♫ ~29.1 ᴡʜᴏ ᴄᴀʀᴇꜱ ᴡʜᴇɴ ꜱᴏᴍᴇᴏɴᴇ'ꜱ ᴛɪᴍᴇ ʀᴜɴꜱ ᴏᴜᴛ

In the kitchen, one more chair than you need
And you're angry, and you should be, it's not fair
Just 'cause you can't see it, doesn't mean it, isn't there
If they say
Who cares if one more light goes out?
In the sky of a million stars
It flickers, flickers
Who cares when someone's time runs out?
If a moment is all we are
We're quicker, quicker
Who cares if one more light goes out?
Well I do
Linkin Park
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Se quello che hanno detto i paramedici è vero, manca solo un giorno.
Ho passato questi ultimi due giorni a fissare il torace di mio nonno. Ad accertarmi che respirasse ancora. Il suo respiro è sempre più strano. Sembra che faccia proprio una gran fatica a respirare.
Ho passato due giorni a cantare per lui tutte le sue canzoni preferite. Quando stavo cantando una delle sue più preferite, mi è sembrato di averlo visto aprire un occhio. Non ne sono certa, sicuramente era frutto della mia immaginazione. È impossibile che possa farlo, è in coma. Ora è più che certo che il suo corpo è ancora qui con noi, ma non la sua anima. Mio nonno non c'è più. Dobbiamo solo aspettare che il suo corpo segua la sua anima. È solo questione di tempo. Troppo poco tempo.

Sono due giorni che non tocco cibo, che non faccio nemmeno una doccia. Praticamente sono due giorni che sto seduta sul letto a guardarlo. Più lo guardo spegnersi più mi spengo anche io.

Mio padre ha cercato di trascinarmi fuori dalla stanza un paio di volte. Alla fine ha ceduto. Resto qui. Così forse mia nonna potrà recuperare qualche ora di sonno, anche se immagino sia impossibile per lei dormire. Ne ha bisogno però, ha proprio una brutta cera e io odio vederla così.

La mano di mio nonno ha le estremità fredde. È pallida. Non sono un medico, però so che in questo momento, lentamente, il sangue dentro le sue vene sta smettendo di defluire. Si sta ritirando lentamente. Presto non scorrerà più sangue nelle sue vene. Io però continuo a tenergli la mano. Spero solo che la sua anima veda e senta che io sono qui e che in qualche modo, sia in grado di ascoltare i miei pensieri.

Dicono che quando una persona muore il suo cervello resti attivo per sette minuti per rivivere i momenti più belli. Mi chiedo se ci sarò anche in quei sette minuti.
So che mio nonno mi vuole un bene dell'anima. Conosceva la vecchia Blue. Forse rivivrà qualcosa del nostro passato e non gli ultimi otto mesi. Questi ultimi otto mesi non li vorrei rivivere nemmeno io. Però spero di esserci anche io in quei sette minuti.

In questi ultimi due giorni c'è stato davvero un gran via vai di persone a casa dei miei nonni. Molte amiche di mia nonna – quelle più strette- sono venute per starle vicino. Apprezzo molto il fatto che mia nonna abbia delle amiche con cui potersi sfogare. Mi rincuora sapere che non sarà sola. Certo, lei cerca di mostrarsi forte, ma so che sta morendo dentro. Lo vedo. Alcune volte mentre siamo sedute al capezzale di mio nonno, scatta in piedi e sparisce per ore. Ovviamente la sentiamo piangere chiusa in bagno solo che non glielo facciamo pesare.

Thomas non riesce a stare dentro questa stanza per più di due minuti. Si congeda sempre con una scusa banale e va via. Be', non possiamo costringerlo a stare qui. Io invece non riesco a schiodarmi da questa stanza. E ne ho bisogno, cazzo. Puzzo da morire. Ma non voglio farlo. Voglio stare qui con lui. Ogni tanto capita che mi addormento seduta e che mi risveglio perché qualcuno entra nella stanza a fare "visita" a mio nonno.
Capisco tutto. Ma non possono fare queste visite quando sarà effettivamente morto? Ora dovrebbero solo lasciare in pace la mia famiglia e farci "godere" questi ultimi instanti con lui, senza rompere le palle.

