♫ ~ 25. ᴅᴏɴ'ᴛ ᴄʀʏ
Talk to me softly
There's something in your eyes
Don't hang your head in sorrow
And please don't cry
I Know how you feel inside'ive been there before
Somethin's changin' inside you
And don't you know
Don't you cry tonight.
Guns N' Roses
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◄ ││ ►
Blue Jean è sparita nel nulla dopo la nostra seconda canzone. L'ho vista alzarsi in piedi di scatto e correre via, sgomitando tra le persone per farsi spazio.
Abbiamo finito la nostra esibizione facendo esplodere le persone in un sonoro applauso. James è venuto da noi appena siamo scesi dal palco per congratularsi.
Non si è reso conto che sua figlia è sparita già da un bel po'? Non si fa nessuna domanda?
Solo io ho fatto caso a lei? Be', era impossibile non notarla. Quando si sono abbassate le luci nella sala lei era lì, che brillava come un fottuto arcobaleno nell'oscurità.
Conosco Blue quel tanto che basta da sapere che quando sparisce da sola , sta sicuramente combinando qualche cazzata.
Vicky mi è saltata letteralmente addosso per baciarmi. Cerca le mie labbra ma i miei occhi stanno cercando la Nana Malefica.
Quando è sparita lei, al suo posto è comparso Luke con sua moglie. Che ancora non ho capito come cazzo si chiama.
Avevo intenzione di scoparmi Vicky non appena avessi concluso sul palco. Ora mi è passata la voglia e sento l'urgenza di andare a cercare Blue. Un'urgenza che mi fa prudere anche le mani.
«Devo andare in bagno a pisciare» borbotto, allontanandomi da Vicky. Si è messa in testa che adesso facciamo coppia fissa. Che sarà la futura fidanzata della futura fottuta rock star. Non ha capito un cazzo. Io con lei non voglio niente di serio, se non una scopata quando né ho voglia o un pompino quando sono troppo stressato.
Non parlo con Blue dal giorno in cui l'ho portata a casa sua quando si è calata un acido.
Non parlo nemmeno più con Sid da quel giorno. Ci limitiamo a scambiarci qualche verso inutile quando dobbiamo presenziare a qualche serata organizzata all'ultimo momento da Luke e James. Per il resto, non ci caghiamo di striscio.
Joey sta nel mezzo, fa da tramite e ci rimprovera di smetterla di fare i bambini. Ma col cazzo che sarò io il primo a cedere. È andato di nuovo a letto con Blue e non mi ha detto un cazzo di niente. D'altro canto, lui è arrabbiato per quello che io ho fatto con lei.
Sapevo che la Nana sarebbe stata la nostra Yōko Ono. Per fortuna ancora non ci siamo sciolti prima di diventare veramente famosi. Solo per il semplice fatto che non ne abbiamo fatto parola con nessuno. Con nessuno intendo James Weller. Altrimenti dopo averci depenizzati, ridurrebbe il nostro contratto in brandelli. L'unico che sa cosa sta succedendo è per l'appunto Joey.
Odio questa situazione. La odio perché mi sembra di rivivere la stessa cazzo di situazione di merda di due anni fa tra me e Vince. Solo che con Sid è diverso. Lui è il mio migliore amico e odio non parlarci e non guardarlo negli occhi.
Ovviamente siamo entrambi troppo orgogliosi per sederci a parlare come due persone adulte. Quindi lasciamo che si calmino le acque e quando sarà tutto passato, torneremo a essere pappa e ciccia. Ketchup e maionese.
Ecco, Blue Jean mi ha contagiato con i suoi stupidi paragoni.
Sono venuto a sapere, tramite Luke che ha parlato con Sid che a sua volta ha parlato con Joey, che il padre di James sta male. Non so molto perché quando Joey me ne ha parlato è stato tutto molto confuso. Non sono nemmeno sicuro che lui abbia effettivamente capito che cosa è successo davvero.
Apro la porta del bagno e la prima cosa che vedo è Blue Jean che dorme accucciata sul pavimento.
Come cacchio fa a dormire per terra in quella posizione scomoda?
I capelli, che ormai sono tornati al loro colore naturale, le ricadono sul viso come lingue infuocate. Il rossetto rosso che prima era perfetto su quelle labbra letali, adesso è tutto sbavato, così come il mascara che le rendeva le ciglia ancora più lunghe e incurvate. Quel vestito sexy adesso le risale lungo le cosce scoprendo anche le mutandine bianche con dei gattini neri disegnati.
La vista di quelle cose orrende mi fa sorridere. Che problemi ha questa ragazza con la biancheria intima?
Devo smetterla però di guardarle le mutande. Mi avvicino a lei e allungo una mano per scostarle una ciocca di capelli che le si è incastrata tra le ciglia.
Il suo corpo rabbrividisce appena la sfioro come se ne riconoscesse il tocco. Borbotta qualcosa di incomprensibile.
«Ti abbiamo annoiata così tanto che sei corsa in bagno ad addormentarti?», le sussurro all'orecchio.
La pelle lentigginosa delle spalle le si cosparge di puntini da pelle d'oca. Schiude un occhio e sembra che faccia fatica a tenerlo aperto. È stanca, sembra distrutta.
Sembra ancora più minuscola e fragile. «Vattene via», borbotta con la voce impastata dal sonno.
Ormai le uniche parole che usa con me sono solo "vai via" e " vattene via", che sono la stessa identica cosa.
«Non preferiresti dormire su un letto, anziché sul pavimento di un bagno?» la prendo in giro.
Schiude di nuovo un occhio per guardarmi male. «Non preferiresti fare bungee jumping dallo Shard senza protezioni?» Linguaccia tagliente come sempre. E sempre dannatamente attraente, quella boccaccia.
«Proviamo insieme?» La stuzzico.
Apre anche l'altro occhio e si stiracchia. Le sue tette si tendono verso l'alto. Ovviamente, come sempre, non indossa un cazzo di reggiseno. Sul serio, deve avere qualche problema con la biancheria intima. «No, ammazzati da solo» dice, sbadigliando in modo sgraziato.
Come io riesca a trovarla attraente ancora non lo so. Non ha niente di femminile, se non il corpo e il nome. Per il resto è un maschiaccio, molto più sboccata di me. Però è comunque sexy da morire.
Senza chiederle il permesso mi siedo accanto a lei. Ovviamente mostra tutto il suo disappunto emettendo uno sbuffo irritato. Appoggio la testa contro il muro e mi volto a guardarla. «Allora, che ci fai da sola in questo bagno?»
Si stropiccia gli occhi con la mano sbavandosi ancora di più il mascara. Sembra un panda adesso. Ma è comunque fastidiosamente bella. «Avevo sonno», borbotta. Non mi guarda nemmeno in faccia.
