♫ ~33.1 ꜱᴜᴘᴇʀꜱᴛɪᴛɪᴏɴ, ꜰᴇᴀʀ ᴀɴᴅ ᴊᴇᴀʟᴏᴜꜱʏ
Dead I am the one,
exterminating son
Slipping through the trees,
strangling the breeze.
Dead I am the sky, watching angels cry
While they slowly turn, conquering the worm.
Rob Zombie
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Bastardo.
Ecco che cos'è William Gilmour. Un bastardo.
Oh, cascasse il mondo se mi farò toccare di nuovo da lui. Basta. Non voglio vederlo mai più. Le sue parole mi hanno ferita da morire, cazzo.
Gli faccio schifo però mi gira sempre intorno come una fottuta mosca.
Be' in questo caso se lui è la mosca, io sono la merda?
No, è lui la merda.
Da una parte ben mi sta. Sarà la volta buona che smetterò di fidarmi di lui. Mi lascio sempre abbindolare dalle sue paroline di merda. Sono proprio una cretina.
Provo una vergogna indescrivibile per me stessa. Per essermi di nuovo fidata, e questo è il risultato.
Come se non fosse già tutto asfissiante in questi giorni. Superare un lutto è davvero difficile. Impossibile. Sto cercando di tenere la mente il più impegnata possibile, ovviamente nel modo sbagliato, ma è pur sempre qualcosa.
In pratica rimango sobria solo quelle poche ore che passo a casa di mia nonna. Lei è devastata. Non fa altro che piangere e vagare per casa sua come un'anima sperduta. Papà è tornato a lavoro e anche Thomas, quindi lei per la maggior parte del giorno è sola. Ed è qui che entro in scena io. La obbligo a cambiarsi, facendole indossare i suoi abiti preferiti e la porto in giro. Per lo più andiamo in cimitero. Piangiamo un po', poi la porto a mangiare qualcosa. Più di questo non posso fare purtroppo.
Oggi però tornerò a lavoro anche io. È strano che Roxy non mi abbia cercata per niente, non si è nemmeno presentata al funerale e nemmeno dopo. Davvero strano.
Attraverso la strada stringendomi il chiodo di pelle al petto. Oggi fa davvero più freddo rispetto agli altri giorni. È normale, siamo quasi a ottobre.
Apro la porta e come sempre vengo accolta dalle campanelle. I miei occhi saettano da una parte all'altra del negozio. Okay. Che sta succedendo?
Uno. Perché non c'è Roxy?
Due. Chi cavolo è questa ragazza?
Ci guardiamo per qualche secondo negli occhi. Lei ha i capelli rossi – tinti-, un corpo da fare invidia e i suoi occhi stanno cercando di farmi prendere fuoco.
Chiudo la porta e avanzo dentro. Schiarisco la voce. «Roxy dov'è?»
La ragazza mi guarda dalla testa ai piedi con un sopracciglio perfettamente truccato. «Non c'è. Tu che vuoi?»
C'è qualcosa che non va. È più che ovvio. «Ci lavoro qui!»
Si porta una mano dalle unghie lunghissime e smaltate davanti alla bocca e ridacchia. «Io lavoro qui.»
Sbatto le palpebre. Sono confusa. E sono anche sobria. Sono più che sicura di non aver preso niente questa mattina, anche perché prima di venire qui sono andata a fare colazione con mia nonna. «Come, scusa?»
Scrolla le spalle facendo ondeggiare quella chioma rossa. «Hai capito bene. Lavoro qui da un paio di giorni. Credo proprio di aver preso il tuo posto», ridacchia.
Stringo i pugni lungo i fianchi. Vorrei darle un pugno ma è meglio evitare. «Sono sicura che ci sia uno sbaglio. Roxy me lo avrebbe detto.» Credo.
«Credo che Roxenne non voglia più avere niente a che fare con te», dichiara.
Sono confusa. «Perché mai?» Non ho fatto niente. Sono stata via per motivi importanti, non perché ero in vacanza alle Seychelle.
Alza le spalle. «Mh, non so. Qualcuno le ha detto che cosa combini. E lei non vuole tossiche nel suo negozio.»
Le sue parole mi colpisco sul viso con la stessa efficienza di uno schiaffo. «Io non sono una tossica!»
Inarca entrambe le sopracciglia. «Ah no? Be', lei ha detto che non vuole gente di merda nel suo negozio», si stringe nelle spalle. «Che posso farci io?»
