.»

Tiro un sospiro di sollievo mentale, ma non mi sento del tutto tranquilla. Forse dovrei andare via. Non perché ho paura di Vince. Ho paura di me stessa e delle decisioni di merda che potrò prendere. Ultimamente non ne faccio una giusta.

Nonostante tutto lo seguo dentro. 

Incoerente.

«Ho invitato anche una persona» mi informa, mentre entriamo dentro la cabina dell'ascensore. 
«Oh, va bene...» La mia mente malata sta già volando oltre. Prima o poi si schianterà dolorosamente al suolo. Non posso neanche biasimarmi, insomma, non mi stupirei se mi ritrovassi improvvisamente in un threesome.

Vincent è bello, se anche l'altro è bello forse... mi colpisco la testa con una manata, attirando l'attenzione di Vince su di me. 

«Va tutto bene?»
Annuisco. «Sì, stavo cacciando via una mosca.» Alcune volte la mia testa mi spaventa davvero. Non ci sarà nessuna cosa a tre.

«... Qualcosa da bere?» mi chiede appena mi fa accomodare sul divano. 
No, preferisco stare sobria. «Un bicchiere d'acqua andrà bene.»

Capisco dalla sua espressione che è un po' offeso riguardo alla mia ostilità. Sto solo cercando di proteggermi da me stessa. Lui avrà anche un po' colpa per quello che è successo. Ma sono io la causa di tutto. 

Mi versa un bicchiere d'acqua davanti ai miei occhi, facendomi capire che non lo sta drogando. Poi me la passa. «Chi deve venire?»

Si siede sul divano di fronte al mio e accavalla appena le gambe. «Chet. Un mio vecchio amico. Lui possiede la Only Rock Radio.»

Per poco mi strozzo con l'acqua. «Vorresti farmi lavorare per una radio?»
«Perché no? Saresti perfetta come speaker.»

Io perfetta? A stento so mettere in fila due parole in croce. Però è sempre meglio che finire a vivere sotto i ponti.
«Non ho nessuna esperienza», metto subito le mani avanti. 

Lui sorride. «Lo so. Ma non importa. Dovrai solo annunciare i brani e parlare un po' con il tuo pubblico.»

Annunciare brani? Quindi potrebbe capitare che dovrei annunciare anche gli Overdrive? Gesù. 

«Sì, purtroppo passano alla radio anche loro» borbotta Vince, dando risposta ai miei pensieri. Come fa la gente a leggermi nel pensiero? Che palle. 
Annuisco. «Vabbè, non fa niente.»

Veniamo interrotti dal campanello. Sono un po' agitata di conoscere questo Chet. 

Vince si alza e va ad aprire.
Sulla soglia della porta compare una visione mistica. Sul serio, come fanno a essere tutti così belli? 

Il ragazzo alla porta è abbastanza alto, muscoloso, tatuato dalla testa ai piedi. Capelli scuri e occhi di un intenso color miele.
Porca vacca, alla faccia di Chet! 

È vestito completamente di nero dalla testa ai piedi. Al naso ha un orecchino a cerchietto e un piercing al sopracciglio. In pratica il mio tipo ideale. In sostanza, è meglio che me ne stia buona e che me la tenga nelle mutande. E poi non è detto che lui ci starebbe con una come me. 

Avanza dentro il salotto e punta verso di me. Quando sorride riesco a scorgere anche un piercing alla lingua e uno sul frenulo labiale superiore. Ha i denti così bianchi che sembrano scintillare. Tende la mano verso di me. «Ciao, piacere Chet Liddell.»

Piacere mio gran bel bocconcino. «Blue Jean» gracchio, stringendogli la mano. Ha delle bellissime mani. Sulle falangi ha dei tatuaggi che compongono qualche scritta. Ma quello che attira di più la mia attenzione è un altro. Nello spazio tra il pollice e l'indice ha una scritta che dice letteralmente: "La tua gola qui". È sexy da morire. 