«Sul serio ti abbiamo annoiata?» ribatto, cercando non so, di farla sorridere.
Cosa che non avviene, dato che si alza in piedi regalandomi una visuale delle sue mutandine con i gatti neri, prima che il vestito le scivoli sino ai piedi. «Non hai di meglio da fare? Ti porti qui la tua fidanzata e la lasci sola per venire a cercare me? Che cosa vuoi?» mi guarda dall'alto con la fronte aggrottata.
Temo che se rispondessi a questa domanda in modo sbagliato, non esiterebbe a tirarmi un calcio sulla faccia. «Ti ho vista scappare via. E dato che non sei più tornata, e nessuno sembrava fregarsene, sono venuto a cercarti», rispondo dicendo la verità. Forse non mi beccherò un calcio in faccia.
I capelli le ricadono arruffati sulle spalle sembrando la criniera infuocata di un leone. È sexy da morire e lei nemmeno se ne rende conto.
E nemmeno io mi rendo conto di avere qualche problema mentale. Dato che si vede che ha passato una pessima giornata, e io penso solo a quanto sia attraente.
Infila entrambe le mani tra i capelli cercando di dargli una sistemata. L'unica cosa che fa è scompigliarseli ancora di più. «Sono solo stanca... tutto qui. Mio padre mi ha trascinata qui con la forza.» Bene, sincera come sempre.
Be', non mi aspettavo di certo che mi saltasse addosso appena mi avrebbe visto.
«Oppure ti ha dato fastidio vedermi con Vicky?» la domanda esce dalla bocca senza che io lo voglia davvero. Sono un coglione.
Tutta la sua schiena nuda – e sexy- si irrigidisce. Si volta lentamente per rifilarmi un'occhiataccia torva. «Perché dovrebbe darmi fastidio? Non è che sono gelosa di tutti i ragazzi con cui vado a letto o faccio... cose», sventola una mano per aria minimizzando la cosa. «Non mi importa se sei qui con lei. Come non m'importa niente degli altri. Credimi: l'ultima cosa a cui sto pensando in questo momento è essere gelosa di te. Se non ti è ancora chiaro non mi frega un cazzo né di te né tanto meno delle relazioni. Chi cazzo la vuole una relazione con uno stronzo patologico come te?»
Sbaglio o mi sta usando tipo sacco da boxe?
Passo oltre le sue parole velenose. Litigare non è quello che voglio in questo momento. «Che ti prende?»
Sbuffa una risata. «Che cazzo te ne importa? Sul serio, Gilmour: lasciami in pace. Ti avevo già detto che se avessi avuto bisogno di parlare con qualcuno, sarei andata dallo psicologo. E tu non lo sei ancora diventato. Esci da questo bagno e torna dalla tua groupie.»
Mi alzo in piedi e mi metto dietro di lei. Ci osserviamo attraverso lo specchio. O meglio, i suoi occhi ipnotici mi fulminano, attraverso il riflesso. «Visto che sei gelosa? Vicky non è una groupie. È una brava ragazza. Oltretutto è molto più femminile di te.» Sul serio? Ma allora sei un coglione!
Lei non si scompone più di tanto. «Allora perché sei ancora qui? Non riesci a fare meno di me?» mi sfida, incurvando quelle labbra letali in un ghigno.
Sollevo una mano e con i polpastrelli le accarezzo la pelle nuda della schiena. Rabbrividisce, anche se la sua espressione resta seria. «Più che altro non riesco a fare a meno della tua boccaccia. Della tua boccaccia sul mio cazzo.» Maniaco.
Rabbrividisce ancora di più. Il suo corpo ha un fremito e si allontana da me appoggiando le mani sul lavandino. «Sei un porco.»
Giusta osservazione. Ne sono consapevole. E solo che a quanto pare ragiono con l'uccello quando sono con lei. Cosa che non va affatto bene.
Faccio un altro passo verso di lei intrappolandola tra il mio corpo e il lavandino. Inspira bruscamente come se la mia vicinanza le facesse mancare il respiro.
Il cazzo si tende subito dentro i boxer. «Lo sei anche tu», le scosto i capelli di lato facendole venire la pelle d'oca. «Quasi quanto me», sussurro contro il suo orecchio.
Il suo corpo ha uno spasmo e, forse involontariamente, inarca quel bel culetto verso di me. «No, non mi paragonare a te!» il tono scorbutico le sta abbandonando lentamente quella bella boccaccia riducendole la voce a un sibilo concitato.
Perché si ostina a dire che non le piaccio e che non le faccio nessun effetto? Allora come lo spiega il fatto che il suo corpo reagisce subito al mio? Che vibra con un semplice tocco?
Le mie dita percorrono la pelle morbida del collo fino a sfiorarle le scapole. «Sei una bugiarda.»
Mi guarda dallo specchio con la fronte aggrottata. «Perché sarei una bugiarda?»
«Perché ti ostini a dire che non ti piaccio e che non sei gelosa di me», il tono della mia voce diventa sempre più cupo. Perché mi eccita così tanto starle vicino? Insomma, la mia vita sessuale va a gonfie vele da quando Blue ha sbloccato i miei orgasmi. Eppure, quando sono così vicino a lei, mi sento come se fossi perennemente insoddisfatto e il mio corpo volesse solo lei. Come se fosse affamato di lei.
Si volta di scatto, le sue tette sbattono contro il mio torace. Le osservo alzarsi e abbassarsi rapidamente per via del suo respiro affannato. «Tu non mi piaci. Non sono gelosa di te. Adesso lasciami in pace. Altrimenti mi metto a urlare, e se mio padre ti vedesse qui e ti sentisse dire queste assurdità, non esiterebbe a tagliarti l'uccello», sibila.
La mia testa malata sta pensando a un altro modo per farla urlare. Pensiero che scaccio subito dalla testa quando la porta del bagno si spalanca e Vicky compare alle mie spalle.
Blue si allontana da me come se l'avessi punta. Io resto immobile con un erezione più grande di me dentro i boxer. Vicky invece, saetta lo sguardo da me alla nana.
Poi fa qualche passo per raggiungerci. Che tempismo del cazzo. «Ehi, ciao», rivolge un sorriso a Blue Jean. «Ti trovo sempre nei bagni con un pessimo aspetto» aggiunge, guadagnandosi un'occhiataccia da Blue.
Non credo che la sua voleva essere una battuta cattiva. Vicky non è cattiva. È fin troppo educata e fastidiosamente dolce. Tranne quando siamo a letto insieme. In quei momenti diventa una porno attrice sboccata e famelica di cazzo. Alcune volte temo che non me lo restituisca mai più.