No, è impossibile. C'è qualcosa che non va. Prendo il telefono dalla tasca e chiamo subito Roxy. Sono sicura che sia uno scherzo. Uno scherzo di cattivo gusto per giunta. Il telefono squilla a vuoto, poi si interrompe di botto. Lo guardo con la fronte aggrottata, poi riprovo. Squilla ancora, sempre a vuoto. La linea cade.
Guardo di nuovo la ragazza dai capelli rossi. «Chi le ha detto delle puttanate simili?»
«Non lo so. Ora se non ti dispiace, dovrei lavorare.» Mi da le spalle e si mette a toccare e a spostare tutti i vinili incasinandoli tra loro.
Arretro di un passo, poi mi volto e vado via. Non posso crederci che Roxy mi abbia licenziata senza nemmeno dirmelo. Sul serio?
Chi mai potrebbe averle detto queste cose?
La mia mente corre subito a lui. William.
No, impossibile. È quel che è, ma non farebbe mai una cosa simile. Spero. Altrimenti questa volta potrei ucciderlo davvero.
Decido di andare a Trafalgar Square da mio padre.
Sono così scioccata per questa cosa che non so neanche come prenderla. In pratica non ho più un lavoro? Cazzo.
Le porte scorrevoli si aprono davanti a me.
È da un sacco di tempo che non metto piede qui. L'ultima volta che ci sono stata è stato quando sono venuta per imbucare quel maledetto disco dentro la cassetta delle lettere. Caspita, è cambiata un sacco la mia vita da quel giorno. Si è proprio stravolta.
Saluto Josie che è intenta a scrivere qualcosa sul suo Mac. Mi sorride dolcemente.
Raggiungo l'ascensore e premo il bottone per chiamarlo. Fortunatamente ci impiega pochissimo tempo per scendere. Emette un suono e poi le porte si aprono.
Entro nella cabina e premo il pulsante del piano in cui devo andare. Le porte si chiudono e inizia a salire.
Passo una mano gelida sul viso e sospiro. Mi appoggio contro gli specchi. Sono ancora incredula.
Com'è possibile che sia successo? Oltretutto non sarebbe dovuto nemmeno succedere. Maledizione.
L'ascensore emette di nuovo un trillo e le porte si aprono. Esco dalla cabina e percorro il corridoio. I miei anfibi scricchiolano contro il pavimento nero e pulitissimo della Blue&T Records. È tutto come lo ricordavo, non è cambiato nulla.
Raggiungo la porta nera con attaccata una targa con scritto il nome di mio padre. Sollevo una mano e busso. Volendo potrei anche entrare senza bussare, ma non lo faccio.
Dall'altra parte, mio padre dice: «Avanti.»
Abbasso la maniglia ed entro. Lo trovo intento a leggicchiare alcuni fogli che tiene tra le mani. È bello vederlo quasi sereno. Oggi indossa una camicia blu con due bottoni slacciati che lasciano intravedere alcuni tatuaggi sul petto. Un paio di pantaloni neri e ovviamente le Dr Martens.
Distoglie lo sguardo dai fogli e mi guarda. Aggrotta appena la fronte e posa i fogli sulla scrivania. «Pudding, che ci fai qui? È successo qualcosa?» si allarma. Fa per alzarsi ma io sollevo una mano. Entro definitivamente nel suo ufficio e mi siedo sulla poltrona di fronte a lui.
Abbasso lo sguardo e sospiro, di nuovo. «Non è successo niente di grave» mormoro, tormentandomi il piercing.
«Oh, meno male», sospira sollevato. «Allora perché sembri triste?»
Alzo la testa e lo guardo. «Perché lo sono. Non ho più un lavoro.»
Sul suo viso compare un'espressione sorpresa. Forse anche un po' confusa. Forse anche un po' consapevole. «Come mai?»
Alzo le spalle. «Non lo so. Mi sono presentata a lavoro e la nuova ragazza mi ha dato la notizia. Roxy non risponde alle mie chiamate. Quindi non ne ho idea.» Certo, quella ragazza mi ha detto il motivo. Ma mica posso dirlo a mio padre.
Si tocca il mento con fare pensieroso. «Mi dispiace tesoro. Se vuoi tornare a casa...»
«No», lo interrompo. «Troverò un altro lavoro.»
Annuisce. «Puoi lavorare qui.»
Sbuffo una risata. «Qui? E che cosa faccio? Ti servo i caffè?»
«No, certo che no. Potresti occuparti delle scartoffie prendere le chiamate per gli eventi e cose così.»
Inclino la testa e lo guardo con aria divertita. «Ti sembro una che può fare questo lavoro? E poi c'è Josie. Non vorrai mica mandarla via per colpa mia?» Non sono così stronza.
