♫ ~18.2 ʟɪᴋᴇ ᴀ ʀᴀɪɴʙᴏᴡ ɪɴ ᴛʜᴇ ᴅᴀʀᴋ
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Aggrotta appena la fronte. «Perché?»
«Ci dev'essere un perché?» Dico vaga.
«Dovresti tornare dalla tua amica.» Più che un invito, sembra un obbligo.
Ora sono io che aggrotto la fronte. «No, devo dire una cosa a William.» Mi impunto come una bambina.
Sospira bruscamente. «Va bene, come vuoi.» Si volta e riprende a camminare.
Vaghiamo per almeno dieci minuti dentro le varie stanze del teatro. Non sembra esserci traccia del Biondo da nessuna parte. Magari è andato via senza avvisare, non lo so.
Decido di interrompere la ricerca perché devo andare in bagno.
Mi allontano da Sid lasciandolo alle sue ricerche e imbocco il corridoio che porta ai bagni. Questo posto è immenso, un labirinto lussuoso.
Tutte le porte sono aperte, tranne una che è chiusa.
Entro in una di quelle aperte e chiudo la porta alle mie spalle. Appena mi siedo sulla tazza del water sento dei rumori strani provenire dal bagno con la porta chiusa. Più che rumori, sembrano dei gemiti smorzati. Dio mio. Con tutti i posti che esistono al mondo per fare sesso, proprio dentro a dei bagni pubblici?
Ho come un dèjà vu.
Qualcosa dentro di me mi dice che quei gemiti appartengono al Biondo.
Lo stomaco si contorce in modo doloroso.
Smetto persino di respirare per evitare di essere notata, ma sono così presi che non si sono nemmeno resi conto della mia presenza.
Mi tiro su pronta a sgattaiolare via di qui.
Ma quando sento la sua inconfondibile voce roca mi paralizzo. «Dai Bonnie, basta. Non riesco a venire.»
Uno strano calore si propaga dentro di me. Dal collo sino alle guance.
Dannazione, non dovrei stare qui a origliare, eppure non riesco a muovermi.
I miei piedi sembrano essere diventati di piombo.
Sbaglio o prima l'ha cacciata via in malo modo? Perché adesso è chiuso di nuovo in bagno con lei?
Una lenta risatina amareggiata mi rimbomba nelle orecchie. «Rilassati, lasciati andare, come ai vecchi tempi. Sono qui, tutta per te», sussurra in modo civettuolo.
Mi sta venendo la nausea.
«Cosa c'è che non va? Mi scopi con foga come se fosse una punizione!» sbotta poco dopo lei.
«Che cazzo stai dicendo?» La voce di William si incupisce.
Sento altri rumori. Poi lei parla di nuovo. Appena sento il mio nome uscire dalla sua bocca mi paralizzo accasciandomi contro il muro.
«Da quando frequenti quella ragazzina sei diventato strano. Che c'è? Per caso ti piace?» Sputa velenosa.
Posso giurare che in questo momento stia arricciando il naso con disprezzo. «Blue non c'entra niente, Bonnie. Sul serio pensi che io possa dimenticare quello che hai fatto? Cazzo, scopo con te solo perché sono strafatto! Altrimenti non ti guarderei neanche in faccia», il tono della sua voce diventa duro. «Come pretendi che io riesca ancora a provare piacere a scopare con te, dopo che ti sei fatta scopare da mezza Londra?»
Qualcosa dentro di me si spezza. Per qualche strana ragione mi sento offesa anche io da quelle parole. Anch'io sono andata a letto con un sacco di ragazzi nell'ultimo periodo.
Ho le mani talmente sudate che una scivola via dal muro a cui sono spalmata.
Uno sbuffo echeggia nel silenzio dei bagni. «Noi due siamo stati bene insieme.»
«Due anni fa, forse. Prima che mi mettessi le corna e che mi accusassi di quelle cose. Hai tentato in tutti i modi di farmi sprofondare additandomi come uno violento!» Sbotta lui, furioso. «Quindi se ti sto scopando come una puttana, riversando dentro di te tutta la mia frustrazione, non lamentarti. Lo hai voluto tu», continua in tono freddo.
«Vaffanculo!», ringhia lei. Poco dopo sento la serratura scattare e la porta principale sbattere furiosamente.
Resto immobile dove sono, spalmata contro il muro con le mani sudate e il cuore in gola.
