♫ ~ 28.1 ɴᴏ ᴏɴᴇ ꜱɪɴɢꜱ ʟɪᴋᴇ ʏᴏᴜ ᴀɴʏᴍᴏʀᴇ
Neath the black, the sky looks dead
Call my name
Through the cream
And I'll hear you scream again
Black hole sun
Won't you come
And wash away the rain?
Black hole sun
Won't you come
Soundgarden
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Nelle settimane successive ho impedito a William di venire a casa dei mie nonni. Lo sto evitando e lo sanno anche i muri. Non voglio vederlo al momento. Meno lo vedo, meglio mi sento.
Però in compenso, Dylan e Scarlet vengono spesso a trovarmi. Mi sto lentamente abituando a risvegliarmi a casa di papà e non nella mia. Prima o poi però dovrò tornarci, non posso continuare a pagare l'affitto a vuoto. Oltretutto questo mese il mio stipendio non sarà granché.
Infatti questa mattina mi sono presentata a lavoro con solo due ore di sonno alle spalle e ancora dolori lancinanti alle ovaie. A quanto pare non hanno nessuna intenzione di andare via, sicuramente hanno sentito la mia mancanza. Credo proprio che dovrei andare a farmi visitare. Avere il ciclo da quasi due settimane non è normale. Se continuano a essere così forti dovranno farmi una trasfusione.
Mi sono imbottita di ibuprofene e per circa sei ore dovrei essere a posto.
Intenta a sistemare una nuova sfilza di vinili, vengo distratta dalla vibrazione del mio telefono che ha interrotto la canzone che stavo ascoltando.
Roxy è andata a fare delle commissioni per una sua zia, quindi mi ha lasciata sola sommersa dagli scatoloni.
Sfilo il telefono dalla tasca dei jeans e controllo chi ha osato interrompere la canzone dei Soundgarden. Nessuno deve permettersi di interrompere Chris Cornell – sempre sia lodato-.
Chi poteva essere se non il malessere che evito come la peste?
Alzo gli occhi al soffitto e sbuffo.
William: Il fatto che tu mi stia ignorando, mi fa girare molto le palle. Effetto elica proprio. Si può sapere che cazzo ti prende adesso?
Mi prende che adesso non voglio vederti. Mi prende che se ti avessi davanti ti darei mille calci sulle palle.
Lui e il suo continuo rimescolare le carte in tavola. Lui e la sua incoerenza del cazzo.
Dopo due settimane di silenzio, decido di rispondere.
Io: Lo hanno capito anche i muri che non voglio vederti, okay? Lasciami in pace.
William: Ma perché? Che cosa ho fatto adesso? Non mi sembra di aver fatto niente di male.
Sei solo una lunatica del cazzo.
Io: Senti chi parla. Quello che lancia la pietra e nasconde la mano.
William: La pietra devono averla lanciata a te, in testa. Altrimenti non si spiega il motivo per cui scantoni in questo modo. Mi dici che cosa ho fatto? Così posso saperlo anche io e difendermi dai tuoi attacchi da pazza schizzata?
Io: No. Rifletti e lo capirai da solo. Adesso lasciami in pace. Che oggi ci manchi solo tu come disgrazia.
William: Addirittura? Sei proprio arrabbiata, eh? Hai ancora le tue cose?
Sì. E mi stanno uccidendo. Dissanguando. Spaccando le ovaie.
Mi acciglio quando rispondo.
Io: Sì, morirò presto... ma non è questo il motivo per il quale oggi mi stai ancora di più sul cazzo. Ciao William, evapora.
William: Bambina.
Io: Coglione.
Levo la vibrazione in modo tale che non possano più interrompere le mie canzoni. Potrei seriamente commettere omicidi oggi. E non mi va proprio di macchiarmi di un crimine simile.