Prende posto sul divano di fronte a me e allarga le gambe muscolose. 

Esiste davvero l'amore a prima vista? No perché mi sono appena innamorata di Chet Liddell.

Smetto di fissargli il pacco e lo guardo negli occhi. Sorrido come un imbecille. 

Lui posa una mano sul bracciolo del divano. «Allora Blue, Vinnie mi ha detto che stai cercando disperatamente un lavoro.»
Annuisco. «Disperatamente», farfuglio. 

Piega quelle labbra carnose in un sorriso. Forse mi trova persino strana. Non importa, lo sono. «Immagino che tu non abbia esperienza, ma possiamo arrangiarci.» I suoi occhi scivolano sulle mie cosce facendomi sentire un idiota per aver indossato questa stupida salopette. 

«Lavoravo in un negozio di vinili», mormoro. Sento l'agitazione vorticarmi nello stomaco e non so nemmeno per quale motivo. 
«È la figlia di James Weller», interviene Vince. 

Perché glielo ha detto? Era necessario? 

Gli occhi di Chet vengono attraversati da una strana scintilla. «Davvero?»

Annuisco, incapace di formulare una frase sensata. 

«Interessante», tamburella le dita sul bracciolo del divano. «Tuo padre è il manager della band di William, no?»

Reprimo l'impulso di alzare gli occhi al cielo perché ha nominato William. «Già.»
«Potrebbe tornarci utile», si sistema sul divano. «Comunque se accetterai, lavorerai a giorni alterni e su turni. Potresti fare la mattina o la notte. Tu e Rebel vi darete il cambio e poi ci sarò anche io. Non sarai quasi mai da sola. Lo stipendio va dalle duemilacinquecento alle Duemila Ottocento sterline. Dipende da come te la caverai.»

Per poco mi cade la mascella a terra. Non ho mai guadagnato così tanto. «Rebel?» chiedo, ricordandomi che l'ha nominata. 

Annuisce. «È una tipa in gamba.»
«Ha la cresta gialla?»
«Sì, la conosci?»
«Sì!» sorrido. Non sapevo che lavorasse per una radio, però. Ma va bene lo stesso. Se ci sarà anche lei posso stare tranquilla. 

Chet fa scivolare una mano dentro la tasca dei suoi pantaloni e poi estrae una bustina. No, anche lui no. Ci infila il dito dentro e poi lo lecca, facendo guizzare il piercing alla lingua. La offre anche a Vince e lui accetta. Poi tenta di offrirla anche a me. Sarei tentata. Ma è meglio di no. 

«No grazie, sono a posto così», sorrido. 
I due si scambiano uno sguardo. Poi Chet sorride a me. 
Inquietante. «Bene», batto le mani sulle cosce. «Accetto il lavoro, ora però devo tornare a casa da mio figlio.» L'ho detto davvero? La questione del gatto mi sta sfuggendo di mano. 

Vince sbatte le palpebre confuso. Chet arriccia il naso. «Hai un figlio?»
«Già da quando?» rincalza Vince. 
Sventolo una mano per aria. «No, certo che non ho un figlio!», rido istericamente. «Parlavo del mio gatto!»

Chet scoppia a ridere. Vince sembra tirare una specie di sospiro di sollievo. 

«Quanti anni hai, Blue?» Il modo in cui il mio nome scivola dalle labbra di Chet mi fa venire un vuoto allo stomaco. 
«Ventuno», mormoro. 

Mi guarda di nuovo dalla testa ai piedi. «Piccina.»

Eccone un altro che pensa di essere un ottantenne. «Tu?»
«Trentatré.»

Wow. Sembra molto più piccolo. Gliene avrei dati ventisei o su per giù. «Te li porti bene, Chet!» Mi mordo la lingua ma ovviamente è troppo tardi. 
Lui ridacchia. «Grazie tesoro.»

Tesoro. Sembra mia nonna. O peggio, mio padre. Però è sempre un gran bel figo spaziale. 