Quella ragazza è proprio una stronza. Ma anche lui lo è. Poteva risolvere la cosa diversamente anziché chiudersi in bagno – per la seconda volta- con lei.
Lo sento borbottare alcune imprecazioni poco gentili.
Ora devo solo aspettare che esca anche lui dal bagno. Non vorrei farmi beccare da lui adesso, dato che è nuovamente di pessimo umore. Non voglio essere insultata gratuitamente da lui.
Un rumore, simile a qualcosa che colpisce il muro, mi fa letteralmente sobbalzare e di conseguenza strillare impaurita. Cazzo.
Tappo la bocca cercando di rimediare al mio errore consapevole che sia troppo tardi.
Quando bussa contro la porta il sangue mi si gela nelle vene.
«Occupato», mormoro.
Sento che sospira. « Lo so che sei lì Blue, di nuovo», dichiara. «So che hai sentito tutto e sono sempre più convinto che ti piaccia ascoltare le conversazione altrui. O la gente che scopa.»
Sgrano appena gli occhi anche se non può vedermi. «Non ho sentito niente!»
Ride lentamente, una risata asciutta come la sua voce. «Invece sì. Ho sentito la tua presenza. Come hai sentito, il cazzo continua a non funzionarmi. Eppure hai visto con i tuoi stessi occhi quanto sia figa Bonnie.»
Già. L'ho vista. È bella da far schifo. Ma cosa mi aspettavo da lui? Che uscisse con delle ragazza con una bellezza convenzionale? Ovviamente no. Quelle belle stanno con quelli belli. È una legge non scritta.
Mi strozzo con la mia stessa saliva. «Non ho sentito nulla!» Gracchio.
Cristo Santo. Perché mi ritrovo sempre in queste situazioni?
Sospira esausto. «Non mi importa se hai sentito tutto.»
Come no? E io che pensavo che sarebbero partiti insulti come dei fuochi d'artificio.
«Perché ti sei chiuso di nuovo in bagno con lei?» chiedo, una volta ripreso l'uso delle parole.
«Perché invece non esci dal bagno?»
Chiudo gli occhi, prendo un bel respiro e apro la porta ritrovandomelo davanti. Ha un aspetto orribile, anche peggio di prima.
Da così vicino posso vedere le sue pupille ridotte a due spilli. Il viso stanco. Così pallido che sembra un fantasma.
«Hai un aspetto di merda», dichiaro.
Annuisce lentamente. «Lo so.»
Non ha la solita espressione strafottente e nemmeno la solita voglia di scherzare con il suo sarcasmo pungente. Sembra... triste.
Ci limitiamo a fissarci come se ci stessimo studiando. È strano anche per me da ammettere, però vederlo così mi scombussola lo stomaco.
Si passa una mano tra quei fili argentati. «Andiamo via?»
Sbatto un paio di volte le palpebre. «Come scusa?» È la loro serata e lui vuole andare via?
La sua attenzione si sofferma sulle mie labbra e quel tipico sorrisetto sghembo torna a fare capolino sulle sue labbra. «Non mi va di stare qui.»
Mi ritrovo a guardarlo storto. «Dove vorresti andare, Gilmour?»
«Ovunque, basta che usciamo da questo fottuto posto, prima che pesti di nuovo Vincent.»
Esco ufficialmente dal bagno, oltrepasso il Biondo e mi sciacquo rapidamente le mani sudaticce.
Usciamo dal bagno in silenzio, imbocco di nuovo il corridoio ma lui mi ferma afferrandomi per il polso.
Lo guardo oltre la spalla, accigliandomi. «Che fai?»
«Non usciamo dall'uscita principale. Non mi va di incontrare nessuno.»
«Ok», sospiro.
Lascio che sia lui a guidarmi, anche perché io non so nemmeno dove si trovi l'uscita secondaria.
Poco dopo ci ritroviamo sul retro del teatro, fuori ha iniziato a piovere a dirotto e a lui non sembra importare. In men che non si dica la pioggia bagna i suoi capelli facendoli diventare di qualche tonalità più scura di biondo. Si guarda intorno e io non ho la minima idea di cosa vuole fare.
«Billy», lo richiamo.
Abbassa lo sguardo su di me. «Dimmi.»
«Che cosa stiamo facendo, a parte bagnarci?»
Le labbra di William si piegano in un sorriso malizioso. «Potremmo bagnarci in modo diverso.»