Noto l'esatto momento in cui gli occhi di Blue si spengono del tutto. Diventano cupi. «Oh, scusa se la vista di me in questo stato ti turba», sibila. «Vorrei proprio vedere il tuo aspetto quando ti viene detto che una persona a te cara sta per morire e non si sa neanche quanti mesi o giorni gli restano!» sbotta, facendo sussultare Vicky.
Oh, allora la situazione è molto più grave di quello che Joey mi ha confusamente riferito.
Vicky abbassa lo sguardo come se si vergognasse da morire. Blue invece respira affannata come una bestia furiosa. Mi scocca un'occhiata di fuoco prima di camminare a passo svelto e raggiungere la porta del bagno.
«Io... non volevo essere cattiva», mormora Vicky.
Dovevi restare dove cazzo ti avevo lasciata, vorrei dirle. «Non preoccuparti, è svitata» dico, invece.
Il bello è che quella ragazzina svitata mi attrae come il miele per le api. Questo non va affatto bene. Qualsiasi cosa sia devo farmela passare. Ho già rischiato parecchio a farmi toccare da lei e a toccarla. Non posso permettermi di commettere passi falsi che possano compromettere la carriera della nostra band. Per una ragazzina, soprattutto.
Posso avere tutte la ragazze che voglio. Decisamente più grandi e decisamente con meno problemi. Di problemi, mi bastano i miei.
Mi ritrovo a stringere il pugno della mano ancora dolorante. Dopo quello spettacolo schifoso a casa mia, la mano è gonfia, ma fortunatamente riesco ancora a suonare, anche se quando impugno il manico della chitarra vedo le stelle.
Per guarnire la mia vita di merda, nemmeno Joel e Noel mi rivolgono più la parola. Ogni volta che entro in cucina o in salotto loro vanno via. Mi evitano come se fossi un appestato. Forse aspettano che io chieda scusa, non lo so. Fatto sta che ho smesso anch'io di parlare con loro. Chiedere scusa è sempre stato fottutamente difficile per me. Ogni volta che ci provo quella piccola parolina del cazzo sembra impigliarsi alle corde vocali. Non ci riesco. Non sono mai stato bravo a chiedere scusa e tanto meno a farmi perdonare. Di solito aspetto sempre che le cose si sistemino da sole. Non è molto maturo per una persona di quasi trent'anni. Però è così. Aspetto che sia il tempo a fare tutto il lavoraccio al posto mio.
Vicky prova a dissuadermi proponendomi una sveltina prima di tornare dagli altri. Strano ma vero, le ho detto di no. Non ho proprio nessuna voglia di scopare adesso.
Con Vicky che mi segue con uno sguardo deluso, torniamo nella sala principale.
Il resto della mia band è seduto al tavolo con James, Blue e Luke e sua moglie, -che sono più che sicuro che abbia un nome, ma che non ricordo-.
Non ho proprio voglia di stare ancora qui e tanto meno di bere. Vorrei andarmene a casa mia e rilassarmi nell'unico modo che conosco. Ma non posso, non posso perché questa serata è per noi. Quindi con l'umore sotto ai piedi, mi avvicino al loro tavolo. Blue Jean tiene lo sguardo fisso sul calice che tiene tra le mani.
Sono sempre state così piccole le sue mani? Eppure sanno fare grandi cose. E non parlo solo di come me lo ha trastullato per bene, intendo più che altro il modo in cui suonano la chitarra quelle belle dita piccoline.
Noto solo adesso che c'è anche Ginny – la madre di Skylar- e anche la bimba. Appena mi vede mi regala uno dei suoi bellissimi e buffi sorrisini. È sempre contenta di vedermi. Con quel sorriso potrebbe anche sciogliere qualsiasi cuore ricoperto di ghiaccio. Come il mio.
La rubo dalle braccia della madre che non si risparmia di lanciarmi un'occhiata fulminea. Lo so che le sto antipatico, solo che non me ne importa proprio un cazzo. Non è solo sua figlia. Si da il caso che il padre sia il mio migliore amico. Quindi, può mettermi quella brutta faccia che ha in culo.
Non so nemmeno come Joey abbia fatto a scoparsela. Sicuramente era ubriaco marcio. Solo così potrebbe avere senso. Perché Ginny è brutta come la morte. Sono cattivo, lo so. Ma è la verità. Joey potrebbe avere decisamente ragazze più belle, in quanto lui sia un bel ragazzo. A quanto pare però a lui non importa dell'aspetto fisico. Per fortuna Skylar è identica a Joey.
Mi siedo poco distante da loro con la bambina tra le braccia, che non perde occasione di acciuffarmi una ciocca di capelli appena me la siedo sulle ginocchia.
«Vuoi proprio farmi diventare pelato, eh?» le punzecchio una guanciotta con il polpastrello. Dio. È così morbida. Alcune volte mi viene voglia di darle un morso. Joey però mi ha minacciato di non azzardarmi. È così invitante però, ha sempre un buon profumo che mi fa venire voglia di morderla.
Mentre gioco con la bambina sento gli occhi di Blue addosso. Alzo lo sguardo e lei distoglie il suo, premendosi il calice sulle labbra e bevendone un lungo sorso. Si vede proprio che non vuole stare qui e che vorrebbe scappare via.
Be', siamo in due. Forse dovrei portarla via con me. Accompagnarla a casa sua, ovviamente. James sembra non avere intenzione di andarsene così presto. Sembra anche un po' alticcio. Immagino che sia difficile anche per lui la situazione del padre.
So cosa vuol dire perdere una persona cara. Nel giro di pochissimi mesi ho perso entrambi i miei nonni. Prima lui, poi lei. Ed è stata davvero dura. Soprattutto ritrovarmi improvvisamente da solo a badare a un adolescente rincoglionito. Ad avere la sua vita a carico mio. Non è stato per niente facile.
Quindi capisco perfettamente che cosa prova Blue Jean.
Non so perché, ma vorrei fare qualcosa per lei. Cosa potrei fare però se lei non vuole neanche parlarmi?
Mi ha letteralmente consigliato di lanciarmi dallo Shard senza protezioni!
Il ricordo di quella frase mi fa prudere le labbra. Ha proprio una fervida immaginazione la ragazzina.
Ginny si avvicina a me e mi strappa Skylar dalle braccia. È proprio una stronza, cazzo.
Se non fosse una donna, non avrei esitato a piantarle un pugno sul naso.
Stropiccio il viso perché sono stanco morto. Non dormo più bene la notte e queste serate improvvisate all'ultimo minuto mi devastano.
Mi accascio sulla poltrona e i miei occhi si posano di nuovo su di lei.
Sta parlando con la moglie di Luke. Si capisce che non ha nessuna voglia di parlare, ma si sforza comunque di sorridere e annuire. Sicuramente non ha capito mezza parola di quello che le sta dicendo.
Mi sa tanto che adesso mi alzo da qui, la prendo di peso e la porto via. Contro ogni probabilità, James mi correrà dietro e mi picchierà. Forse anche lei.
