♬ ~23.2 ʏᴏᴜ ᴡᴇʀᴇ ᴍᴇᴀɴᴛ ꜰᴏʀ ᴍᴇ

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Impongo ai miei occhi di non guardarlo. Tengo lo sguardo fisso sul fondo della sala, dove ci sono Bree e Rox che battono le mani a ritmo di musica. Si alzano per ballare, portando le mani al cielo. Quando si scambiano un rapido bacio, mi ritrovo a sorridere davanti al microfono. Dopotutto l'amore non è poi così male. Sono troppo carine insieme, mentre si  abbracciano e continuano a cantare a squarciagola. 

Per fortuna non sbaglio più nessun accordo. I miei amici nemmeno. Scar mi fa da coro e le persone sotto al palco cantano insieme a noi. 

Anche se mi rifiuto di guardare William, sento i suoi occhi bruciarmi la pelle. Non lo guarderò, neanche se lo dovessi vedere prendere fuoco o volare. Non lo farò. 

A un certo punto chiudo gli occhi e rafforzo la presa sulla chitarra quando canto il ritornello che precede il breve assolo di chitarra. 
Sento ancora i suoi occhi. Anche se i miei sono chiusi. 
Le mie ginocchia cedono appena e mi trovo costretta ad aggrapparmi con più forza alla chitarra come se fosse un'ancora di salvataggio.

Finisco la canzone e tutte le persone esplodono in un sonoro applauso. Sono pronta a liberarmi della chitarra e scappare via, ma un coro che ci chiede di cantare Get It On, me lo impedisce. 
Non posso mica deludere il mio piccolo pubblico. 

Avvicino le labbra al microfono. «Va bene, va bene.»

Mi volto verso Scar che mi sorride ampiamente. Non posso credere neanche io di trovarmi sobria su un piccolo palco. L'ansia è sparita e anche la voglia di vomitare. Sto bene. Sono di nuovo di buon umore. Mi sento a mio agio, così tanto che mi muovo e non rimango più inchiodata sul posto. 

Mi avvicino a bordo palco mentre le persone sotto saltano con le mani rivolte verso l'alto intonando il ritornello con me. 
Attacchiamo subito dopo con Hot Love. Non mi va più di scendere da qui. Il mio piccolo pubblico è fantastico. 

Anche se in mezzo c'è William che continua a fissarmi. Mi concedo di lanciargli una rapida occhiata in mezzo al trambusto. La graziosa Dea che è con lui canta a squarciagola e sorride. Almeno mi trova brava. Lui invece mi guarda con le braccia incrociate sul petto e un'espressione indecifrabile stampata sul volto. 

Distolgo subito lo sguardo e riporto la mia attenzione su Bree e Rox. È molto più incoraggiante guardare loro, piuttosto che William. Sembra sempre che mi voglia uccidere.  Sempre con quello sguardo imbronciato e arrabbiato, anche se io non ho fatto proprio niente di male. 

Finiamo anche questa canzone accompagnanti da tanti applausi. Può bastare. Farfuglio un grazie al microfono e scendo dal palco. Ho così tanta urgenza di scendere che per poco cado dallo scalino col culo per terra. Ignoro la richiesta delle persone che mi invitano a continuare a cantare e mi affretto a tornare da Rox e Bree. 

Ci accolgono con un abbraccio di gruppo. «Siete bravissimi! Non sapevo che suonaste!» dice Rox. 

Non gliel'ho mai detto. Ecco perché non lo sa. «Me la cavo.»
Sgrana gli occhi «Te la cavi? Lo chiami cavartela quello che hai fatto?»
Alzo le spalle. «Sì.»

Dylan propone un giro di shottini ma io adesso vorrei solo andarmene via il più preso possibile. Non so dove sia L'Ossigenato Imbronciato, ma riesco comunque a sentire il suo sguardo penetrarmi fin sotto la pelle e infettarmi le vene come un potente veleno. 

Dylan butta giù uno shottino di tequila, poi sorride in modo inquietante. «Oh oh, guai in vista!» ridacchia euforico.

Si ubriaca così facilmente? 

Seguo il suo sguardo e per poco non ingoio anche il bicchierino di Vodka alla menta. William sta venendo verso di noi. Ripeto: William Gilmour sta venendo...
Niente, è già qui davanti a me.

Non si preoccupa nemmeno di salutare i miei amici. I suoi occhi sono puntati solo ed esclusivamente su di me. 

Mi sporgo leggermente per capire che fine abbia fatto la sua accompagnatrice. È sparita. L'ho sognata?
Afferro un altro bicchierino questa volta di Tequila e lo butto giù. Solo per non guardarlo negli occhi. 

Ha capito che non gli rivolgerò parola? No perché è lì impalato come se lo avessero scolpito nella pietra. 

La sua mano si posa sul mio polso e io sussulto per la sorpresa. Mi volto di scatto nella sua direzione e lo guardo in malo modo. 

«Vieni con me» dice, atono. 

Che problemi ha? 

Ci guardano tutti un po' sorpresi dal suo gesto.
«Non vengo da nessuna parte con te», ribatto freddamente.