Reprimo l'impulso di fare una battutaccia sarcastica, dato che lui stesso ha detto che " Non gli funziona più il cazzo".
«Dai, fai il serio», sbuffo.
Tira le spalle all'indietro. «Sai, ora mi sento particolarmente buono.» Estrae le chiavi della sua auto dai pantaloni di pelle. «Ti lascio guidare la mia auto.»
Sgrano gli occhi. «Cosa? Sicuro di stare bene?»
«In realtà mi sono fatto un paio di tiri di cocaina e mettermi alla guida ora, sarebbe da scemi» confessa, come se fosse la cosa più naturale del mondo.
Mi sbilancio sulle punte per afferrare le chiavi.
Non me lo farò di certo ripetere due volte !
Le solleva leggermente più su fuori dalla mia portata.
«Se tocchi la macchina: Ti fotto.» Si acciglia.
Il mio corpo si blocca sulla parola fottere e sul modo in cui risuona nella bocca di William. Stranamente questa minaccia, ora, non mi sembra poi così tanto brutta.
Oddio, Blue Jean, riprenditi!
Scuoto appena il capo per scacciare via questi pensieri. «Non toccherò la tua amata auto», la voce mi esce un po' troppo stridula. Scommetto di avere le guance accaldate, ma per fortuna, siamo lontani dai lampioni.
Abbassa la mano e io gli strappo le chiavi. «Andiamo, Biondo.» Mi allontano da lui con ancora il viso accaldato. Mi segue in silenzio.
Ci sediamo dentro la sua auto e io fremo impaziente di guidarla. Infilo le chiavi e avvio il motore.
Prima di partire mi volto verso di lui. «Posso togliere i controlli?»
Ridacchia. «Non ti devi neanche azzardare. Anzi, non superare neanche i cinquanta chilometri orari.»
Metto su il broncio. «Dai, almeno i cento!»
Serra la mascella. «No», dice irremovibile. «Dai, esci da questo parcheggio, Nana.»
Deglutisco e prima di uscire dal parcheggio allaccio la cintura e prego Dio di riuscire a uscirne senza toccare la sua auto.
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È andato tutto bene. Nessuna macchina è stata graffiata e io non sono stata fottuta.
Dopo aver seguito le sue indicazioni ci siamo fermati davanti a una specie di parco desolato. Non c'è un anima viva.
Vuole uccidermi e darmi in pasto agli scoiattoli?
Slaccia la cintura e inclina leggermente lo schienale del sedile all'indietro.
«Ehi, che stai facendo?» Chiedo allarmata.
Non si sarà mica messo in testa che... dio non voglio neanche pensarci.
Sorride in quel modo sghembo. «Tranquilla Nana. Non mi sto abbassando i pantaloni per farmelo succhiare da te. Mi sto solo mettendo comodo per rollare una canna.»
Mi accascio contro il sedile e fisso l'entrata del parco davanti a me. Intanto il Biondo si appresta a rollare una canna in modo impeccabile.
Abbassa leggermente il finestrino e l'accende facendone un lungo tiro. Butta fuori il fumo che si disperde subito sotto la pioggia.
«Vuoi?» Tende la canna verso di me.
La guardo indecisa. Ci sono un sacco di motivi per cui dovrei rifiutarla. Uno tra questi è che sono io alla guida della sua auto.
Però, accetto: «Grazie.» La prendo e ne faccio subito un piccolo tiro. Il sapore famigliare e forte dell'erba pizzica subito la mia gola.
«Perché ti sballi?» chiede di getto.
«Potrei chiederti la stessa cosa. Anzi, ti consiglio di darci un taglio.»
Ne fa un altro tiro. Lo osservo di sottecchi mentre butta fuori il fumo. È bellissimo questo ragazzo.
Posa i suoi ghiaccioli letali su di me. «Proprio tu vieni a fare la morale a me?»
Le mie labbra fremono in preda a un evidente fastidio. Gli strappo la canna da mano e ne faccio un altro tiro. «Lo dico per te.» Puntualizzo. «Poi fai un po' come cazzo ti pare. Sei grande e vaccinato per badare a te stesso.»
«Non ti arrabbiare», ridacchia. «Te l'avevo detto che ti capisco, che so come ci sente a essere mangiato vivo dai pensieri e cercare in tutti modi di metterli a tacere.» Ogni traccia di divertimento, abbandona il suo tono di voce.