È solo che so quanto possa essere fastidiosa la gente. Magari si accorgono pure che non hai voglia di parlare, ma loro continuano imperterriti a fracassarti le palle con le loro storie del cazzo.
Senza rendermene conto sono già in piedi e mi sto avvicinando al tavolo. La conversazione di Blue e... quella lì, si interrompe appena mi vedono. Blue aggrotta la fronte.
«Devo farti vedere una cosa», dico la prima stronzata che mi viene in mente.
Lei sbatte le palpebre per la sorpresa. Scommetto che sta pensando a qualcosa di sconcio. Non so, che voglio farle vedere il mio uccello. Ma non è questo che avevo in mente. Voglio solo salvarla dalla parlantina della tizia non ancora identificata.
Anche la moglie di Luke mi guarda e inclina appena la testa, studiandomi con curiosità. Lo so, non ho un abbigliamento proprio adatto a questo locale. Ma non m'interessa.
Ignoro gli occhi languidi della moglie di Luke, e continuo a guardare Blue. In attesa che schiodi quel bel culetto dalla sedia. Da un'occhiata in giro e poi -finalmente- si alza, dopo essersi scusata con quella lì.
Sono tutti troppo presi a parlare per rendersi conto che sto rapendo la figlia di James Weller. Tutti tranne Sid, che mi rifila un'occhiataccia carica d'astio. Io che sono più stronzo di lui, gli sfodero un sorriso beffardo. Sono consapevole che comportandomi in questo modo non farò altro che peggiorare le cose tra me e lui.
Spoiler: non me ne frega un cazzo.
Usciamo all'esterno e la prima cosa che fa è reggersi al muro, sollevare un piede e levarsi il tacco, facendo poi la stessa cosa anche con l'altra. Aggraziata come un maiale che si rotola in una pozza di fango. I miei occhi però si rifiutano di non trovarla attraente.
Acciuffo il pacchetto delle sigarette dalla tasca di questi pantaloni troppo stretti e la incastro tra le labbra, poi muovo il pacchetto nella sua direzione.
Osserva quel pacchetto come se le stessi offrendo caramelle avvelenate. «No grazie», borbotta. «Cosa devi farmi vedere?»
«Nulla. Era solo una scusa per aiutarti a scappare dalla moglie di Luke. A proposito, ha un nome?»
Mi guarda malissimo. Alla fine mi ruba il pacchetto che tengo ancora tra le mani, e prende una sigaretta. «Si chiama Adeline» borbotta, arricciando quel nasino. Mi sa tanto che avrebbe voluto aggiungerci un "coglione" alla fine della frase. Scrolla le spalle e quelle lingue di fuoco le accarezzano la schiena nuda. Butta fuori il fumo e mi pianta di nuovo gli occhi addosso. « Hai lasciato di nuovo la tua fidanzata da sola per venire da me», noto una punta di compiacimento nel tono della sua voce.
«Non è la mia ragazza e non devo renderle conto di quello che faccio» sbotto, leggermente troppo brusco.
Indica qualcosa alle mie spalle. «A lei lo hai detto?»
Seguo la direzione dei suoi occhi. Vicky sta venendo verso di noi. È peggio di un cagnolino, cazzo. Esprimo tutto il mio fastidio emettendo un sospiro. «Vicky, che c'è?» sbotto, appena ci raggiunge.
Lei guarda prima Blue poi di nuovo me. «Sei sparito!»
Sollevo la sigaretta. «Sto fumando!» E non dovrei darle neanche delle cazzo di spiegazioni.
«Be'», si stringe nelle spalle. «Mi lasci da sola, io non conosco nessuno.» Come no, dev'essere proprio questo il motivo per cui mi segue come l'ombra di Peter Pan.
Blue intanto getta la sigaretta fumata a metà a terra. «Vi lascio da soli» si volta di spalle, ma non si muove. «Anzi, potreste dire a mio padre che me sono andata via? Grazie.» Prende a camminare allontanandosi da noi, a piedi nudi. Piccola svitata.
Non posso fare a meno di incantarmi a guardarle il culo fasciato dentro quel vestito, mentre ondeggia a ogni passo.
Non posso farla andare via da sola. A piedi e scalza, soprattutto.
Butto la sigaretta a terra, che per poco finisce sul piede di Vicky. Cazzo, come faccio a liberarmi di lei?
Pensa Billy, pensa a una scusa più falsa che puoi. Falsa ma convincente. La guardo. «Potresti andare dentro a prendermi qualcosa da bere?»
Annuisce. «Oh, certo!» Brava. Continua pure a fare il bravo cagnolino, così sì che mi cadrai dalle palle. L'ho detto: quelle che mi scopo sono tutte senza cervello e troppo permissive.
Aspetto che rientri dentro e poi corro, letteralmente, dietro la svitata dai capelli rosso fuoco.
Non mi ci vuole molto a raggiungerla, dato che la trovo seduta tra i bidoni del vetro. Ha le ginocchia strette al petto e il viso nascosto dalla montagna di capelli.
Che cavolo le prende adesso? È più instabile di un castello fatto di carte, cazzo.
Mi accovaccio sulle ginocchia per essere alla sua altezza. «Blue», la richiamo.
Sobbalza dallo spavento e solleva la testa di scatto. Nonostante abbia gli occhi rossi e il labbro inferiore che trema, aggrotta comunque la fronte. Mi manderà via tra tre... due... uno...
«Vattene», sibila. Ecco, come non detto. Ormai conosco più lei che me stesso.
Ovviamente neanche l'ascolto. Mi siedo a terra accanto a lei, come ho fatto prima in quel bagno. «Puoi sfogarti se vuoi. So come ti senti. Ci sono passato pri...»
Fa uno scatto come se volesse picchiarmi. «No, non sai un cazzo invece!» sbotta, la sua voce sale di qualche ottava facendomi sussultare anche i timpani.
Che cazzo. Ha i polmoni di Robert Plant?
Tenta di alzarsi ma io le afferro il polso facendola risedere. «Lo so, invece» dico tra i denti, guardandola negli occhi.
Mi guarda così male che percepisco tutta la sua rabbia e il suo astio fin dentro le ossa. Strattona il braccio per liberarsi dalla mia mano, poi con un gesto nervoso della mano, si asciuga gli occhi. «Tu non sai niente. Non sai proprio niente.»
«Invece sì», le vado contro. «So cosa vuol dire perdere una persona importante. E so anche cosa vuol dire cercare di non crollare per non causare ulteriori preoccupazioni.»
