♫ ~ 20.2 ʏᴏᴜ ᴄᴀɴ'ᴛ ꜱᴛᴀʀᴛ ᴀ ꜰɪʀᴇ ᴡɪᴛʜᴏᴜᴛ ᴀ ꜱᴘᴀʀᴋ
‼️ QUESTO CAPITOLO CONTIENE SCENE ESPLICITE‼️
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Credo di non aver mai premuto così tanto sull'acceleratore in vita mia. Spero solo di non aver inconsciamente ignorato qualche autovelox. Ho guidato come se avessi a disposizione almeno altre dieci vite. L'ultima cosa di cui ho bisogno adesso è distruggere la macchina di mio padre. Così si che mi leverà per sempre dall'albero genealogico.
Inchiodo davanti alla casa di quello stronzo. Apro lo sportello e non mi preoccupo nemmeno di spegnere la macchina. Tanto sarà questione di pochi minuti. Lo insulto, magari lo schiaffeggio e poi me ne vado.
Ovviamente il cancello è chiuso. Premo con insistenza sul tasto del citofono. Tutte le luci sono accese, quindi c'è per forza qualcuno a casa. Spero che ci sia anche lui.
«Chi è?» chiede, una voce che chiaramente non è quella di William. Si assomigliano, ma non è la sua. Riconoscerei la sua voce ovunque, anche in pieno concerto dei Rammstein.
«Sono Blue», cerco di mantenere un tono di voce normale. È quasi inutile, perché quasi ringhio. «C'è William Lo Stronzo?»
Dall'altra parte sento ridacchiare. «Ciao Blue Jean. No, mi dispiace ma non è a casa. Vuoi entrare?»
«No grazie. Sapresti dirmi dove posso trovarlo?» Trovarlo e ammazzarlo.
C'è un attimo di esitazione dall'altra parte. «Ha combinato qualcosa?»
Sbuffo una risata. «No, tranquillo; normale amministrazione»
Probabilmente ti ritroverai con un fratello in meno, ma non importa.
«Quindi, sai dov'è?»
«Al Rocktail, è uscito venti minuti fa», dice.
«Grazie...»
«Joel, sono Joel. Sicura che non ha combinato niente?»
«Sicura» sorrido, anche se non sono sicura che possa vedermi. «Grazie Joel. A presto.»
«Ciao», risponde un po' confuso.
Torno in macchina, ingrano la marcia e parto.
Mi sento come in quei film dove tutto va a fuoco e il protagonista guida indisturbato la sua auto. Con tanto di musica classica in sottofondo.
In questo momento però l'unica cosa a cui vorrei dare fuoco è William.
Sarebbe bello vederlo in versione Torcia Umana. Mh, anche Ghost Rider, non sarebbe male.
Arrivo davanti al Rocktail, come sempre non c'è quasi un parcheggio libero. Questa volta però parcheggio la macchina e spengo il motore.
Raggiungo l'ingresso a grandi falcate. Credo di non essere mai stata così tanto arrabbiata in vita mia. Sul serio. Sono così arrabbiata che potrei spaccare tutto come fa Hulk quando s'incazza.
Il locale straripa di persone. Un sacco di persone che ballano in pista e altrettante appollaiate vicino al bancone.
Mi faccio strada tra le persone cercando con lo sguardo la sua inconfondibile chioma color platino del cazzo. Butto un'occhiata anche sul palco. Non c'è nessuno. Arrivo davanti al bancone dove c'è Bree, la sorella di Joey.
Lei mi sorride, io ricambio con un cenno del capo. Non sono una persona maleducata e odio chi lo è. Ora però non mi frega. Devo trovare William.
Si avvicina a me. «Ehi ciao, che bello vederti qui!»
Non dirai più così una volta che avrò trovato il Biondo e lo avrò riempito di botte.
«Ciao» dico, invece. Sorprendendomi del fatto che la mia voce risulti normale. «Sto cercando William», vado subito dritta al punto.
Lei solleva appena le sopracciglia. «Oh... be'... non l'ho visto.»
Chiaramente sta mentendo. «Bree», la richiamo. «Dov'è?»
Deglutisce e distoglie lo sguardo. Mi ci vuole mezzo secondo per capire la direzione in cui sta guardando. Il suo ufficio. «È da solo?»
Altrimenti ci saranno testimoni e non va bene.