Ovviamente neanche mi ascolta. Rafforza la presa sul mio polso e mi trascina via dallo sgabello. Mi volto nella direzione dei miei amici alla disperata ricerca di aiuto. Ma loro hanno semplicemente ripreso a bere. Bene, potrei anche morire e a loro non importerebbe niente. 
Mentre mi trascina non so dove, vado a sbattere contro qualcuno e lui perde la presa sul mio polso. Bene, così posso scappare. 

Sollevo lo sguardo per scoprire di essermi spiaccicata contro il petto di Sid. Ci mancava solo lui. A differenza del Biondo Psycho, lui sorride. «Sei stata bravissima sul palco, come sempre.»

Vorrei mandare a fanculo anche lui, per non avermi più cercata, per essersi intrufolato tra le mie cosce per poi abbandonarmi. E anche per non avermi aggiornata sulla pubblicazione del loro disco. Invece tutto quello che faccio è restituirgli  il sorriso.

Sono un idiota. «Grazie.»
Avrei voluto che il mio tono di voce risultasse meno acido.

Lui si inumidisce le labbra. «Mi disp...» non finisce la frase perché viene distratto da qualcosa alle mie spalle. Non c'è bisogno che mi giri per capire di chi si tratta. Il suo profumo è inconfondibile. 

Questa volta anziché prendermi dal posto come una ladra in manette, intreccia le sue dita alle mie. Questo semplice contatto mi fa mancare l'aria nei polmoni. 

«Sparisci» dice, rivolto a Sid. 

Quel povero – e stupido- ragazzo, gli dà retta. 

Strattono la mano e mi volto a guardarlo. «Si può sapere qual è il tuo problema?» la domanda mi esce un po' troppo ad alta voce. 

Non mi risponde ma continua a stringermi la mano.

Io sul serio non lo capisco questo ragazzo. Quest'uomo. È lunatico, scostante e snervante. Più illeggibile di un testo in cinese mandarino. E io sono stanca di provare a capirlo. A me neanche piace il cinese mandarino, e nemmeno i mandarini!

Alla fine mi porta nel suo ufficio claustrofobico, dove la prima volta mi ha dato della puttana e la seconda volta l'ho beccato con due ragazze. 
Sbatte la porta alle mie spalle con un colpo secco che mi fa trasalire.

«Che cosa vuoi? Non eri impegnato con quella ragazza?» sbotto. 
Mi fulmina con quelle stallatiti. «Che cosa ci fai qui?»
Alzo le braccia con esasperazione. «È vietato venire qui? D'accordo, non ci verrò più allora se ti fa questo effetto vedermi!»

Si avvicina a me così improvvisamente, che indietreggio fino a sbattere la schiena contro la porta. Mi guarda per qualche secondo negli occhi. Non riesco a capire se in questo momento è arrabbiato oppure... perdo il filo dei miei stessi pensieri quando lui afferra la mia mano e se la porta sul cavallo dei pantaloni. «No, è questo l'effetto che mi fai ogni volta che ti vedo suonare la chitarra.»

La mia gola si secca e il respiro mi muore in gola. I battiti cardiaci schizzano alle stelle.
Molla la mia mano come se il contatto con la mia pelle lo bruciasse e si allontana da me. 

Sono stordita, lo giuro. E non è per gli shottini che ho bevuto. E lui che mi fa questo effetto.

«Quindi? Mi hai trascinata qui come un pazzoide solo per farmi toccare il tuo cazzo?» Dico, appena ritrovo la capacità di parlare. 
«Perché sei sparita?»

Cosa? Sta davvero dicendo che quella a essere sparita sono io? Pazzo furioso.

«Tu sei sparito, non io», chiarisco. 
Serra la mascella. «Volevo darti un po' di spazio dopo quello che abbiamo fatto.»

Sbuffo una risata. «Dici dopo che ti ho succhiato il cazzo e ho ingoiato?» Sboccata che non sei altro.
Non è colpa mia. A quanto pare è lui che fa uscire la parte peggiore di me. 

Le sue labbra si incurvano appena ma non sorride. «Sì, mi riferisco a questo.»
Scrollo le spalle per liquidare questa situazione. «Io non sono sparita.»

«Nemmeno io», ribatte freddo. 
«Vabbè, non mi sembri così sconvolto per questo. Ho visto che ti sei ripreso alla grande» dico ironica, riferendomi alla ragazza con cui era prima.
Sul serio, non l'ho sognata, vero?

Sbuffa. «Vicky... be' ci scopo ogni tanto. Niente di serio.»

Okay, esiste davvero. Vicky. È il diminutivo di Victoria?

«Non ti ho chiesto cosa fai con lei. E non avresti dovuto lasciarla per venire a fare il pazzo con me.»
Scuote la testa e questa volta un sorriso me lo concede. «Non ti ho scandalizzata, vero?»

Alzo gli occhi al cielo. «Cazzo, William non è mai morto nessuno per un pompino! Perché avrei dovuto scandalizzarmi?»

Anche se devo ammettere che ho temuto di spaccarmi la mascella. 

«Bene, meglio così», borbotta. 

Poso le mani sui fianchi. «Se mi hai trascinata qui per fare il bis, sappi che non lo farò. Non farò mai più niente con te.»

La mia affermazione lo fa ridacchiare. «Tranquilla, non voglio un pompino. Per quello c'è Vicky. Anzi, con lei posso spingermi molto più oltre.»