Scuote il capo e nasconde gli occhi lucidi guardando un punto davanti a noi. «No William, non è la stessa cosa» sussurra. «Con il mio comportamento del cazzo ho perso dei momenti preziosi con lui», quasi lo ringhia. « E ora non ho più tempo per rimediare. Non posso più rimediare al fatto di essere stata la peggior nipote del mondo. Non basterà aiutarlo a mangiare o preparargli dei muffin per esserlo!»
«Non sei la peggior nipote del mondo.»
Mi rifila un'occhiataccia torva. «Lo sono eccome. Così come sono stata una figlia e una sorella di merda. Anche un'amica, pure se non mi interessa esserlo stata con te», puntualizza. «Non so quanto tempo gli resta, né se riuscirò a stargli vicino come merita. Dato che devo scappare ogni volta per non scoppiare a piangergli in faccia come una scema», tira su col naso. «Io non voglio perderlo...» la sua voce si incrina pericolosamente. Anche se non mi sta guardando vedo alcune lacrime scivolarle lungo le guance. In uno scatto d'ira colpisce il cemento con un pugno. Le sue piccole nocche protestano emettendo un rumore bruttissimo. « La mia vita è uno schifo, cazzo. Sarei dovuta morire una di quelle due volte che ho provato a farla finita.»
Ha tentato il suicidio?
Qualcosa dentro di me si contorce. Adesso è così fragile, così persa. Così spaventata. E io a quanto pare, non sono lo stronzo che io e tutti gli altri pensano che sia.
Le circondo le spalle con un braccio e l'attiro a me. Sussultiamo entrambi quando ci rendiamo conto di quello che ho fatto.
La sto abbracciando.
Io, William Gilmour sto abbracciando una ragazza.
Io, Billy, che non ho mai abbracciato nessuno in vita mia. Forse solo mia nonna, quando ero piccolo.
L'estraneità del momento mi stordisce. Reprimo l'impulso di spingerla via. Dopotutto lei non mi ha chiesto di farlo. L'ho fatto di mia spontanea e folle volontà.
Impiega un po' a rilassarsi tra le mie braccia. E anche io. Ho i nervi così tesi che mi fanno persino male.
Con il pollice le accarezzo la spalla nuda. Per un lungo momento non fiatiamo. La stringo e lei posa la testa sul mio petto. Spero solo che non riesca a sentire il mio cuore che sbatte contro le costole furiosamente. Sono ancora scioccato per averla abbracciata.
Quando posa anche una mano sul mio petto, trattengo il respiro.
Sono consapevole di averla tenuta stretta quelle volte che abbiamo dormito insieme. Ma quelli erano gesti involontari fatti nel sonno. Questo l'ho fatto proprio di pancia. È strano. È strano sentire le sue braccia che mi stringono. È strano come mi sento.
«Questo non cambierà il fatto che tu mi stia sul cazzo, William», borbotta.
I suoi polpastrelli conficcati contro il mio petto, mi incendiano quel lembo di pelle.
Ridacchio. «No, tranquilla. Anche tu mi stai sempre sul cazzo.» In questo momento vorrei anche averla sul cazzo, forse così riuscirei a distrarla dai problemi che incombono su di lei.
Mi dispiace per suo nonno, davvero tanto. Anche per James e per quello stronzo di Thomas.
Vorrei dirle che questa è solo la punta dell'iceberg e che il peggio sarà dopo, quando lui non ci sarà più.
Non lo faccio, non spetta a me farlo.
«Comunque le tue mutandine con i gattini neri sono orribili.» Faccio il coglione solo per farla sorridere. Cosa in cui fallisco miseramente perché mi colpisce con un pugno sul petto. Ovviamente non farebbe male nemmeno a una pulce.
«Bastava non guardarle», si difende.
«Impossibile. Ti ho trovata a dormire con le cosce aperte e il vestito tutto arrotolato. Le avrebbero potute vedere chiunque», la stuzzico.
Borbotta qualcosa sotto voce, e quando scioglie l'abbraccio, io sento una stranissima sensazione di vuoto alla bocca dello stomaco. Come se si fosse portata via qualcosa di me.
Si asciuga gli occhi. «Sarà una bella merda, d'ora in poi», sussurra.
«Già», dico sincero. «Ma andrai avanti lo stesso. È così che funziona. La vita di chi rimane qui continua ad andare avanti nonostante tutto.»
Solleva il viso al cielo per impedirsi di piangere ancora. «Gli ho promesso che avrei scritto una canzone per lui. E che avrebbe avuto la possibilità di vedermi su un palco.»
Il ghiaccio che avvolge il mio cuore ha appena fatto un crack sommesso. «Fallo, improvvisa. Se vuoi, ti aiuto io», propongo. Devo essermi proprio bevuto il cervello.
So che lo pensa anche lei dato che mi sta guardando come se mi fosse spuntato un pisello in mezzo agli occhi. «Vorresti... aiutarmi?»
Annuisco. Ormai non posso rimangiarmi quello che ho detto. «Sì. In fin dei conti anche tu hai aiutato me con il disco.»
Arriccia il naso. «Il mio aiuto è durato ben poco. Dato che abbiamo passato più tempo a non parlarci che altro...»
Alzo le spalle, sminuendo le sue parole. «Questi sono dettagli. Quindi che ne dici? Certo, scrivere una canzone così su due piedi sarà un po' difficile. Ma possiamo comunque improvvisare qualcosa.»
Qualcosa che neanche io so.
Ci pensa un po' su, poi pianta gli occhi nei miei. «Va bene», sospira.
Su di noi piomba il silenzio, smorzato solo dai nostri respiri che si disperdono nel cielo notturno di settembre.
Capisco di essermi bevuto completamente il cervello quando i miei occhi si posano sulle sue labbra carnose che mi invogliano a protendermi verso di lei.
Sul serio, vuoi baciarla? Stai bene?
Lei resta immobile. Il suo respiro si spezza. Mi guarda negli occhi, poi il suo sguardo saetta veloce sulle mie labbra.
Non so perché desidero baciarla proprio adesso. Non so perché ho una malsana voglia di scoprire che sapore hanno i suoi baci. È così e basta.
Avvicino ancora un po' il mio viso al suo. I nostri nasi quasi si sfiorano.
La magia di questo strano momento si spezza quando lei mi spiaccica una mano sul viso e mi spinge via. «Non pensarci nemmeno, Biondo» il suo tono di voce, che dovrebbe risultare deciso, viene tradito da un piccolo cenno di quello che mi sembra imbarazzo. Si ritrae come se l'avessi sputata in faccia e si alza in piedi.
Mi ritrovo a sbattere le palpebre cercando di scacciare via la sorpresa e tante altre cose.
Che. Cazzo. Stavo. Facendo?
Lei mi da le spalle, chiaramente vuole nascondermi i suoi occhi. So che anche lei avrebbe voluto baciarmi. Forse, se fosse stata un'altra occasione, mi avrebbe permesso di baciarla.