Non ora che le condizioni di mio nonno stanno peggiorando drasticamente. L'altro giorno ha avuto un altro attacco epilettico. Abbiamo dovuto chiamare l'ambulanza ma non lo hanno trasportato in ospedale, gli hanno fatto solo un farmaco e lui si è ripreso come per magia. È per questo motivo che non sto chiudendo occhio la notte. Ho paura. Ho paura che se mi addormento, non sento se qualcuno mi chiama. Ho paura che se li chiudo, lui andrà via senza darmi il tempo di salutarlo.
In queste settimane ho continuato a suonare per lui. Solo che il più delle volte o si addormentava o si perdeva con lo sguardo nel vuoto. Se ne sta andando. Lentamente ci sta lasciando e non possiamo fare niente. L'unica cosa che possiamo fare è aspettare quel giorno.
L'altra sera ho dormito da loro. Mi sono sdraiata accanto a lui sul letto. Ha voluto la tv accesa ma non ha guardato proprio un bel niente. Cercava di accarezzarmi i capelli ma la mano non gli funziona quasi più. Per camminare ha bisogno del deambulatore. Ora ha anche l'ossigeno attaccato.
Quel giorno si fa sempre più vicino e io sto morendo dalla paura. Non posso evitare che succeda e mi fa arrabbiare da morire. Potendo gli darei il mio cervello.
Invece non posso fare altro che guardarlo spegnersi davanti ai miei occhi. Inoltre, non posso neanche scoppiare a piangere quando lui non riesce a parlare e si arrabbia se non lo capiamo.
Non lo capiamo davvero, è impossibile capire quello che dice. Sembra uno che ha bevuto tanto e che ha preso chissà quale droga. Lui però neanche se ne rende conto che quando parla, dice cose senza senso.
L'occhio ormai è tutto storto. L'altro giorno ha detto a mia nonna che vedeva una specie di televisione. Fatto sta che mia nonna ha chiamato di nascosto il medico per dirglielo e la sua risposta è stata che quella "televisione" che lui vede, non è nient'altro che quel maledetto bastardo che lo sta uccidendo. Ovviamente ha usato un gergo più professionale.
Ho pianto per tutta la notte per questa cosa. Ormai non riesco più a vivere. Non riesco a fare niente senza pensare a mio nonno. Persino adesso che sono lontana da casa, sento l'ansia che mi artiglia lo stomaco. La mia testa non riesce a pensare ad altro, è il mio pensiero fisso.
Queste settimane ho completamente smesso di mangiare. Non posso farci niente, non ho fame. Se penso al cibo mi viene la nausea. In pratica prendo le medicine a stomaco vuoto. Ogni tanto mi nascondo in giardino per fumare una canna. E ammetto che in questi ultimi insopportabili giorni, ho voglia di sballarmi con qualcosa di più forte. Ma non posso. Non posso farlo a casa di mio padre. Non posso farlo perché se perdessi i sensi e non mi rendessi conto che mio nonno è morto? No, non posso.
Sopportare tutto questo senza assumere niente, è lacerante. Che posso farci?
Da una settimana ho ripreso le sedute con Colvin. Gli ho parlato di mio nonno e di quello che sta per succedere. Ovviamente mi ha detto che gli dispiace. Ma io, dei "mi dispiace" me ne faccio ben poco adesso.
Infilo le dita tra i capelli e li strattono dalla radice. Non ce la faccio più. La testa sta per esplodermi e queste maledette mestruazioni stanno peggiorando solo le cose.
Mollo tutto e vado a chiudermi in bagno. Non riesco a respirare e so che cosa sta per succedere. Il mio mondo si sta rimpicciolendo di nuovo. Mi accascio sul pavimento e mi stringo le ginocchia al petto. Cerco di fare dei bei respiri con la bocca aperta e di buttare lentamente l'aria fuori. Ogni volta che ci provo è come ricevere una coltellata al petto, allo stomaco, alla gola.
Sollevo lo sguardo contro il soffitto per impedire alle lacrime di uscire. Cazzo, non faccio altro che piagnucolare. Non mi sopporto più nemmeno io. Neanche qui posso farci molto. Escono sempre all'improvviso, è come se non controllassi più il mio umore. Piango, rido, poi piango di nuovo. Ho completamente perso la ragione.