Questo è un colpo basso. Ma non voglio fargli capire che ci sono rimasta male.

Mi allontano dalla porta e la indico con un gesto teatrale. «Vai pure, allora.»

Ghigna e si avvicina di nuovo a me. Si china sovrastandomi con la sua altezza e, con un gesto fin troppo intimo, posa un piccolo, quasi impercettibile bacio mortale sul mio collo. «Vado, sì. Devo liberarmi di questa erezione che mi hai provocato tu», sussurra sulla mia pelle. Raddrizza la schiena ed esce veramente da quella porta, lasciandomi qui da sola e inebetita. 

Un pensiero – sbagliato e malato- attraversa la mia testa. 

Penserà a me mentre si spingerà dentro di lei?

Esco da questo maledetto ufficio e raggiungo di nuovo i miei amici. 
Pur non volendo, i miei occhi saettano per tutto il locale alla ricerca di William. Mi ci vuole pochissimo, davvero troppo poco per intercettarlo. 
La sua lingua è conficcata in chissà quanta profondità nella gola di lei, che ha le sue graziose manine infilate dentro la maglietta di William. 

Lo ha detto e lo sta facendo davvero. Spero che non si vogliano mettere sul serio a scopare come conigli davanti a tutte queste persone. Anche se dubito che si renderebbero conto di quello che sta succedendo dato che la maggior parte dei presenti, è ubriaca. 

Ho un vuoto allo stomaco e il mio cuore è diventato un po' più pesante del solito. Non sono gelosa. Lui è libero di portarsi a letto chi gli pare e piace. Lo faccio anche io, in fin dei conti. È solo che non riesco a spiegarmi questo bruciore alla gola che ho mentre li guardo. Non riesco a spiegare perché il mio cuore diventa ancora più pesante quando lui le strizza il sedere con quelle dannate mani. 
Mi sento un'idiota a stare qui impalata a osservarli come un guardone.

Finalmente riesco a schiodarmi da qui e a distogliere lo sguardo. Torno dai miei amici. 

Scar è la prima a notare la mia presenza. Indugia un po' sul mio viso con la fronte aggrottata. «Tutto bene? Che cosa voleva?»

Mi arrampico sullo sgabello accanto a lei. «Niente solite cose sue strane», mormoro. 

Dylan controlla l'ora sul suo telefono e schizza in piedi. «Cavolo, è tardissimo, dovremmo andare. Altrimenti non riuscirò mai ad alzarmi presto.»

Concordano tutti. Ma non io. Io non voglio andarmene. 

Sento un dito invisibile che sta lentamente calando sul pulsante off dentro di me. Lo solleva e sogghigna, poi lo abbassa di nuovo. 

Il fatto che lui riesca a controllare e alterare il mio umore non mi aiuta affatto. A quanto pare però è così e non posso farci niente. 

«Io resto» dichiaro, guadagnandomi occhiate sorprese dai miei amici.

«Come ci torni a casa?» chiede Rox. 
«Con Sidney, l'ho visto poco fa», mento. Non ho nessuna intenzione di tornare a casa con lui. Comunque vada troverò il modo di tornare a casa mia. Anche a piedi, se serve. 

Scar si piazza davanti a me e mi guarda intensamente negli occhi. «Sicura che vada tutto bene?»
Annuisco e mi sforzo di sorridere. «Certo che va tutto bene. Non mi va solo di tornare a casa.»
Cosa che invece dovrei fare assolutamente. 

Ma si sa che quando il cervello smette di funzionare si fanno stronzate. 

Caro settembre, non è oggi il giorno in cui cambierò la mia vita.
Forse lo farò domani. 

Serra appena le labbra e continua a guardarmi preoccupata. «Sicura che Sid ti riporti a casa? Non l'ho neanche visto.»
«Ma io sì. Adesso andrò da lui» dico, secca. 

Cavolo, non voglio comportarmi da stronza con loro. È inevitabile però. Vorrei solo essere lasciata in pace adesso. 

Alla fine smettono di fare domande. Pagano il conto e prima di andare via Rox mi redarguisce di non fare tardi a lavoro. 

Se ne vanno e io rimango seduta su questo sgabello da sola. Per un brevissimo momento ho la tentazione di andarli dietro e tornare a casa a loro, ma non mi muovo. 

Scendo dallo sgabello e vado verso i bagni. Getto un'occhiata dove prima c'erano William e Vicky, ma loro non sono più lì. Sicuramente l'ha portata nel suo ufficio e ora stanno facendo sesso sfrenato sulla sua scrivania. 

Dio, vorrei solo che il mio cervello la smettesse di pensare a queste cose. A lui e a quella ragazza.
Che cavolo me ne dovrebbe importare? 
Se mi guardassi realmente intorno potrei notare che ci sono un'infinità di ragazzi con cui potrei spassarmela. Solo che non mi va. Non voglio lanciarmi in un'altra scopata occasionale per poi non rivedere mai più quella persona. 
Penso di essermi fatta usare abbastanza.

Lungo il tragitto mi imbatto di nuovo in Sid. Anche lui è accompagnato da una ragazza. Non è bella come quella Vicky. A differenza di quell'altra, non ha un viso grazioso. Ha talmente tanto trucco che se ci passassi un dito sopra, le resterebbe un solco sulla guancia. È bionda, altissima quasi quanto un cavallo e indossa un vestitino rosso di pelle che le strizza quei due cocomeri spingendoli verso l'alto. 