Vince si alza. «Ti accompagno a casa.»
Si alza anche Chet. «No, l'accompagno io, tanto sto andando via.»

Andare in macchina con la reincarnazione del mio gatto? Sì, hanno più o meno lo stesso colore degli occhi.

Vince acconsente con un verso. 

A questo punto, mi fido più di Vince. Ma non posso dirlo ad alta voce. Salutiamo Vince, che prima di chiudere la porta lancia uno strano sguardo al suo amico accanto a me. 

In ascensore restiamo in silenzio. Accanto a lui mi sento uno gnomo da giardino. Occupa quasi tutto lo spazio. Infatti, un suo braccio mi sfiora la spalla. 
Usciamo dalla cabina – sempre in silenzio- e lo seguo fino alla sua macchina, per scoprire subito dopo che non si tratta affatto di un veicolo a quattro ruote. 

Mi fermo di botto. Lui si volta a guardarmi. «Che c'è?»

Scuoto la testa e indico la moto. »Non ci salgo su quella bara a due ruote.»
Lui ridacchia. «Tranquilla, non sono spericolato. Non ho nessuna intenzione di morire alla stessa età di Gesù», indica la moto con un cenno del capo. «Andiamo, salta su.»

Titubante e, come se stessi andando al patibolo, mi avvicino alla moto. C'è solo un casco però, che lui si appresta a mettermi tra le mani. «Mettilo tu.»

Scuoto il capo, osservando il casco come se fosse qualcosa di extraterrestre. «Non so neanche come si mette questo coso!»

Ridacchia, ancora. Me lo sfila dalle mani e me lo infila sulla testa. Sono così imbarazzata che quando lo aggancia sposto lo sguardo da un'altra parte. Batte un colpetto. «Pronta.»

Monta prima lui e poi mi aiuta a salire. Afferra le mie mani e se le posa sull'addome. È ben piazzato, molto duro al tatto. «Tieniti bene.»

Accende il motore e parte. Chiudo gli occhi perché ho una paura fottuta di cadere a terra. Mi spiaccico contro la sua schiena e lo stritolo. Non mi importa se gli sto facendo male. Ho paura. 

Solo quando ci fermiamo al semaforo, riprendo a respirare. 

Mi batte un colpetto sulla coscia. «Sei ancora viva?»
«Sì, ancora sì.» Volevo dirlo con più convinzione, ma sembra che sto piagnucolando. 
«Dove vivi?»
«Camden!» urlo quando riparte. 

Non mentiva quando ha detto che non è spericolato. Infatti dopo un po' mi sono calmata. Sono rimasta sempre avvinghiata a lui, però ero più tranquilla. 

Si ferma davanti a casa mia con un'inchiodata che mi fa scivolare in avanti e spiaccicare ancora di più a lui. «Scusa», ridacchia. 

Levo subito il casco. Ho tutti i capelli appiccati sul viso. «Se mai ci sarà una prossima volta, vieni con un quattro ruote.»

Mi aiuta a scendere dalla moto. «Ci vediamo domani allora? Sii puntale però, mi raccomando.» Il sorriso che ha sulla labbra diventa una linea dura quando sposta lo sguardo alle mie spalle. 

«Sarò puntuale come un orologio svizzero», cinguetto. Poi dato che continua a fissare in modo torvo alle mie spalle, mi giro. 

Istintivamente indietreggio quando vedo William seduto sulle scale che portano a casa mia. Che cavolo ci fa qui? 

«Esci con Gilmour?» mi chiede Chet. 
«Assolutamente no», dico tra i denti. 
Fa una smorfia e si infila il casco. «A domani, piccina.»
«Sì, a domani», mormoro continuando a guardare William. 