Cerca di abbozzare un sorriso. «Io... non lo so», sospira.
La ringrazio e vado dritta verso l'ufficio.
So che si dovrebbe bussare e attendere un invito. Lo so. Ma non quando una persona è fumante di rabbia. In questo caso l'educazione e le buone maniere vanno a farsi benedire.
Vorrei irrompere nel suo ufficio buttando giù la porta con un calcio rotante. Invece, abbasso semplicemente la maniglia e spalanco la porta.
Tutto mi sarei aspettata di vedere. Tutto. Ma non questo.
Non mi sarei aspettata di vederlo in compagnia di due ragazze. Una bionda e una mora completamente nude.
Quella mora gli sta facendo un pompino mentre quella bionda è inginocchiata lo stesso, ma si limita ad accarezzargli le cosce muscolose e a leccargli le palle.
Sto per dare di stomaco. Vomitare però non fa parte del programma.
Lui ha la testa reclinata all'indietro, gli occhi socchiusi e un'espressione estasiata dipinta sul volto. Non mi sarei aspettata neanche che tutto questo mi avrebbe fatto contorcere le budella.
Non sono venuta fin qui per fare da spettatrice a questa schifosa puntata da serie tv porno.
È la ragazza che gli lecca le palle ad accorgersi della mia presenza. «Ma che cazzo?» strilla. Rapidamente si tira su e si copre quelle tette grandi quanto la mia faccia con le mani.
Chissà se sono naturali. Forse non dovrei pensare alle tette della bionda.
William apre gli occhi accorgendosi della mancanza della lingua di quella tipa che gli solleticava i testicoli come se stesse leccando un cono gelato.
I suoi occhi arrossati e vuoti si posano subito su di me.
Ignoro tutto. Ignoro le tette enormi delle ragazze, i loro corpi nudi, il cazzo di William che si ritrae come la testa di una tartaruga. Davanti ai miei occhi cala un velo nero.
Avanzo nella stanza e cammino verso di lui. «Tu!» lo indico con il dito. «Come cazzo ti sei permesso di dire a mio padre di me e Vincent?» Sbraito. Sono così arrabbiata che mi tremano persino le mani.
Per un breve momento lui sembra perso chissà su quale pianeta. Sbatte le palpebre e torna qui con noi assumendo subito la sua solita espressione imbronciata. «Che cazzo ci fai qui?»
«Rispondi!» urlo. «Come cazzo ti sei permesso? Mh? Che cazzo pensavi di fare?» Mi fremono le mani dalla voglia di prenderlo a schiaffi. Cazzo.
Le ragazze si rivestono velocemente con fare nervoso. Lui però le ferma. «Restate qui.» Il suo tono di voce... non sembra neanche lui.
Getto un'occhiata sulla scrivania. Ci sono così tante cose illegali qui sopra che se entrasse la polizia ci arresterebbe tutti quanti. Lui è completamente strafatto. E non di cocaina, nemmeno di marjuana. È fatto di eroina.
Si tira su barcollando un pochino all'indietro. Le sue mani si muovono con frenesia cercando di tirare su i jeans. Con non poca fatica ci riesce ma non li abbottona. Non lo fa perché non è nemmeno in grado.
Mi raggiunge lentamente e barcollante. «Vattene via», un ringhio basso gli risale dal profondo della gola.
«Non vado da nessuna cazzo di parte. Non m'interessa se ho interrotto una delle tue tante perversioni», sibilo. «Dimmi perché lo hai fatto!»
Sulle sue labbra si forma un sorriso sghembo. È totalmente andato. «Vuoi unirti a noi?»
Dentro di me scatta qualcosa. Una cosa che non ho mai provato in vita mia. La sento strisciarmi nelle vene. In ventuno anni di vita non ho mai schiaffeggiato nessuno. Adesso, la mia mano si è sollevata per aria e ha colpito il suo viso.
Nella stanza riecheggia il rumore del mio palmo che schianta contro la sua guancia. «Fai schifo!»
Barcolla leggermente ma non si scompone più di tanto. I suoi occhi si accendo all'istante di rabbia. Posa entrambe le mani sulle mie spalle e mi spinge fuori dal suo ufficio.
Ho la mano pulsante di dolore, ma gli darei volentieri un altro schiaffo.
«Non toccarmi», dico tra i denti.
Abbassa subito le mani. «Vattene», ripete.