Invece sembrava solo che io lo stessi facendo perché è distrutta. Sono un'idiota del cazzo. Ne combino una dietro l'altra, di cazzate.
Mi alzo anche io e pulisco i pantaloni con le mani. Per tenere la mia boccaccia impegnata accendo un'altra sigaretta. «Volevo solo essere sicuro di non piacerti» borbotto, buttando fuori il fumo.
Si volta lentamente come la bambina dell'esorcista. Spero solo che non si metta a vomitare anche quella robaccia verde. «Sei un cretino. Non ti bacerò mai, neanche se il tuo bacio servisse a risvegliarmi. Metterò un cartello con la tua faccia sopra e un divieto», sibila.
Da dove se le toglie queste cose non lo capirò mai. Comunque non posso fare a meno di ridacchiare. Alcune volte la trovo persino simpatica.
«Non mi baci in bocca, però mi hai baciato in altre parti», la stuzzico.
Mi fredda con un'occhiataccia. «Non succederà più neanche questo. Con nessuno. La mia bocca e la mia vagina si sono prese un anno sabbatico.»
«Mh, quindi nemmeno con Sid?» Lo so, non dovrei tirare fuori questo argomento proprio adesso. La domanda però è uscita di bocca per conto suo.
Inspira bruscamente, poi scuote la testa. «No, nemmeno con lui. È chiusa a tutto il pubblico per restauro.»
Cerco di trattenermi ma alla fine getto la testa all'indietro e scoppio a ridere. Sul serio, quando non è inacidita come un limone, e non rompe il cazzo, è simpatica. Il fatto che io la trovi divertente, la dice lunga anche sulla mia sanità mentale.
Anche le sue labbra sono leggermente incurvate, solo che non vuole darmi la soddisfazione di vederla sorridere.
Fredda questo breve momento che si è creato assumendo di nuovo quell'espressione afflitta. Anche il mio sorriso si spegne in contemporanea con quello suo. «Mi daresti un passaggio a casa?»
Getto il mozzicone della sigaretta a terra e lo schiaccio con l'anfibio. «Sì, andiamo.»
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«Che musica piace a tuo nonno?» Le chiedo una volta che siamo seduti nella mia auto.
«Rock anni 50/60», mormora. «Ma adora anche Mötley Crüe e i Kansas...» aggiunge, appoggiando la testa contro il finestrino e sospirando lievemente.
«Il metal non gli piace? Che cosa gli piace degli anni 50/60?» Smettila di riempirla di domande!
Sistema una ciocca di capelli dietro l'orecchio. Sono così pieni di gel che restano immobili. « Metal... gli piacciono i Metallica. Anni 50/60... Elvis, ovviamente. Ma anche Chuck Berry e Jerry Lee Lewis. Oh, e anche Bobby Darin. Insomma tutti quanti in pratica» ridacchia, anche se è una risata spenta. «I miei bisnonni lo hanno chiamato Elvis perché la mia bisnonna era follemente innamorata di Elvis Presley.»
«Allora avete proprio una fissa nel chiamare i vostri figli come delle canzoni o persone famose. È una specie di tradizione di famiglia?», la prendo in giro. «Scommetto che il secondo nome di tuo nonno e Aaron, come Presley.»
«No, il suo secondo nome è Cat», mormora.
Mi volto a guardarla mentre lei si morde il labbro per non ridere. «Come Cat Stevens? Sul serio, che problemi avete? Tuo padre si chiama James come James Hetfield?»
Scuote il capo. «No, James come James Dean», ridacchia.
«Siete una famiglia di pazzi», ridacchio. «E tuo fratello invece? Thomas come Thomas Edison? Anche se dubito che lui abbia inventato qualcosa di ingegnoso», la prendo in giro.
«No, Thomas è basta. Il suo secondo nome però è Eddie», ora fa davvero fatica a reprimere una risata vera e propria. «Come Eddie Vedder, dei Pearl Jam.»
Storco il naso. «Dovrebbero seriamente mettervi dietro le sbarre.»
«Perché? Almeno ci distinguiamo dalla massa. Proprio tu non devi parlare dato che il tuo secondo nome è Azrael, che non ci entra ne ci esce con William», borbotta.
Be', mia madre era sicuramente strafatta quando mi ha dato quel nome. Così come lo era quando ha chiamato i miei fratelli Joel e Noel, cambiando solo una lettera. «Che vuoi che ti dica? Mia madre era una persona sarcastica.»
«Era?»
«Non è morta.» Purtroppo.
Si ammutolisce un'istante come se stesse pensando a qualcosa. «Non avete più rapporti?»
Questa è bella. Perché dovrei avere dei rapporti con una persona come quella che mi ha messo al mondo? Ha fatto di tutto per rendermi la vita uno vero schifo, soprattutto quando ero costretto a vivere sotto il loro stesso tetto. Era una persona orribile e spero che quando schiatta, marcisca all'inferno condannata a scontare le peggiori pene. Così come mio padre. Meritano tutto il male del mondo. Se potessi sceglierei di far morire loro due al posto del nonno di Blue.
Loro sono esseri ignobili che non meritano di rubare ossigeno a chi invece è più degno di averne.
Mi ricordo che sta aspettando una risposta. «No, non vedo i miei genitori da quando ho compiuto diciotto anni.»
Da quando sono scappato da quella maledetta casa portandomi via anche anche i miei fratelli. All'epoca Joel aveva nove anni e Noel aveva solo quattro anni. In quei quattro anni di vita ha visto le peggiori cose.
«Ma sono più di dodici anni», mormora.
Alzo le spalle. «E spero che ne passino altri dodici senza vederli», dico secco. «Anche tu non vedi tua madre da tanto tempo», aggiungo.
«E non voglio vederla», risponde senza esitare.
«Bene, la stessa cosa vale per me. Per quanto mi riguarda potrebbero anche essere morti in qualche vicolo di Londra. Non mi interessa.» Mi ritrovo a stringere il volante con forza.
«Scusa, non volevo farti arrabbiare» mormora, sicuramente notando il modo in cui stringo il volante.
Schiocco la lingua. «Non sono arrabbiato.» Il mio tono di voce però dice tutt'altro. Ma non sono arrabbiato con lei. Dopotutto Blue non sa niente di me. È ovvio che due domande inizi a farsele.
Fermo la macchina davanti a casa sua. Sono quasi tentato di chiederle se ha bisogno di compagnia ma accantono subito questa idea.
Scende dall'auto e si china appena per guardarmi in faccia. «Grazie, Gilmour.»
Abbozzo un sorriso. «Di niente Weller. Ci vediamo al concerto dedicato a tuo nonno.»
Abbozza un sorriso decisamente forzato. «Okay, buonanotte.»