Anche perché odio il modo in cui mi guardano, come se fossi un piccolo cucciolo smarrito. E odio anche le loro frasi fatte. Se stessero zitti, sarebbe meglio. Preferisco il silenzio alle parole di circostanza. Tanto non me ne faccio proprio nulla dei loro "mi dispiace" e dei loro " vedrai che andrà tutto bene", " se hai bisogno ci sono". Io nemmeno le conosco queste persone. Come cacchio pensano che possa andare da loro quando "ho bisogno"? Preferisco che stiano zitte.

Evito di uscire da questa stanza e di andare in salotto perché non mi va di vedere la bara già pronta. Mia nonna e papà sono andati a comprarla l'altro ieri e hanno deciso di metterla in salotto "Così c'è più spazio e le persone posso rendergli omaggio qui" ha detto la nonna.

Persino morire è una gran rottura di palle. Un'amica di mia nonna – Stevie- è da due giorni che ci cucina il pranzo e che riempie il freezer di roba da mangiare. Certo, è una cosa carina, però nessuno mangia. Ma a lei non importa, forse è il suo modo di stare accanto a mia nonna. Lo apprezzo più di quelle altre che piombano in questa stanza e scoppiano a piangere come se sul punto di morte ci fosse loro marito, e non quella della loro "amica". Giuro che vorrei alzarmi e prenderle a testate. Non lo fanno perché sono sensibili. Lo fanno perché sono sceme.
Come se a mia nonna facesse bene consolare le sue amiche e non viceversa. Che cazzo. Alcuni esseri umani proprio non li capisco. Non sono empatiche proprio per niente. Sembra che vogliano attirare l'attenzione su di loro. Non oso immaginare cosa faranno il giorno in cui morirà davvero o il giorno del funerale. Probabilmente si comporteranno loro come delle vedove.

La razza umana mi spaventa parecchio.

Mio padre invece vaga come un'anima sperduta per tutta la casa. Ha preso qualche giorno di ferie dal lavoro lasciando tutto nelle mani di Luke.

Vorrei dirgli qualcosa, stargli vicino in qualche modo. Ma non so che fare. So benissimo che le parole che potrò dirgli non serviranno a niente.
Invece è lui che ogni tanto si siede accanto a me e mi abbraccia, così, senza dire niente. So che è anche un modo per consolarci a vicenda. Alla fine un abbraccio sincero, vale più di mille parole.

Io passo le mie giornate qui dentro a sperare di vedere gli occhi di mio nonno aprirsi come per miracolo. Ho anche pregato, a essere sincera. Ovviamente non è servito a niente. Lui ha deciso di portarselo via e così sarà.

Penso continuamente a come comportarmi quando morirà. A come comportarmi il giorno del funerale. Sinceramente non so nemmeno come reagirò. Ora sono bloccata in una specie di limbo. Rincuorata da questa strana routine che mi sono creata da sola. Lui è ancora qui, fisicamente. Forse il mio cervello di merda non ha ancora realizzato che cosa sta per succedere. Non lo so, sono molto confusa a riguardo. Comunque vada non mi schioderò da questo letto.

Mia nonna entra di nuovo nella stanza. Ha gli occhi gonfi e il naso arrossato. Stava piangendo, anche se cerca di nasconderlo con un sorriso. «Blue, ci sono i tuoi amici» dice, sedendosi sul letto accanto a nonno.
«Chi?» chiedo sovrappensiero.
«Dylan e Scarlet. Sono in salotto.»

Ah. Be', io non ho nessuna intenzione di andare in salotto e ritrovarmi davanti agli occhi quella bara aperta. «Va bene», lascio la mano di mio nonno e mi alzo dal letto. Esco dalla stanza e mi fermo in corridoio. Come da due giorni a questa parte, casa dei miei nonni sembra diventato un ritrovo per passare del tempo a bere liquori e mangiare stuzzichini. Che schifo.

Mi sporgo leggermente oltre il muro, in modo tale che non veda la bara. Sollevo una mano e attiro l'attenzione dei miei amici che stanno parlando con qualcuno.
Mi vedono e si avvicinano subito a me.

Faccio cenno di seguirmi in giardino. Attraverso il prato e mi siedo sul divanetto in vimini. La prima cosa che faccio è accendere una sigaretta e sperare che possa alleviare qualsiasi cosa io stia provando in questo preciso instante.
Scar prende posto accanto a me, mentre Dylan resta in piedi. So che vorrebbe abbracciarmi e dirmi qualcosa di confortante, solo che non lo fa. Non lo fa perché anche lui ci è passato con sua madre. Quando è morta avevamo all'incirca tredici anni.