«Non vado da nessuna cazzo di parte se non mi dici con quale cazzo di potere ti sei permesso di spifferare tutto a mio padre!» urlo così tanto che la mia voce si spezza all'improvviso.
«Ho solo cercato di aiutarti», biascica.
Stringo i pugni. «Aiutarmi a fare cosa? A farmi odiare da mio padre?» Sento le lacrime annidarsi dietro le palpebre. Cascasse il mondo non gli darò la soddisfazione di vedermi piangere. Le ricaccio indietro e lo guardo dritto negli occhi. «Non voglio più vederti.»
Sbuffa una risata, ma più asciutta. «Neanche tu ci credi. Sono io che non voglio più vederti. Non voglio rischiare che mi salti addosso da un mento all'altro», mi schernisce.
Sollevo di nuovo la mano pronta a colpirlo, questa volta però intercetta il movimento e mi ferma stringendo la mano sul mio polso. «Basta picchiarmi», ringhia.
Strattono il braccio ma lui rafforza la presa. I suoi polpastrelli bruciano contro la mia pelle. «Lasciami», lentamente la rabbia si affievolisce. Gli occhi si riempiono di nuovo di lacrime. Il respiro viene a mancare.
Lo sento. Lo sento risalire dalla bocca dello stomaco che si contorce, dalle mie budella che si rimescolano tra di loro. «Lasciami», questa volta lo sussurro.
Molla la presa con uno strattone che mi fa barcollare all'indietro. «Sei una pazza del cazzo!», sbotta facendomi trasalire. «Tutto quello che ho fatto per te, l'ho fatto per aiutarti», con un passo avvicina il suo viso al mio. «L'ho fatto per salvarti da te stessa. Ed è così che mi ringrazi? Vaffanculo, stronza!»
«Vaffanculo tu!» strillo, cercando di non piangere e di regolarizzare il respiro. «Tu devi andare a fanculo. Non voglio più avere niente a che fare con te. Non avevi nessun diritto di dirlo a mio padre!» Oh no. Non piangere. Respira. «Ho litigato con lui. Ed è solo. Colpa. Tua!» Lo colpisco contro il petto con i pugni chiusi.
Afferra entrambi i miei polsi in modo tale che non riesca più a colpirlo. «Respira.»
Scuoto il capo. Le lacrime premono per uscire e cazzo, non riesco a respirare. «Lasciami», sussurro.
«Respira», ripete.
«Non dirmi quello che devo fare», sibilo. La testa sempre più confusa. Devo andare via di qui. Devo prendere aria altrimenti sarà la fine. Strattono i polsi, lui non opporre resistenza, mi libero dalle sue mani e mi allontano. «Vorrei non averti mai incontrato», sussurro.
Mi allontano rapidamente. Ho bisogno di uscire il più presto possibile.
Lui non mi segue, non dice niente.
Raggiungo l'esterno e prendo subito una boccata d'aria. Mi fa male il petto, come se il cuore stesse per schizzarmi fuori da un momento all'altro.
Devo portare una mano sul petto per cercare di placarlo.
Respira Blue. Respira. Va tutto bene.
Tutto bene.
Raggiungo la macchina, apro lo sportello e mi siedo dentro. Non parto però. Non faccio proprio un bel niente. Resto immobile con lo sguardo fisso sul muro davanti a me.
Respira.
Lo faccio. Respiro. Non funziona però. Non riesco a calmarmi. Mi sta per annientare, lo sento arrivare.
Caccio fuori un urlo mentre colpisco il volante con i pugni chiusi. «Vaffanculo! Vaffanculo!» urlo contro il nulla.
Un pugno colpisce il clacson che suona squarciando il silenzio della notte.
Poso la testa contro il volante e libero quelle fastidiose lacrime che mi stavano pungendo gli occhi. Ho la gola ingrossata e un groppo che non riesco a mandare giù.
Che cosa ho fatto di male per meritarmi tutto questo? Eh? Cosa ho fatto?
Qualcuno bussa contro il finestrino e io sobbalzo. Asciugo rapidamente le guance e mi volto. Per un attimo temo di ritrovarmi William davanti. Ma non è lui.
È Sid.
Mi guarda con l'aria confusa. «Va tutto bene?» la sua voce viene attutita dai finestrini chiusi, ma riesco a sentirlo.
Scuoto la testa.
Apre lo sportello e si piega leggermente per essere alla mia altezza. «Che cosa c'è che non va, Bambolina?»