Avete presente quando la Volpe a nove code di Naruto spunta dietro di lui illuminandolo con un aurea arancione? Sì? Ecco, quella di William però è rossa. Letteralmente sta sputando fuoco dagli occhi, dal naso, dalle orecchie. Dappertutto

Deglutisco e mi avvicino lentamente a lui. Non so nemmeno perché sono agitata. È casa mia. È lui che non dovrebbe essere qui. 

Mi fermo davanti a lui, dato che occupa tutto lo scalino. Solleva lentamente gli occhi su di me. «Che cazzo ci facevi con Chet?»

Incrocio le braccia sul petto. «Tu che cazzo ci fai a casa mia?»

Si alza in piedi sovrastandomi con tutta la sua altezza. Mi costringe ad alzare il mento per guardarlo negli occhi. «Ti ho fatto una domanda.»
«Anche io», ribatto. 

Sospira rumorosamente. «Sono venuto perché pensavo di trovarti con Vince e avevo intenzione di pestarlo di nuovo. A quanto pare però la cerchia si è allargata», fissa il punto dove poco fa c'era Chet e la sua moto. 

«Conosci Chet?» chiedo, i miei occhi si posano sulla mano fasciata. Che cavolo gli è successo? Anzi, non me ne importa. 

Abbassa lo sguardo su di me. «Sì», il tono della sua voce è cupo. 
«Bene, conosci mezza Londra, bravo», cerco di oltrepassarlo ma lui mi afferra il braccio. Lo guardo male. 

«Tu come conosci Chet?» Posso giurare di aver appena sentito la sua volpe ringhiare. 
Scrollo il braccio. «Me lo ha presentato Vince. Mi ha offerto un lavoro.»

Scoppia a ridere, ovviamente non perché si sta sbellicando dalle risate. Anzi, i suoi occhi dicono tutt'altro. «Un lavoro?» ripete. 
«Sei sordo per caso? I trent'anni che incombono su di te ti stanno facendo diventare sordo? Andiamo, hai appena avviato la tua carriera da rock star», lo prendo in giro. 

Mi rifila un'occhiata che mi fa venire i brividi. «Non riesci proprio a stare lontana dai pezzi di merda, vero?»

Indico lui. «A quanto pare no.»
Serra la mascella. «Chiedi a tuo fratello chi è Chet Liddell.»

Mio fratello? Che cosa c'entra?
«Non devo chiedere niente a nessuno. Smettila di fare l'investigatore privato. Anzi, smettila di comportarti come uno psicopatico, per favore. Adesso lasciami passare.» Cerco di spingerlo via ma è come cercare di spostare una montagna. «Bene, dormirò sugli scalini», mi siedo sullo scalino e appoggio la testa contro la ringhiera. «Se morirò assiderata è colpa tua» borbotto, incrociando le braccia sul petto. 

«Basta uscire più vestita.»
«Neanche mio padre mi dice come devo vestirmi. Stalker inquietante.» Sorrido sotto i baffi perché tutto sommato i nostri battibecchi mi divertono. 

Sbuffa rumorosamente, poi si china in avanti e con un gesto rapido mi prende in braccio. 

«Non ti servirà a niente fare gesti galanti. Non voglio più vederti e non te la darò mai più, soprattutto.»
Sale le scale. «Certo. Immagino che adesso la priorità sulla tua lista sia Chet.»
Annuisco. «Sì, è un gran bel pezzo succulento di manzo.»

Abbassa lo sguardo per fulminarmi. Poi come se niente fosse infila una mano nella mia tasca alla ricerca della chiave di casa mia. La trova, la infila nella toppa e apre la porta con un calcio. 

«Se la rompi la paghi tu», mi lamento.
«L'unica cosa che voglio rompere adesso è solo una.»

Lo odio. Il mio corpo, intendo. Perché reagisce a William senza che io lo voglia. «E cosa vorresti rompere, Gilmour, oltre le palle a me?»

Mi lascia cadere sul letto. «La faccia di Vince. E ora anche quella di Chet...»
«Poi», alzo le dita per tenere il conto. «Sono già due cose, non una.»