Scuote il capo. «No, non la manderei via. È una buona segretaria», borbotta distogliendo per un attimo lo sguardo dai miei occhi. «Ma guadagniamo abbastanza soldi per poterci permettere due segretarie. Anche tre o quattro.»
«Okay, ma non è il lavoro per me», sbuffo. «Vabbè, farò qualche ricerca su internet più tardi. Piuttosto», mi sistemo sulla sedia. «Te la fai con Josie?» Crede che mi sia sfuggito il modo in cui ha distolto lo sguardo quando l'ho nominata?
Sgrana gli occhi e diventa leggermente rosso. «Ma che dici, sei pazza?»
«Con sua madre?» rilancio.
«Dio Blue», bofonchia. «Non me la faccio né con la mia segretaria e nemmeno con sua madre. Come ti saltano in mente queste cose?»
Farò finta di credergli. Forse. «Lo sai che ho una fantasia galoppante.»
Annuisce. «Già, alcune volte me ne dimentico», riprende in mano quei fogli di prima.
«Che cosa sono?» chiedo.
«Questi?» li sventola.
Annuisco.
«Be', in teoria non potrei parlartene.»
«Papà...» lo guardo male.
Li appoggia di nuovo e mi punta contro l'indice con fare intimidatorio. «Non dirlo ad anima viva, okay?»
«Lo giuro solennemente» sbuffo, alzando gli occhi al cielo.
Posa i palmi delle mani sulla scrivania e si tende verso di me. «Gli Overdrive sono stati invitati al Rock FallFest.»
Sgrano gli occhi. «Davvero?»
Annuisce. «Non devi dirlo a nessuno, capito? Ancora non ne ho parlato nemmeno con loro. Sto cercando di capire quanto sono disposti a pagare per averli lì. Chiaramente sto cercando di contrattare per un prezzo ragionevole. E non per poche sterline.»
Mi sembra giusto. Sono felice per loro, se lo meritano. Anche se il loro front man è una grandissima merda con i piedi.
Il Rock FallFest è uno degli eventi più famosi d'Inghilterra. Ogni anno lo organizzano in città diverse. La cosa più bella è che ci sono cantanti e band di fama mondiale. Purtroppo non ci sono mai andata e non conto di andarci neanche quest'anno. «Dove lo faranno?» chiedo.
«Newcastle» risponde sbrigativo, mentre è intento a digitare qualcosa sul suo telefono. Solleva appena lo sguardo. «Andiamo a pranzo insieme?»
«Sì, tanto non ho niente da fare», dico sarcastica. La cosa però è tanto grave quanto triste. Devo subito rimboccarmi le maniche e trovare un lavoro al più presto possibile. Altrimenti mi ritroverò a vivere sotto i ponti. Perché sì, a casa di papà non ci torno, quindi preferisco andare sotto a un ponte. Se me ne sono andata di casa non è neanche lontanamente pensabile che ci ritorni. Supererò anche questa. Forse.
A pranzo ci ha raggiunti anche Luke. Ed è davvero divertente vederlo parlare in codice per non farmi capire niente. Ovviamente sto facendo finta di niente, dato che papà mi ha detto di non parlarne con nessuno.
Non mi importa più di tanto in realtà. Più che altro sono curiosa di sapere che altre band si esibiranno.
Mentre loro continuano a parlare in codice, io controllo se trovo qualche annuncio di lavoro su internet. Non riesco ancora a capacitarmi di quello che è successo. Sono davvero molto arrabbiata con Rox. Non mi ha nemmeno richiamata, neanche un messaggio. Niente di niente.
Mi viene un colpo di genio.
Esco da internet ed entro nelle chat. Con il pollice scrollo fino a trovare quella di Vincent. Forse lui può aiutarmi. Da quello che ho capito è intrallazzato in parecchi giri. Forse, ha qualcosa anche per me.
«... Dobbiamo chiedere almeno ventimila sterline a serata», dice Luke.
Sollevo lo sguardo dal telefono. « Ventimila mila sterline per una band esordiente?»
Mio padre mi fulmina con un'occhiataccia. Ops è vero, non dovevo dire niente.
Luke guarda me e poi papà. «Gliene hai parlato?» Non riesco a capire se sia incazzato o meno. Poco importa. Alla fine chi comanda è papà.
«Sì, ma non dirà niente» sibila papà, lanciandomi un'altra occhiataccia.
«Tranquilli, neanche parlo più con il vostro pupillo», borbotto.