Vorrei mandare a cagare anche lui e il suo nomignolo del cazzo ma non ne ho le forze. Apro la bocca ma l'unica cosa che esce è un suono strozzato simile a un singhiozzo.
Non dice niente, ma quello che fa mi lascia di stucco.
Mi circonda con le braccia e mi stringe a sé. Glielo lascio fare. Non ho la forza di ribellarmi. Mi accarezza la schiena con movimenti lenti. «Che cosa è successo?»
Le mie lacrime gli bagnano la maglietta grigia che indossa. «Niente.»
Viene scosso da una risata. «Ah, allora ti capita spesso di urlare e piangere in un parcheggio?»
Scuoto il capo contro il suo petto. «No.»
Mi scosta leggermente e mi guarda negli occhi. «Dai, sputa il rospo. So che può sembrare strano, dopo quello che è successo tra noi. Però puoi sfogarti con me, se vuoi.» Abbozza un sorriso ed è maledettamente carino.
Piantala. Hai già abbastanza la merda fino al collo.
Abbasso lo sguardo sulla sua maglietta dei Sham 69. «Ho appena litigato con il tuo amico. L'ho anche preso a schiaffi. Ho litigato con mio padre perché William è andato a dirgli... alcune cose.»
Sospira rassegnato come se non gli stessi dicendo niente di nuovo. «Non vale la pena prendersi male per Billy.»
Alzo lo sguardo accigliandomi. «Non sono presa male per lui», puntualizzo. «Sono furiosa con lui! Piango per aver litigato con mio padre. Già mi odiava, ora mi disereda direttamente.»
Lui ridacchia mostrando il piercing alla lingua. «Tuo padre non ti odia. Altrimenti non mi avrebbe minacciato di morte.»
La sua risposta mi fa ridacchiare. «Okay, però era davvero arrabbiato, non l'ho mai visto così incazzato» mormoro, mordicchiandomi l'interno guancia.
Posa due dita sotto il mio mento e mi invita a guardarlo negli occhi. «Ti fidi di me?»
No. Neanche di me stessa in questo momento. «Sì.»
Afferra la mia mano e mi fa alzare dal sedile. «Ci pensa lo zio Sid a farti tornare il buon umore.»
Finire di nuovo a letto con lui non è nella lista delle pessime decisioni di oggi.
«Non ci rientro lì dentro.»
Mi tira verso di lui. «Non preoccuparti di Billy. Ti prometto che non ti darà più fastidio», dice in tono convincente.
Sono poche le cose che ho imparato a conoscere di William. Una di queste è che lui non guarda in faccia a nessuno. Se vuole una cosa la fa senza pensarci. Anche a costo di passare sopra i suoi amici. Se entro di nuovo lì dentro sarà la fine. Uno dei due verrà sbranato.
Sid intreccia le sue lunghe dita alle mie. «Dai, ci divertiamo un po'» sfodera un gran sorriso e cavolo, dirgli di no è impossibile.
«D'accordo, ma poi me ne vado.»
«Certo.»
Rientriamo dentro il Rocktail e io mi obbligo a non cercare quello stronzo ossigenato con lo sguardo. Sicuramente sarà tornato da quelle tettone non appena io sono scappata via con le lacrime agli occhi.
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Ho perso il conto di quanti Tequila Sunrise io e Sid ci siamo bevuti. Fatto sta che sono leggermente brilla, per non dire totalmente ubriaca.
È passata più di un'ora e non ho avuto nessun incontro ravvicinato con William e le sue groupie schifosamente belle.
Di solito non sono una ragazza che ama mettersi al centro dell'attenzione, affatto. Mi piace starmene per conto mio, ma quando bevo, mi trasformo completamente lasciando che il mio alter ego esuberante entri in scena. Un po' come quando Stanley Ipkiss indossa la maschera di The Mask.
Nessuno sta più cantando sopra il palco e l'ambiente mi sembra un po' morto. E io ho bisogno di vita e di divertirmi, cazzo. Scendo dallo sgabello barcollando da una parte all'altra sotto lo sguardo preoccupato ma al tempo stesso divertito di Sid.
Gli punto contro un dito in modo storto, dato che al momento vedo un po' doppio. «Adesso ci divertiamo un po'», biascico. Forse sono più che ubriaca. Se bevo un altro cocktail sarò a un passo dal coma etilico.