Vorrei solo svegliarmi da questo incubo.
Come se non fossi già emotivamente a terra, questa notte, dopo aver pianto come una disperata, nel mio cervello si è insinuato uno di quei pensieri. Di nuovo.
Mi sono agitata ancora di più e presa dalla paura, mi sono alzata e sono andata a dormire con mio padre. Non si è accorto di niente. Quando si è svegliato mi ha semplicemente trovata lì, rannicchiata vicino a lui.
Non voglio tornare a come ero prima. A quando la mia vita era controllata dai brutti pensieri. Però li sento sussurrare. Manca poco prima che si metteranno a urlare come prima. Lo so. Ormai so come funziona. Mi sto chiudendo di nuovo in me stessa e mi sto barricando dietro a quel muro di cemento armato.
Lentamente mi sta di nuovo trascinando con sé.
È egoista da parte mia, lo so. Dovrei reagire e pensare a una cazzo di sola volta anche agli altri.
Mio nonno sta morendo e io che faccio? Penso a togliermi la vita. Mi faccio venire attacchi di panico e piango. Bel modo del cazzo per aiutare gli altri, no? Bel modo di merda per affrontare questa situazione Blue. Complimenti. Riceverai presto un premio per la miglior egoista del mondo.
Strattono di nuovo i capelli cercando di far smettere al mio cervello di sussurrare. Non lo sopporto più. Mi sta facendo impazzire quel continuo borbottio.
Di là sento la campanella tentennare. Al diavolo anche il cliente con un tempismo del cazzo. Fanculo.
Sento dei passi trafficare sul parquet consumato. Forse è tornata Rox.
A chi voglio darla a bere? Ormai riconosco anche il rumore dei suoi passi.
L'ombra si ferma davanti alla porta, poi questa si spalanca. I suoi anfibi, infilati dentro a dei jeans, appaiono nel mio campo visivo. Non mi muovo. Non alzo nemmeno la testa. Mi limito solo a fissare i suoi anfibi.
Fa un passo in avanti e noto che si sta inginocchiando. Mi rifiuto comunque di guardarlo. Mi lancia addosso una busta con il simbolo della farmacia. Non mi muovo neanche adesso.
Sbuffa irritato prima di posare una mano sotto al mio mento e sollevarmi il viso. Lo guardo, ma non lo vedo davvero. «Cazzo, Blue», sussurra. «Vieni qui, stupida ragazzina testarda.» Mi attira a sé a mi abbraccia – di nuovo-. È già la seconda volta che lo fa di sua spontanea volontà.
Non ricambio. Le braccia restano aggrappate alle mie ginocchia. Voglio solo che se ne vada. Voglio stare sola. E lui è l'ultima persona che voglio vedere.
Restiamo qualche secondo in questa posizione. Questa volta il suo abbraccio non mi provoca l'effetto che mi ha fatto l'altra volta. Dico sul serio, non lo voglio qui.
Adesso la sensazione che lui mi orbiti intorno solo per pena o compassione, mi sembra sempre più vera. E io l'ultima cosa che voglio è la sua compassione.
Tutte le cose che fa per me sembra che le faccia solo per favore, e non perché siamo amici. Non sto parlando di quelle cose ora, neanche mi interessa più quello che abbiamo fatto.
Voglio solo che se ne vada via e che mi lasci in pace una volta per tutte. Voglio solo questo.
Mi ritraggo sciogliendo l'abbraccio. Lo vedo aggrottare la fronte, ma io tengo lo sguardo fisso sul suo pomo d'Adamo.
«Blue», mi richiama.
Sollevo una mano per scacciare via una lacrima dalla guancia. «Voglio che tu te ne vada» sussurro, tenendo sempre lo sguardo fisso sul suo pomo d'Adamo che si contrae appena.