Storce quelle labbra troppo carnose, quando Sid l'abbandona un attimo per raggiungere me. «Ehi.»

Lo guardo ma non rispondo. 

Aggrotta la fronte. «Va tutto bene?»
Alzo il mento. «Va tutto bene?» ripeto la sua domanda. 

Mi guarda sbattendo le palpebre come se fosse sorpreso.
No, non mi sono trasformata magicamente in un pappagallo.
«Sì, tutto bene» risponde, sempre confuso. 
Annuisco. «Bene. Allora perché sei sparito dopo avermi usata?» Oh cavolo, ecco che sopraggiunge la rabbia.
Non va affatto bene. 

«Non... non sono sparito. Dovevamo concludere il disco» si difende, fallendo miseramente. 
Sbuffo una risata per niente divertita. «Ah già, quel disco che nessuno ha pensato di dirmi che fosse stato pubblicato?»

Si passa una mano sul viso come se volesse scacciare via una ragnatela invisibile. «Stai bene?»

Quel dito ha appena premuto il tasto spegnimento.

«Perché non dovrei stare bene? Dopotutto non ti sei mica presentato a casa mia dicendomi che ti piaccio per poi scoparmi come una puttana e andartene senza farti più sentire!»
Si paralizza. «Io... non penso che tu sia una puttana, Blue. Mi piaci. E solo che...»

Sollevo una mano per zittirlo, non voglio sentire altre scuse di merda uscire dalla sua bocca. «È solo che mi hai usata. Tutto qui. Non fa niente, tanto ci sono abituata. Una cosa è certa: non avrai più  niente da me.»

«No Blue, non è così. William...»
Lo interrompo di nuovo. «E tu, grande e grosso dai retta a quel cazzone del tuo amico?», schiocco la lingua. «Dai Sidney, non dire cazzate. Ti sei svuotato le palle e sei passato oltre.» Indico la bionda alle sue spalle con un cenno del capo. 

Scuote la testa. «No!» sbotta. «Non è così.»

Ho già smesso di ascoltarlo e sono pronta a voltarmi e andare via. Lui tenta di fermarmi afferrandomi il polso ma io strattono il braccio. Non ho più niente da dirgli. Quel piccolo e fastidioso sassolino della scarpa me lo sono tolta. 

Raggiungo i bagni e cammino fino al lavandino dove mi ci appoggio con entrambe le mani, la testa china, il respiro un po' accelerato. Non ne posso più.

Sono stanca di sentirmi così. Stanca che la mia felicità abbia una durata così breve. Quanto è durata? Dodici ore? Che merda. 

Stringo le mani contro il bordo del lavandino e inspiro bruscamente. Sollevo lo sguardo sullo specchio e mi imbatto nuovamente nei miei occhi vuoti. 

No, non di nuovo. Ti prego.

Non so per quanto tempo resto immobile davanti allo specchio a cercare di scacciare via il riflesso di quella ragazza che non mi appartiene. 

«Oh, tesoro... sembri così triste.» Una voce femminile arriva alle mie spalle. 
Sposto lo sguardo sullo specchio e alle mie spalle vedo il suo riflesso. È Vicky. 

Ci mancava solo lei come disgrazia. 

Strizzo gli occhi per impedirmi di urlarle contro. Cazzo, non ha nemmeno nessuna colpa lei. Schiarisco la gola. «Non sono triste» purtroppo il tono della mia voce non riesco a controllarlo. Esce come un rantolo cupo e inquietante. 

Fa un passo verso di me. Da vicino è anche più bella. Di certo i suoi capelli non sono un groviglio disordinato. I suoi occhi sono vivi e luminosi.

«Lo sai che nei bagni delle donne si può parlare di tutto con le sconosciute?» allude. La sua voce è così dolce, così vellutata. 

Vaffanculo Vicky. Perché devi essere così gentile e carina? 

Annuisco. «Lo so, ma io non ho niente da dire.»
Non devi andare da Gilmour? Vacci e lasciami in pace.

Solo ora noto che ha le labbra gonfie come se gliele avesse morse ripetutamente.

Quando abbasso lo sguardo sul suo collo, per poco non vomito dentro il lavabo. Il suo esile collo e la sua candida pelle sono arrossati. Sta iniziando a formarsi un livido, che domani diventerà un succhiotto. 
Distolgo subito lo sguardo. 

Respira Blue. Va tutto bene.

«Posso prestarti i miei trucchi, se vuoi nascondere il fatto che hai pianto», mormora alle mie spalle. 

Sollevo la testa di scatto. Pianto? Che cazzo sta dicendo? 

Incontro di nuovo il mio sguardo. Merda. Ha ragione. Com'è che non me ne sono resa nemmeno conto?

Sollevo una mano e le scaccio via. «No grazie, va bene così.»

Vattene via, ti prego.

Solleva una mano e la passa tra quei capelli lucenti e setosi color cioccolato. «Okay, ti lascio in pace allora.» Finalmente capisce che deve lasciarmi stare. 

Sì, vai pure da William e non rompere i coglioni a me. 