Mi accascio di nuovo sul sedile facendo un altro tiro. «Perché ti sei chiuso di nuovo in bagno con quella ragazza?»
Mi scocca un'occhiata piena di commiserazione. «Avevo voglia di scopare. Sono un essere umano come tutti.»
«Ah, quindi sei un incoerente del cazzo? La mandi via e poi te la sbatti. Dio, se un fottuto lunatico!» Sbotto.
I suoi occhi si increspano accesi da un ampio scintillio. «Guarda, anche qui non accetto consigli da una che si fa drogare e poi scopare quando è mezza incosciente.»
Credo che darò di stomaco.
Deglutisco per ricacciare indietro la viscida sensazione che mi striscia nella gola. «Vincent non mi ha obbligata a fare proprio un bel niente», dico tra i denti.
Il suo sguardo si incatena al mio. Quegli occhi grandi e freddi come il ghiaccio, sotto gli squarci dritti e rabbiosi delle sopracciglia scure. «Ti ha dato dell'eroina, Blue. Eroina», sibila.
«Lo... lo sapevo», mento.
Porca puttana. Mi ha dato dell'eroina? Voleva ammazzarmi?
Alla fine quella canna l'ho fumata tutta io. Ora non è il solo a essere sballato. Lo sono anche io e tanto.
Il mio telefono vibra nella tasca dei jeans. Con la vista annebbiata, accendo il display che mi rivela vari messaggi da parte di Scar. Cazzo. L'ho lasciata lì senza avvisarla.
Lui solleva pigramente una mano e mi sfila il telefono dalle mani. «Chi è?»
«Dammelo!»
La sua seducente e ampia bocca si solleva in un mezzo sorriso. «Che c'è? Nascondi foto di te nuda?» Mi prende in giro.
Lo fulmino con lo sguardo. «Piantala! È Scar!» Mi sporgo in avanti cercando di riprendermi il telefono ritrovandomi praticamente a cavalcioni su di lui.
Entrambi smettiamo di dimenarci. Lentamente abbassa la mano che regge il mio telefono.
Sento il calore divamparmi sulle guance. La mia testa inizia a passarmi immagini che neanche dovrei vedere. Io che mi tiro su per abbassare i jeans per poi rimettermi a cavalcioni su queste grosse cosce muscolose. Mi spingerebbe via, o mi attirerebbe più vicino? Mi prenderebbe con forza dai fianchi stringendomi con quelle dita favolose? Cazzo, il mio sesso si stringe al solo pensiero di essere penetrato da quelle dita.
Gesù santo, Blue. Datti una regolata!
Ma non ho mai fatto sesso con una futura rock star. Dai, è il sogno di tutte, no? Sesso bollente, sudato, rabbioso. Potrei stuzzicarlo e lasciarlo senza fiato a desiderare anche il resto per poi tirarmi indietro.
Se ci provassi con lui si scompiscerebbe dalle risate e io sarei costretta a nascondermi per sempre.
Mi prendo a schiaffi mentalmente per riprendermi da questi pensieri sconci. Schiarisco la voce. «Dammi il telefono.»
Il mio tono è poco convinto al momento. Se solo potesse leggere i miei pensieri, riderebbe di me.
Anche lui sembra destabilizzato da questa strana situazione che si è creata. O forse, è solo sballato come lo sono io. Senza dire una parola, mi passa il telefono. Nonostante tutto resto a cavalcioni sulle sue gambe, incapace di muovermi o meglio, non voglio.
Le sue labbra si appiattiscono in una linea e sbiancano ai bordi. «Forse è meglio tornare a casa.»
Annuisco e finalmente torno sul sedile al mio posto. In silenzio avvio il motore e ingrano la marcia.
Il mio corpo sta ancora bruciando per essere stato così vicino al suo. Non posso fare a meno di pensare al perché io mi trovi quasi sempre a mio agio quando lui è così vicino. Cristo santo. Non devo più fumare in sua presenza se mi fa questo strano effetto.
Parcheggio l'auto fuori da casa sua.
«Blue.»
Dio santo, quando pronuncia il mio nome il suo timbro mi ricopre la pelle come un formicolio bollente. Quest'uomo ha una voce che urla sesso, profonda, roca e strascicata.
«Grazie per avermi portato via di lì», dice. «Puoi tenere la mia auto per tornare a casa tua, oppure dormi qui.»
«Non devi ringraziarmi. Gli amici servono a questo, no?» Mormoro, «Comunque preferirei tornare a casa.»