Si passa una mano tra i capelli verdi fluo e sospira. «Come stai, Blue Bean? So che è una domanda del cazzo. Ma voglio saperlo davvero.»
Alzo una spalla. Dio, mi fanno male tutte le ossa. «Sto bene, credo. Non sono io quella che sta per morire e non sono io quella che sta per perdere l'amore della sua vita», la mia voce è così roca e atona che a stento riesco a riconoscerla come mia.

Scar posa una mano sulla mia spalla e la stringe appena. «Lo sai vero che puoi sfogarti con noi?»
Annuisco. « Lo so», cerco di sorridere ma credo che il movimento delle mie labbra ricordi più una smorfia che un vero e proprio sorriso. Vabbé, posso permettermelo in questi casi, no?

Dylan si siede sull'erba di fronte a me. «Io non capisco proprio perché debbano morire sempre le persone migliori. Cazzo, ci sono così tanti pezzi di merda al mondo e lui che fa? Decide di portarsi quelli buoni», sbotta.

Mi sento persino un'egoista nei suoi confronti. Cazzo, lui ha perso sua madre quando era solo un ragazzino. L'ha persa proprio nel periodo in cui aveva più bisogno di lei. Stava lentamente realizzando di essere gay e sua madre era l'unica che gli stava vicina. Suo padre... lasciamo perdere. Era uno stronzo. Quando ha fatto coming out, lo ha letteralmente cacciato via di casa dicendogli un sacco di parole che nessun figlio vorrebbe mai sentirsi dire dal proprio genitore. Per un po' è stato a casa mia poi sua nonna materna se lo ha portato a casa sua. Credo che da quel giorno non parli più con suo padre. Insomma, come può un genitore rinnegare il figlio solo perché pensa che sia un deviato? L'amore è amore. A prescindere da chi amiamo. Non esiste nessun fottuto genere. Per quanto mi riguarda potrei anche innamorarmi di un tostapane, alla gente non dovrebbe importare proprio un cazzo. Ma suo padre ha la mentalità arretrata. Ha preferito perdere il suo unico figlio solo per non fare "brutte figure" con le altre persone.

Sono certa che mio padre mi amerebbe anche se fossi il verme più brutto e viscido del mondo. Mi amerebbe anche se mi innamorassi di una stampante.

A quanto pare però non tutti sono nati per essere genitori. È facile metterli al mondo ma non serve solo questo. Tutti sono bravi a scopare e a mettere al mondo dei figli. Ma non tutti diventano genitori. Tipo mia madre. Ha messo al mondo due figli e poi li ha abbandonati come se fossero un paio di scarpe vecchie. Lei non è decisamente nata per essere una madre. Lei è nata per essere una stronza a cui piacciono i soldi e i vecchi.

Ammetto di averci pensato a lei in questi ultimi giorni. Ma non per chissà quale motivo. Mi sono chiesta se avrà il coraggio di presentarsi al funerale del suo ex suocero. Immagino di no. Nessuno la vuole qui. E io vorrei evitare di fare scenate in un momento così delicato. Perché sì, potrei anche picchiarla, giusto per scaricare tutta la rabbia e la merda che ho dentro. Potrei riversare su di lei tutta la mia frustrazione e incolparla per essere diventata quello che sono adesso.
So che non lo farà mai. Non ha le palle di presentarsi qui dopo dieci anni di totale assenza. Solo una pazza furiosa potrebbe farlo.

Ricordo che Dylan ha detto qualcosa. Alzo le spalle. «Succede. Mia nonna dice che Dio prenda i fiori più belli.»
Lui aggrotta la fronte. «Adoro Ginger, ma in questo caso ha detto un mucchio di puttanate!»
Io e Scar ridacchiamo. Lei posa la testa sulla mia spalla. «Se solo potessi prendere un po' del tuo dolore», sussurra.

Nessuno può. E se fosse possibile, non condividerei mai il mio dolore con nessuno. Perché dovrei far soffrire una persona a me cara? Non esiste. Prima o poi starò bene. Andrò avanti. È così che funziona, no? Noi restiamo qui e dobbiamo semplicemente andare avanti con le nostre vite. Svegliarci ogni giorno con la consapevolezza che mio nonno non tornerà mai più. Semplice.
Dobbiamo imparare a vivere con questo vuoto. Semplice.