La Dea finalmente se ne va lasciandosi dietro una scia di profumo. Al diavolo. 

Sciacquo il viso e lo tampono con un pezzo di carta. 

Dalla porta dei uno dei bagni escono due ragazze che ridono a crepapelle. 

Anch'io vorrei ridere così.
Hanno persino le lacrime agli occhi. Devono aver combinato proprio qualcosa di molto divertente. 

Entrambe hanno i capelli colorati. Una, quella con i capelli gialli li ha tagliati a mo' di cresta punk. L'altra che li ha arancioni, li ha lunghi sino al sedere. 

Sembrano reduci di un viaggio temporale che le ha catapultate qui dalla fine degli anni 70, quando qui a Londra era esplosa la moda punk. 

Che stiano viaggiando con la testa, è più che evidente. 

La ragazza dai capelli gialli e dagli occhi azzurri, si avvicina a me un po' barcollante. Senza preavviso solleva una mano e afferra una ciocca dei miei capelli. «Mi piacciono i tuoi capelli, sono naturali?» avvicina il suo viso al mio come se mi stesse ispezionando al microscopio. Ha le pupille così dilatate che mi ipnotizzano. «Porti le lenti a contatto?»

Faccio un passo indietro per allontanarmi dalla sua mano. «Sì, sono naturali. E no, non porto le lenti a contatto» dico, secca. 

Quella con i capelli arancioni, che ha gli stessi atteggiamenti buffi e strambi di Luna Lovegood, saltella verso di me. «Hai proprio un'aria triste, piccolina.»


Che cazzo si sono calate in corpo? Sicuramente stanno facendo qualche viaggio astrale. 

Tende una mano verso di me. «Io sono Stella!»

La stringo. «Piacere, Blue Jean.»
Sgrana gli occhi. «Oh, figo il tuo nome!» saltella sul posto. 

Perché incontro sempre gente svitata? Ho una specie di calamita?

L'altra dai capelli gialli continua a osservarmi come se fossi una specie aliena. «Io sono Rebel.»
«Piacere», borbotto. 
Si fa ancora una volta troppo vicina. «Hai passato una brutta giornata?»

Fino a poche ore fa andava tutto bene. È così evidente?

«Un po'», dico. 

Entrambe sollevano gli angoli della bocca sembrando lo Stregatto di Alice Nel Paese Delle Meraviglie. Sicuro che nella loro testa sono in quel paese. 

«Ti abbiamo vista sul palco. Sei fenomenale, lo sai?»
«Grazie», mormoro. 

Si scambiano un'occhiata. «Io e Stella abbiamo una band. E quello che stiamo cercando è proprio una cantante. Oltretutto, suoni anche la chitarra, sei perfetta.»

Ho appena ricevuto una proposta per entrare a far parte di una band, in un bagno? 

Scuoto la testa. «Grazie, ma non sono interessata.»
Arriccia il naso. «Sicura? Potremmo diventare famose. Tuo padre non è James Weller?»

Il mio cuore perde un battito. Come fanno a saperlo?
«Sì» rispondo, svogliatamente. 
«Gli somigli molto, comunque», scrolla le spalle. «Se ti va puoi unirti a noi. Nel frattempo perché non lasci che ti leviamo quell'espressione afflitta dal volto?»

Dio, quanto è strana.
«E come?» chiedo, scettica. 

Infila una mano dentro la tasca dei jeans stretti e ne estrae una bustina con dentro... dei francobolli? 

Inarco un sopracciglio quando la sventola davanti ai miei occhi. Disegnati ci sono delle immagini che non ho mai visto.

«Che cos'è?» chiedo incuriosita. 
Sogghigna. «Con una di queste tutto il tuo malumore andrà via. Ogni cosa prenderà una forma bellissima e ti sentirai volare.»

Ancora droghe che non ho mai preso? No grazie.

Metto le mani avanti. «No, grazie lo stesso.» 

Stella si siede sul lavandino e dondola i piedi. «Non ti farà nessun male. Anzi, farai un viaggio incantato restando però ferma», ridacchia. 

Queste due si sono decisamente bruciate il cervello. Osservo di nuovo quei francobolli colorati. Forse, e dico forse, uno non mi farà male. 

«Okay», alla fine accetto.

Stella batte la mani contenta. Rebel apre la bustina e la mette sotto il mio naso. 

Ne prendo solo uno. «Che cosa dovrei farci?» 

Ridacchia. Me lo prende dalle mani e lo indirizza verso le mie labbra schiuse. «Apri la bocca, tesoro.»
La apro, lei posa quel piccolo pezzo di carta sulla mia lingua. «Adesso succhialo.»

E che cazzo, però! Anche William mi ha detto la stessa cosa. Ma non si riferiva ad un pezzettino di carta colorata. 
Esci dalla mia testa Biondo.

Succhio quel pezzetto di carta che si scioglie rapidamente sulla mia lingua. Ha un sapore strano, un po' amaro.

«Mi dici che cos'è?» Chiedo ignorando il sapore amaro che si propaga dentro la mia bocca.

Scuote il capo divertita. «Buon viaggio, Blue Jean», si avvicina a me per posarmi un bacio sulla guancia. 

Imbarazzante.