Altrimenti oggi finisce che impazzisco accanto a lui.
Annuisce. «Okay. Mi raccomando alla mia macchina. Non voglio vedere neanche un graffio, altrimenti...»
«Mi fotti?»
«No, stavo per dire che pagherai tutti i danni.» Sorride.
Stronzo. Deve sempre farmi restare male. A quanto pare ha smaltito tutto quello che si è calato in corpo.
«Andrò piano», borbotto.
Mi saluta con un cenno del capo e chiude lo sportello.
Cinquanta minuti dopo entro dentro casa e vado dritta in bagno. Ho bisogno di una doccia fredda per sbollire un po'.
Nonostante stia facendo la doccia con acqua tiepida, il fuoco divampa ancora dentro di me. Mi fa male persino il basso ventre, cazzo.
Che cosa mi prende? Aiuto.
La mia mano scivola fino al punto pulsante e dolorante. Alzo la testa e cerco un po' di sollievo. L'acqua mi arriva in faccia ma non basta a farmi smettere di fremere. Sono letteralmente stata rapita dal desiderio, di nuovo. Cazzo.
Appena sfioro il punto più sensibile mi sfugge un flebile gemito che tento di smorzare mordendomi il labbro inferiore.
Dio, non giudicarmi per questo, per favore!
No, non devo pensare a Dio ogni volta che faccio qualcosa di sconcio!
Però posso pensare a lui. Alle sue mani perfette e ruvide per via dei calli. Posso immaginare le sue labbra che si posano sulle mie per attutire i miei gemiti. Alla sua lingua che accarezza la mia mandandomi su un altro pianeta. Mi accascio contro le piastrelle fredde e chiudo gli occhi. Immaginando che ci sia lui qui con me.
Appena il desiderio sarà calato, mi vergognerò di me stessa.
Quando la mia mente malsana immagina lui inginocchiato davanti a me a darmi piacere con la lingua, raggiungo l'apice del piacere. Il mio autoerotismo viene interrotto da un forte boato che fa vibrare le finestre. Sfioro l'arresto cardiaco.
Maledetti tuoni. Io li odio, cazzo.
Finisco di farmi la doccia anche se ho le gambe di gelatina e il cuore che pulsa in ogni parte del mio corpo.
Chiudo l'acqua ed esco dalla doccia.
Nonostante l'acqua fredda ho ancora le guance arrossate. Mio Dio, non riesco neanche a riconoscermi più.
Che cosa sto facendo? Masturbarmi pensando al Biondo? Ma che cazzo!? Per fortuna l'universo ha interrotto la mia follia.
Mi rivesto ed esco dal bagno.
Vorrei andare a dormire ma ho fame. Devo mettere qualcosa dentro allo stomaco. La canna che ho fumato non ha fatto altro che risvegliare cose strane dentro di me, tra cui anche una fame assurda.
Raggiungo la mia piccola cucina. Apro il frigo e prendo le prime cose che mi capitano a tiro. Poso tutto sul bancone della cucina e inizio a prepararmi un panino con cose a caso. Addento il panino come se non avessi mai mangiato e masticato cibo in vita mia. Lo divoro in poco tempo.
Mi sdraio a letto e mi copro fin sopra alla testa con il lenzuolo. Fuori sta diluviando come se stesse per finire il mondo. Oltre l'acqua che scroscia prepotentemente sulle finestre, si sentono anche dei tuoni simili a dei boati provocati da delle bombe.
Io amo la pioggia, mi rilassa. Ma se c'è una cosa di cui ho paura, sono i tuoni e i fulmini.
Non riesco a dormire. Ho paura e non mi basta coprire le orecchie per evitare di sentire i tuoni che ruggiscono fuori.
Riemergo da sotto le lenzuola e prendo il mio telefono. Senza neanche rendermene conto sono sulla chat di William. Sono spaventata e disperata, altrimenti non lo farei mai!
Io: Sei sveglio?
Non posso credere di avergli inviato davvero un messaggio solo perché ho paura del temporale.
Per cosa poi? Mica può smaterializzarsi qui. La sua macchina ce l'ho io!
La vibrazione del telefono mi fa sobbalzare.
Wlliam: Sì, cosa c'è?
Io: Simpatico come sempre....
William: Sono le due del mattino, vorrei dormire, invece non posso perché mi invii messaggi.
Io: Vabbè... lascia stare, buonanotte.