Ma ehi! La mia vita non ha più un cazzo senso ed è risaputo che i faccia sempre cazzate! Quindi posso anche salire sul palco e cantare. E sperare di non vomitare sulle teste delle persone ubriache quanto me.
Mi avvio con l'andatura di una bambina alle prese con i primi passi verso il piccolo palco, dove ci sono una chitarra, una batteria e un basso che in passato ha visto giorni migliori. Afferro la chitarra e nel tirarmi su, barcollo un po' all'indietro ma riesco a rimanere in piedi. Mi avvicino al microfono e... rutto. Ho appena ruttato davanti a un centinaio di persone.
Ma sono ubriaca, quindi scoppio a ridere.
«Scusate», rido. «Non era questo il modo in cui avevo intenzione di presentarmi.»
Alcuni guardano nella mia direzione con curiosità. Altri ridono di me e della mia pessima figura. Non mi importa, sono fuori di me in questo momento.
«Non ho nient'altro da aggiungere. La mia vita fa schifo e non voglio annoiarvi», farfuglio reggendomi contro l'asta del microfono.
Qualcuno da sotto al palco mi consiglia uno psicologo, e io lo ringrazio per il consiglio e gli dico che già ci vado da uno psicologo.
«Bene, non ho idea di quello che dirò, ma spero che vi divertiate con me.»
Impugno la chitarra e sistemo la tracolla sulla spalla.
Le probabilità che io faccia pena sono altissime. Così come farà schifo la canzone suonata con questa chitarra. Ma un bravo artista si arrangia con quello che ha, no?
Inizio a suonare una canzone dei Rammstein.
Nonostante il mio tedesco discutibile e la chitarra non affatto adatta, le persone cantano con me. Per un momento mi sento una vera e propria rockstar, anche se la maggior parte del mio pubblico è ubriaco marcio e non capisce quello che cantato, come la sottoscritta.
Mi rendo conto che durante la mia performance canora ho levato anche la maglietta restando solo con il reggiseno addosso. A quanto pare i Rammstein insieme all'alcol hanno il potere di farmi spogliare.
Sotto al palco intercetto lo sguardo sorpreso e allo stesso tempo divertito di Sid.
Gli mando un bacio volante dal palco e lui ridacchia.
Il mio momento di gloria è finito, adesso è il momento di scendere dal palco. Incespico sui miei stessi piedi ma alla fine riesco a non spezzarmi nessun arto.
Raggiungo Sid che mi avvolge un braccio sulla spalla. «Allora, come sono andata?»
«Fantastica, come sempre», sussurra contro il mio orecchio provocandomi una scarica elettrica lungo tutto il corpo.
No. No. No! Fai la brava. Tieniti la vagina nelle mutandine.
«Mh, sì. Lo so di essere brava» biascico, avvinghiandomi al suo collo come una piovra. «Sono un po' ubriaca.»
Lui annuisce. «Un po' tanto...» I suoi occhi scivolano sulle mie labbra. Con un gesto automatico, e anche perché ho le labbra secche, me le lecco. I suoi occhi seguono il mio gesto con avidità.
So già come andrà a finire la serata. Mannaggia, non sono affatto dispiaciuta però.
«Che ne dici di rimettere la maglietta? Ci sono alcuni ragazzi che ti guardano un po' troppo.»
Avvicino il viso al suo e sollevo lo sguardo sui suoi occhi grigi. «Che ne dici invece se ci togliamo tutti i vestiti?»
Gli sfugge un'imprecazione che mi fa sorridere. «Tuo padre mi ucciderà.»
Mi sollevo sulle punte dei piedi per raggiungere il suo orecchio. «Mio padre non verrà a saperlo, se tu terrai la bocca chiusa con quello spione del tuo amico.»
Rafforza la presa contro i miei fianchi e mi stringe. «Blue...» sospira. «Non è una buona idea.»
Mi ritraggo come se mi avesse folgorata. «Perché no? Non ti piaccio?»
«Mi piaci eccome, ce l'ho già duro, però...»
Gli accarezzo la guancia. «Andiamo Sidney, non farti pregare. Lo sta dicendo anche Springsteen che non puoi accendere un fuoco senza una scintilla», cinguetto.
«Sei la figlia del diavolo» sussurra, avvicinando le sue labbra alle mie.