Non so quanti minuti siano passati da quando ho assunto quella cosa. Effettivamente mi sento bene e non sembra essere successo niente di strano. Tranne che Stella e Rebel sono sdraiate a terra con le mani rivolte verso l'alto cercando di afferrare qualcosa che io non vedo. 

«Credo che non abbia effetto su di me», dico. 

Rebel si gira verso di me lentamente. I suoi occhi sono accesi come due laser e i suoi capelli sono diventati dei serpenti che si muovono. 

Aspetta... cosa? 

«Oh Blue Jean, ti sono spuntate delle ali di fuoco, dovresti proprio vederle!» ridacchia. 

Mi volto di scatto verso lo specchio, in panico totale. Non vedo delle ali infuocate, ma vedo delle stelline colorate che mi volteggiano intorno. Sono così carine!

Indico il mio riflesso e saltello. «Ragazze le vedete anche voi?» porto una mano sulle labbra, incredula. «Sono fantastiche!»

«Già», concorda Rebel. « Proprio delle belle ali.»

Mi volto verso di lei, mi sento leggera come una piuma e non riesco a stare ferma. «Non sono delle ali, intorno a me ci sono delle bellissime stelle!» faccio una giravolta cercando di afferrare quelle belle stelline colorate.

Cavolo, quella roba è davvero buona. 

Con la velocità di un battito di ciglia lo scenario intorno a me cambia. Inizio a vedere cose strane e colorate che si muovono rapidamente come schegge impazzite. Wow. 

Una scia luminosa mi viene incontro, inchioda e poi schizza oltre la porta del bagno.
La seguo. «Ragazze, quella luce vuole farmi trovare un tesoro. Andiamo!» la mia stessa voce è diventata strana, ovattata, lontana. 

Stella e Rebel restano spiaggiate sul pavimento. Io esco dal bagno per seguire quella scia luminosa che lascia un cammino glitterato che sembra svolazzare per aria come per magia. 

Anche la sala è cambiata. È tutto più colorato e le persone sono diventate... cose strane. 

Mi imbatto in una ragazza che dietro alla schiena ha delle bellissimi ali da fata luminose. «Sei una Winx!» le dico. 

Lei mi rifila un'occhiataccia prima di volare via con le sue ali.

Oddio, sto impazzendo? 

Sul lungo cammino fatto di brillantini e erba fluorescente, incontro anche Sid.

Oh, perché ha il corpo avvolto da un'aura rossa? 

«Blue?» mi afferra il polso con quelle dita che sembrano lunghe radici di colore rosso. 
«Oh ciao, Sid. Che ti è successo alle mani?»rido. 
Lui abbassa lo sguardo sulla sua mano. «Niente, che cosa stai dicendo?»
La indico. «Hai delle radici rosse al posto delle dita. Te ne rendi conto, sì? Come farai a suonare la batteria?»

Sbatte le palpebre. «Stai bene?»
Annuisco con vigore. «Fantasticamente bene, Sid. Io adoro i colori. E quelle stelle poi? Fantastiche. Ora dovrei andare a cercare il tesoro che quella scia luminosa mi sta indicando. Ci vediamo dopo», mi libero della sua mano e avanzo, saltellando verso la luce. 

«Aspetta!» mi raggiunge velocemente, con le sue radici che hanno preso a ondeggiare più velocemente. «Che cazzo hai preso?»

Alzo le spalle. «Non lo so, ma è spaziale quella roba. Insomma», indico l'intero locale con le braccia aperte. «È tutto magico qui dentro, non lo vedi?»

Posa le sue radici sulle mie spalle. «Blue, che cavolo hai?» Mi guarda intensamente negli occhi. Per qualche secondo sembra che i suoi diventano rossi come le sue dita. 

Scrollo le spalle. «Non ho niente Sid! Devo solo...» vengo distratta dal passaggio di un ragazzo che ha assunto le sembianze di un ragno. Arriccio il naso. «Oh, io odio i ragni, non sono affatto carini», farfuglio. 

Mi scuote appena. «Blue, guardami.»

Lo guardo ma non riesco a mantenere la concentrazione. Il mio corpo si muove in modo nervoso. Incapace di stare fermo per troppo tempo. 

«Porca puttana. Hai preso un acido?» sbotta, facendomi sussultare. 

«Che ne so! Era un francobollo con dei cuoricini rossi!» sbuffo esasperata, sentendo sempre più l'urgenza di seguire il fascio di luce che si è fermato poco più distante da me, come se mi stesse aspettando. 

«Merda. Chi te lo ha dato?» Non vuole proprio lasciarmi andare. 

«Amiche», farfuglio distrattamente. 

«Dove sono i tuoi amici?» continua. 
Alzo le mani disegnando un arcobaleno. Cosa?
«A casa, Sid. Sono a casa loro! Ora devo proprio andare.» Mi divincolo e trotterello via. 

Appena raggiungo il fascio di luce, questo scompare. 

«Noooo!» piagnucolo. 

Intorno a me tutti si muovono a rallentatore, persino la musica che esce dalle casse, è lenta. Sembra un borbottio lontano da me anni luce. 
Continuo a vedere cose strane e decisamente troppo luminose. 

Sid compare di nuovo davanti ai miei occhi. E sembra anche parecchio arrabbiato. «Vieni», intreccia quelle radici alla mia mano e mi trascina via. 