William: Dai, dimmi cosa c'è. Stai male?
No. Ho solo una paura fottuta dei tuoni! So che dirglielo non sarà una buona idea, riderà di me.
Ma ho paura.
Io: Non riesco a dormire per via dei tuoni.
William: Hai paura dei tuoni? Aahahah come i bambini!
Io: Vaffanculo William!
William: Accendi la luce se hai paura.
Io: È già accesa...
William: Allora che cosa vuoi?
Io: Ho paura, da sola...
William: Oh! Ora ho capito! I tuoni sono solo una scusa! Vuoi farmi intrufolare di nuovo nel tuo letto?
Io: No. E poi, la tua macchina ce l'ho io. Lascia stare, proverò a cercare aiuto da Vincent.
William: Non nominare quel figlio di puttana!
Io: Buonanotte.
William : Stronza.
Esco dalla chat e ripongo il telefono sul comodino. Intanto la mia stanza viene illuminata a giorno dai lampi, seguiti poi dal boato del tuono.
Che palle cazzo. Potevo nascere con altre paure?
Mi copro nuovamente la testa con il lenzuolo e tappo le orecchie. Prima o poi, mi addormenterò anche così, spero.
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Urlo dalla paura quando sento qualcuno bussare contro la mia porta. Con il cuore in gola mi metto a sedere. Controllo il telefono, sono quasi le tre e mezza del mattino. A quest'ora, chi cazzo è?
Bussano di nuovo e io sobbalzo.
«Cazzo!» Strillo col cuore che per poco scoppia.
«Fammi entrare, Piccola Svitata.»
È venuto davvero fin qui da Stanmore? È impazzito?
Scalcio via le lenzuola e corro alla porta.
Me lo ritrovo davanti completamente bagnato dalla testa ai piedi. È davvero qui.
Mi scosta con una mano ed entra dentro casa. Senza proferire una parola, lo osservo mentre si libera dei vestiti bagnati e si sdraia sul mio letto.
«Va meglio adesso? Ora vieni qui e dormi», borbotta. Come se gli avessi puntato una pistola per venire a casa mia.
Sono ancora scioccata.
«Perché sei venuto fin qui? Alla fine ero riuscita a prendere sonno», torno a letto.
È buio, ma posso comunque scorgere il suo profilo perfetto nell'ombra. Illuminato leggermente dalle stelle colorate proiettate dalla mia luce notturna.
Si sdraia su un fianco con il viso rivolto verso di me. «Perché dormi con queste cazzo di stelle colorate?»
E tu perché non rispondi alla mia domanda?
«Ho paura del buio. È una paura comune», mi difendo.
Ridacchia. «I mostri non esistono a Camden», mi canzona. «Ora ci sono io, nessun brutto mostro cattivo ti prenderà.»
Aggrotto la fronte anche se non può vedermi. «Smettila di prendermi in giro. Tutti hanno paura di qualcosa.»
Schiocca la lingua e posso scommettere che sta anche sogghignando. «Ti sbagli, non tutti.»
«A certo. William Gilmour non ha paura di niente», dico sarcastica.
Quasi strillo quando mi pizzica il lobo dell'orecchio con le dita. «Le paure sono per gli sciocchi», il suo pollice mi accarezza il lobo prima di scivolare via. «Ora dormi.»
Il lobo sembra aver preso fuoco sotto le sue dita.
«Notte», mormoro. «E non abbracciarmi», lo minaccio.
Ma che... se lo facesse non protesterei nemmeno.
Come l'altra volta mi sveglio con un peso sulla pancia. Un odore si fa largo nel mio dormiveglia. È una fragranza nuova, ma che allo stesso tempo mi sembra di conoscere da una vita. È il profumo di William.
Il Biondo Scorbutico che questa notte ha guidato fino a Camden per dormire con me perché avevo paura dei tuoni.
E il peso che sento adesso è il suo braccio che mi stringe. Una strana sensazione si fa largo dentro di me. Non sono stranita e né tanto meno arrabbiata perché mi ha abbracciata.
Lo sono perché... mi piace quando lo fa. Cazzo se mi piace.
Lo sposto adagio, lui si gira e si risistema portando le mani sotto al cuscino.