Annuisco. «Sì, la figlia illegittima.» Sollevo una mano per accarezzargli un tatuaggio che ha sul collo.
Lo sento rabbrividire sotto al polpastrello. Mi inchioda con quegli occhi tempestosi. «Dove andiamo?» Ha ceduto.
Sorrido trionfante. «Bagno?»
«Cazzo», afferra la mia mano e mi trascina via dalla sala. Incespico cercando di stargli dietro, sta praticamente correndo come se avessimo un branco di lupi affamati che ci corrono dietro.
Apre la porta con un colpo secco. Intercetta quello libero e mi trascina dentro.
Non gli do neanche il tempo di chiudere la porta che mi fiondo sulle sue labbra.
Le sue si schiudono immediatamente per permettere alla mia lingua di trovare la sua.
Gemo contro la sua bocca quando una sua mano scivola dentro i miei jeans.
Lo imito. Infilo la mia dentro i suoi jeans e la stringo sulla sua erezione che ha uno spasmo contro la mia mano.
L'alcool mi fa perdere la ragione. E lui è bello. E io voglio scoparmelo.
Sposta le mie mutandine di lato e accarezza il clitoride. Gemo e stritolo a mia volta il suo cazzo.
Per la foga morde il mio labbro inferiore. «Che ne dici di saltare i convenevoli? Sei abbastanza bagnata.»
Annuisco. «Sì.»
Ci liberiamo dei jeans in un nano secondo. I suoi calati fino alle caviglie. Io devo toglierli per forza e lanciarli a terra.
Si piega per afferrarmi da dietro le ginocchia e mi tira su. Mi sbatte contro le piastrelle e io mi aggrappo con una mano al suo collo. Non so neanche come, riesce a infilarsi il preservativo prima di spingersi con un colpo secco dentro di me riempiendomi fino in fondo.
Tiro la testa all'indietro e mordo il labbro per non urlare.
È vero che non ricordo com'è stato scopare con lui la prima volta. Ma adesso, anche se ubriaca, so quello che sto facendo.
Infila una mano sotto la mia maglietta, aggancia il reggiseno e lo abbassa liberandomi una tetta. La stringe tra le mani e stuzzica il piercing. «Adoro le tue tette, cazzo» ansima contro il mio collo, spingendosi dentro di me.
Infilo una mano tra i suoi capelli corvini e li strattono appena. Inclino la testa di lato per permettergli di baciarmi il collo. Mi morde la pelle per poi leccare via il dolore. Il suo piercing alla lingua mi solletica e mi riempie il collo di brividi.
Lascia andare la tetta e posa anche l'altra mano sul mio sedere. Mi spiaccica tra il muro e il suo corpo e aumenta il ritmo.
Le nostre labbra si scontrano di nuovo. Le nostre lingue si muovono a caso con impazienza.
Sto per venire. Grazie al cielo. Sono sana.
Il suo cazzo che entra ed esce dentro di me con foga, produce dei rumori volgari che serpeggiano sopra di noi. Affondo le unghie nelle sua carne chiedendogli in silenzio di andare più veloce.
«Sto per venire», ansimo. Mi bacia di nuovo, ingoiando ogni mio gemito di piacere. Il suo piercing alla lingua mi solletica il palato. Ringhia sulle mie labbra e spinge. Spinge sempre più forte.
Sono a tanto così da toccare per la seconda volta il cielo con il dito. Di volare nello spazio leggera come una piuma.
Sid scopa divinamente. Come ho fatto a dimenticarmi della prima volta?
Per fortuna ora sono partecipe.
Spingo il bacino contro il suo per accoglierlo più in profondità.
«Cazzo, Blue» ringhia, afferrandomi il labbro inferiore con i denti.
Sento l'orgasmo risalirmi dal basso ventre come un formicolio bollente. Si espande in tutto il mio corpo come un vasto e indomabile incendio. La mia fica si stringe attorno al suo uccello, e lui geme, ancora.
Tutto il mio mondo erotico, insieme al mio orgasmo, si sgretolano quando la porta si apre di colpo. Sid si paralizza e mi schiaccia contro il muro per coprire almeno un po' il mio corpo mezzo nudo.
La persona alle sue spalle ci guarda come se ci avesse appena beccati a uccidergli l'intera famiglia.