«Perché? Che cosa ho fatto?» il suo tono di voce è calmo, ma so che si sta trattenendo parecchio.
Alzo le spalle. «Perché tu non sei un amico. Non lo sei mai stato.»
Sento i suoi occhi bruciarmi il viso. «Cosa? Perché dici questo? Sei arrabbiata per l'altra volta? Che avrei dovuto dire a tuo padre?» sbotta. Si è trattenuto ben poco. È più irascibile di un leone con l'ascesso ai denti.
Scrollo ancora le spalle. «No, non per questo. È perché continui a fare le cose come se non avessero delle conseguenze. E poi dopo che ti senti soddisfatto, cambi le carte in tavola e fai passare me per quella arrapata. Adesso basta. La nostra amicizia o qualsiasi cazzo di altra cosa sia, finisce qui. Ognuno per la sua strada.»
Inspira bruscamente, o forse sta solo cercando di non sbraitarmi contro. Non lo so, vedo solo che il suo pomo d'Adamo si alza e si abbassa bruscamente. «Quello che stai dicendo non ha un cazzo di senso.»
Sbuffo una risata asciutta. «Lo ha eccome. Ti diverti a prendermi in giro, a toccarci. Poi ti ritrai subito facendomi capire che ti senti in colpa e che in qualche modo è solo colpa mia», scuoto il capo. «Sono stanca, davvero. Di questo strano tira e molla. Per non parlare di quella frase del cazzo che non fai altro che ripetere. Sei io non fossi io e tu non fossi tu. Non ha nemmeno un cazzo di senso!» sbotto. «Sono sempre io e sei sempre tu anche quando te lo succhio o quando mi tocchi!»
Cerca di afferrarmi le mani ma io le ritraggo con un gesto brusco. Sospira. «Sei scossa.»
Annuisco. «Già, molto. Sono molto scossa. Non sto dormendo un cazzo perché ho paura di essere svegliata da qualcuno che mi dice che mio nonno è morto! Sono scossa perché tu e la tua presenza mi confondete. E non per chissà quale stronzata sentimentale. È così e basta. Mi confondi e togli il peggio di me!»
Con la coda dell'occhio vedo che lascia andare le braccia lungo i fianchi, è sempre rannicchiato davanti a me. «Tolgo il peggio di te cercando di aiutarti? Da quando io ti giro intorno, i tuoi occhi hanno ripreso a brillare. Hai messo su peso in modo sano», dice tra i denti.
Faccio una smorfia minimizzando le sue parole. «Bene, grazie. Sei in grado di accendermi gli occhi è vero, ma anche di spegnermeli però», passo una mano sul viso scacciando via alcune ciocche di capelli. «Hai ragione quando dici che sono una ragazzina. E tu non dovresti starmi intorno. Torna dalle tue ragazze più mature e fastidiosamente carine, non me ne importa proprio un cazzo.»
Ho come l'impressione che qualcuno abbia spento di nuovo quel tasto dentro di me. Non mi sento neanche in colpa per quello che gli sto dicendo, proprio per niente. Anzi, vorrei che si sentisse in colpa o che provasse qualsiasi altro tipo di sentimento. Ma figuriamoci se William Gilmour è provvisto di senso di colpa o di qualsiasi altro sentimento.
Si alza in piedi. «Okay, se è questo che vuoi davvero: non ti starò più intorno.»
Sollevo lo sguardo su di lui, annuisco. «Sì, è proprio questo che voglio. Potendo sarei anche tornata indietro nel tempo, a quando neanche ti conoscevo. A quando avevo trovato la mia stabilità nel mio cazzo di tunnel.»
Aggrotta la fronte, la mascella serrata duramente. «D'accordo. Allora fingi che non ci siamo mai conosciuti. Tornate nel tunnel del cazzo. Torna pure a scoparti mezza Londra, fai il cazzo che ti pare», mi da le spalle e va via.
Dovrei sentirmi in colpa o provare qualcosa. Invece oltre al mal di pancia, non sento niente.