I capelli baciati dalla luna sono disordinati. Mi concentro sul suo viso. Mi chiedo come possa esistere al mondo una persona così bella, sfacciatamente bella. In questo momento mi sento davvero privilegiata a poterlo vedere così, in un momento in cui è vulnerabile. So di non essere la prima ragazza ad aver avuto questa opportunità. Oggi però voglio pensare di essere speciale. Oggi sono l'unica al mondo a poterlo fare.
Appoggio la testa sulla mano sinistra e continuo a osservarlo e a catalogare ogni suo dettaglio. Soprattutto mi soffermo sul suo magnifico corpo, con il lenzuolo poggiato strategicamente per nascondere il fatto che indossi solo i boxer neri. È una meraviglia per gli occhi.
Provo invidia verso tutte quelle donne che hanno potuto godere di tale bellezza e non solo della sua bellezza.
Sospiro sconsolata perché sono consapevole che non potrò mai avere un assaggio di William Gilmour.
Non dovrei nemmeno volerlo un assaggio di lui.
Il mio bellissimo compagno di letto schiude gli occhi e me li punta addosso cogliendomi alla sprovvista mentre lo stavo fissando in modo inquietante. Le sue labbra si piegano in un leggero sorriso sghembo.
Senza rendermene conto mi agito sul letto. In questo momento è come se mi sentissi completamente nuda davanti ai suoi occhi.
Oh, ma andiamo! Abbiamo solo dormito! E non è la prima volta.
Mi sforzo di ricambiare il sorriso anche se sembra che la pelle sia diventata troppo stretta per la mia faccia.
«Questa è la terza volta che dormo su questo letto scomodissimo. Ed è la terza volta che ci dormo senza scopare», farfuglia colto da uno sbadiglio.
Mi tornano subito in mente le immagini di quello che ho fatto ieri dentro la mia doccia. Sento le guance avvampare. «Gli amici non scopano», ribatto.
Tende le braccia verso l'alto e si stira, concedendomi un bellissimo e sexy spettacolo. «Esistono i tromba-amici però.»
«Non ho nessuna intenzione di diventare una tua scopa-amica. Sei pazzo?»
William si concede l'ombra di un ghigno. « Be', in qualche modo dovrai pur ringraziarmi per essere venuto qui in piena notte mentre fuori stava diluviando.»
«Dev'essere per forza qualcosa di sessuale? Un caffè e un cornetto non ti bastano?» Borbotto.
L'idea però non mi schifa affatto.
Si mette a sedere e si stropiccia gli occhi con le mani. «Mh, okay. Mi accontento di un caffè e di un cornetto. Al cioccolato, mi raccomando.»
Aggrotto la fronte. «Mi stai mandando a prenderti la colazione?»
«Certo che lo sto facendo. Mi devi ripagare, nana.» Ed è anche serio.
Sbuffo e mi alzo dal letto. Afferro un paio di calzoncini sotto il suo sguardo che segue ogni mio movimento.
«Ti ostini proprio a piegarti davanti a me, mh? Oltretutto le tue mutandine sono sempre più imbarazzanti.»
Lo fulmino con lo sguardo. «Chiudi il becco altrimenti chiederò alla barista di avvelenare il tuo caffè.»
Si butta di peso contro il materasso. «Non potresti vivere senza di me.»
Schiocco la lingua. «Ho vissuto vent'anni senza una mamma, posso fare a meno anche di te.»
Sghignazza. «Sicuramente non ti sopportava neanche lei.»
«Può darsi. Oppure ha preferito il cazzo di un vecchio a quello di mio padre.»
Scoppia a ridere. «Vedo che non ti manca affatto tua madre.»
«Pff. Spero che quando muoia bruci all'inferno», intanto infilo le scarpe.
Prima che possa uscire di casa, la sua voce mi ferma. «Ho fatto un sogno strano stanotte.»
Mi volto a guardarlo oltre la spalla. Quanto è bello, cazzo. «Mh, sentiamo.»
«Ho sognato che tu mi portavi la colazione e poi ti inginocchiavi per succhiarmi il cazzo, mentre io continuavo a mangiare il cornetto riempiendoti la testa di briciole e la bocca della mia crema.»
Sgrano gli occhi. «Tu sei totalmente fuori di testa!» gracchio.
Scoppia di nuovo a ridere. Ed è spettacolare quando lo fa. Così bello che sento qualcosa muoversi dentro lo stomaco.
«Muovi quel culo e portami la mia colazione. Poi andremo in un posto.»
Apro la porta ma prima di uscire di casa gli faccio il dito medio.
Questo ragazzo sarà la mia rovina.
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