«Notte, piccola svitata.» Aspetto che chiuda lo sportello e che entri dentro casa. Una volta che accende le luci, ingrano la marcia e vado via, con un milione di strane sensazioni che non riesco nemmeno a spiegare a me stesso.
Non so che cosa ne uscirà a passare di nuovo del tempo con lei. Ovviamente devo tenere a bada gli ormoni. Lo sto facendo per lei, ma anche per suo nonno. Non devo perdermi in altre cose.
Portarmi a letto la figlia del mio manager è totalmente fuori discussione. E sì, anche farmi fare altre cose da lei.
Devo comportarmi come amico senza trarne nessun beneficio. Solo un semplice amico che aiuta la sua amica a realizzare il sogno di suo nonno a cui hanno messo una clessidra sulla testa. E che a quanto pare, la sabbia al suo interno, sembra scorrere abbastanza velocemente.
Torno a casa e tutti sono già a letto. Ovviamente non mi aspettavo di trovarli sul divano ad aspettarmi o di vederli seduti tra il pubblico ad applaudire per la mia bravura a manovrare il palco.
Sono uno stronzo e ne sono consapevole. Me lo merito. Mi merito di essere ignorato da loro come se non esistessi. Non posso biasimarli.
Quello a essere più risentito e che mi odia di più, è il piccolo – non più tanto piccolo- di casa. Lui proprio vorrebbe vedermi fulminato o prendere fuoco. Anzi, non mi stupirei se lo vedessi sgattaiolare nella mia stanza nel cuore della notte per sgozzarmi.
È anche vero che io non sto facendo niente per rimediare a tutto questo. L'ho già detto, non sono capace di calarmi i pantaloni e chiedere scusa.
Non ce la faccio proprio. Quello a mollare prima sarà Joel, lo so. Lo conosco. E so che non può stare per troppo tempo zitto. Non può fare a meno di fare il paparino della situazione. Sarà questione di giorni prima che mi rivolgerà di nuovo la parola. Il cibo a casa inizia a scarseggiare, quindi dovrà parlarmi per forza per chiedermi la carta di credito. Io non farò niente, aspetterò che sia lui a venire da me.
Mi libero dei vestiti e vado dritto dentro la doccia.
Torno nella stanza, infilo i boxer e mi butto sul letto. Il Led del mio telefono sta lampeggiando. È Vicky. Ops, mi sono dimenticato della sua esistenza.
Victoria: Che fine hai fatto? Mi hai lasciata qui da sola!
Questo è il motivo principale per cui non voglio una cazzo di relazione. Odio le ragazze che si appiccano a me come una colla super potente. Che palle.
Io: Sono dovuto andare via. Mi è venuta la cagarella.
Che scusa del cazzo. Potevo fare decisamente meglio. E trovarne una meno schifosa.
La sua risposta arriva subito.
Victoria: Sei andato via con lei, vero?
Alcune volte mi sembra che tu mi usi solo per il sesso.
Ben svegliata Victoria! Buongiorno anche a te!
Sul serio pensa che io voglia una relazione? Tra un pompino e l'altro credo di averglielo anche detto che non ci sarà mai un noi. A quanto pare ascolta solo ciò che vuole ascoltare.
Io: Anche se così fosse; non sono affari tuoi.
Non abbiamo nessun contratto e non abbiamo fatto nessun patto di sangue.
Non sei la mia ragazza e io non sono decisamente il tuo ragazzo.
Sei libera di scoparti anche altri ragazzi, come io sono libero di farmi chi voglio.
Spero che adesso tu lo abbia capito.
Buona notte.
Victoria: Vaffanculo. Sei proprio uno stronzo!
Stronzo o no, è bene che lo capisca. Anche se in malo modo.
Spengo il telefono per evitare di essere svegliato inutilmente e crollo, letteralmente.
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Mi sveglio per via del trambusto che proviene dal salotto di casa. Joel sta imprecando contro Noel perché sono in ritardo. Controllo l'ora sulla sveglia digitale sul comodino. Sono le 07:05. Porca troia, ho dormito letteralmente tre ore scarse.
Infuriato e deciso a interrompere le vite di quegli esseri inutili dei miei fratelli, mi alzo, apro la porta con rabbia e cammino a grandi falcate verso il salotto.
Li trovo a battibeccare mentre Noel sta lanciando per aria i cuscini del divano alla ricerca di non so neanche che cosa. Joel cammina da una parte all'altra blaterando cazzate.
«Avete finito di fare casino?» la richiesta esce dalle mie labbra come un ringhio cupo e inquietante.
Entrambi si fermano di botto come se gli si fossero scaricate improvvisamente le batterie. Noel si volta verso di me con ancora il cuscino sospeso a mezz'aria. Ovviamente mi rifila un'occhiataccia. Joel invece posa una mano sul fianco e l'altra se la passa tra i capelli perfettamente pettinati. «Noel ha perso le chiavi della mia macchina!»
Mia, vorrei precisare. Ma non mi sembra il caso di ricordargli che qui dentro non c'è proprio niente di loro. È vero che sono geloso delle mie cose, a loro glielo concedo solo perché sono i miei fratelli.
«Non ho perso proprio un cazzo!» sbotta l'adolescente schizzato. «Tu dovresti preoccuparti di dove le metti, dato che io non ho nemmeno la patente!»
E non ce l'avrà mai se continua così. Potrebbe mettere sotto qualcuno quando ha le palle girate. Meglio non rischiare. Non vedo l'ora che riprendano anche le sedute spiritiche con quel medico più strano dei loro pazienti.
Joel si rimette a frugare tra i cuscini. Con la coda dell'occhio intercetto le chiavi dell'Alfa posate sul mobile della tv. Le afferro e le lancio contro Joel. Non avevo intenzione di lanciarle così forte e di colpirlo sul collo.
Quelle cadono a terra con un tonfo sordo e Joel dopo avermi ucciso almeno venti volte con lo sguardo, si china a raccoglierle.
Noel bisbiglia imprecazioni contro di me. Tipo che sono un uomo privo di tatto, che dovrei smetterla di rubare ossigeno alle persone e tante altre cose carine. «Chiedigli il bancomat. Ho finito la Monster e i cerali», borbotta sistemandosi una bretella dello zaino sulla spalla. Quel maledetto zaino mi è costato letteralmente duecento sterline. E poi dice che sono un fratello di merda.
Contando anche le scarpe nuove di zecca che indossa, la maglietta e jeans – anche i boxer-, addosso ha all'incirca mille sterline. Ah, ovviamente ha tagliato anche i capelli. Chi li ha pagati? Io. Nonostante tutto sono la persona più orribile del mondo per lui.
Be', lo capisco. Ho rischiato di spaccargli la faccia. Me ne pento, ovviamente. Quando non impazzisco, non mi permetterei mai di mettere le mani addosso ai componenti della mia famiglia. Quel giorno però non ero decisamente in me.