Mi guarda dall'alto della sua illegale bellezza. «Anche te, vorrei rompere.» Si china su di me per sollevarmi anche il terzo dito. 

Lo abbasso subito. «No, io non sono nella lista.»

Ignora totalmente le mie parole e sale sul letto, sovrastandomi con il suo corpo. Si china verso il mio viso e io mi ritrovo a trattenere il respiro. Poi però posa la sua fronte alla mia e sospira, il suo respiro mi solletica il viso. «Non so più che cosa fare con te.»

Sono paralizzata sotto di lui. «Non devi fare niente, William. Io non ti sto chiedendo nulla», mormoro con la gola secca. 

Si tira su reggendosi con i gomiti. I nostri corpi entrano in contatto e una scarica elettrica mi attraversa tutto il corpo. Mi guarda dritto negli occhi, si inumidisce le labbra. «Tu mi confondi, Weller.»

Io? okay che sono svitata. Ma l'unico psicopatico della faccenda è lui. 

«Perché?» sussurro. 

Mi trucida con lo sguardo, come se dovessi conoscere già la risposta. «Perché mi incasini il cervello. Anzi, me lo infetti. E poi che fai? Te ne esci con un altro personaggio del cazzo a rendermi le cose più difficili.»

«Un altro personaggio?»
«Chet», risponde secco. 
Non ci sto capendo niente. «Non capisco.»

«Ovvio, non sei per niente sveglia.»
Sollevo la mano e gli pizzico il braccio. «Oh, perdonami se non ho un master per leggere la tua mente contorta. La maggior parte delle volte dici cose senza senso, cazzo. E poi sbarelli come un pazzo.»

Ghigna, facendomi tremare il cuore. «Senti chi parla, la regina delle psicopatiche e delle stronze.»

Metto le mani sul suo petto e cerco di levarmelo di dosso. Ovviamente nemmeno si muove di mezzo millimetro. «Che cosa vuoi da me?» sbuffo. 

«Niente.»
«Allora lasciami in pace», la richiesta mi esce come una vera e propria supplica. Voglio davvero che mi lasci in pace. 
«No.»
«No?» ripeto. 

Scuote il capo. Schiude le labbra e ripete il no, scandendolo bene. 
Tiro indietro la testa e piagnucolo. Lui ne approfitta per chinarsi su di me e mordermi il collo. Rabbrividisco quando la sua lingua mi sfiora la pelle sensibile. 

«Che stai facendo?» sussurro, ora ho persino il fiato corto. 
«Niente», strofina il naso contro il mio collo. «In realtà sono venuto qui per vedere che mutandine imbarazzanti ti sei messa oggi.»
«Idiota», lo spingo via. 

«Dico sul serio. Immagino che solo io posso trovarti attraente con quelle mutandine di dubbio gusto» ridacchia, prima di leccarmi di nuovo il collo. 

Le mie cosce si schiudono in automatico e il suo bacino preme contro il mio.
Aiuto. Non voglio fare sesso con lui. Ma non riesco a mandarlo davvero via. Voglio mandarlo via, il mio corpo però no.

«Sono nere», mormoro. « Con delle pecorelle bianche.»

Mi lecca il collo sino al lobo dell'orecchio facendomi inarcare la schiena contro di lui. «Mh, mi piacciono le pecorelle.»

Afferro il doppio senso. «Anche a me.»

Strofina le labbra schiuse contro la mia mascella. «Il reggiseno?»
«Che domande» rido, anche se dalle mie labbra fuoriesce una specie di basso gemito. «Non lo porto.»

Mordicchia il mio mento. «Immaginavo. Ma sai una cosa, inizia a piacermi il fatto che tu non lo porti.» Una sua mano si insinua nell'apertura laterale della salopette e poi sotto il maglione. Non la muove però. Si tira su e mi guarda negli occhi. «Posso?»