Il mio corpo sembra svolazzare come una piuma, e ovunque posi lo sguardo, vedo creature distorte. 
Mi trascina all'esterno che sembra una specie di giardino fiorito, anche se non hanno un buon odore. 

Storco il naso. «Non mi piace questo posto» farfuglio, guardandomi intorno. 

«Siamo fuori» dice secco. « E lo sei anche tu. Mi spieghi come diamine ti è venuto in mente di prendere un acido?» la sua voce oscilla su di me come un onda invisibile. 

Mi sforzo di guardarlo negli occhi anche se lo vedo un po' offuscato. «Volevo provare cose nuove», rido. 

Si passa una radice tra i capelli. «Tu...» fa una pausa. «Tu non hai più controllo, Blue. È pericoloso prendere quella roba, lo capisci?»

In questo momento non lo capisco e non voglio nemmeno capirlo. Chi se ne frega. Non durerà mica un'eternità l'effetto. 

Mi avvicino a lui e incrocio le braccia attorno al suo collo. «Non trattarmi male» sussurro, avvicinando il viso al suo. 

Sento che si irrigidisce ma posa le mani lungo i miei fianchi. «Non ti sto trattando male», borbotta. «Ma tu non hai proprio il senso del pericolo. Sei una pazza furiosa, Blue. Devi stare attenta. Non devi accettare un cazzo dagli sconosciuti!»

Ridacchio avvicinando le labbra al suo collo. «Il tuo, l'ho accettato.»

Lo sento sbuffare. «Sto parlando seriamente.» 
«Anche io», replico. 

Posa il mento sulla mia testa e sospira. «Vuoi proprio distruggerti, vero?»
Scuoto il capo. «No, voglio solo stare bene. E questa cosa, mi fa stare bene.»

Mi scosta appena per guardarmi negli occhi. Solleva una mano per sistemarmi una ciocca di capelli dietro l'orecchio. Con il dito indugia sulla mia guancia. «Non prenderlo mai più, chiaro?»

Aggrotto la fronte. «Perché dovrei prendere ordini da uno che mi scopa e poi sparisce?»

Serra le labbra in una linea dura. «Ti ho già detto che non ti ho usata, cazzo, Blue!» sbotta, facendomi trasalire. «Non sei in te, lo capisci?»

«Neanche tu sei in te, dato che hai delle radici al posto delle mani!» A quanto pare quella droga non fa sparire il mio senso dell'umorismo, anzi, lo accentua. 

«Ti riporto a casa tua», dichiara. 

Scuoto la testa. «No, non ci penso nemmeno di tornare a casa. Devo ancora vedere le luci e tante creature.»
Mi rifila un'occhiataccia torva. «Non sai neanche che cazzo stai dicendo.»

«Lasciami in pace, Sid. Dovete lasciarmi tutti in pace!» sbotto, seccata. 

Mi stacco da lui e faccio un passo indietro per allontanarmi. «Tu, il tuo amico scemo: dovete lasciarmi in pace, se le vostre intenzioni sono solo quelle di giocare con me e il mio corpo!» strepito venendo colta da un'improvvisa botta di rabbia. 

Contrae la mascella. «Che cosa stai dicendo? Sei... sei andata a letto anche con Billy?»

Emetto una risata forzata. «Non dire sciocchezze. Lui non va a letto con le ragazzine», scimmiotto la voce di William. « Però non ci pensa due volte a farselo succhiare dalle ragazzine» sputo, acida. 

Sid indietreggia come se lo avessi colpito con un cazzotto sotto al mento. «Cosa?»

Sventolo una mano per aria che rilascia polvere fatata. «Lascia stare. Siete tutti uguali», faccio per andarmene però lui mi afferra il polso. 
«Blue, che cosa hai fatto con Billy?» il tono della sua voce diventa basso e cupo. 

Alzo lo sguardo per guardarlo negli occhi. «Niente di più sconcio di quello che abbiamo fatto io e te.»

Molla la presa dal mio polso e mi guarda come se gli avessi appena confessato di aver sterminato un'intera famigliola di innocenti scoiattolini. «Che figlio di puttana», sibila tra i denti. 

Annuisco. «Fate tutti parte della stessa categoria. Stavo pensando di darmi all'altra sponda, sai?» Dio, sto dicendo un mucchio di cose senza senso. La piccola parte non sballata di me, sta dicendo che ho commesso un grosso errore a confessare a Sid quello ho fatto con il Biondo. Dannata mia boccaccia.

Quella cosa ho assunto è stata inzuppata dentro una fiala di Veritaserum

Potrei anche rivelare cose che non ho ancora commesso. Prendermi la colpa del riscaldamento globale e dell'estinzione di alcune razze animali. 

Cerco di muovermi ma lui mi trattiene rafforzando la presa sul mio polso. «Vuoi sapere perché sono sparito, mh?» sbotta, arrabbiato. 

«Uhm, no», ridacchio. 
Serra le labbra. «No, invece te lo dico lo stesso! Quello che pensavo essere il mio migliore amico mi ha minacciato di starti lontano perché pensava che volessi solo infilarmi tra le tue cosce! Ha goduto come un riccio quando tuo padre si è presentato a casa sua e per poco non mi ha preso a pugni! E cazzo, lo ha fatto solo perché voleva infilarsi lui tra le tue gambe!»