«Guarda che ci sento», sbotto.
«Lo vedo. Vedo anche che purtroppo continui a respirare», dice prima di attraversare il salotto e uscire di casa.
Joel nasconde un sorriso compiaciuto. In quanto a coglioni è messo meglio Noel. Almeno lui se deve dirti una cosa, te la dice e basta. Senza preoccuparsi che sia giusto o sbagliato. Non gli importa nemmeno se ti ferisce o meno.
Chissà da chi ha preso.
«Il mio portafoglio è sul mobiletto vicino all'ingresso. Prendi la carta e compra quello che ti pare» dico, pronto a tornarmene in camera.
Lui si congeda con un'alzata di mento prima di seguire la piccola bestia di satana fuori casa.
Sospiro e me ne torno nella mia stanza.
Quando torno nel mondo di merda dei vivi, fuori c'è buio. Ho dormito per tutto il giorno. Eppure non sembra così. Mi sento ancora abbastanza stanco e i coglioni mi girano ancora come delle eliche di un elicottero per essere stato svegliato male questa mattina.
Prima di alzarmi accendo il telefono. Appena inserisco il pin, arrivano una marea di messaggi dal gruppo della band. E anche uno da Bonnie. Proprio non molla? Con quale coraggio mi invia messaggi? E con quale cazzo di motivazione appare di nuovo nella mia vita dopo due anni, come una comparsa non gradita?
È ovvio che qualcuno ai piani alti mi stia prendendo per il culo.
Intanto scrollo la chat della band per vedere che cosa avevano così tanto di importante da dirsi.
The Overdrive.
Luke: Ragazzi, buongiorno. Volevo farvi sapere che il singolo The Damneds è volato al secondo posto in classifica. Rendetevi conto che il vostro singolo si trova sotto quello dei Self Esteem!
Joey: Questo sì è che un bellissimo buongiorno! Cazzo, siamo una forza della natura! 😍
Sid: Festeggeremo quando supereremo i Self... ma è comunque un gran traguardo.
James Weller: Sono fiero di voi ragazzi. Organizzeremo presto una cena tutti insieme. Non abbiamo ancora festeggiato la pubblicazione del disco. È che sono un po' impegnato ultimamente. William, grazie per aver accompagnato Blue a casa ieri.
Sid: Perché a lui non lo minacci di stare lontano da tua figlia?
James Weller: Perché lui non prova a infilarsi tra le gambe di mia figlia.
Cazzo. Ho un po' di paura di leggere gli altri messaggi.
Sid: Non sapevo che fossi così simpatico, James! Ahahaha
James : Che cosa vorresti dire?
Joey: Lascialo perdere.
Sid: Oh, niente niente, tranquillo ;)
Luke ha cambiato le impostazioni della chat. Solo gli amministratori possono inviare messaggi.
Bella mossa Luke. Almeno Sid non potrà scrivere in chat cose del tipo " Oh James, mi è passato di mente di dirti che Billy si è fatto succhiare il cazzo dalla tua dolce figliola e le ha sgrillettato la passera".
Da questo momento Luke mi sta più simpatico.
Leggo anche quello del malessere ambulante di Bonnie.
Satan: Ciao Billy... mi chiedevo se potessimo vederci per parlare.
Scoppio a ridere alla vista di quel messaggio. Non sapevo che avesse abbandonato la carriera da giornalista per diventare una comica.
Cancello il messaggio senza neanche rispondere. Lei è decisamente una delle tante persone che voglio evitare oggi e per tutto il resto della mia vita.
Invece scrivo un messaggio a Blue.
Io: Buongiorno bestiolina. Vorrei che mi tenessi aggiornato per quanto riguarda tuo nonno. O almeno sapere quando lo dimetteranno.
Le spunte diventano subito blu e compare la scritta " sta scrivendo".
Blue: Bestiolina ci chiami le tue amiche, non me, primo.
Comunque lo terranno ancora per un po' in ospedale. Devono trovargli la pastiglia giusta per gli attacchi epilettici.
Io: Capisco... come stai?
Blue: Come sempre... mi sveglio e devo semplicemente sopravvivere per altre ventiquattro ore.
Io: Dovresti aprirti un blog Myspace per scrivere le tue riflessioni drammatiche.
Blue: Che cavolo è un Myspace? Qualcosa che appartiene alla tua era boomer?
Alzo gli occhi al cielo anche se non riesco a reprimere un sorriso.
Io: Era tipo Tumblr.
Blue: Non uso questi social. È già tanto se uso Instagram.
È vero. Non posta foto da quasi un anno. L'ultima foto che ha pubblicato sul suo profilo è una foto che ritrae lei e quei due svitati dei suoi amici. Dylan aveva i capelli di un giallo acceso. E Scarlet... be' lei sembra sempre la Barbie Psichedelica della situazione. Blue invece aveva ancora i capelli rossi, le lentiggini baciate dal sole e un bellissimo sorriso stampato sulle labbra. E gli occhi... le brillavano davvero.
Da una parte mi sarebbe piaciuto conoscerla quando era ancora una ragazzina spensierata. Chissà, magari era anche più simpatica rispetto a ora.
Più felice lo era di sicuro.
Io: Non usi nemmeno quello. Non pubblichi una tua foto da una vita.
Blue: Che fai, mi spii? Non mi piace mostrarmi, tutto qui. Speravi di trovare mie foto con la bocca messa a culo di gallina e il sedere in bella vista con sotto una didascalia poetica?
Io: La didascalia non l'avrei neanche presa in considerazione.
Blue: *Stickers con la scritta " U are a handle" che fuoriesce da un arcobaleno dalle mani di Spongebob*.
Io: Non apprezzi mai i miei complimenti.
Blue: Forse perché non lo sono? Tieniti i tuoi pensieri da maniaco per te. Non si parla così alle ragazzine.
Io: Guardare ma non toccare!
Blue: Penso che la situazione ormai sia sfuggita di mano. Hai guardato e toccato.
Io: Succede...
Blue: Ora devo andare in ospedale da nonno. Devo aiutarlo a mangiare dato che non ci riesce da solo. Mia nonna oggi deve andare a fare... delle cose.
Io: Sicura che vada tutto bene?
Blue: Sì. Ci sentiamo.
Esce dalla chat e la scritta online scompare, lasciando al suo posto l'ora dell'ultimo accesso.
È ovvio che non sta bene. Ma cosa posso fare per aiutarla? In questi casi ogni parola che potrò dirle sarà inutile e sembrare costruita. Lo so benissimo. Ci sono passato. In questi momenti l'ultima cosa che si vuole sentire sono le frasi fatte delle persone.
Io però voglio starle accanto davvero.
E non voglio che nessuno mi chieda perché.
Non lo so nemmeno io.
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