Annuisco. «No.»
Gli sfugge una risata. «Non capisco. Hai annuito ma hai detto di no.»
Schiarisco la voce. «Perché io non voglio, ma il mio corpo si. Al momento io e il mio cervello stiamo litigando.»

«E il tuo cuore che dice?» la sua mano si sposta lentamente su facendomi venire i brividi. Una smorfia di dolore gli fa arricciare le labbra.

«Che devi andartene a fare in culo e che non ti vuole, che hai fatto alla mano?» Gemo, quando mi avvolge la tetta nel suo palmo della mano. 

Posa un bacio nell'angolo della mia bocca. «Niente di importante. Hai intenzione di scoparti anche Chet? È un bel ragazzo dopotutto.»
Mi dimeno sotto di lui. «Forse», ansimo. «Mi piacerebbe avere sul collo la mano con quel tatuaggio.»

Si ferma di botto. «Quale tatuaggio?»

Apro gli occhi, leggermente frastornata. «Ha un tatuaggio nella mano, che dice " La tua gola qui".»

I suoi lineamenti si induriscono. Leva la mano da sotto il mio maglione e la stringe al mio collo, ma senza farmi male. «Dice così?»

Annuisco.

Si china per baciarmi sulle labbra ma io mi ritraggo. «No, non farlo.»
«Perché?»
Lo guardo negli occhi. «Perché no. Se ti bacio mi confondi. Se ti bacio tutto questo avrà più senso. E io non voglio che lo abbia. Diventa troppo intimo.»

Arriccia il naso. «Pensi che un bacio sia più intimo di una scopata?»
«Sì», rispondo sincera. «Per me lo è.»
«Ma l'altra volta ci siamo baciati», dice secco.

«Abbiamo detto solo per una notte», sussurro. 

Leva la mano dal mio collo e la posiziona dietro la mia testa, obbligandomi a guardarlo negli occhi. «È notte anche adesso, Blue.»

Scuoto la testa. «È diverso. Non farmi questo», sento gli occhi pizzicare. Non so che cosa mi sta succedendo. 

«Farti che cosa?» sussurra, con la voce che diventa sempre più cupa.
«Confondermi e prendermi in giro. Non dovresti essere nemmeno qui. Lo sai anche tu. Abbiamo scopato, okay, è stato spaziale. Ma non...», distolgo di nuovo lo sguardo. «Non è giusto.»

Fa per rispondere ma il mio telefono vibra nella tasca della salopette. Si tira su e si mette a sedere. Lo imito e prendo il telefono. 
È un messaggio di un numero che non ho salvato.

Numero Sconosciuto: Ciao piccina, sono Chet. Mi sono dimenticato di dirti a che ora dovresti venire. Il tuo turno inizia alle nove, ma se vieni prima posso farti vedere come funziona. Domani sarai affiancata a me. Non vedo l'ora di vedere cosa sai fare. Notte.

William borbotta qualcosa mentre si alza dal letto.
Sollevo la testa di scatto. «Dove stai andando?»

Neanche si volta a guardarmi. «Me ne vado. Divertiti con Chet e Vince. Ma quando scoprirai che razza di persona è Liddell, non cercare aiuto da me.» Apre la porta e se ne va via sbattendosela alle spalle.

Sbatto le palpebre. Sono ancora intontita da quello che stava facendo un attimo prima.

Non capisco. È geloso? Non lo è? Dice che non vuole niente e poi si presenta a casa mia per scopare. Io non lo capisco, sul serio.

Dice che gli infetto la mente, che lo confondo. Però risponde sempre che da me non vuole niente.

Non so che pensare. Sono più confusa di prima.

Adesso però è troppo tardi per pensare a lui. Devo dormire, altrimenti farò tardi al mio primo giorno di lavoro.

Quanti altri lavori dovrò cambiare prima di trovare il mio posto nel mondo?

Bene abbiamo un nuovo personaggio 😍

Chet, scelgo teeeee

un altro malessere super bonazzo leggendario ✌️🖤

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