Afferro il sacchetto della farmacia che mi ha tirato addosso e lo getto con rabbia dentro il lavandino accanto a me. Non voglio più niente da lui. Nemmeno un fottuto antidolorifico.
Ho fatto la cosa giusta, forse per entrambi. L'ho fatto prima che sia troppo tardi. Avvicinarmi ancora di più a lui sarebbe stato pericoloso. Avvicinarsi a William è un po' come se il sole si avvicinasse alla terra e ci bruciasse lentamente. Stessa cosa.
Appena finisco di lavorare chiudo il negozio e corro subito alla fermata del bus. Ora l'unica cosa che voglio è infilarmi un pigiama e starmene con mio nonno, anche a non fare niente. Tanto ogni giorno le sue condizioni peggiorano sempre di più. Arriverà il momento in cui neanche non mi riconoscerà più. A nessuno di noi.
Salgo sul bus e vado a sedermi negli ultimi posti. Sprofondo sul sedile, infilo le cuffie nelle orecchie e poi appoggio la testa contro il finestrino. Mi sento come una di quelle protagoniste di un film drammatico pieno di cliché. Al momento la mia vita è tutt'altro che piena di cliché. Vorrei avere i problemi di quelle ragazze dei film. Il cuore spezzato sarebbe decisamente meglio di un'anima dilaniata. Di un cervello che non funziona come dovrebbe. Preferirei mille volte struggermi per il personaggio maschile del film che essere devastata da queste cose troppo grandi per me.
Ho solo ventun anni e desidero di nuovo morire. Ho solo ventun anni e spero di non rivedere mai più la luce del sole. Ho solo ventun anni e il mio sogno di diventare una rock star non si avvererà mai più.
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Resto ferma a fissare la luce accesa del salotto dei miei nonni. Il bus mi ha lasciata qui circa dieci minuti fa.
Per qualche strana ragione adesso non riesco a schiodarmi da questo maledetto marciapiede. Immagino che mia nonna stia dando la cena a mio nonno, sempre che lui sia sveglio. Sempre che riesca a inghiottire.
Perché deve succedere proprio a lui? Questa domanda ormai mi tormenta non appena apro gli occhi.
Vorrei solo che tutto questo finisca, o che qualcuno mi svegliasse per dirmi che è stato tutto un brutto sogno. La consapevolezza che non sia così mi uccide. Sto vivendo dentro a uno dei peggiori incubi.
Sobbalzo quando il telefono vibra nella tasca dei miei jeans.
Lo prendo e abbasso lo sguardo sul display. È Stella.
Sono un po' sorpresa di leggere il suo nome, pensavo che non mi avrebbe mai cercata. Invece...
Stella: Ciao Blue! ✨Come stai? 😍Ti andrebbe di vederci per parlare? 😘Se non hai niente da fare. 🌺 Ovviamente 🙃
Questa ragazza usa decisamente troppe emoji per i miei gusti. Io ho decisamente un mucchio di cose da fare. Tipo entrare dentro casa e accertarmi che mia nonna stia bene. Dopotutto oggi è andata a comprare un abito per suo marito per quando morirà. Che vuoi che sia?
Sollevo lo sguardo al cielo e sospiro cacciando indietro le lacrime.
Io: Ciao, no non ho niente da fare. Dove ci vediamo?
Sì brava. Scappa. Scappare è l'unica cosa che ti riesce meglio.
Stella mi invia la posizione di quella che penso sia casa sua. Butto un'altra occhiata prima di incamminarmi e allontanarmi da casa. Invio anche un messaggio a mio padre per dirgli che sono uscita con degli amici. È vero che sono di nuovo fuori di me, però non voglio che debba preoccuparsi anche per me.
Infilo di nuovo le cuffie nelle orecchie e cammino.
La sento incombere di nuovo su di me quella nuvola minacciosa e oscura. Sento il suo fiato sul collo. Questa volta non cercherò nemmeno di sfuggirle. Può prendersi tutto di me. Non mi importa.
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