«Come sta Thomas?» le chiedo. Tanto so che continuano a vedersi.
Lei si irrigidisce appena. Appunto. Sospira. «Non bene.»

Dylan ridacchia, anche se non è per niente divertito. «Te lo ha confessato mentre stavate scopando?»
Mi strappa una risata. «Piantala, idiota!»
Scar si sistema sul divanetto. «No, me lo ha detto mentre piangeva. Non stiamo... facendo sesso», si passa una mano tra i capelli spostandoli di lato. «Viene da me solo per parlare.»

Mh, buono a sapersi. Almeno condivide i suoi pensieri con qualcuno. A me neanche mi guarda in faccia. Forse se non mi odiasse in questo modo, sarebbe più facile per entrambi sopportare questa situazione. Ma dubito che lui possa accantonare il suo odio per me solo per sostenerci a vicenda. Lui preferisce odiarmi e sfogarsi con la mia migliore amica.

«Anche a te farebbe bene parlare con qualcuno», prosegue Dylan.
Sbuffo una risata. «Lo faccio, vado dallo strizzacervelli.»
Scuote il capo e sventola una mano per aria. «No, non con uno che si fa pagare per ascoltarti», chiarisce. «Ma con una persona di cui ti fidi davvero. Potresti farlo anche con William.»

Sì, come no. Scuoto il capo. « Io e William non ci parliamo più. Ed è meglio così», borbotto.
Sgrana gli occhi. «Ma come? Non stava venendo qui a casa tua per...»
«No, gli ho detto che non voglio più vederlo», lo interrompo.

Ora tutti e due mi stanno guardando in modo strano.

«Perché?» mi chiede Scar.

Fanculo, tanto vale dirle la verità. «Perché ogni volta che ci avviciniamo troppo, finisce che io gli succhio il pisello e lui mi tocca. Tutto molto bello, se solo non fosse che lui poi si tirasse indietro e facesse passare me per la ninfomane di turno», dico tra i denti.

La mia amica sgrana gli occhi, sorpresa dalla mia confessione. «Scusa? Siete stati insieme?»
Scuoto il capo. «No, ci siamo solo toccati a vicenda. Dice che siamo amici, poi ci tocchiamo. Poi dice che non succederà mai più e invece succede. Non voglio più vederlo», sibilo. «Inoltre, mentre ci apprestavamo a fare tutte queste porcherie, non ci siamo nemmeno mai baciati.» Ed è già ridicolo così. Cazzo.

Apre e chiude la bocca un paio di volte. «Cioè non avete mai fatto sesso e non vi siete mai baciati?»
Annuisco. «È un folle quel ragazzo. Inoltre continuava a ripetermi una frase del cazzo», sbuffo. «Se io non fossi io e tu non fossi tu, ti avrei scopata e balle varie.»

I miei amici sono perplessi. Lo sono anche io. «Oh, poi si è infuriato perché sono stata di nuovo a letto con Sid e lo ha minacciato di starmi lontano. Uno più pazzo di William non esiste.»

Scar apre la bocca, formando una O perfetta. «Sei stata con Sid di nuovo?»
Annuisco. «Sì. E devo ammettere che lui mi piace ma... è meglio lasciar perdere lui e i suoi amici. Troppi drammi. Il Biondo non ci renderebbe le cose per niente facili. Oh, poi mio padre ci ha beccati in pieno mentre lui aveva una mano infilata nelle mie mutandine, fuori dal cancello di casa dei miei nonni...»

«Wow», dice Dylan. Non l'ho mai visto così scioccato. «Non è solo lui il folle, Blue. Lo sei anche tu, amore mio.»
Ridacchio. «Certo che lo sono anche io! Altrimenti chi sano di mente si farebbe infilare le dita sino alla gola fuori da casa dei nonni?»
Scar scoppia a ridere. «Non ho parole. Sul serio.»

Nemmeno io. So solo che ho fatto la cosa giusta ad allontanarlo da me. Alzo le spalle. «Tutti commettiamo degli errori.»
Dylan fa una smorfia. «Mh, sicura? Non è che il bel biondino ti piace?»