Sbatto le palpebre a furia di scacciare via la sorpresa e anche le stelline. «Cosa? Io e lui non abbiamo mai fatto sesso...» mormoro. «Nemmeno ci siamo mai baciati!»

Sid sbuffa così tanto che le sue narici si dilatano. «Gli hai succhiato il cazzo, Blue!»

Ah. vabbè.
«Anche lui lo ha fatto», farfuglio. «Be', non succhiarmi il cazzo, ovviamente», ridacchio.
È meglio che mi tappi la bocca. 

Si passa una mano tra i capelli con fare nervoso. «Che gran pezzo di merda. Proprio un amico del cazzo», dice tra i denti. 

«Perché non me lo dici in faccia?» La sua voce cupa ci fa trasalire. 

Ci voltiamo di scatto nella sua direzione. 
Porca vacca. Perché i capelli di William brillano di un'intensa luce bianca? E perché ha due enormi ali attaccate alle scapole?

Dio mio, quanto dura l'effetto di quel francobollo?

Vedo Sid stringere i pugni lungo i fianchi, ma si ritrae da me di un passo, come se avesse paura di William. 

Paura di lui? Pff. 

«Vattene, non sei il benvenuto nel nostro tavolino da tè», biascico. 

Mi restituisce un'occhiataccia gelida. «Che cazzo stai dicendo?»
«Ha preso un acido» lo informa Sid, con un tono di voce cupo. 

Gli occhi di William saettano da me a Sid rapidamente. «Che cosa gli hai dato?» sbotta, facendomi trasalire un'altra volta. 

«Non gli ho dato proprio un bel cazzo!» si difende Sid. «L'ho trovata a vagare dentro il locale che sosteneva di vedere un fascio di luce che conduceva a un tesoro», conclude. 

Oh, mi sento così stupida adesso. Continuo però a osservare ammaliata le ali di William. Chissà se sono morbide. 

William contrae la mascella duramente distorcendosi quei lineamenti perfetti. Fa per aprire bocca ma Sid lo precede. «Quindi mi hai minacciato di starle lontano cosicché tu potessi infilarle il cazzo in bocca?» sbraita. 

Merda. Merda. Merda. 

Mi metto tra di loro come a formare una barriera con il mio corpo. «D'accordo, non c'è bisogno di litigare.»

Mi guardano entrambi come se volessero sbranarmi. «Tu mi avevi detto che non c'era niente tra di voi!» mi accusa, Sid. 

«Ed è così! Chi cazzo lo vuole questo idiota?» indico William, che si acciglia ancora di più. 

«Una che dice di non volerlo, non gli fa un pompino, Blue!» strepita Sid. La vena sul suo collo pulsa così tanto che temo gli si possa scoppiare. 

La voce di William mi fa venire i brividi. «E quando glielo avresti chiesto?» chiede, rivolto al suo amico. 

Guardo Sid con gli occhi sbarrati, chiedendogli silenziosamente di non dire niente. Lui neanche mi guarda. I suoi occhi vengono attraversati da una scintilla di pura vendetta. «Prima che facessimo sesso, per la terza volta. Solo che questa volta, eravamo entrambi sobri e coinvolti.»

Cazzo.

William mi guarda così male che mi sento diventare minuscola. Vorrei trasformarmi in un moscerino e sparire da qui. «Sta dicendo la verità?»

Non apro bocca. Anzi, indietreggio. 

«Certo che sto dicendo la verità!» risponde Sid, al posto mio. 

Il mio cuore prende a schiantarsi contro le costole.
Oh mamma. Mi sta per venire un infarto? 

«Quando è successo?» sibila William. 

L'ultimo briciolo di rabbia mi attanaglia lo stomaco. In più ripenso a lui e quella stronza bellissima mentre limonano duramente, così decido di sbattergli in faccia la verità.
«Dodici ore prima che tu ti presentassi a casa mia e ti facessi trastullare il pistolino nella mia vasca da bagno!»

Entrambi si paralizzo per un brevissimo secondo. William fa un passo in avanti e si scaglia contro Sid con l'intenzione di prenderlo a pugni. Fortunatamente questa volta non ci riesce. 

No, non di nuovo. Perché i maschi risolvono le cose con la violenza?
E perché si mettono a litigare per me? 

Ma soprattutto, c'è vita su Marte? 

Gesù, sto vaneggiando di brutto. In questo momento non m'importa se si stanno pestando. Tanto non posso farci niente. 

Mi accascio a terra e mi sdraio sul marciapiede freddo. 

Il mio cuore sta battendo in modo strano. Non mi sento più il corpo. Sono come paralizzata dalla testa ai piedi.

«Ragazzi... sto volando, o forse sto morendo» dico, la mia e le loro voci sempre più lontane.

Poi tutto intorno a me si riduce al nulla. Chiudo gli occhi e parto con la mia astronave verso mondi che non ho mai esplorato. Lascio che mi spedisca fino alla luna e oltre. 
Si sta bene qui. Dannatamente bene.


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Avrei dovuto pubblicare questo capitolo venerdì... ma che importa? 😂
Così farò felice la mia lettrice di fiducia🖤
Abbiamo due nuove new entry, Stella e Rebel 👀

Grazie mille a tutti per il supporto

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