Sid si volta appena. «Cazzo, Billy...» non finisce la frase perché William versione super sayan leggendario lo agguanta da dietro il colletto e lo tira via da me. Questo gesto mi fa quasi urlare, dato che lui era ancora dentro di me. Cado a terra come una pera cotta andando a sbattere le costole contro il water. Cazzo.
In fretta e furia infilo le mutandine e corro a trascinare via William che ha appena colpito il suo amico con un pugno.
Trasalisco quando vedo del sangue colare dal naso di Sid.
«Sei pazzo?» urlo contro William.
Mi rifila un'occhiataccia che mi mette i brividi. «Sparisci», la sua voce è completamente diversa. Fredda, inquietante.
«Sparisci tu!» rispondo di getto. Mi avvicino a Sid e mi inginocchio davanti a lui. «Stai sanguinando» mi tremano le mani, la voce.
La mano di William si posa sulla mia spalla e mi trascina via facendomi cadere col sedere per terra. Si avventa di nuovo contro Sid che per fortuna riesce a parare il colpo. «Billy, che cazzo fai!» sbraita. Lo spinge via e si tira subito su i pantaloni. «Che cazzo di problemi hai?»
William però al momento non è qui con noi. Adesso c'è un'altra sua versione che mi mette i brividi. «Ti avevo detto di starle lontano!» sbraita.
Il mio petto si svuota quando lo colpisce di nuovo sul viso. «Smettila!» strillo. Mi avvicino con l'intenzione di allontanarlo da Sid ma l'occhiata che mi rifila mi paralizza sul posto.
«Ho detto che devi andartene», mi guarda con quegli abissi glaciali. La sua voce m'intorpidisce, ma non ho nessuna intenzione di uscire da questo bagno.
«Lascialo stare», nascondo le mani dietro la schiena non voglio che noti il senso di panico che mi trasmette in questo momento.
Il suo sguardo tagliente si affila ancora di più. «Devi per forza scoparti ogni cazzo di ragazzo sulla faccia della terra?» sputa con una cattiveria che non gli ho mai visto. Quando pronuncia questa frase i suoi occhi restano incollati ai miei come due calamite. Dopo un po', il suo sguardo diventa insostenibile e sono costretta ad abbassare la testa. Mi rendo conto di essere ancora senza pantaloni.
«Dacci un taglio adesso» lo rimprovera Sid, asciugandosi un rivolo di sangue che gli è colato sino al labbro. Mi dispiace così tanto. È tutta colpa mia. Come sempre. L'ho obbligato io a fare sesso con me. E ora me ne vergogno come una ladra.
«Altrimenti che fai? Mi picchi?» Lo sfida William. «Ti sei preso una cotta per lei, Sid? Be', sappi che subito dopo di te ce ne sarà un altro, poi un altro ancora. Pensa un po' ieri notte si è fatta un ditalino guardandomi dritto negli occhi. E io mi sono fatto una sega guardandole la fica aperta per me.»
Le sue parole mi lasciano senza fiato. Mi svuotano il petto, mi fanno cedere le ginocchia.
Dentro questo maledetto bagno cala un silenzio glaciale. Il gelo è appena calato su di noi come un manto invisibile. Mi fischiano le orecchie e il cuore sbatte violentemente contro le costole.
Perché glielo ha detto? Perché ha voluto umiliarmi in questo modo?
La sua voce cupa sferza l'atmosfera carica di tensione. «Rivestiti.»
Vorrei mandarlo a quel paese ma dalla mia bocca non esce nessun suono.
Con la testa bassa e l'orgoglio umiliato, recupero i miei jeans. Li indosso e in silenzio cammino verso la porta.
«Blue, aspetta!»
Mi volto leggermente per guardare Sid che è in procinto di avvicinarsi a me. Si ferma quando parla William. «Se ti muovi da lì: ti ammazzo», lo redarguisce sempre con quel tono di voce che mi mette i brividi.
Sid lo ascolta. Resta fermo dov'è. Come se avesse appena ricevuto un ordine dal suo capo branco.
Sento il mio cuore spezzarsi un po'. Lo stomaco sprofondare sino al pavimento.
Afferro la maniglia e mi volto a guardare William. «Ti odio», dico un'istante prima di aprire la porta e andare via.
Nessuno mi aveva mai umiliata così tanto in vita mia. Nemmeno io stessa quando mi concedo ai ragazzi, mi sono umiliata a tal punto. Lui con una semplice frase lo ha fatto. Mi ha distrutta.
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