Lo guardo assottigliando gli occhi. «No. Non mi piace. È bravo a fare quelle cose con le dita e la lingua ma no, non mi piace e non voglio niente da lui. Siamo totalmente incompatibili. Entriamo in sintonia solo quando suoniamo. E non mi sembra il caso di stare sempre con una chitarra in mano», dico ironica.
« Mah veramente, a quanto hai detto, entrante in sintonia anche quando vi avvicinate troppo», ridacchia Scar.

Scuoto il capo. «No, affatto. Per il resto del tempo vorrei legarlo a un palo e prenderlo a sassate. Non è il mio tipo. E io non sono decisamente il suo tipo. Probabilmente si sarà già gettato tra le braccia di quella Vicky. È perfetta per lui. Perfetta perché non si prende nemmeno la briga di tenere testa a quell'ossigenato del cazzo. Io parlo troppo e non mi faccio mettere i piedi in testa.» O forse l'ho fatto e ora non mi va più.

Dylan posa entrambe le mani sulle mie ginocchia e le stringe. «Pudding, la tua vita sentimentale è un vero cazzo di casino. Potresti scrivere un libro o farne una seria tv.»

Ridacchio. «Già. Il mio approccio con i pene dotati è uno vero schifo», scuoto il capo. «Io neanche la voglio una relazione. E se devo averla di certo non sarà con William Gilmour», sbuffo. «Chi cavolo lo vorrebbe un ragazzo così instabile?»

Dylan arriccia il naso. «Una persona instabile quanto lui?» suggerisce.

Mi accascio contro il divanetto. «No. Una persona a cui piace sottomettersi e comportarsi come se fosse un cagnolino da compagnia. Cosa che io non sono.»
«E con quello stronzo di Vincent?» si intromette Scar. La guardo e lei ha una smorfia disgustata stampata sul viso.

Scuoto il capo. «Nemmeno con lui. Ve l'ho detto: non voglio relazioni. Per il momento non voglio proprio niente. Ne relazioni e nemmeno scopate occasionali. Adesso voglio solo stare da sola. Inoltre la sera che eravamo al Rocktail, ho conosciuto due ragazze e mi hanno invitata a far parte della loro band.» Wow, siamo in vena di confessioni?

«Be', questa è una bella notizia!» esordisce Dylan. «Come vi chiamate?»
«Non abbiamo ancora un nome. Quello che hanno scelto loro non va decisamente bene. Non se non vogliono rischiare di essere denunciate per plagio o roba simile.»

Scar si stravacca sul divanetto. «Lo hai detto a tuo padre? Magari vi aiuta a...»
La interrompo subito. «No e non ho nessuna intenzione di farlo.»
Sgrana appena gli occhi. «Perché, scusa?»
Allargo le braccia. «Mh, forse perché non voglio passare per la raccomandata di turno? Voglio fare le cose da me senza l'aiuto di papà. Capisci? So di avere le capacità di farmi strada da sola.» Non ora però. Ora non so nemmeno più che cosa voglio. «Non ho bisogno dell'aiuto di mio padre.»

«Ma la sua casa discografica è una delle migliori di Londra!» sbotta Dylan.
Mi stringo nelle spalle. «Quando ne avremo bisogno, ne troverò un'altra. Sul serio, non potrei sopportare di venire additata come la lecca culi di turno», scuoto il capo. « Neanche per sogno.»

Dylan e Scar si scambiano un'occhiata confusa. So che quello che sto dicendo non ha senso per loro. Ma lo ha per me. Io non voglio farmi strada passando direttamente dal via solo perché mio padre può farlo. Voglio superare tutti gli imprevisti che comporta entrare in questo mondo. Voglio raggiungere il mio obbiettivo per poi dire "ce l'ho fatta da sola". Sarebbe davvero gratificante.

Quel giorno però è ancora lontano. Ora non mi va nemmeno di pensarci. L'unica cosa che mi ronza in testa – oltre a mio nonno- è di procurare qualche serata per esibirci. Iniziano tutti dal basso, no? Tutte le band hanno iniziato a esibirsi nei locali. C'è chi ce l'ha fatta e chi no. Qualunque sia la sorte che toccherà alla nostra band, l'accetterò. Ma non chiederò aiuto a nessuno.
Mio padre ha già fatto abbastanza per me. So che non esiterebbe un secondo a prepararmi un contratto – anche da solista-. Non lo farò però. Anzi, probabilmente neanche gli dirò che sono entrata a far parte di una band di due svitate che si fanno di acidi. Non mi sembra il caso. Oltretutto lo faccio anche io. Ho ben tre acidi dentro il cassetto della mia stanza, nascosti dentro a una scatolina di caramelle.