«Perché?» chiede papà.
Alzo le spalle. «Perché è l'essere umano peggiore del mondo. Ti basti sapere questo.»
Assottiglia gli occhi come se stesse cercando di capirci di più. Oh, se solo potesse leggere i miei pensieri. Forse mi rinchiuderebbe un manicomio. Ma anche in un convento di clausura forse.
Abbasso lo sguardo sul mio telefono che ha appena vibrato tra le mie mani. È Vince.
Vincent: Ehi Blue! Tutto bene? Ho saputo di tuo nonno... mi dispiace.
Comunque forse potrei avere qualcosa per te. Ci vediamo per parlarne?
Tuo padre è d'accordo?
Alzo gli occhi al cielo. Mio padre alcune volte non è nemmeno d'accordo del modo in cui respiro.
Io: Tutto bene.... Mio padre non è un problema. Comunque okay, vediamoci. Dove? Sarebbe una cosa abbastanza urgente.
Vincent: Possiamo vederci anche stasera se non hai impegni.
Quali impegni potrei mai avere? Sballarsi è un impegno che posso tranquillamente posticipare.
Io: Nessun impegno. Dimmi solo dove ci vediamo.
Vincent: Passo a prenderti a casa tua verso le 22:00.
Io: Va bene. Grazie per il momento.
Vincent: Figurati , bella ;)
Mamma mia queste emoji. Ogni tanto dimentico che sono circondata da boomer con la passione per le faccine.
Spero che Vincent non si sia messo in testa qualcosa di strano. Qualcosa di strano che comprenda me e lui nudi.
Riporto la mia attenzione alla conversazione di mio padre e Luke. Stanno sparando cifre allucinanti. Sono bravissimi, senza ombra di dubbio. Ma chiedere cifre esorbitanti per una band emergente mi sembra un po' eccessivo. Ma so anche che se mio padre si mette in testa una cosa, è quella. Non cambierà idea neanche sotto tortura e soprattutto riuscirà a ottenere ciò che vuole.
«Quando glielo vorresti comunicare?» chiede Luke rivolto a mio padre.
Papà si pulisce la bocca con il tovagliolo. «Be' quando avrò concordato per il prezzo.»
«Quando sarà il festival?»
«Ottobre, ora non ricordo di preciso. Se non mi ricordo male sarà il trentuno. Devo rileggere le carte.»
Un mega concerto di halloween? Che figo. Forse potrei anche andarci. Io adoro quella festa. Magari quel giorno tutti i fan si travestiranno.
È proprio vero: ho una fantasia galoppante.
Dopo pranzo papà mi accompagna a casa.
Qui dentro è ancora un po' tutto distrutto. Ho cercato di ripulire come meglio potevo ma è servito a ben poco. Dovrei decisamente prendere dei nuovi mobili e soprattutto levare la muffa dai muri. Ora che inizia a fare più freddo e umidità, sta peggiorando. Il problema è che dalle finestre entrano gli spifferi e credo che non sia compito mio aggiustare anche questo. Dovrebbe farlo il padrone di casa, ma dubito che gliene importi qualcosa.
Il mio monolocale fa decisamente pietà, però mi dispiacerebbe lasciarlo. Ormai ho la mia routine e non mi va di gettarmi in altri cambiamenti.
Ora sono in quella fase di calma piatta. Ho trovato un equilibrio tra me e i miei pensieri. Appena mi accorgo di star pensando troppo, smorzo tutto con un po' di erba o... altro. Sto riuscendo ad andare avanti solo in questo modo.
E questa calma mi piace.
Certo alcune volte quando mi fermo a pensare a mio nonno, crollo. Però so che è una sorta di processo di guarigione. Sono cose che fanno parte della realizzazione di un lutto.
Ognuno di noi la sta vivendo a modo suo. Papà è tornato a bomba a lavoro. Thomas lo stesso e in più a quanto mi ha detto Scar, stanno uscendo insieme praticamente ogni sera. Ovviamente non ho voluto sapere i dettagli delle loro uscite.
Mia nonna... be' lei va avanti.
Oggi devo anche andare dal dottor Colvin. Ho pensato di non farlo, solo perché temo di incontrare William. Ma devo andarci perché altrimenti impazzirei. E poi io ci vado da prima. Lui dovrebbe solo limitarsi a lasciare suo fratello davanti al palazzo e poi andarsene via.
Prima di uscire indosso qualcosa di un po' più pesante, dato che la sera fa più freddo. Metto da mangiare a Salem e prima di andare via gli lascio un bacio sulla testolina.
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