¸¸·¯·¸¸·¯· ·¯·¸¸·¯·¸¸

La sera è il momento peggiore della giornata. Quando tutti vanno via e restiamo solo noi, tutto diventa ancora più reale.
Papà ha ordinato del cibo cinese da mangiare tutti insieme, seduti sul divano a guardare un film nella tv. Abbiamo accettato tutti anche se nessuno di noi ha voglia di mangiare, e tanto meno di guardare la tv.

Io sono seduta a terra mentre mangiucchio dei noodles piccanti. Papà, nonna e Thomas – oggi ci degna della sua presenza-, sono seduti sul divano a scartare dei bigliettini della fortuna.

Che mai potrà esserci scritto in quei foglietti ficcati dentro a un biscotto che sa di cartone?

Mia nonna si sporge in avanti e ne posa uno sul tavolino per me. Guardo la carta dorata che l'avvolge come se potesse scoppiare da un momento all'altro. Riluttante lo afferro. Scarto la carta dorata, lo spezzo e prendo solo il biglietto. Srotolo il piccolo pezzo di carta e lo leggo.

Stai guardando le onde ma ignori il mare.

Aggrotto la fronte. Che cavolo significa? È stato scritto da qualcuno sotto amfetamina?

«A me è uscito scritto "ogni muro è una porta"» dice papà, osservando il bigliettino che tengo tra le mani.

Bene, anche il suo è stato scritto da qualcuno sotto l'effetto di acidi. Di quelli non buoni a quanto pare.

«Sono tutte stronzate» borbotto, gettando il bigliettino sul tavolo.
«Il mio è scritto in... tedesco...credo», ridacchia mia nonna.

«Magari se lo leggi al contrario ha più senso», interviene Thomas.

Mia nonna ridacchia ancora. «No, non sia mai che evochi involontariamente uno spirito malvagio.»

Ridacchiamo tutti, persino mio fratello. Il che è abbastanza destabilizzante.

Su di noi cala un breve silenzio. Stiamo tutti guardando la tv, ma nessuno la guarda per davvero.
Con la coda dell'occhio vedo che mia nonna si asciuga rapidamente una lacrima col dorso della mano. Emette un sospiro tremante, poi si inumidisce le labbra. Ho paura di quello che sta per dire. Senza rendermene neanche conto affondo le unghie contro il palmo della mano.
«Pensate che riusciremo ad andare avanti?» dice, lanciando questa bomba atomica nel salotto di casa.

Mio padre serra le labbra. Continua a fissare la tv e non dice nulla.

Thomas si passa una mano fra i capelli e li strattona dalla radice. «Lo scopriremo presto.»

Nonna annuisce, fissandosi la mano dove ha la fede nuziale. Non l'ho mai vista senza.
Vorrei dire qualcosa ma non so cosa. Quindi evito. Potrei dire qualcosa di inappropriato.

Mio fratello posa una braccio sulle spalle di mia nonna e l'attira a sé. Lei scoppia a piangere in silenzio. Il mio cuore si rompe in un milione di pezzi.

La culla tra le braccia e le bacia la nuca. «Andrà tutto bene, nonna. Noi siamo qua» dice, ma i suoi occhi sono puntati su di me.
Annuisco. Lui lo stesso.

«Non ti lasceremo da sola» mormoro, sentendomi la gola ingrossata.
«Nemmeno noi a te» interviene mio padre, continuando a tenere lo sguardo fisso sul televisore.

Mi agito sul tappeto. «Ora non sono io quella che ha bisogno.»

Mio fratello mi inchioda con i suoi occhi verdi. «Invece sì. Anche tu ne hai bisogno», dice tra i denti, come se gli costasse una gran fatica dire queste parole.

Non capisco. Ora dovremmo pensare tutti alla nonna. Non a me. Sul serio. Nessuno dovrebbe pensare a me. Non voglio.

Dentro di me sento qualcosa di bollente scorrermi nelle vene. Forse è la rabbia, non ne sono certa. Mi alzo in piedi. «Non proverò a uccidermi. Quindi non dovete pensare a me!» sbotto.

Cala di nuovo il silenzio. Le mie parole galleggiano sulle nostre teste.

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